Le Abuelas de Plaza de Mayo ritrovano il nipote 133. Durante la conferenza stampa tenutasi a Buenos Aires il 28 luglio, l’organizzazione per i diritti umani annuncia la prima restituzione del 2023.
Prosegue il quarantennale cammino dell’organizzazione per i diritti umani
Con grande gioia e soddisfazione l’organizzazione per i diritti umani Abuelas de Plaza de Mayo ha annunciato all’Argentina e al mondo la restituzione del “Nipote 133”, figlio di Cristina Navajas e Julio Santucho e nipote dell’Abuela Nélida Navajas – pilastro dell’Associazione, deceduta nel 2012 senza poter mai abbracciare il nipote scomparso -. Quando ha saputo del ritrovamento di suo fratello, Miguel “Tano” Santucho si trovava a Roma, in visita agli altri due fratelli, Camilo e Florencia, che vivono lì. «Il mio primo pensiero è stato per mia madre e mia nonna», ha raccontato durante la conferenza stampa, «penso alla forza di mia madre, Cristina Navajas, che rapita e torturata continuò una gravidanza che non aveva nemmeno potuto confermare quando la portarono via dall’appartamento dove si trovava, in via Warnes 735 nella città di Buenos Aires»[1].
La conferenza stampa è stata anche l’occasione per ribadire quanto importante è l’attività di recupero e salvaguardia della memoria portata avanti delle Abuelas de Plaza de Mayo. «La vita ci regala un momento di gioia in un momento difficile della nostra amata Argentina. Trovare un altro nipote, restituirgli i suoi diritti, la sua identità, ci riempie di felicità»[2], ha affermato De Carlotto.
La presidente delle Abuelas ha, inoltre, sottolineato l’importanza del lavoro svolto della Commissione Nazionale per il Diritto all’Identità (CoNaDI) e della Banca Nazionale di Dati Genetici che hanno permesso di realizzare questa nuova restituzione. «Questo nuovo caso – scrive l’Organizzazione – è il risultato di una società che, dopo 40 anni di democrazia, continua a voler sapere cosa è successo alle persone scomparse e alle centinaia di neonati, bambine e bambini sequestrati, e scommette sulla costruzione della memoria, della verità e della giustizia, affinché non si ripetano mai più crimini così orribili»[3].
La storia e la scomparsa di Cristina Navajas
Cristina Navajas nacque nel settembre 1949 a Buenos Aires. Dopo essersi diplomata come maestra s’iscrisse alla facoltà di Sociologia dell’Universidad Católica Argentina (UCA) dove conobbe il futuro compagno, Julio Santucho. Entrambi facevano parte del Partido Revolucionario de los Trabajadores (PRT).
Per conto del Partito, oltre ai diversi incarichi di rilievo, Cristina era docente nelle scuole del PRT, dove insegnava Storia della Rivoluzione Latinoamericana.
Dopo le nozze nel 1971, la giovane coppia ebbe nel 1973 un primo figlio di nome Camilo, e un secondo, Miguel, nel 1975.
La mattina del 13 luglio 1976, all’età di 26 anni e mentre era incinta di due mesi, Cristina Navajas fu sequestrata dalle Polizia argentina giunta al 735 di Warnes Street dove viveva la cognata, Manuela Santucho.
Al momento dell’irruzione si trovano in casa, per pura casualità: il figlio di Manuela Santucho – Diego di 1 anno -, i due figli di Cristina Navajas e un’altra compagna di militanza, Alicia D’Ambra, anch’essa incinta di un bambino che l’Organizzazione sta ancora cercando. In poco tempo una vicina di casa riuscì a mettersi in contatto con la madre di Cristina Navajas, Nélida, che si diresse immediatamente al 735 di Warnes Street. Qui Nélida trovò – oltre ai nipoti che fortunatamente non furono sequestrati – un portafoglio e al suo interno una lettera che Cristina non riuscì mai a spedire a Julio, in cui si diceva convinta di essere incinta. Ciò ha permesso in seguito, grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, di confermare che la gravidanza di Cristina era proseguita seppure in cattività.
