Analisi storica e geopolitica dei rapporti tra Italia e Polonia.
Dapprima il caso della Corte costituzionale polacca sul disconoscimento del primato del diritto europeo su quello interno, poi la crisi dei migranti al confine con la Bielorussia hanno portato nell’ultimo mese la Polonia alla ribalta, sulle prime pagine dei principali giornali europei, tornando al centro della discussione geopolitica del momento. È per questo che il secondo articolo dedicato ai rapporti diplomatici, economici, militari che l’Italia intrattiene ed ha intrattenuto nel corso del tempo con i Paesi che pesano maggiormente per il nostro assetto geopolitico è dedicato proprio alla Polonia, con la quale la nostra storia passata e il nostro avvenire sono legati più di quanto saremmo portati a pensare.
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La storia delle relazioni diplomatiche tra Italia e Polonia
La storia dei rapporti tra Italia e Polonia ha il suo inizio ancor prima della nascita dello Stato polacco: essa, infatti, affonda le sue radici in un passato remoto, nei primi incerti viaggi che i mercanti romani effettuavano verso il Nord Europa per ricercare ambra per i propri commerci. Il legame pressoché ininterrotto tra i due popoli (prima che tra i due Paesi) si è evoluto su almeno tre direzioni. La prima, storicamente, fu quella economica: dopo la fondazione dello Stato polacco del 966, nel basso Medioevo soprattutto, numerosi mercanti toscani, genovesi, veneziani, milanesi si stabilirono in diverse città polacche dove avviarono le proprie attività commerciali. Presto, però, i rapporti tra i due Paesi diventarono significativi anche da un punto di vista culturale (e qui la seconda direzione), se si considera come, soprattutto a partire dal XV secolo, furono numerosi gli studenti polacchi-tra tutti Niccolò Copernico-che designarono l’Italia tappa conclusiva del proprio percorso di studi e, al contempo, l’insegnamento di precettori italiani presso le famiglie dei nobili polacchi diventava sempre più frequente. Proprio grazie a tali contatti, sempre meno rari e sempre più intensi, l’influenza italiana sulla cultura polacca si protrasse per ben tre secoli, grazie soprattutto al contributo significativo in questa direzione della regina Bona Sforza, moglie del re polacco Sigismondo il Vecchio, la quale volle alla corte di Cracovia numerosi artisti italiani, influenzando, così, profondamente il modo di vivere della società polacca. Se con la spartizione della Polonia del XVIII secolo i rapporti con lo Stato polacco sembrano interrompersi gradualmente, è nel secolo successivo che essi si rinsaldarono definitivamente, questa volta caratterizzati da un vincolo patriottico tra i due popoli: “tra il 1848 e il 1849 non pochi militari polacchi (…) combatterono a fianco dei piemontesi nella Prima guerra d’Indipendenza e (…) diversi polacchi si batterono in difesa della Repubblica Romana, mentre altri parteciparono alla spedizione dei Mille (…) mentre i garibaldini Francesco Nullo e Stanislao Becchi parteciparono a diverse battaglie sul suolo polacco”. Nel primo Novecento l’Italia svolse un ruolo nuovamente significativo per le aspirazioni indipendentiste polacche, sostenendole apertamente, “insistendo affinché fosse inserita tra gli obiettivi della Prima Guerra mondiale la restaurazione della Polonia in quanto Stato libero e indipendente” ed “essendo dopo il conflitto il primo Stato europeo a riconoscerne la sovranità”. Tali premesse furono più che sufficienti per avviare, negli anni Venti e Trenta, relazioni diplomatiche amichevoli e distese tra i due Paesi, rafforzate da scambi economici in numerosi settori commerciali. Nel corso del successivo conflitto mondiale “sebbene i due Paesi militassero in schieramenti opposti, i sentimenti di amicizia che legavano i rispettivi popoli non vennero del tutto compromessi, grazie soprattutto all’atteggiamento benevolo della popolazione civile polacca verso i militari italiani deportati e internati dai tedeschi”. Inevitabilmente, la cortina di ferro che percorse l’Europa nei decenni che seguirono la Seconda guerra mondiale non aiutò i rapporti bilaterali con la Polonia, recuperati soltanto e pienamente a partire dagli anni Settanta. Più recentemente, la nomina al soglio pontificio di Giovanni Paolo II, la scelta di Roma come meta per la prima visita ufficiale di Tadeusz Mazowiecki-primo premier polacco del periodo post-comunista- furono due eventi centrali, salutati “come segnali tesi a rimarcare l’importanza dei rapporti tra i due Paesi”.
