Il Canada (non) è statunitense?


Donald Trump, in diverse occasioni, ha auspicato che il Canada diventi parte integrante degli USA. Al di là delle diverse esternazioni, cosa indica la Storia in proposito?


A cura di Alessandro Maria Raffone

La seconda presidenza Trump, iniziata ufficialmente il 20 gennaio 2025, è stata animata da alcune esternazioni del Presidente che hanno provocato una certa fibrillazione nelle cancellerie di mezzo mondo. Donald Trump ha dichiarato in diverse occasioni che gli Stati Uniti dovrebbero annettersi, in un modo o nell’altro, la Groenlandia, il Canale di Panama e il Canada. In particolare, il vicino del Nord dovrebbe diventare il 51° stato dell’Unione, anche se il Canada stesso è una Federazione costituita da dieci provincie (come la Nuova Scozia o il Québec) e tre territori (lo Yukon ad esempio).
La risposta canadese non si è fatta attendere. Il nuovo Primo Ministro, Mark Joseph Carney, scelto a marzo dal Partito Liberale (attualmente al governo), ha dichiarato che “il Canada non farà mai parte degli Stati Uniti”.
Al di là delle diverse esternazioni, la realtà dei fatti è molto più complessa di quanto possa apparire superficialmente. Il Canada è, in parte, figlio degli Stati Uniti: un figlio che è stato allontanato e cresciuto con sua madre, la Gran Bretagna.

La Guerra Civile Nord Americana (1775-1783)

Uno degli eventi chiave che ha influenzato il Canada è stata la Guerra di Indipendenza Americana (1775-1783), ma che sarebbe più opportuno definire Guerra Civile Nord Americana[1]. Generalmente, siamo abituati a pensare questo conflitto come uno scontro tra i bravi e coraggiosi patrioti e le malvagie giubbe rosse britanniche. Non è così, perché come sempre la Storia non è colorata di bianco e nero ma ha un colore grigio.
Durante questo conflitto, molti coloni lealisti, fedeli alla Corona britannica e altrettanto americani dei ribelli del Congresso, si opposero all’idea di una nuova nazione indipendente[2]. Questi lealisti, provenienti da tutti i ceti sociali, ritenevano catastrofiche le conseguenze di un’America indipendente: distruzione dell’Impero britannico, fine della protezione della Royal Navy inglese ed esclusione americana dei ricchi mercati sotto controllo, diretto o indiretto, di Londra.   
Per tutta la durata della guerra, i lealisti fondarono regimenti come il Royal Highland Emigrants e il King’s Royal Regiment, unità che giocarono un ruolo fondamentale durante la guerra, combattendo per la britannicità e aiutando a stabilire una presenza leale alla Gran Bretagna in luoghi come New York, città rimasta in mani britanniche fino alla fine del conflitto[3].   
Ancora oggi è molto difficile fornire un numero preciso dei lealisti, anche conosciuti come tories, in contrapposizione ai whigs (repubblicani). Il numero varia tra il 20 e il 30%, dalla scarsità rilevabile in Virginia si arriva al 50% circa attorno e a New York[4]. Generalizzando, possiamo notare che la motivazione principale che spinse tanti a sostenere attivamente le giubbe rosse fu la fedeltà alla monarchia e la paura delle conseguenze sociali e politiche di un cambiamento radicale.
Tra i più noti lealisti c’è addirittura uno dei figli di Benjamin Franklin, il governatore reale del New Jersey[5] William. Padre e figlio si ritrovarono su opposte barricate, una situazione molto più comune di quanto non si creda. La fedeltà non era fissata una volta per tutte: durante la guerra ci furono casi di soldati che passarono al campo nemico, pur di evitare la prigionia o la morte.

Ruolo dei reggimenti lealisti

I reggimenti lealisti erano spesso organizzati in base a regioni e includevano coloni di diverse origini etniche e sociali.
I reparti ricevevano supporto diretto dalle forze britanniche, che li utilizzavano per mantenere il controllo nelle aree dove avevano una presenza significativa. Le forze lealiste furono particolarmente attive nel sud, dove la presenza britannica era più forte[6].
I reggimenti lealisti, oltre ad aver partecipato a battaglie come Brooklyn e Savannah, spesso collaborarono con le forze britanniche per reprimere le insurrezioni patriote, agendo come milizie locali e raccogliendo informazioni sui movimenti nemici.

L’apporto dei Black Loyalists

Tra i lealisti, un gruppo significativo era rappresentato dai Black Loyalists, ovvero gli schiavi fuggitivi o liberati e i neri liberi che si unirono ai ranghi lealisti. La Gran Bretagna, soprattutto per opera del conte di Dunmore[7], promise la libertà a chi avesse combattuto per la causa britannica. Questa promessa attirò molti schiavi a schierarsi con i britannici, come nel caso di alcuni uomini di colore di proprietà del futuro primo Presidente USA, George Washington[8].
I lealisti neri formarono unità come il Black Pioneers che combatterono duramente i soldati del Congresso. Anche se spesso non ricevevano le stesse opportunità dei soldati bianchi, il loro contributo fu cruciale per diverse operazioni logistiche e di supporto.
La partecipazione dei Black Loyalists influenzò il dibattito sulla schiavitù e i diritti dei neri. Una storia affascinante che merita un articolo a parte.

