Con l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio della dirigenza e del coordinamento delle politiche spaziali, l’Italia si prepara a giocare da protagonista nel panorama strategico della New Space Economy. Una sfida all’altezza del passato glorioso del Paese solo se sostenuta da investimenti ed una visione di lungo periodo.
L’Italia “terzo grande”
Era il 15 dicembre del 1964 quando l’ingegno di un gruppo di ricercatori dell’Università di Roma ha consentito il lancio in orbita di un satellite artificiale interamente progettato e costruito in Italia[1]: il “miracolo extraterrestre” del San Marco 1 ha permesso al nostro Paese di diventare la terza nazione spaziale al mondo dietro all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti, che dal 1957 avevano varcato le porte dello spazio extra-atmosferico con i rispettivi Sputnik ed Explorer. Un terzo podio a lungo difeso dai reclami di Canada e Gran Bretagna, che due anni prima portarono in orbita i satelliti Alouette ed Ariel – costruiti però negli USA.[2] A rivendicare la medaglia di bronzo per le capacità tecnologiche ed umane necessarie alla realizzazione di satelliti artificiali fu anche la Francia, fresca del lancio di Asterix dal poligono algerino di Hammaguir.[3] Nonostante ciò, a partire dagli anni Sessanta l’Italia si è affermata come potenza nel teatro spaziale, e vanta una storia importante anche durante tutti i decenni successivi, tanto a livello europeo – figura infatti tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea – quanto internazionale.[4]
La Legge 7/2018
L’importanza strategica che il settore spaziale ha assunto negli ultimi decenni all’interno del panorama economico italiano ha portato alla riorganizzazione delle norme esistenti in materia attraverso l’approvazione della legge 7/2018,[5] recante Misure per il Coordinamento della Politica Spaziale e Aerospaziale e Disposizioni concernenti l’Organizzazione e il Funzionamento dell’Agenzia Spaziale Italiana, entrata in vigore il 25 febbraio 2018. Tale atto normativo prevede che la direzione e il coordinamento delle politiche spaziali e aerospaziali siano attribuiti al Presidente del Consiglio, mentre gli indirizzi di Governo in materia spaziale – inclusi ricerca, innovazione tecnologica e ricadute sul settore produttivo – sono attribuiti ad un Comitato interministeriale istituito ad hoc.[6] In questo contesto, l’Agenzia Spaziale Italiana svolgerà il ruolo di “architetto di sistema”, con il compito di portare sul tavolo delle discussioni il contributo di tutti i portatori di interesse del settore.
La firma dei primi indirizzi del Governo in materia spaziale ed aerospaziale da parte del Presidente del Consiglio risale al 25 marzo 2019, con la definizione dei settori strategici nazionali. In particolare, le telecomunicazioni, la navigazione e l’osservazione della Terra saranno oggetto delle politiche sviluppate nei prossimi anni, in aggiunta alla Strategia Nazionale di Sicurezza per lo Spazio[7] approvata dal COMINT nel luglio dello stesso anno. Tra gli obiettivi strategici del documento, la garanzia della sicurezza delle infrastrutture spaziali e la tutela del comparto istituzionale, industriale e scientifico figurano tra le priorità del Paese.
La sfida della new space economy
A dimostrazione della rilevanza internazionale dell’Italia nel dossier spazio, con un valore di produzione di circa 13 miliardi di euro nel 2019 e 64 mila addetti, il nostro Paese si è affermato come leader nel settore aerospaziale, in particolare in riferimento al recente fenomeno della new space economy. Con l’avvento della nuova economia dello spazio infatti il settore spaziale – che per lungo tempo ha goduto del prevalente sostegno istituzionale – si è aperto all’ambizioso intervento degli investitori privati e delle startup, dando avvio ad una vera e propria rivoluzione culturale nella ridefinizione del rapporto pubblico/privato in cui l’Italia si muove da protagonista.[8]
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Sul piano imprenditoriale, l’Italia vanta numerosi esempi di startup di successo in campo spaziale, che – in maniera non esaustiva – includono i servizi in orbita di D-Orbit, le ground station a terra di Leaf Space, le tecnologie di propulsione di T4i e l’uso di intelligenza artificiale per l’automazione e il controllo per opera di Aiko.[9] L’Italia sviluppa poi un notevole potenziale anche in diversi cluster, compresi i distretti spaziali. Tuttavia, sono da riconoscere limiti importanti nella filiera della new space economy, che si legano inestricabilmente alle barriere che da decenni pongono un freno alla competitività italiana: non solo incertezza temporale in ambito giudiziario e rallentamento burocratico-amministrativo, bensì anche un basso volume di investimenti in ricerca, sviluppo e capitale di rischio – in particolare a proposito della frontiera tecnologica. Ciononostante, la consapevolezza dei benefici di lungo periodo dell’investimento in tecnologie spaziali hanno portato in prima linea nella catena del valore nazionale ed internazionale grandi player italiani come Leonardo, Avio e Argotec, così come operatori dei servizi logistici di supporto alla stazione spaziale internazionale.[10] Con un miliardo di euro di budget annuale, il supporto chiave è fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che svolge il compito di coordinare progetti relativi all’esplorazione spaziale, all’osservazione della terra e all’abilitazione dell’industria spaziale.[11] Non meno importante, un ruolo fondamentale è altrettanto assolto dall’Agenzia Spaziale Europea, che con il suo ruolo di investitore ha contribuito a creare i primi flussi finanziari per le proto-imprese italiane.[12]
Il PNRR guarda allo spazio
A testimonianza dell’importanza del settore spaziale per l’economia italiana, oltre 2,4 miliardi di euro verranno investiti nell’industria e nelle tecnologie spaziali entro il 2026 nell’ambito del PNRR, in particolare della Recovery and Resilience Facility e del Fondo Complementare.[13] Di notevole rilevanza è la quota stanziata per la creazione di un’Italia produttrice di tecnologie avanzate, che risulta nettamente superiore ai fondi previsti dalle altre potenze europee – Francia e Germania in primis.[14] Tuttavia, una chiara valutazione dell’efficacia degli investimenti del PNRR sarà possibile solo dopo la finestra temporale del 2026, quando il nostro Paese si troverà nella posizione di proseguire l’afflusso di risorse dedicate allo spazio e, di conseguenza, continuare ad alimentare la filiera spaziale nella sua dimensione industriale e finanziaria. Tale approccio, inoltre, favorirebbe la posizione delle imprese italiane nel futuro contesto geopolitico globale, attirando potenzialmente investitori internazionali e, al contempo, istituzionali. Non da ultimo, la sinergia con numerosi settori industriali italiani contribuirebbe a creare nuovi posti di lavoro che richiederanno capacità specifiche e tecniche.