Dopo il sequestro Cristina fu dapprima vista all’Automotores Orletti[4], un centro clandestino controllato del Servicio de Inteligencia del Estado (SIDE), nel quartiere Floresta di Buenos Aires. Le tre donne trascorsero meno di un mese a Orletti, dove furono brutalmente torturate, soprattutto Manuela e Cristina, perché appartenenti alla famiglia Santucho. Grazie alle testimonianze dei sopravvissuti è stato possibile scoprire che, il 13 agosto, Cristina, Manuela e Alicia furono spostate in un altro centro clandestino il Proto Banco, dove rimasero fino al 28 dicembre 1976.
Qui, il racconto di un altro detenuto ha confermato, ancora una volta, il proseguimento della gravidanza di Cristina nonostante le violenze dei militari. Successivamente le tre donne furono spostate in un nuovo centro di detenzione clandestina, il Pozo de Banfield[5]. Qui Cristina vi arrivò in stato di gravidanza avanzata ed è possibile supporre che è proprio qui che sia nato il “Nipote 133”. Secondo la testimonianza della sopravvissuta Adriana Calvo si stima che Cristina sia rimasta nel Pozo de Banfield fino al 25 aprile 1977.
Adriana racconterà, infatti, di essere arrivata al centro di detenzione il 15 aprile, poco dopo aver dato alla luce sua figlia Teresa all’interno di in un’auto di pattuglia, mentre veniva prelevata da un altro centro clandestino. Al suo arrivo Cristina e suo figlio erano stati già separati per sempre. I racconti, le testimonianze e le conferme sulla sopravvivenza di Cristina, tuttavia, si interrompono proprio al Pozo de Banfield tanto che la giovane resta, tutt’oggi, desaparecida.
Leggi anche:
- In Argentina sono stati ritrovati i nipoti 131 e 132
- Argentina ’78: il Mondiale visto dalle “pazze” di Plaza de Mayo
Grazie alla famiglia Santucho e a Nélida Navajas iniziano le ricerche
Julio Santucho, che a quel tempo militava all’estero, scoprì il rapimento della moglie il giorno dopo, il 14 luglio 1976. Immediatamente si attivò per far sì che i suoi due figli potessero lasciare l’Argentina in sicurezza. Mentre il nipote Diego fu affidato alla famiglia del padre, Camilo e Miguel furono affidati a due militanti che si spacciarono per una coppia. Susana Fantino, una compagna di partito, finse di essere la madre dei bambini e diversi anni dopo divenne la compagna di Julio.
Nel frattempo, Nélida fece tutto il possibile e contattò chiunque, sia persone fidate che non. Tentò, inutilmente, di parlare e ottenere risposte o indicazioni, anche minime, da politici, religiosi e militari, senza ottenere nulla. Non sapeva nemmeno se stava cercando un nipote o una nipote, sapeva solo – grazie alla lettere ritrovata nel portafoglio di Cristina – che questi sarebbe dovuto nascere nel febbraio del 1977. Senza perdere mai la speranza di riabbracciare la figlia e il nipote, lasciò il suo lavoro alla Cassa di Risparmio e si unì alle Abuelas de Plaza de Mayo per proseguire le ricerche, affiancata da chi stava vivendo il suo stesso dolore. Al fianco delle Abuelas ha viaggiato per il mondo quando l’Organizzazione cercava un metodo scientifico in grado di identificare, con il massimo di precisione possibile, i nipoti anche in caso di assenza di uno o di entrambi genitori.
Ha rappresentato l’Associazione in innumerevoli incontri, sia nazionali che internazionali, e ha fatto della ricerca di Cristina e del suo bambino una testimonianza da offrire a insegnanti e studenti per evidenziare quanto la ricostruzione della memoria individuale e collettiva sia fondamentale ancora oggi. Dopo gli anni in esilio in Italia insieme al padre Julio e al fratello, anche Miguel tornò in Argentina nel 1985, mentre Nélida era già segretaria delle Abuelas.
