Un tableau vivant presente e passato delle popolazioni indigene
“La nostra lotta finirà solo quando noi avremo trovato,
ognuno a proprio modo, il nostro
posto tra i tanti popoli della terra.
E quando questo momento arriverà,
noi saremo ancora un popolo
identificabile, indipendente e fiero…”[1]
Indian Residential School
Le pagine di cronaca nera sono impallidite nel figurare mentalmente il ritrovamento di 761 cadaveri, nel sito di un’ex scuola nella provincia canadese della Saskatchewan[2] lo scorso 24 giugno 2021, e di altri 215 resti a Kamloop, un’altra provincia canadese della British Columbia, nei pressi dell’Indian Residential School[3] nel passato mese di maggio 2021.
I numeri qui riportati afferiscono prettamente a salme di bambini indigeni e, purtroppo, costituiscono solo una minima parte delle 6.000 morti stimate.
I cd. Residential Schools erano scuole sponsorizzate dal governo gestite dalle chiese, aventi lo scopo di educare e convertire i giovani indigeni e di assimilarli nella società canadese[4].
I mezzi utilizzati per tale missione “civilizzatrice” erano ai limiti della tutela di ogni diritto umano fondamentale, alla luce delle 31.970 cause legali per abusi sessuali[5]. La scintilla del rancore e indignazione non ha solo reso le pene legali scottanti, ma ha anche incenerito (letteralmente) i simboli di un genocidio occultato, con gli incendi appiccati alle due chiese cattoliche di Sant’Anna e Chopaka nel caldo 27 giugno 2021.
Le scuse del primo ministro canadese Justin Trudeau e l’invito a Papa Francesco di battere la mano sul petto al ritmo del mea culpa non risultano sufficienti per riportare agli arbori la cultura indigena fortemente traumatizzata[6].
Dalla Dichiarazione dei Diritti delle Popolazioni Indigene…
Il 13 settembre 2007, il Presidente della Sessantunesima Sessione dell’Assemblea Generale ONU, Sheikha Haya Rashed Al Khalifa, ha introdotto la bozza di risoluzione intitolata “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni”. Sotto gli occhi vigili dei Delegati Indigeni, la votazione su tale risoluzione ha visto il tabellone dei voti illuminarsi con 143 “luci verdi” a favore della Dichiarazione.
Dopo trenta lunghi anni di lotta, i popoli indigeni del mondo avevano acquisito finalmente uno standard internazionale che tracciava specificamente i loro diritti umani. Per precisione, si segnala che solo l’Australia, la Nuova Zelanda, il Canada e gli Stati Uniti (noto agli indigeni come il gruppo “CANZUS”) hanno dato voti contrari.
La motivazione oppositrice alla Dichiarazione era influenzata dalle preoccupazioni sulla lingua, sul processo e persino sull’opposizione ai diritti collettivi (particolare premura degli USA), soprattutto per quanto riguarda i diritti alla terra e l’autodeterminazione[7].
La Dichiarazione pone l’accento sul diritto dei popoli indigeni di mantenere e rafforzare le proprie istituzioni, culture e tradizioni, proibendo ogni forma di discriminazione nei loro confronti. Essendo una dichiarazione delle Nazioni Unite, non è uno strumento giuridicamente vincolante ai sensi del diritto internazionale. Essa rappresenta uno slancio pindarico verso la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti…[attraverso]…l’importante ruolo dell’Assemblea Generale nella definizione degli standard internazionali[8].
… Alle reali condizioni degli indigeni
Nonostante la rilevanza rivoluzionaria della Dichiarazione, si registrano fenomeni di disparità nei confronti degli indigeni, che trovano conferma nella visita nell’ottobre 2013 dell’United Nations Special Rapporteur on the Rights of Indigenous Peoples (UNSRRIP) James Anaya.
La visita ha evidenziato l’intenzione propositiva canadese per fare ammenda delle ingiustizie passate, “con le scuse del governo del 2008 per le Residential Schools e la creazione della Commissione per la Verità e la Riconciliazione del Canada”[9]. Inoltre, sono stati compiuti dei progressi rispetto alla visita del suo predecessore nel 2003, per “rimediare alle disparità di genere nell’Indian Act[10], garantendo l’accesso alla Commissione Canadese per i Diritti Umani ai reclami basati sull’Indian Act”.
Ciononostante, la visita di Anaya è terminata sancendo una crisi dei diritti indigeni in Canada, discutendo di molteplici problemi sociali che affliggono le popolazioni indigene residenti in Canada, in termini di tenore di vita, istruzione, salute e occupazione. L’inquietudine dell’UNSRRIP osserva con apprensione le condizioni di vita delle First Nations nelle riserve e tra gli Inuit[11].
Di qui segue l’invito al governo canadese ad affrontare l’inadeguatezza degli alloggi in queste comunità, tenuto conto del legame tra abitazioni sovraffollate, problemi di salute, violenza familiare e scarso rendimento scolastico. Degne di menzione sono i timori per gli alti livelli di sfiducia tra le popolazioni indigene e i governi federali e provinciali[12].
Uno sguardo in prospettiva Covid-19
Se il Covid-19 ha marcato concretamente le disuguaglianze sociali in ogni lembo di territorio internazionale, osserviamo che la sua furia devastante non ha risparmiato le popolazioni indigene.
