Ankara e Mosca hanno sempre guardato con molto interesse a ciò che accade nel Mediterraneo allargato. L’intervista a Nicola Lippolis autore di “Fiera dell’Est, Russia e Turchia alla conquista del Mediterraneo allargato” (Paesi Edizioni).
L’interesse di Ankara e Mosca verso tutto ciò che accade nel Mediterraneo allargato ha radici antichissime. Molto spesso i due attori, nelle diverse forme statuarie che hanno assunto nel corso dei secoli, hanno alternato periodi di pace e cooperazione, a tante battaglie. Le guerre russo-turche iniziarono negli anni ’80 del 1600[1] e sono proseguite, in modo alterno, fino alla Prima Guerra Mondiale. Il primo conflitto pose di fatto fine sia all’esperienza zarista sia a quella dell’Impero Ottomano, e vide l’emergere delle due statuali che ne hanno preso il posto: l’URSS e la Turchia repubblicana, un equilibrio con alti e bassi che è andato avanti fino a questa nuova fase multipolare dove a Ankara è trainata dalle mire neo-ottomane di Erdoğan, e Mosca dalle le sfide di Putin. In questi anni Russia e Turchia hanno avuto un rapporto altalenante, dal rischio di scontro frontale dopo che il 24 novembre 2015 un Su-24M russo è stato abbattuto alle 09:24, da due F-16 della Türk Hava Kuvvetleri, alla cooperazione energetica degli ultimi periodi. Per comprendere meglio le dinamiche di Turchia e Russia nel Mediterraneo allargato, abbiamo intervistato Nicola Lippolis autore di “Fiera dell’Est, Russia e Turchia alla conquista del Mediterraneo allargato” (Paesi Edizioni, acquista qui).
L’area MENA negli ultimi 20 anni è stata il centro di diverse crisi che hanno coinvolto attori eterni ed interni. Tra i principali protagonisti abbiamo la Turchia di Erdoğan e la Russia di Putin che hanno giocato un ruolo chiave in tanti teatri di conflitto dalla Siria alla Libia. Come si è arrivati a questo punto?
“La Russia dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e con la fine quindi della guerra fredda, ha iniziato a inseguire l’idea di un grande ritorno sulla scena mondiale. Erdoğan ha nutrito da sempre le stesse ambizioni sebbene, il sultano di Ankara, sin dall’inizio del proprio mandato, abbia dovuto fronteggiare diversi problemi domestici di non poco conto.
L’area Mena, con i tanti possibili scenari, ha rappresentato dunque il terreno fertile per condurre la propria politica estera, agevolati dalla totale latitanza dei Paesi d’occidente: Stati Uniti ed Unione Europea su tutti.”
Quali sono i principali obiettivi di Mosca nella regione?
“Alle prese con una serie di problemi strutturali rimasti per la maggior parte irrisolti, il Presidente Putin nei suoi primi mandati presidenziali ha portato la Russia a una crescita economica con pochi eguali basata nella quasi totalità sui profitti derivanti dalla vendita di petrolio e gas. La crisi di Crimea e le conseguenti sanzioni del 2014 hanno causato l’arresto di tale ascesa spingendo il Cremlino alla ricerca di nuove alternative per far fronte alle proprie “necessità economiche”.
In tal senso, l’area Mena è diventata il focus di Mosca che ha visto nelle varie crisi regionali tanti possibili scacchieri su cui giocarsi le proprie pedine e condurre la sua ascesa verso il raggiungimento di un ruolo primario nello scenario geopolitico”.
E quali quelli di Ankara?
“Ankara, al pari di Mosca, si è trovata anch’essa nell’ultimo decennio a fronteggiare diversi problemi interni, su tutti il tentato golpe del 2016. Il problema principale di Erdoğan resta però la violenta recessione economica che attanaglia la Turchia e che tutt’oggi stenta ad arrestarsi. Alle sanzioni economiche degli Stati Uniti che hanno fatto da detonatore a una crisi che ormai si protrae da diversi anni, ha fatto seguito una svalutazione della moneta turca che nel 2020 ha perso circa il 30% del suo valore rispetto al dollaro.
Tale svalutazione non ha fatto altro che innalzare l’inflazione giunta al 12% e accrescere il prezzo di diversi prodotti provenienti dall’estero anche del 60%.
Parallelamente a Mosca dunque, anche Ankara ha individuato nell’area Mena e nei vari scenari di crisi, il proprio centro di gravità dove far confluire i propri interessi economici.”
Il Caucaso torna ad infiammarsi. La Turchia appoggia l’Azerbaijan mentre la Russia difende l’Armenia. Quali sono i motivi che hanno favorito la ripresa del conflitto?
“Armenia e Azerbaijan sono alle prese con una disputa per il controllo del Nagorno –Karabakh che già in passato ha portato a due sanguinose guerre. L’ultimo conflitto ha portato alla rapida sconfitta armena, salvati in qualche modo dall’intervento finale risolutivo del Cremlino che si è fatto garante degli accordi di pace e del rispetto delle linee di cessate il fuoco. Cessate il fuoco che, stando ai fatti riportati da Baku, sembra siano stati violati da Yerevan per aver spostato armi e truppe nella zona di confine allo scopo di “provocare” e di voler interrompere il processo di pace.
Al di là dei fatti e degli eventi, molti sembrano concordare sulle motivazioni della ripresa del conflitto: l’Azerbaigian potrebbe aver cercato di cogliere un’opportunità ora che l’alleato forte dell’Armenia è impegnato nella travagliata crisi Ucraina. Baku è al momento in una posizione di forza che mai gli si era presentata in passato: il Cremlino considera vitali le rotte di transito attraverso il Paese per sfuggire al crescente isolamento e mantenere i propri collegamenti con i propri Paesi amici (Iran su tutti), e parimenti la stessa Europa ora più che mai, è diventata molto dipendente dall’Azerbaigian dopo aver rinunciato al gas russo.