Nel 1993 si stabilì definitivamente nel paese per ricostruire, in prima persona, la sua travagliata storia familiare. Grazie alle numerose ricerche è riuscito a scoprire che in totale sono circa una ventina, i membri della famiglia Santucho detenuti, uccisi ed esiliati durante la dittatura. Di questi, 10 sono ancora considerati desaparecidos e un bambino o una bambina ancora ricercati.
Nel 1995 Miguel si unì all’associazione HIJOS[6] e fondò la commissione Hermanos che affianca le indagini delle Abuelas de Plaza de Mayo. Dopo la morte di Nélida nel 2012, Miguel si è avvicinato ancora di più all’Organizzazione. Si è unito al Consiglio di amministrazione nello svolgimento di tutte le sue pratiche quotidiane; ha rappresentato l’istituzione, tenendo conferenze, visite guidate all’interno della Casa por la Identidad[7] e mettendo tutto il suo cuore al servizio della ricerca.
Il cammino verso la verità del “Nieto 133”
Il cammino verso la libertà del “Nipote 133” – il cui nome non è stato reso pubblico – è avvenuto spontaneamente quasi 5 anni fa, dopo che, come tanti in Argentina, aveva iniziato a nutrire dei dubbi sulle proprie origini. Grazie ad alcune ricostruzioni seppe che il 24 marzo 1977 era stato registrato come il figlio biologico di un’infermiera e di membro delle Forze di sicurezza.
Cresciuto dai “genitori” come un figlio unico, sebbene avesse una “sorella” di 20 anni più grande, scoprirà da lei – diverso tempo dopo – di non essere il figlio di coloro i quali sostenevano di essere i suoi genitori biologici. In due occasioni tentò di ottenere maggiori informazioni dal suo “padre-sequestratore” che, tuttavia, sostenne sempre e categoricamente di essere il suo padre biologico.
Diversi anni più tardi, e dopo essersi preso il tempo necessario per metabolizzare tutte le informazioni raccolte, si rivolse alle Abuelas de Plaza de Mayo per iniziare l’iter giudiziario e scoprire la verità sulle proprie origini. Dopo la sua presentazione innanzi alla Comisión Nacional por el Derecho a la Identidad (CONADI), sono state condotte ricerche documentali e infine, nell’aprile di quest’anno, ha eseguito il test del DNA presso il Banco Nacional de Datos Genéticos (BNDG).
Il 26 luglio le sue origini e la sua storia familiare è stata definitivamente messa in chiaro. Grazie alle analisi del sangue è stato possibile accertare che il “Nipote 133” era il figlio biologico Cristina Navajas e Julio Santucho. In poco tempo il “nipote ritrovato” si è dunque rivolto all’Unidad Especializada para Casos de Apropiación de Niños durante el terrorismo de Estado e si è messo in contatto con la sua famiglia d’origine e suo fratello Miguel.
La restituzione del “Nipote 133”, un momento per onorare tutti coloro che non hanno mai perso la speranza di ritrovare i loro cari
«Continueremo a cercare il figlio di Alicia D’Ambra e tutte le nipoti e i nipoti mancanti» ha scritto l’Associazione nel suo comunicato stampa. «Perché ogni restituzione è un atto di riparazione per le famiglie, di verità e giustizia per la società, e di memoria per le generazioni future. È la riaffermazione che la società argentina decide di non dimenticare e sostenere le politiche pubbliche che permettono di conoscere la verità su quanto accaduto durante l’ultima dittatura civile militare. L’origine di ogni appropriazione ci ricorda quanto violento e assassino possa essere lo Stato al servizio dell’oppressione e del terrore, ma le restituzioni dimostrano il valore della vita democratica, dei diritti conquistati e delle libertà guadagnate»[8].
Quasi 1.200 persone si rivolgono ogni anno alla Banca Dati Genetica con il sospetto di essere i figli degli scomparsi durante la dittatura militare argentina.
