L’8 dicembre scorso, il regime di Bashar al-Asad è caduto, pochi giorni dopo la fulminea conquista della città di Aleppo da parte dei combattenti di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS). Ripercorriamo gli eventi degli ultimi sei mesi e il destino dei cristiani e delle minoranze in Siria.
Di Benjamin Blanchard[1]
È all’indomani del fragile cessate il fuoco firmato tra Hezbollah e Israele[3] che inizia l’offensiva dei jihadisti verso Aleppo. Il 29 novembre 2024, il gruppo armato Hay’at Tahrir al-Sham entra quindi senza incontrare resistenza nella città di Aleppo, nel nord-ovest della Siria. In pochi giorni avanzano verso sud, conquistando la città di Homs. L’8 dicembre segna un punto di svolta nella storia della Siria: mentre le forze ribelli penetrano nel cuore di Damasco, il presidente Bashar al-Asad abbandona il Paese, trovando rifugio in Russia. Questo evento sancisce la conclusione definitiva di un’era politica durata oltre mezzo secolo, iniziata nel 1970 con la presa del potere da parte di Hafiz al-Asad, padre di Bashar, e caratterizzata da un regime autoritario che ha dominato la vita politica, sociale e militare della Siria per più di cinquant’anni.
Questa rapida avanzata è stata possibile grazie alla combinazione di diversi fattori favorevoli. In primo luogo, si è verificato un indebolimento degli alleati della Siria. Hezbollah è uscito significativamente provato, sia sul piano politico che militare, dal recente conflitto con Israele. Allo stesso modo, l’Iran ha dovuto riconsiderare la propria posizione all’interno dell’“Asse della resistenza”. Infine, la Russia – tradizionale alleato di Damasco sin dai tempi dell’Unione Sovietica[4] – è attualmente fortemente coinvolta nel conflitto in Ucraina.
Il secondo è, ovviamente, l’esaurimento della Siria stessa. La caduta del governo di Bashar al-Asad è avvenuta come un frutto maturo che cade dall’albero. Probabilmente inaspettata, per via della sua estrema rapidità, ma alla fine prevedibile. Sotto sanzioni da quattordici anni, la Siria di Asad era corrotta, spopolata, senza prospettive e non in grado di controllare interamente il paese anche dopo la fine della guerra civile. Il regime non offriva più alcun futuro, i soldati erano sottopagati e mal equipaggiati. In queste condizioni, non sorprende che l’esercito governativo abbia opposto poca o nessuna resistenza all’avanzata jihadista.
Leggi anche:
Il 10 dicembre 2024 viene nominato un governo di transizione per gestire gli affari correnti del paese, guidato da Ahmad al-Sharaʿ, noto con il nome di guerra al-Julani. Un nuovo leader, ma con un passato da ex di al-Qa’ida e dello Stato Islamico (ISIS), poi fondatore di Hay’at Tahrir al-Sham[5].
Fin dall’inizio, al-Sharaʿ cerca di rassicurare, soprattutto con dichiarazioni concilianti nei confronti delle minoranze siriane. Il 13 marzo 2025, al-Sharaʿ annuncia la dissoluzione del Parlamento e firma una nuova Costituzione siriana. Il testo prevede, ad esempio, la garanzia di alcuni diritti e libertà per tutti i cittadini siriani, tra cui la libertà di culto, una rigorosa separazione dei poteri e l’istituzione di una commissione di giustizia transitoria per rendere giustizia alle “vittime e sopravvissuti” del vecchio regime. L’obiettivo è ottenere la revoca delle sanzioni, che impediscono qualsiasi ricostruzione del paese.
La questione cruciale delle sanzioni
La questione della revoca delle sanzioni è centrale per il futuro della Siria. Oggi, le sanzioni internazionali vietano, per esempio, l’importazione di medicinali o qualsiasi opera di ricostruzione! Le conseguenze per la popolazione sono drammatiche: disoccupazione, povertà, inflazione, ecc. In Siria, il 90% della popolazione vive ormai sotto la soglia di povertà, in un paese devastato. Finché le sanzioni non verranno revocate, la tentazione di emigrare sarà enorme. E le testimonianze che riceviamo dai siriani sono unanimi: vogliono lasciare il loro paese, perché non vi vedono alcun futuro. Con tutte le conseguenze che conosciamo…
Proprio per questo le nuove autorità non smettono di chiedere l’eliminazione delle sanzioni internazionali. Ma, bisogna riconoscerlo, i progressi sono scarsi. Alla fine di febbraio 2025, l’Unione Europea ha sospeso alcune sanzioni, nei settori dell’energia, dei trasporti e delle finanze. Quanto agli Stati Uniti, restano diffidenti e, per il momento, non toccano il Caesar Act[6], che vieta qualsiasi supporto finanziario, materiale o tecnologico alla Siria.