Inoltre, l’evidente difficoltà dei russi sul fronte ucraino, ha finito di riflesso col minare il ruolo egemonico della Russia nel Caucaso dato che, nonostante le richieste di aiuto ufficiali di parte armena, Mosca con ogni probabilità, non potrà intervenire in sua difesa. L’Azerbaijan dunque, sembra come detto aver colto l’attimo sfidando la Comunità internazionale che dovrà decidere se per coerenza condannare oppure no l’intervento di Baku nonostante il suo ruolo di principale fornitore di gas.”.
Come abbiamo visto in diverse aree di crisi Turchia e Russia sostengono fazioni diverse. Bastano gli enormi interessi economici per scongiurare uno scontro diretto tra i due paesi?
“Il 4 dicembre 2020 in occasione dei Mediterranean Dialogue MED2020, Sergey Viktorovich Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa, incalzato da parte del moderatore sui rapporti di Mosca con Ankara, che gli faceva notare il paradosso di come con uno Stato membro della NATO con cui ci si trova spesso di fronte a partiti contrapposti nei vari teatri di crisi, possa al tempo stesso essere partner commerciale di rilievo (ad esempio vendendogli addirittura dei sistemi d’arma come gli SS400), ha sostanzialmente confermato quanto a più riprese già espresso dagli esperti: “quando si condividono interessi economici ultra milionari in nome di una collaborazione che proprio nel 2020 ha festeggiato il suo centesimo compleanno, tutto passa in secondo piano e non vi è pertanto nessun paradosso ma bensì piena sintonia anche lì dove ci si trova l’uno di fronte all’altro.
Se sia stata una risposta di circostanza – la maggior parte degli analisti sono però convinti del contrario – oppure il reale pensiero del Primo Ministro russo è difficile saperlo con certezza, soprattutto per un Paese come la Russia che annovera la propria deception narrative tra i propri punti di forza.
Di certo quanto affermato è confermato dai numeri espressi dai grafici in alto ma soprattutto è avvallato dagli ultimi eventi a margine della crisi russo-ucraina: Ankara sembra essere per Mosca l’unico interlocutore cosi come per la NATO resta un interlocutore strategico.”
Le tensioni nell’Egeo orientale preoccupano l’Europa e infiammano il Mediterraneo. Turchia e Grecia pronte ad un conflitto?
“Che le tensioni nell’Egeo orientale preoccupano Bruxelles non è un segreto, d’altronde vede come protagonisti un membro dell’Unione e un “aspirante” tale che continua a provarle tutte pur di convincere il vecchio continente ad accettare la propria candidatura. Il momento storico che stiamo vivendo con il conflitto russo – ucraino che sembra esser lontano da una rapida soluzione, porta a pensare che difficilmente vi potrebbe essere nel breve periodo un’escalation delle tensioni in atto che possa condurre a un conflitto vero e proprio. Inoltre, nonostante le evidenze confermino che Erdoğan stia continuando sulla propria linea d’azione e che la postura di Ankara non sia cambiata, Bruxelles è fiduciosa che la nuova scoperta di un giacimento di circa 500 miliardi di metri cubi all’interno della ZEE turca nel Mar Nero aiuterà a far divergere gli interessi e a placare le ostilità fra le due repubbliche.”
In tutta la regione pesa come un macigno l’assenza dell’Unione Europa. Perché Bruxelles non riesce a giocare un ruolo da protagonista? “L’Europa, dopo la fine del confronto bipolare, ha mancato un grande appuntamento con la storia, non avendo la lungimiranza necessaria per fare dell’area mediterranea uno spazio per un solido partenariato. Già negli anni novanta, gli errori degli Usa in Medio Oriente, la debolezza della Russia e la lontananza della Cina avrebbero potuto dare all’Europa un enorme vantaggio strategico che però, priva di una visione geopolitica comune, non ha saputo cogliere. Qui le motivazioni del fallimento europeo: la mancanza di una agenda comune nell’interesse dell’Unione che nella consapevolezza della forza che questa presuppone, conducesse il vecchio continente al ruolo da protagonista che gli compete, soprattutto nella regione del Mediterraneo allargato. La nuova agenda mostra una ferma inversione di tendenza, frutto soprattutto di quanto ha lasciato in eredità l’emergenza pandemica e di quanto ha già insegnato il conflitto russo-ucraino che hanno sancito il terreno perso dall’Unione. Basti pensare al voto del 2 marzo 2022 presso l’Assemblea generale dell’Onu in cui si chiedeva alla Russia di cessare immediatamente l’uso della forza militare contro l’Ucraina: tra i 35 astenuti più della metà erano Paesi dell’area mediterranea. Il terreno perso è però tanto. Il Mondo è cambiato e l’Unione Europea deve cominciare a guardare al globo per quello che è senza ideologie: multipolare. L’Europa deve diventar essa stessa “polo” e non esser più succursale degl’interessi provenienti dalla sponda opposta dell’Atlantico.
La sfida per l’Unione Europea resta difficile e piena di insidie dunque. Avendo oramai l’obbligo di guardare al mondo non più a compartimenti stagni ma in maniera globale, si è altresì obbligati a considerare l’area mediterranea non più come emergente ma bensì, data la grande interdipendenza economica, uno scacchiere geopolitico dove verrà messo in discussione l’intero sistema mondiale, o comunque buona parte di esso.”
Note
[1] Nel 1679–80, i russi respinsero l’attacco dei Tartari di Crimea e siglarono il Trattato di Bachčysaraj il 3 gennaio 1681 che stabilì il confine russo-turco al fiume Dnepr
Foto copertina: Copertina libro