A distanza di 30 anni dalla fine della guerra nei Balcani nel 1992, gli Accordi di Dayton sembrano non essere più certezza di stabilità.
“Tu quoque,Bruti,fili mi”.
A cura di Chiara Grima
Un’ autorità non riconosciuta
Con la sentenza di primo grado pronunciata dalla giudice Sena Uzunović il 26 febbraio scorso, la Corte di Bosnia ed Erzegovina(BiH)ha condannato in assenza Milorad Dodik, attuale presidente della Republika Srpska(RS), ad 1 anno di reclusione in carcere, convertibile in una sanzione pecuniaria di circa 20.000 euro, e 6 anni di interdizione dai pubblici uffici, il tutto per non aver rispettato le decisioni dell’ Alto Rappresentante per la Bosnia ed Erzegovina, Christian Schmidt. Infatti, nonostante l’esplicito divieto di Schmidt alla promulgazione di due nuove leggi adottate dall’ Assemblea Nazionale della Republika Srpska: la legge sulla non applicabilità delle decisioni della Corte Costituzionale della BiH e la legge sulle modifiche alla legge sulla pubblicazione delle leggi e degli altri atti normativi della RS, il Presidente dell’ entità bosniaca a maggioranza serba, ha fatto comunque sì che il processo legislativo continuasse.
Congiura politica?
Milorad Dodilk non riconosce l’autorità della Corte Costituzionale di Bosnia ed Erzegovina né tantomeno quella dell’Alto Rappresentate, nonostante la legittimazione giuridica di quest’ultimo all’interno dell’Annex 10 degli Accordi di Dayton [1]. Ciò lo ha portato non soltanto a considerare quello conclusosi un processo politico nei suoi confronti, in quanto basato su autorità da lui non riconosciute, ma lo ha anche spinto ad adottare una serie di decreti che consentissero una maggior autonomia,(leggi secessione), dell’ entità rispetto allo Stato centrale. Tali decreti presidenziali, promulgando con una procedura d’urgenza e quindi senza voto, atti approvati dall’ Assemblea Nazionale, impediscono a: Procura e Tribunale statali, Consiglio superiore della Magistratura e all’Agenzia statale per la sicurezza e la protezione (SIPA) di operare sul territorio, in linea con la modifiche precedentemente apportate al codice penale e finalizzate ad incriminare “qualsiasi serbo che continui a lavorare in queste istituzioni”.
Nonostante tali leggi siano state impugnate davanti alla Corte Costituzionale e per questo formalmente sospese poco dopo la loro emanazione, Dodik e gli altri membri dell’ Alleanza dei Social Democratici Indipendenti (SNSD) hanno continuato a perseguire il proprio intento.
Era il 7 marzo quando all’edificio dell’Agenzia Statale per le Indagini e la Protezione (SIPA) in Bosnia ed Erzegovina a Banja Luka, centro amministrativo della Republika Srpska, è giunta una lettera con la quale veniva intimato a tutti i dipendenti di sgomberare l’edificio. Nonostante le notizie delle prime ore parlassero di una chiusura totale, ad oggi ammontano a due gli ex dipendenti dell’ Agenzia statale a voler entrare a far parte del Ministero degli Interni(MUP), avvallando quindi le decisioni di Dodik. Inoltre, Darko Culum, sostenitore politico di Dodik e già capo della SIPA si è dimesso dal suo incarico martedì 18 marzo. Ufficialmente tale decisione è stata presa in conformità alle modifiche legislative recentemente apportate al codice penale e su diretto invito del Presidente stesso.
Milorad Dodik non si è limitato ad emanare leggi contro accordi di pace e norme costituzionali ma ha proposto l’adozione di una nuova Costituzione, la quale prevede la creazione di un nuovo ed autonomo esercito oltre che la possibilità di unirsi a “comunità statali dalla struttura federale o confederale insieme a Stati confinanti, altri Stati o a un gruppo di Stati”. Il mancato raggiungimento della maggioranza necessaria (56 su 83 deputati) per l’adozione, ha portato a numerose tensioni all’ interno dello stesso parlamento locale.
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Un nuovo mandato d’arresto
Gli ultimi avvenimenti hanno fatto si che la procura statale avviasse nuove indagini nei confronti di Milorad Dodik, ma non solo. Questa volta le indagini sono anche nei confronti di Radovan Višković, Primo Ministro della RS e Nenad Stevandić, Presidente del Parlamento dell’ entità. L’accusa è quella di attentato all’ ordine costituzionale. Definendo la volontà di nuove indagini una “persecuzione musulmana della Sarajevo politica”, nessuno degli indagati si è presentato in Procura per poter essere sentito. La conseguenza di tale presa di posizione? L’emanazione di un mandato d’arresto nei confronti di quella che molti definiscono una nuova troika. Ma cosa vuol dire questo? Dragan Mioković , Presidente della Commissione per la sicurezza della Camera dei Rappresentanti del Parlamento della Federazione di Bosnia ed Erzegovina, ha dichiarato il pieno sostegno dei membri della suddetta commissione nei confronti degli agenti di polizia giudiziaria incaricati di rendere esecutivi i mandati d’arresto. Nonostante ciò però, Davor Bunoza, Ministro della Giustizia della BiH, a seguito di una “valutazione di rischio” affidata ed eseguita dalla SIPA, ha affermato di non poter inviare i propri agenti ad eseguire il mandato d’arresto per evitare il verificarsi di incidenti tra la polizia giudiziaria sotto la sua direzione e contingenti paramilitari presenti in RS. Nel frattempo, continuano però gli allenamenti dei nuovi membri del contingente militare EUFOR sul territorio bosniaco.
Dodik si è detto pronto a “trattare” con l’ Unione Europea per ritirare le leggi incostituzionali a patto che Christian Schmidt a sua volta abroghi la norma che ha istituito il reato di attentato all’ordine costituzionale. Come se fosse possibile trattare l’esito di una sentenza o di una decisione giudiziaria. Cosa succederà ora e da chi dipenda il destino della Bosnia ed Erzegovina non è certo ma ancora prima di ciò è necessario comprendere se gli Accordi di Dayton, che nel 1995 decretarono la fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina, resisteranno al tempo e all’uomo.
Gli accordi di Dayton
Gli Accordi di Dayton sono stati firmati a Parigi nel dicembre del 1995, dopo essere stati negoziati a Dayton, Ohio, nel novembre dello stesso anno. Siglati tra Slobodan Milošević, Franjo Tuđman e Alija Izetbegović, rispettivamente rappresentanti dei serbi, dei croati e dei bosgnacchi, sono oggi considerati un esempio di diplomazia efficace. Con tali accordi ed i relativi allegati, non si è tentato solo di porre fine a un sanguinoso conflitto fratricida, ma anche di creare un senso di stabilità in una regione ormai devastata. Da questi documenti ha avuto origine non soltanto la Costituzione bosniaca, quella stessa che Milorad Dodik oggi cerca di ignorare, ma anche la suddivisione del Paese nelle due entità: la Republika Srpska e la Federazione di Bosnia ed Erzegovina.
Note
[1]Articolo V dell’Annesso 10 dell’Accordo Quadro Generale per la Pace in Bosnia ed Erzegovina e dall’Articolo II, paragrafo 1, punto d) dello stesso Accordo. https://www.ohr.int/dayton-peace-agreement/annex-10/.