Bosnia: traballano gli accordi di pace


Le decisioni della Repubblica di Srprska aggravano la posizione della Bosnia, divisa tra lo status di candidato UE e le simpatie serbe per Putin.


Se tutto il mondo ha subito i contraccolpi del conflitto russo-ucraino che in qualche modo ha smosso i tradizionali equilibri geopolitici, i Balcani ne subiscono gli effetti in maniera più diretta. La posizione geografica d’altronde, li pone in una soglia d’attenzione tanto da parte dell’UE quanto da parte russa. Negli ultimi tempi però, è la Bosnia Erzegovina, anzi una parte di essa, ad attirare attenzione su di sé, con dei provvedimenti che fanno temere per la stabilità del paese, ma anche per la tenuta dello status di candidato all’Unione Europea, ottenuto con fatica il 15 dicembre 2022. Si tratta della Repubblica Srpska, la repubblica serba di Bosnia che si estende grossomodo sulle aree interne del paese e che prende vita, assieme all’altra Bosnia, quella della Federazione, dagli accordi di Dayton del 1995.
La Repubblica Srpska è retta dal presidente Milorad Dodik il quale non ha mai nascosto le sue simpatie per Putin[1].
A preoccupare non è solo questa amicizia con il leader russo, ma anche l’ultima decisione: l’approvazione il 7 luglio 2023, di una legge che impedisce l’approvazione delle decisioni della Corte Costituzionale bosniaca sul territorio dell’entità serba. La motivazione originaria sarebbe da attribuire al fatto che la Corte è costituita da quattro membri della Federazione della Bosnia Erzegovina, tre stranieri scelti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e solo due sono serbi. A quanto pare poi, una recente modifica proposta in seno al governo centrale verrebbe ulteriormente ridotta l’importanza della Repubblica Srpska nel paese[2].

Il problema interno: le due e più Bosnie

Quando si parla di Bosnia Erzegovina in realtà si fa riferimento a due entità ben distinte: la Repubblica di Srpska, entità serba del paese, e la Federazione della Bosnia Erzegovina. In realtà ci sarebbe anche una “terza Bosnia”: il distretto di Brčko, che però è anche oggetto di ingerenze amministrative delle altre due Bosnie. Questa suddivisione amministrativa è il risultato degli accordi di pace di Dayton, che posero fine ad uno dei tanti conflitti che flagellarono i Balcani negli anni ’90: la guerra di Bosnia. Gli accordi sancivano l’intangibilità dei confini e la creazione di due entità suddivise all’interno della Bosnia Erzegovina, per dare uno spazio alla componente croata e musulmana e l’altro alla componente serba.
La prima detiene il 51% del territorio, l’altra il 49%, sempre sulla base dell’accordo di pace. Il paese, inteso come unica entità politica è uno dei candidati a diventare nuovo membro dell’Unione Europea.
Dopo gli accordi di stabilizzazione del 2005 e la domanda formale presentata dalla Bosnia nel 2016, l’Unione Europea ha accelerato il passo: a seguito dello scoppio del confitto in Ucraina, su raccomandazione del 12 ottobre 2022 da parte della Commissione Europea, la Bosnia ha ricevuto lo status di candidato il 15 dicembre.
Tuttavia i problemi interni restano: c’è una parte del paese, quella serba, che si sente più legata a Mosca che a Bruxelles, e di conseguenza comincia a tollerare sempre di meno le decisioni prese a livello centrale a Sarajevo. In particolare poi, la figura del presidente serbo Milorad Dodik, al suo secondo mandato, pare decisiva in questo cambio di passo, in quanto sono ben noti i suoi incontri amichevoli con Vladimir Putin, prima e durante l’invasione russa dell’Ucraina[3].
Nella recente decisione della Repubblica di Srpska di non accettare le decisioni prese dal governo centrale, si potrebbero individuare anche altri problemi, di tipo economico che, effettivamente stanno creando grattacapi alla parte serba. Basti pensare che la Repubblica da alcuni mesi non riesce a sostenere le spese pubbliche, comprese quelle che riguardano gli stipendi dei dipendenti del settore. Se a ciò si aggiunge un debito sempre crescente dovuto a numerosi prestiti ed un calo della riscossione fiscale, il quadro è completo.
Questi sono alcuni dei motivi che potrebbero essere causa dello smottamento bosniaco, ma con le reazioni esterne il quadro potrebbe aggravarsi