Gli ultimi due ritrovamenti risalgono alla fine del dicembre 2022[9] . «Chi sa viene a dirci quello che sa, chi dubita viene a dirci i suoi dubbi. In questo modo potremo continuare a trovare i dispersi, che si stima siano 300. Potrebbero essere ovunque nel mondo»[10], ha concluso De Carlotto durante la conferenza stampa.
Note
[1] Abuelas, “El abrazo que nos dimos es para simepre”, 28/07/2023, https://www.abuelas.org.ar/noticia/el-abrazo-que-nos-dimos-es-para-siempre-1815.
[2] “Abuelas de Plaza de Mayo anunció la restitución del nieto 133”, Ministerio de Justicia y Derechos Humanos, 28/07/2023, https://www.argentina.gob.ar/noticias/abuelas-de-plaza-de-mayo-anuncio-la-restitucion-del-nieto-133.
[3] Abuelas, “Restitución del hijo de Cristina Navajas e Julio Santucho”, 28/07/2023, https://www.abuelas.org.ar/noticia/restitucion-del-hijo-de-cristina-navajas-y-julio-santucho-1814.
[4] Officina trasformata dai Servizi Segreti in un centro di tortura e sterminio operativo dal maggio al novembre 1976. Si conta che oltre 300 persone siano passate per questo luogo, la maggior parte, dopo le torture, è stata uccisa e fatta sparire. Fra i rapiti c’erano persone di varie nazionalità, in particolare uruguaiani, cileni e boliviani, paraguaiani e brasiliani, tutti sequestrati nell’ambito del Piano Condor, https://plancondor.org/taxonomy/term/235.
[5] Ex commissariato di polizia sito a Buenos Aires, adibito a centro di tortura dal novembre 1974 all’ottobre 1978. Oltre 300 prigionieri e circa 100 desaparecidos sono passati da qui. Tra questi diversi cittadini uruguaiani, paraguaiani e cileni tutti sequestrati a seguito del Piano Condor. Si ritiene che una delle funzioni principali di questo centro illegale fosse quella di ospitare le detenute durante gli ultimi mesi della loro gravidanza, per poi sbarazzarsi dei neonati, che venivano separati dalle loro madri.
[6] Hijos e Hijas por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio (H.I.J.O.S) è un’organizzazione internazionale nata nel 1995 in Argentina. Inizialmente ha raccolto le figlie e i figli di militanti vittime del terrorismo di Stato, ma in seguito ha visto anche la partecipazione di persone non direttamente legate alla dittatura civico-militare. Per maggiori approfondimenti si veda: https://www.hijos-capital.org.ar/.
[7] La Casa por el Derecho a la Identidad è uno spazio gestito e recuperato dalle Abuelas de Plaza de Mayo. Si tratta di uno dei centri di detenzione clandestina più noti in Argentina, la ex Escuela de Mecánica de la Armada (ESMA). In quello spazio, molte donne hanno partorito bambini che sono stati poi loro sottratti e affidati ad altre famiglie, sostituendo la loro identità. La Casa è diventa oggi il cuore pulsante dell’Organizzazione, il luogo in cui è custodita la memoria storica delle lotte fatte nel corso degli anni.
[8] Abuelas, “Restitución del hijo de Cristina Navajas e Julio Santucho”.
[9] Per approfondimenti si veda: V. FRANZESE, “In Argentina sono stati ritrovati i nipoti 131 e 132”, Opinio Juris, 20/01/2023, https://www.opiniojuris.it/in-argentina-sono-stati-ritrovati-i-nipoti-131-e-132/.
[10] C. LAMBERTUCCI, “Abuelas de Plaza de Mayo recupera al nieto 133, sobrino de un líder guerrillero argentino de los setenta: “Es una derrota de la dictadura”, El Pais, 28/07/2023, https://elpais.com/argentina/2023-07-28/abuelas-de-plaza-de-mayo-recupera-al-nieto-133-sobrino-de-un-lider-guerrillero-argentino-de-los-setenta-es-una-derrota-de-la-dictadura.html.
Foto copertina: Abuelas de Plaza de Mayo ritrovano il nipote 133