I lealisti “creano” il Canada

Al termine del conflitto, circa 60mila lealisti furono costretti a lasciare le loro case e i loro beni, compresi gli ex schiavi liberati che non furono riconsegnati ai loro proprietari repubblicani. Si sparsero per tutto l’Impero Britannico, in particolare, in quello che oggi è il Canada, soprattutto nelle regioni settentrionali, contribuendo alla formazione dell’identità canadese[9]. Realizzarono nuove comunità, lasciando un’eredità significativa nelle aree in cui si stabilirono, contribuendo alla formazione di identità culturali che influenzano ancora oggi la storia sociale e politica del grande gigante nord americano.

Leggi anche:

La Guerra del 1812

La Guerra del 1812, che vide la Gran Bretagna[10] combattere contro gli Stati Uniti, rappresentò un altro momento significativo nella definizione dell’identità canadese. Principale terreno di scontro, infatti, fu il confine tra gli USA e il territorio canadese. Le forze canadesi, composte in gran parte da lealisti e nuovi coloni, si unirono per difendere la loro terra contro l’invasione americana.
Regimenti come il Canadian Voltigeurs e il Glengarry Light Infantry si distinsero per il loro coraggio e la loro determinazione. La resistenza canadese in questa guerra non solo contribuì a preservare il territorio canadese, ma rafforzò anche il senso di unità tra i coloni e il loro sentimento di appartenenza all’Impero Britannico.
Durante la Guerra che si svolse tra gli Stati Uniti e il Regno Unito dal 1812 al 1815, le milizie canadesi giocarono un ruolo cruciale nella difesa del territorio canadese contro le forze statunitensi.
Le milizie canadesi erano composte da contadini e cittadini, che si arruolavano per difendere le loro comunità. La conoscenza del territorio e il legame con la popolazione locale erano fattori chiave per la difesa contro le incursioni statunitensi.
Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che i reparti coloniali erano composti da un mix di etnie, inclusi lealisti americani, franco-canadesi e nativi americani. Questa diversità contribuì a creare un senso di unità contro un nemico comune, nonostante le differenze culturali.
Le truppe locali lavorarono a stretto contatto con le forze armate britanniche, affiancando in diversi scontri, come durante la Battaglia di Queenston Heights (13 agosto 1812)[11], i soldati regolari britannici e contribuendo a formare un fronte unito contro l’invasione.
Le milizie spesso utilizzarono tattiche di guerriglia, sfruttando la loro familiarità con il territorio per condurre attacchi a sorpresa e ritirate strategiche, rendendo difficile per gli statunitensi concentrare le forze contro i britannici.
La partecipazione alle milizie e la difesa del proprio paese contro gli Stati Uniti rafforzarono il senso di identità nazionale tra gli abitanti del futuro Canada, influenzando la nascita di una nuova nazione.

Differenze sostanziali

A differenza degli Stati Uniti, che si sono sviluppati come una nazione basata su ideali di libertà e indipendenza, il Canada ha costruito la sua identità su una base di pluralismo e rispetto per le differenze culturali, particolarmente evidente nella sua politica multiculturale, che celebra la diversità etnica e culturale, un aspetto che si è evoluto nel tempo e che continua a definire il paese.
Inoltre, il Canada ha mantenuto un legame storico con la monarchia britannica, un elemento che lo differenzia ulteriormente dagli Stati Uniti. Mentre gli americani hanno rotto completamente i legami con la Corona nel 1776, il Canada ha scelto di rimanere un membro del Commonwealth, mantenendo un sistema di governo parlamentare con un monarca come capo di stato.
Il Canada e gli Stati Uniti sono due nazioni che, pur condividendo una parte della loro storia, si sono sviluppate in modi distinti. Le esperienze dei reggimenti lealisti durante la Guerra di Indipendenza Americana e la Guerra del 1812 hanno contribuito a formare l’identità canadese, evidenziando le differenze che distinguono i due paesi. Oggi, il Canada emerge come un modello di inclusività e diversità, mentre gli Stati Uniti continuano a essere visti come il simbolo della libertà e dell’individualismo. Differenze, radicate nella storia che continuano a influenzare la percezione e l’immagine di ciascuna nazione nel mondo contemporaneo. Il Canada è figlio degli USA ma soprattutto della Gran Bretagna e, per la parte francofona, della Francia.


Note

[1] L. CODIGNOLA, L. BRUTI LIBERATI, Storia del Canada, Bompiani, Firenze 2018, pp. 192-193.
[2] A. TAYLOR, Rivoluzioni americane. Una storia continentale, 1750-1804, Einaudi, Torino 2017, pp. 217-219.
[3] G. ABBATTISTA, La rivoluzione americana, Editori Laterza, Bari 1998, pp. 77-81. (acquista qui)
[4] Id., p. 79.
[5] A. TAYLOR, op. cit., p. 165.
[6] Id., pp. 232-237.
[7] Id., pp. 152-157.
[8] Id., p. 154.
[9] Id., pp. 312-314.
[10] J. ISRAEL, Il grande incendio. Come la Rivoluzione americana conquistò il mondo 1775-1848, Einaudi, Torino 2018, pp. 249-254
[11] Id., p. 250.


Foto copertina: Canada con i colori della bandiera statunitense