Repubblica di Srpska: sanzioni e isolamento

La legge approvata dall’assemblea serba in Bosnia ha suscitato delle reazioni al di fuori del paese. L’Unione Europea mostra preoccupazione, mentre gli Stati Uniti hanno reagito con maggiore forza, quando alla fine di luglio hanno approvato una serie di sanzioni dirette a quattro esponenti politici della repubblica serba: il primo ministro della Repubblica Srpska, Radovan Viskovic, l’esponente serba della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, Zeljka Cvijanovic, il ministro della Giustizia Milos Bukejlovic, e il presidente del Parlamento della Repubblica serba Nenad Stevandic[4].
Invece Milorad Dodik è tenuto già sotto controllo dagli americani e pare sia incluso nella lista nera di Washington. Ma c’è da dire che tanto per lui, quanto per i quattro serbi sanzionati, l’avversione americana è più un segno distintivo che conferisce loro consenso politico interno. D’altronde Dodik e i suoi sono espressione della maggioranza di Srpska che si sente abbastanza distante dagli Stati Uniti e dai precetti di Dayton; a Banja Luka, capoluogo de facto della Repubblica, si sprecano invece manifestazioni di vicinanza verso la Russia.
Le sanzioni americane sono sostanzialmente un invito a tutti gli investitori a non investire nella repubblica serba, ritenuta ormai nemica. Il contraccolpo di queste sanzioni potrebbe, alla lunga, destare preoccupazioni in Dodik, non tanto per la sua posizione politica, quanto piuttosto per i suoi interessi economici personali, dato che vanta ancora numerosi affari negli Stati Uniti. Dall’altra parte della Bosnia invece, quella della Federazione, le sanzioni americane sono state viste con favore, ma d’altro canto, c’è anche chi ritiene siano insufficienti e che, Stati Uniti e Unione Europea dovrebbero interessarsi sul serio del problema Bosnia, magari andando oltre le logiche degli accordi di Dayton[5].
Nel frattempo, se l’occidente sanziona, Dodik strizza l’occhio a Russia e Cina e non solo[6]. Per respingere le accuse di chi ritiene che la repubblica sia isolata, Dodik ha annunciato una serie di incontri con altri leader politici, per sottolineare che Banja Luka non è sola. Stando a quanto annunciato, Dodik dovrebbe incontrare Xi Jinping e Vladimir Putin, ma non si esclude anche una visita al premier serbo Aleksandar Vucic e a quello ungherese Viktor Orban. Insomma Dodik si sta guardando intorno, cercando di farsi degli amici al di fuori della schiera europea-americana.

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Cosa fare quando una parte del paese, tendenzialmente autonoma, si lega ad entità politiche avverse a quelle seguite dall’autorità centrale? Bella domanda. A Sarajevo pare si stia cercando ancora una risposta valida. La legge serba che prevede la fuoriuscita di ingerenze straniere dal territorio di propria competenza, mina gli accordi raggiunti con tanta fatica e dopo tanto sangue versato. Non solo sono in bilico tutti i progressi portati avanti dalla Bosnia, compresi gli accordi di libero scambio con l’UE e la richiesta d’adesione alla stessa; è in bilico anche l’integrità territoriale della Bosnia Erzegovina intesa come entità statale unita e compatta. Per gli Stati Uniti e per l’Europa, la decisione dei serbi è controproducente in funzione al mantenimento della pace stabilita a Dayton, mina la stabilità territoriale e la sicurezza della regione ed inficia qualunque tentativo di cooperazione a vantaggio del paese. D’altro canto però, bisogna tener presente la posizione dei paesi considerati amici, soprattutto la Russia, che potrebbe vedere in Dodik un lasciapassare interessante per l’ingresso nei Balcani.


Note

[1]https://www.repubblica.it/esteri/2023/07/08/news/bosnia_dodik_filorusso_rappresentante_internazionale-407078142/
[2] https://it.euronews.com/2023/07/05/bosnia-erzegovina-pressioni-politiche-sulla-corte-costituzionale-dalla-repubblica-srpska
[3] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Sead-Turcalo-Ucraina-specchio-delle-divisioni-in-Bosnia-Erzegovina-225983
[4] https://www.ansa.it/nuova_europa/it/notizie/rubriche/altrenews/2023/07/05/bosnia-pe-chiede-sanzioni-contro-leader-serbo-milorad-dodik_41b72f93-c7e4-415f-891a-4593c698d404.html
[5] https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/BiH-il-paradosso-delle-sanzioni-contro-Dodik-226496
[6] https://www.agenzianova.com/news/bosnia-lisolamento-internazionale-spinge-la-repubblica-sprska-sempre-piu-verso-russia-e-cina/


Foto copertina: Il presidente della Repubblica Srpska Milorad Dodik