Geert Wilders, leader del Partito per la libertà (Partij voor de Vrijheid– PVV), formazione populista di estrema destra ha ritirato l’appoggio al governo guidato da Dick Schoof, che ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Re e rimarrà in carica per il disbrigo degli affari correnti.
Nel novembre 2023 le elezioni legislative anticipate per il rinnovo della Tweede Kamer, la camera bassa del Parlamento, avevano visto la vittoria relativa del PVV con il 23,49% e 37 seggi su 150.
Il risultato frammentato delle elezioni, non una novità per il sistema politico olandese, aveva aperto una fase di negoziazione per la formazione del nuovo governo, che è durata sei mesi e aveva portato alla nascita del gabinetto Schoof, guidato da un indipendente. I negoziati si erano sciolti nella primavera del 2024 con la nascita di una coalizione sostenuta oltre che dalla formazione di Wilders, anche dai liberalconservatori del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie – VVD), il Nuovo Contratto Sociale (Nieuw Sociaal Contract – NSC) e dal Movimento Civico-Contadino (BoerBurgerBeweging – BBB).
Una coalizione di centrodestra che, in verità, aveva dato nella sua composizione molte soddisfazioni a Wilders e al programma elettorale fortemente antimmigrazione e xenofobo con il quale si era presentato agli olandesi nel 2023; basti pensare che Marjolein Faber del PVV, era stata nominata a capo del nuovo Ministero dell’Asilo e dell’Immigrazione. In questi undici mesi di vita la navigazione però non era stata per nulla tranquilla, anche a causa dei continui attacchi dello stesso Wilders ai danni dell’esecutivo, proprio sul tema del controllo dei flussi migratori. Se già a dicembre e a febbraio egli aveva aspramente criticato il Governo per la mancanza di risolutezza nell’individuazione di politiche restrittive, è stato sulla richiesta avanzata a maggio dal PVV di approvare un piano in dieci punti sull’immigrazione che si è consumata la rottura definitiva.
Leggi anche:
Wilders chiedeva l’adozione di misure che andavano dalla sospensione del ricongiungimento familiare per i rifugiati, alla deportazione per i siriani, allo schieramento delle forze armate ai confini nonché la chiusura di tutti i centri di accoglienza nel Paese. Una serie di norme che avrebbero sostanzialmente fatto uscire l’Olanda da tutte le convenzioni internazionali in materia di rifugiati.
La scelta del leader di estrema destra di terminare l’esperienza governativa arriva in un momento delicato per l’Olanda e l’Europa, anche per questo definita “irresponsabile e inutile” da Dick Schoof durante una conferenza stampa. Oltre alle note tensioni in materia di commercio internazionale, con un’Europa in balìa di un complesso negoziato con Washington sui dazi, alla fine di giugno dovrebbe riunirsi all’Aja il vertice NATO che dovrebbe anche prendere decisioni importanti in materia di investimenti per il riarmo.
La mossa di Wilders, che può essere definita come un azzardo politico, oltre ad aver minato i rapporti anche con i partiti della coalizione più ideologicamente affini al PVV, sembra essere dovuta non soltanto al rifiuto del piano sull’immigrazione, quanto alla volontà di affrontare il progressivo calo di consenso vissuto dal partito negli ultimi mesi. La diminuzione nei sondaggi, dopo l’exploit del 2023, può essere definita come fisiologica per un partito con un programma massimalista e che si trova costretto, data la situazione di governo di coalizione, ad affrontare costanti e necessarie interlocuzioni e compromessi. Sarebbe sicuramente più remunerativo, in questo quadro, rimanere all’opposizione, evitando di logorarsi assumendosi responsabilità di governo, riuscendo così a mantenere alta l’attenzione sui temi di maggiore appeal per il proprio elettorato, conservando e aumentando il proprio consenso. La mossa di Wilders, però, rischia di non essere compresa da un elettorato che, sebbene ancora sensibile al tema dell’immigrazione e alla necessità di controllo dei flussi, è conscio delle sfide importanti che si stagliano all’orizzonte e che devono essere necessariamente affrontate. In ogni caso, si è trattato di una scelta che arriva dopo un periodo caratterizzato da un costante calo nei sondaggi per il PVV e, probabilmente, risponde alla volontà di capitalizzare quanto più possibile la posizione di (apparente) vantaggio che Wilders continua ad avere. In questo modo, potrebbe garantirsi se non la possibilità di accedere personalmente alle leve del potere, quantomeno di rimanere deus ex machina delle prossime negoziazioni per la formazione del governo o, in alternativa, godere di un periodo all’opposizione per risalire nei sondaggi, migliorando anche rispetto all’exploit del 2023.
Negli ultimi mesi alla riduzione del consenso per il PVV a cui si è sommato il calo di NSC (passato dal 13% all’1%) e BBB (passato dal 5% all’1%) è corrisposta una sostanziale tenuta dell’altro partner di maggioranza, il partito liberalconservatore VVD. Dall’altro lato, sembra essere aumentata la forza della coalizione di opposizione incarnata dai Laburisti e dai Verdi (Partij van de Arbeid & GroenLinks – PvdA-GL). Gli olandesi quindi sembrano rivolgersi nuovamente verso i partiti tradizionali, forse alla ricerca di una stabilità che Wilders non è riuscito a trasmettere anche a causa di undici mesi caratterizzati da continui cannoneggiamenti ai danni della coalizione della quale egli stesso faceva parte.
Lo scioglimento della crisi è al momento attuale nelle mani del Re Guglielmo Alessandro, che il 4 giugno 2025 si è recato in visita di Stato a Praga, e sarà chiamato a tenere consultazioni per decidere se procedere alla convocazione di nuove elezioni legislative che difficilmente si terranno prima di settembre.
Foto copertina: Geert Wilders (Venlo, 6 settembre 1963) è un politico olandese, fondatore e leader del Partito per la Libertà.