Secondo il capo della sanità pubblica canadese, la dottoressa Teresa Tam, le First Nations, gli Inuit e i Métis “sono tra le [popolazioni] più vulnerabili al COVID-19 a causa delle distanze, dell’accesso alle risorse necessarie e delle condizioni di salute sottostanti”[13]. Oltre all’elevato numero di vittime, la pandemia ha evidenziato significative implicazioni economiche e psicologiche persistenti per le comunità indigene, derivanti da ineguaglianze strutturali di lunga data contro i popoli Inuit e Métis delle First Nations.
Il susseguirsi di pratiche e politiche coloniali oppressive ha comportato una “concessione disomogenea” dei diritti fondamentali per i popoli indigeni da parte del governo canadese, come il diritto a un alloggio sicuro e standard di vita dignitosi[14]. Il 24 marzo 2020, l’Assemblea delle First Nations ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, chiedendo un sostegno federale rapido ed efficace. La risposta canadese non ha tardato ad arrivare, conferendo un ammontare di finanziamenti pari a 305milioni di dollari, seguito da un altro sostegno finanziario per donne e bambini indigeni per le comunità al nord del Canada[15].
L’elaborato volge alla conclusione con l’auspicio di osservare nel lungo periodo un’attribuzione alle comunità indigene di fattore integrante alla società canadese, piuttosto che un elemento esterno da rinchiudere in una teca di vetro, in funzione della “eredità, le lingue, la cultura…e gli importanti contributi che le popolazioni indigene danno in tutto il Canada e nel mondo”[16].
Note
[1] Capo David Courchene, Canada, 1971. https://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_24/frasi_indios_35d036b0-0263-11de-adb7-00144f02aabc.shtml
[2] https://www.huffingtonpost.it/entry/in-canada-scoperta-unaltra-fossa-comune-di-bambini-indigeni-resti-di-761-persone_it_60d4a2f1e4b0533147575ef7
[3] https://www.ilpost.it/2021/06/08/canada-collegi-indigeni/
[4] https://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/residential-schools
[5] http://www.ilmondodegliarchivi.org/rubriche/il-potere-degli-archivi/715-il-complesso-retaggio-delle-residential-school-in-canada-tra-ricerca-della-verita-archivi-e-memorie-divise
[6] https://www.open.online/2021/06/27/canada-chiese-cattoliche-bruciate-tombe-bambini-nativi/
[7] Lightfoot R. S., 2020, “Emerging international indigenous rights norms and ‘over-compliance’ in New Zealand and Canada”, University of British Columbia, Canada.
[8] United Nations. General Assembly, Department of Public Information. Press Release. ‘General Assembly Adopts Declaration on Rights of Indigenous Peoples’, 13 September 2007.
[9] La Commissione per la Verità e Riconciliazione del Canada (TRC – Truth and Reconciliation Commission of Canada), formata il 2 giugno 2008 e disciolta il 18 dicembre 2015, aveva come obiettivi (1) rivelare la verità sulla “storia e l’eredità delle Residential Schools gestite dalla chiesa, in un modo che documenti pienamente i danni individuali e collettivi perpetrati contro i popoli aborigeni, e onori la resilienza e coraggio degli ex studenti, delle loro famiglie e comunità” e (2) “guidare e ispirare un processo di verità e guarigione, che conduca alla riconciliazione all’interno delle famiglie aborigene e tra i popoli aborigeni e le comunità, chiese, governi e comunità non aborigene e canadesi in generale [per] rinnovare le relazioni sulla base dell’inclusione, della comprensione reciproca e del rispetto”.GA Res 61/295, UNGAOR, 61st Sess, Sup No 53, UN Doc A/61/295 (2007).
[10] L’Indian Act è la legge primaria che il governo federale utilizza per amministrare lo status indiano, i governi locali dei cd. First Nations e la gestione delle loro riserve. Mostra, inoltre, gli obblighi del governo nei confronti dei popoli delle First Nations. Introdotto nel 1876, l’Atto includeva una serie di leggi coloniali che miravano a eliminare la cultura delle First Nations a favore dell’assimilazione nella società euro-canadese. Le modifiche del 1951 e del 1985 erano incentrate sulla rimozione delle sezioni discriminatorie. https://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/indian-act
[11] La trattazione ci porta a specificare che la Costituzione canadese riconosce tre gruppi di popolazioni aborigene: indiani (ovvero cd. First Nations), Inuit (gli indigeni dell’Artico) e Métis (abitanti della Columbia Britannica, Alberta, Saskatchewan, Manitoba, Ontario, i Territori del Nord-Ovest e parti del nord degli Stati Uniti). Questi sono tre popoli distinti con storie, lingue, pratiche culturali e credenze spirituali uniche.Government of Canada, “Indigenous Peoples and Communities”. https://www.rcaanc-cirnac.gc.ca/eng/1100100013785/1529102490303
[12] Mitchell T. & Enns C., 2014, “The UN Declaration on the Rights of Indigenous Peoples: monitoring and realizing Indigenous Rights in Canada”, CIGI – Policy Brief.
[13] Black M., 2020, “COVID-19 in Canada: Fears Mount That Indigenous Communities Could Be Left Behind”, Global Citizen.
[14] Kirby T., 2020, “Evidence Mounts on the Disproportionate Effect of COVID-19 on Ethnic Minorities.” The Lancet Respiratory Medicine.
[15] Black M., 2020.
[16] National Chief Assembly of First Nations, Perry Bellegarde, 21 giugno 2021, in occasione del National Indigenous Peoples’ Day. https://twitter.com/perrybellegarde/status/1406954805596196870
Foto copertina: Credito…Chris Wattie/Reuters