I rapporti diplomatici oggi
Ad oggi i rapporti del nostro Paese con la Polonia sono caratterizzati da quella amicizia e quella intensità che sono stati una costante nella storia più o meno recente. A partire dalla conclusione della Guerra fredda e, dunque, dal periodo post-comunista, la Polonia si caratterizza per un assetto convintamente filo-atlantista, rafforzato ulteriormente sotto la presidenza Trump e, in particolare, nel 2019, quando il presidente degli Stati Uniti ha siglato, insieme al presidente polacco Andrzej Duda, un accordo per lo schieramento di ulteriori mille truppe americane in Polonia in chiara funzione di contenimento delle mire russe, anche se nel corso di quell’incontro Trump “non ha definito l’invio delle truppe nell’Est come una misura di deterrenza nei confronti della Russia” . Assetto che spinge la Polonia ancora verso le posizioni geopolitiche italiane e che non dovrebbe subire notevoli mutamenti neppure con l’attuale presidenza Biden, nonostante i temi divisivi siano molti, come ad esempio “la riforma giudiziaria, le discriminazioni nei confronti di LGBT o i diritti delle donne”, secondo quanto ha affermato l’Ambasciatore italiano in Polonia Aldo Amati in una interessante intervista. Sono ancora una volta le relazioni economiche tra Italia e Polonia a mantenere saldi i legami tra i due Paesi, considerando che l’Italia è il terzo partner commerciale della Polonia (secondo tra i Paesi UE, dopo la Germania). Nel 2020, se l’Italia importava dalla Polonia per circa 9 milioni di euro, l’export italiano verso il Paese valeva circa 13 milioni di euro, attestato soprattutto per macchinari ed apparecchiature (2.414,15 milioni di euro), prodotti della metallurgia (1.524,72 milioni), autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (1.307,25 milioni), con un valore notevole anche per i prodotti alimentari (il cui export valeva 617,53 milioni), considerando che in Polonia il “marchio Italia” è parte integrante dello sviluppo economico del Paese.
Il “caso Polonia-Ue”
All’inizio dello scorso ottobre, la Corte suprema polacca ha, di fatto, respinto il principio del primato del diritto comunitario su quello interno, sottolineando come alcuni articoli dei regolamenti dell’Unione Europea siano incompatibili con la Costituzione polacca. Decisione alla quale la Commissione europea ha risposto con un comunicato stampa, nel quale ha riaffermato i principi di superiorità del diritto comunitario su quello nazionale ribadendo che tutte le decisioni della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutte le autorità degli Stati membri, anche per i tribunali nazionali, ricordando come l’Unione europea sia una comunità di valori e diritto e che i diritti degli europei garantiti dai trattati devono essere protetti a prescindere da dove essi vivano . Che l’Unione europea sia una comunità di valori, è vero in parte, o meglio, dipende dai valori volta per volta considerati. Se, infatti, si pensa soltanto alla questione dei diritti LGBT+ ci si rende conto delle posizioni apertamente contrapposte tra Polonia ed Ue: nel 2019 la Polonia approvava la Carta per i diritti della famiglia, al fine di proteggere il matrimonio eterosessuale e la famiglia tradizionale dagli attacchi della ideologia gender e della propaganda LGBT+, promossa da “gruppi di pressione europei per colpire la cultura e i valori polacchi”. Posizioni certamente non condivise da Bruxelles che, nel frattempo, decideva di sospendere l’erogazione di fondi europei alle comunità polacche