Gli ultimi giorni in Lituania


Mentre la comunità russofona celebra la giornata della vittoria al cimitero di Antakalnis il Parlamento lituano approva l’uscita dalla convenzione di Ottawa.


A cura di Gabriele Junior Pedrazzoli

Il 9 maggio, data in cui la Russia celebra la vittoria sulla Germania nazista nella “Grande Guerra Patriottica” (Вели́кая Отече́ственная вои́на, Velikaya Otechestvennaya Voyna), resta una questione aperta in Lituania. A Vilnius, le commemorazioni al cimitero di Antakalnis, dove sono sepolte 12 delle 14 vittime degli eventi del gennaio del 1991, hanno attirato solo poche decine di persone, per lo più appartenenti alla comunità russofona, ma la cerimonia ha comunque sollevato polemiche e tensioni. Le autorità municipali hanno posizionato un camion della spazzatura all’ingresso del cimitero invitando ironicamente i partecipanti a “liberarsi di candele, fiori e nostalgia sovietica[1]”. Il sindaco di Vilnius, Valdas Benkunskas, ha commentato l’evento con parole dure: “Oggi Mosca celebra la sua propagandistica Giornata della Vittoria. Per noi, questa data segna solo l’inizio dell’occupazione. In questo giorno, le forze nemiche sono più seducenti: diffondono menzogne e cercano di dividere la nostra società. Per i loro simboli c’è solo un posto: quel camion della spazzatura[2]”.
L’episodio del 9 maggio è esemplificativo del clima di tensione che si vive nel Paese baltico, clima che si traduce anche in decisioni politiche inaspettate: il giorno precedente alla controversa commemorazione il Parlamento monocamerale ha approvato, con 107 voti favorevoli e nessun contrario, la decisione di uscire dalla Convenzione di Ottawa, il trattato internazionale che vieta uso, stoccaggio e produzione di mine antiuomo. Il Ministero della Difesa ha spiegato come la decisione sia una risposta necessaria al deterioramento della sicurezza regionale a causa della crescente assertività russa e bielorussa lungo i confini. Il ritiro dal trattato diventerà effettivo sei mesi dopo la notifica formale alle Nazioni Unite e consentirà a Vilnius di implementare le mine antiuomo nella nuova strategia di deterrenza auspicata da Arvydas Pocius, membro della Commissione Parlamentare per la Sicurezza Nazionale.

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Secondo i vertici politico-militari l’utilizzo delle mine aumenterebbe notevolmente la sicurezza in alcuni dei punti più vulnerabili del fianco orientale della NATO. L’operazione ha infatti incontrato il sostegno della coalizione regionale: Lettonia, Estonia, Polonia e Finlandia hanno espresso l’intenzione di intraprendere lo stesso percorso. La convergenza di visioni si basa sulla convinzione condivisa che le regole della politica internazionale siano cambiate dopo l’invasione dell’Ucraina e che l’importanza attribuita all’accrescimento della capacità di autodifesa europea vada ricalibrata. “Aggiungiamo questo elemento al nostro arsenale per far sì che il nemico ci pensi due volte prima di agire contro di noi[3]”, ha affermato Ruslanas Baranovas, deputato socialdemocratico, reduce da una visita in Ucraina.
Non sono mancate le critiche. Secondo diverse ONG per i diritti umani le mine antiuomo continuano a causare vittime nella popolazione civile anche anni dopo la fine delle ostilità e conseguentemente il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha definito la scelta un “pericoloso passo all’indietro” nella tutela dei civili nei conflitti armati. Difende la presa di posizione del Parlamento il Presidente Gitanas Nausėda, secondo il quale la scelta sarebbe “logica e coerente”; di più: una dimostrazione di “leadership” in un contesto geopolitico sempre più instabile.
Nel medesimo clima di fermezza il Seimas ha approvato all’unanimità anche una risoluzione che ribadisce il totale e permanente non riconoscimento delle modificazioni territoriali ai danni dell’Ucraina. Ogni annessione russa – passata, presente o futura – sarà considerata illegittima a prescindere dalle condizioni. Il Presidente della commissione parlamentare affari esteri, Remigijus Motuzas, ha illustrato il provvedimento sottolineando la necessità di impedire a Mosca di “riscrivere la storia[4]”, evidente riferimento alle celebrazioni del 9 maggio oltre che alle pretese territoriali sull’Ucraina orientale.
Oltre alla forte carica simbolica che la risoluzione porta con sé, questa contiene un invito agli altri Parlamenti a fare altrettanto, condannando inequivocabilmente l’invasione e contrastando quindi ogni tentativo di normalizzazione delle annessioni russe.
La Lituania ha assunto ormai un ruolo di primo piano in Europa, non solo come avamposto geografico ma anche in quanto riferimento ideologico. Le politiche di Vilnius compongono un mosaico coerente di rifiuto di ogni ambiguità nella lettura storica degli eventi e nel collocamento internazionale a difesa dell’ordine democratico. In un momento in cui la guerra contribuisce ad alterare gli equilibri geopolitici continentali la Lituania sceglie la linea dell’intransigenza. Non è solo una questione di politica internazionale, ma anche di identità: per la Lituania difendere l’Ucraina significa proteggere sé stessa dai pericoli che la vicinanza alla Russia non ha mai smesso di generare.


Note

[1]https://www.lrt.lt/naujienos/lietuvoje/2/2557726/rusu-bendruomenei-minint-pergales-diena-lietuvoje-budes-sustiprintos-policijos-pajegos [2]https://www.lrt.lt/naujienos/lietuvoje/2/2557844/geguzes-9-oji-vilniaus-kapinese-gvazdikai-prokremliski-veidai-ir-incidentai
[3]https://www.lrt.lt/en/news-in-english/19/2556938/lithuanian-parliament-votes-overwhelmingly-to-leave-landmine-ban-treaty
[4]https://www.lrt.lt/en/news-in-english/19/2557153/lithuania-s-seimas-vows-to-never-recognise-russia-s-claim-to-ukrainian-territories


Foto copertina: La comunità russofona celebra la giornata della vittoria al cimitero di Antakalnis in Lituania