Mentre la Spagna presenta il testo di legge al Parlamento per consentire alle lavoratrici di beneficiare del congedo mestruale, il dibattito in Europa avanza tra critiche e perifrasi comuni.
Perifrasi comuni persistono nello stesso linguaggio femminile, per descrivere il flusso mestruale: quei giorni, le mie cose, sono indisposta. Sembra esser diffusa una comune censura per non nominare qualcosa che è difficile da definire col suo nome. La Disney nel 1946 produsse un cortometraggio “The Story of Menstruation” dove il narratore del film, informa lo spettatore che “non c’è niente di strano o misterioso nelle mestruazioni”.
Oggi le donne lavoratrici in buona parte del globo si ritrovano dinanzi a muri di pregiudizi che etichettano i dolori mestruali come una scusa per non lavorare. Spesso i dolori mestruali non sono considerati tali. Eppure le donne che soffrono di dismenorrea o endometriosi si ritrovano ad affrontare giornate lavorative estenuanti, si vedono negate il giorno di malattia in un processo di digressione del “femminismo” .
La maggior parte delle donne (fino all’80% secondo gli studi) avverte dolore o disagio prima e durante il ciclo mestruale.[1] La maggior parte delle donne lavoratrici si sente in colpa e in imbarazzo per qualcosa che le rende fragili e piuttosto tendono a nasconderlo. [2]
La tutela della salute mestruale risulta essere al centro del dibattito in queste ultime settimane, soprattutto in seguito alla proposta di legge spagnola sul diritto al congedo per le mestruazioni dolorose e tre giorni al mese di congedo per le donne con un ciclo doloroso. Prima annunciato dal ministro per le Pari opportunità Irene Montero, subito dopo approvato il 17 Maggio dal Consiglio dei ministri spagnolo.
«È finito il tempo di andare a lavoro imbottite di pillole e dover nascondere che nei giorni del ciclo patiamo un dolore che ci impedisce di lavorare» ha detto in conferenza stampa «Siamo il primo Paese d’Europa a regolamentare permessi speciali temporanei per mestruazioni dolorose pagati interamente dallo Stato».[3]
Invece in Francia la startup Louis ha introdotto la sperimentazione del congedo mestruale per le proprie dipendenti dall’ 8 marzo. Le donne potranno chiedere un giorno libero al mese senza dover presentare certificato medico e senza perdere retribuzione. Basterà avvertire il superiore.[4]
Il dibattito in merito al congedo mestruale non è recente: si pensi che l’Unione Sovietica ha introdotto una politica nazionale nel 1922, il Giappone nel 1947 e l’Indonesia nel 1948.
«L’idea che ha spinto il Giappone ad adottare il congedo mestruale viene da alcune teorie sulla fertilità femminile: i sindacati infatti mettevano in guardia dalle conseguenze che i lunghi orari di lavoro e le scarse condizioni sanitarie avrebbero potuto avere sulla capacità riproduttiva delle lavoratrici», ha spiegato Izumi Nakayama, un professore all’Università di Hong Kong che ha studiato a lungo il congedo mestruale giapponese.
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Tale misura, tuttavia, ha cercato di tutelare le donne come future madri e non come lavoratrici. Paradosso assoluto in Giappone è stato il numero minimo di congedi richiesti dalle donne lavoratrici, per paura di essere giudicate.
Nel frattempo in Europa avanza un dibattito che vede da un lato coloro secondo i quali il congedo mestruale rappresenti uno step nelle parità di genere, e coloro che vedono questo “permesso” come un’ulteriore discriminazione nelle assunzioni di personale femminile.
Sembra un paradosso. Paesi avanzati, insigniti di parole come democrazia, libertà e parità sono lontani da un traguardo che dovrebbe rappresentare la normalità e non l’eccezione.
La dottoressa Úrsula Szalata, che collabora con il sindacato Comisiones Obreres d’Asturies, ha affermato: “Non tutte le donne sono uguali, né tutti i cicli sono uguali. – chiarisce – Inoltre, solo perché hai l’opzione non significa che la usi. La considero la conquista di un diritto come ai suoi tempi era il congedo di maternità, che è stato interiorizzato e accettato. Non capisco il rumore, stiamo sostenendo la salute sul lavoro con una prospettiva di genere”.
La situazione in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, nel 2016 era stato presentato un disegno di legge sul tema dalle deputate Mura, Sbrollini, Iacono e Rubinato che prevedeva tre giorni al mese di congedo mestruale in caso di mestruazioni dolorose certificate da medico specialista.
“In Italia il dibattito sul cosiddetto congedo mestruale si è riacceso dopo che la Coexist, un’azienda di Bristol, ha deciso di inserire nello statuto l’esenzione dal lavoro per le impiegate con il ciclo mestruale. L’azienda ha deciso di concedere alle dipendenti un congedo a cadenza mensile che garantisca loro di restare a casa nei giorni in cui i dolori mestruali sono più forti. Alla Coexist hanno persino valutato che appena finito il ciclo le donne sono tre volte più produttive. L’idea della Coexist ha alcuni precedenti: la Nike ha inserito il congedo mestruale nel proprio codice di condotta sin dal 2007 e in Giappone alcune aziende avevano adottato il «seirikyuuka», cioè il congedo, addirittura nel 1947 e un anno dopo la stessa pratica era stata introdotta in Indonesia. Più recentemente, il congedo per le donne che soffrono di dismenorrea è stato adottato anche in Sud Corea (nel 2001) e a Taiwan (nel 2013). In Oriente esiste infatti la credenza che se le donne non si riposano nei giorni del ciclo avranno poi numerose difficoltà durante il parto: il permesso, dunque, è vissuto come una forma di protezione della natività”. [5]
Il testo sottolineava che “dal 60 al 90% delle donne soffre durante il ciclo mestruale e questo causa tassi dal 13% al 51% di assenteismo a scuola e dal 5% al 15% di assenteismo nel lavoro”. La proposta è naufragata, senza ottenere realizzazione.
Molti critici ritengono che il congedo mestruale contribuirebbe maggiormente a stigmatizzare la figura della donna emotivamente debole. Tuttavia l’impatto psicofisico del ciclo mestruale sulla performance lavorativa è notevole ed aziende come la Nike, le quali hanno già posto in essere il congedo mestruale, hanno evidenziato che dopo quei giorni di riposo, le donne sono statisticamente più produttive.
Un diritto inalienabile diventa un “fatto politico” e l’Europa è lontana dal raggiungimento di tale obiettivo, in un contesto in cui si assiste ancora al demansionamento e al licenziamento in gravidanza.
Cosa accadrebbe, ad esempio, se di colpo, gli uomini avessero le mestruazioni e le donne no? [6]
Note
[1] Available on https://www.liebertpub.com/doi/pdf/10.1089/jwh.2015.5529
[2] F. Milano, Arriva il congedo mestruale (ma non in Italia), Il Sole 24Ore.
[3] Available on https://www.ilmessaggero.it/mondo/congedo_mestruale_spagna_cosa_e_come_funzionale-6695593.html?refresh_ce
[4]
[5] PROPOSTA DI LEGGE n.3781 d’iniziativa dei deputati MURA, SBROLLINI, IACONO, RUBINATO Istituzione del congedo per le donne che soffrono di dismenorrea, Presentata il 27 aprile 2016.
[6] La campagna di Thinx, che ha il titolo ironico di “MENstruation”, immagina come sarebbe la società se anche gli uomini avessero il ciclo.