che si fossero dichiarate “Lgbt-free zones”: di conseguenza, diverse regioni della Polonia sono state costrette a rifiutare tale qualificazione, proprio per non vedere preclusi i finanziamenti Ue. Ad ogni modo, in seguito alla decisione della Corte polacca da più parti si è gridato alla “Polexit” che, in fondo, è proprio Bruxelles a temere; tuttavia, che la Polonia attualmente possa davvero uscire dall’Unione Europea sembra molto improbabile: “sebbene il rischio di una Polexit legale non sia un’ipotesi fantasiosa, è difficile che Varsavia, che sfrutta abilmente la retorica sovranista per conservare elettori e consenso interno, si possa permettere di restare sola e uscire dall’Unione. In ballo ci sono, tanto per cominciare, i 57 miliardi di euro del Pnrr polacco, che devono ancora essere approvati da Bruxelles, e un sistema economico che non resisterebbe al di fuori dal club dei 27”. Secondo il Professor Igor Pellicciari dell’Università di Urbino , non è possibile liquidare la questione “con la banale personalizzazione di uno scontro tra europeisti-buoni e sovranisti-cattivi” sottolineando piuttosto come sia necessario capire se gli aiuti europei del PHARE (Poland and Hungary Assistance for Economic Restructuring) “non sono stati efficaci e non hanno raggiunto l’obiettivo che si erano prefissati; oppure essi sono stati addirittura dannosi ed hanno ispirato la crisi attuale”. “Al netto dello scontro politico sottostante” – afferma il Professore- “parte della frustrazione polacca sta proprio nel fatto che l’oggetto (strumentale) della contesa oggi riguardi il principio sacrosanto dell’indipendenza della giustizia dalla politica, di cui però ogni Stato membro della Ue ha maturato una sua interpretazione ed applicazione istituzionale. Lungi dal potersi dire perfetta e meritevole di essere prescrittiva (non solo in Italia)”.
Quale futuro per le nostre relazioni con la Polonia?
Il caso della Polonia e delle sue rivalse anti-europeiste ci riguarda come pochi altri Paesi dell’Unione. Innanzitutto perché, ad oggi, la Polonia resta nostro partner privilegiato nel confronto con le potenze dell’Est; poi per l’importanza dell’export italiano nel Paese, di cui abbiamo fortemente bisogno. Eppure l’attuale governo italiano è guidato dal più europeista degli europeisti, Mario Draghi, espressione e difensore di quell’Unione Europea che il PiS di Morawiecki sembra voler sfidare whatever it takes, soprattutto se in ballo vi è la sovranità della Polonia; difatti Draghi si è espresso così sulla questione: “non è stata messa in discussione la legge secondaria dell’Unione, come i casi citati a difesa dell’iniziativa polacca, è stato messo in discussione il Trattato, ovvero la legge primaria. Quindi non ci sono alternative, le regole son chiare: la Commissione deve andare avanti” , e così il Premier polacco: “se la Commissione europea avvierà la terza guerra mondiale sul tema del rispetto dello stato di diritto, ci difenderemo con tutte le armi a nostra disposizione” . Attualmente la questione-irrisolta- ha lasciato spazio ad un’altra altrettanto difficile ed estremamente complessa sotto l’aspetto geopolitico: la crisi dei migranti al confine con la Bielorussia. Si tratta di due sfide importanti per l’Unione Europea che interessano da vicino il nostro Paese: è proprio ora di riappropriarsi di una visione geopolitica e di ritornare di nuovo a fare attivamente politica estera.
Foto copertina: Palazzo Szlenkier, sede dell’ambasciata italiana in Polonia a Varsavia fonte Wikipedia