In visita a Parigi il 7 maggio scorso, Ahmad al-Sharaʿ ha nuovamente invocato la revoca delle sanzioni davanti a Emmanuel Macron. Quest’ultimo ha ribadito la posizione dei leader occidentali: «L’inclusività della transizione; il contributo della Siria alla stabilità della regione, in particolare per quanto riguarda la sovranità del Libano; e la lotta al terrorismo, questione di sicurezza per i siriani, per tutta la regione e per i francesi»[7].
Una transizione inclusiva?
Sulla carta, «l’inclusività della transizione» sembra essere all’ordine del giorno. Così, alla fine di marzo, Ahmad al-Sharaʿ ha nominato un nuovo governo. Vi è inclusa una cristiana siriana – Hind Kabawat, ministra degli affari sociali e del lavoro – e ministri provenienti dalle comunità alawita, drusa e curda. Nella realtà, siamo ancora molto lontani da una vera inclusione…
Fin dai primi di dicembre, infatti, gli alawiti – comunità religiosa dissidente dello sciismo, da cui proviene il clan Asad – sono stati vittime di umiliazioni, vendette e persecuzioni. Queste hanno raggiunto un nuovo picco a inizio marzo, con il massacro di quasi 1500 di loro nell’ovest della Siria da parte di milizie affiliate all’HTS[8]. Una commissione d’inchiesta è stata effettivamente nominata dalle nuove autorità per far luce su questi massacri. Ma, due mesi dopo, nessun risultato è stato reso pubblico. Più recentemente, anche i drusi sono stati vittime di attacchi da parte di gruppi jihadisti vicini al potere, il che ha provocato, come rappresaglia, bombardamenti israeliani – Israele si presenta come protettore dei drusi – a Damasco e a Idlib.
I cristiani non hanno subito attacchi di massa simili. La libertà di culto è mantenuta e le feste di Natale e Pasqua, molto significative in Siria, si sono potute svolgere in condizioni abbastanza simili a quelle degli ultimi anni. Tuttavia, subiscono numerose pressioni e aggressioni. Si assiste a una progressiva islamizzazione della società. Questa tendenza si manifesta concretamente in una serie di azioni volte a esercitare una crescente pressione sociale e religiosa sulle minoranze, in particolare cristiane. Predicatori islamisti percorrono con regolarità i quartieri e i villaggi a maggioranza cristiana, lanciando appelli pubblici alla conversione all’islam. Parallelamente, sono comparse campagne di affissioni che esortano le donne, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, ad adeguarsi a codici di abbigliamento ispirati alla normativa islamica. Anche elementi apparentemente neutri, come le etichette sulle bottiglie d’acqua, diventano strumenti di diffusione di precetti religiosi, contenendo inviti a rispettare le regole islamiche perfino negli atti quotidiani come il bere.
Il clima di pressione e intolleranza si è acuito a tal punto che, solo pochi giorni fa, alcuni giovani cristiani sono stati aggrediti fisicamente dopo essere stati visti in compagnia di amiche musulmane in un caffè. Un episodio che, per quanto isolato, riflette un deterioramento generale della convivenza interreligiosa e alimenta nei cittadini — di ogni confessione — un senso crescente di insicurezza e smarrimento.
In tale contesto, il futuro della Siria appare segnato da una profonda incertezza: le fragili speranze di una società pluralista rischiano di essere oscurate dalla radicalizzazione e dall’erosione dei principi di tolleranza e coesistenza su cui dovrebbe fondarsi qualsiasi ricostruzione del Paese.
Note
[1]Direttore generale dell’associazione SOS Chrétiens d’Orient.
[3] Un accordo di cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah è entrato in vigore alle 4 del mattino del 27 novembre 2024, dopo due mesi di guerra aperta in Libano preceduti da quasi un anno di scambi di fuoco al confine.
[4] Per approfondire. MINERVINI A., «Il Medio Oriente visto da Mosca: la presenza russa in Siria», Caos Medio Oriente, Opinio Juris, volume 5 anno 2024.
[5] Sulla testa di Ahmed Husayn al-Shara‘ è stata imposta dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America una taglia di dieci milioni di dollari. Questa taglia era destinata a chi forniva informazioni che avessero portato alla sua cattura. La taglia è stata poi revocata il 21 dicembre 2024.
[6] Il Caesar Act, formalizzato come il «Caesar Syria Civilian Protection Act», è una legge statunitense che introduce sanzioni contro il governo siriano, inclusi il presidente Bashar al-Assad e altri, per crimini di guerra commessi contro la popolazione civile. Lo scopo principale dell’Atto è dissuadere il sostegno ai tentativi di ricostruzione del governo siriano e promuovere la responsabilità per le atrocità commesse dal regime.
[7] AWA DIOUF, «Première visite d’Ahmed al-Charaa en Occident : les enjeux de la rencontre entre Emmanuel Macron et le nouvel homme fort de Damas», TV5 monde.
[8] «Siria: centinaia di vittime tra gli alawiti», Opinio Juris.
Foto copertina: Chiesa cristiana devastata in Siria durante la guerra civile