Il contributo italiano ad Artemis I
C’è un po’ di Italia anche in Artemis I, il primo volo di collaudo del programma che porterà nuovamente l’uomo e la prima donna sulla superficie selenica nel 2025.[15] Con la coordinazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, la Penisola ha apportato un notevole contributo ad Orion, il modulo di servizio che insieme al Space Launch System della NASA costituisce il fulcro di Artemis I.[16] Alla costruzione e alla progettazione di Orion hanno infatti collaborato piccole e medie imprese italiane, tra cui la piemontese Criotec, che ha costruito le valvole per regolare l’apporto e la miscelazione di azoto e ossigeno necessari alla respirazione dei futuri astronauti. La torinese Alfa Meccanica ha poi elaborato la struttura e le coperture delle strutture che in Artemis 2 consentiranno l’idratazione degli alimenti, mentre la compaesana Aviotec ha messo a punto un sistema di cinghie che proteggeranno parte della struttura da micrometeoriti e detriti vaganti. Dtm Technologies, con sede a Modena, si è infine occupata delle piastre per il raffreddamento, consolidando e portando avanti la tradizione spaziale della propria realtà aziendale già inaugurata con gli hardware impiegati sullo Space Shuttle e sulla stazione spaziale internazionale.
Note
[1] G.Sanna, New space economy, ambiente, sviluppo sostenibile. Premesse al Diritto Aerospaziale dell’Economia. G. Giappichelli Editore, 2021, p. 75.
[2] L’Italia spaziale da terzo grande a satellite di chi? In: Limes, Lo spazio serve a farci la guerra, n. 12 /2021.
[3] Sebastian Grevsmühl. 1965: Astérix Among the Stars. Patrick Boucheron; Stéphane Gerson. France in the World: A New Global History, Other Press, pp.813-817, 2019. Disponibile al link:https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-02297032/document.
[4] Il ruolo dell’Italia nella space economy, V-Gen. Disponibile al link:https://www.vgen.it/it/italia-space-economy/#:~:text=L%27Italia%20vanta%20una%20storia,potenza%20spaziale%20a%20livello%20internazionale.
[5] Legge 11 gennaio 2018 n.7, pubblicata in G.U. n.34 del 10 febbraio 2018.
[6] G. Sanna, op. cit., p. 76.
[7] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Strategia nazionale di sicurezza per lo spazio, COMINT, 18 luglio 2019. Disponibile al link: https://presidenza.governo.it/AmministrazioneTrasparente/Organizzazione/ArticolazioneUffici/UfficiDirettaPresidente/UfficiDiretta_CONTE/COMINT/Strategia_spazio_20190718.pdf.
[8] Agenzia Spaziale Italiana, Space Economy & innovazione. Disponibile al link:https://www.asi.it/space-economy/.
[9] Aresu, Mauro, I cancelli del cielo. Economia e politica della grande corsa allo spazio 1950 -2050, Luiss University Press, 2022, p. 103.
[10] Ivi, p. 104.
[11] Agenzia Spaziale Italiana: https://www.asi.it/.
[12] European Space Agency: https://www.esa.int/.
[13] Maggiori informazioni sono disponibili al link: https://italiadomani.gov.it/it/home.html.
[14]A.Aresu, R. Mauro, op.cit., p. 106.
[15] NASA, Artemis I: https://www.nasa.gov/artemis-1.
[16] E.Cozzi, Artemis 1 è pronta a partire verso la Luna, Wired Italia. Disponibile al link: https://www.wired.it/article/artemis-1-data-lancio-dettagli-missione/?fbclid=IwAR2lqMD_SHYtGrA5IuUT-b-xbAhHjgzsonOB-PF9SHcILBg2DXeztyYgF6g.
Foto copertina: Italia potenza spaziale