A Roma in Via Barnaba Oriani, nell’Ambasciata Svizzera situata nel centro della Capitale non vi è solo uno scambio tra i massimi vertici diplomatici; all’interno del palazzo, infatti, è situato un unico capolavoro artistico: un mozzafiato quadro di Tiepolo governa una delle stanze più maestose dell’Ambasciata.
A cura di Rachele Martinelli
Nato a Venezia nel 1696 Giovanni Battista Tiepolo è uno dei maggiori pittori del Settecento nonché uno dei più grandi maestri del rococò, i suoi dipinti caratterizzati da pennellate rapide e luminosità intensa trafiggono lo spettatore.
Ebbene, un’opera di così grande valore artistico è privilegio di pochi e, soprattutto, è ammirabile soltanto nell’Ambasciata Svizzera.
Ma perché?
Il quadro inizialmente apparteneva ad un ricco italiano, il quale si trovò in gravi difficoltà economiche; in particolare, vantava un debito con una banca svizzera. Trovandosi privo della somma in richiesta, si vide costretto a stipulare un accordo con l’istituto bancario: il suo Tiepolo per sanare il debito. Una volta stipulato il contratto la controparte svizzera si rese conto che, a ben guardare, l’opera non avrebbe potuto lasciare il territorio italiano.
Il capolavoro pittorico è sottoposto alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio, meglio noto come Codice Urbani (D. Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004) il cui compito è quello di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio culturale del nostro territorio. Esso è una cd. “Norma di applicazione necessaria”. Quest’ultime “sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento”[1].
Le stesse sono un limite preventivo all’applicazione del diritto straniero e, pertanto, si applicano indipendente dal contenuto del suddetto. Solo per completezza ricostruttiva, si ricorda che tali norme sono particolarmente utilizzate nell’ordinamento francese – ove prendono il nome di “Lois d’application immédiate” – poiché gli operatori francesi le utilizzano per ovviare il diritto internazionale privato.
Per quel che qui rileva, le disposizioni presenti nel Codice Urbani si applicano in maniera autonoma dalla normativa dell’altro paese o dal contratto stipulato.
Il Codice disciplina, all’art. 65, la c.d. “uscita definitiva”. Più nello specifico, infatti, così si legge: “è vietata l’uscita definitiva dal territorio della Repubblica dei beni culturali mobili indicati nell’art 10 commi 1,2,3.”
Senza in questa sede addentrarci eccessivamente nel dettaglio, l’articolo 10 del D. Lgs. 42/2004, qualifica quali “beni culturali”, ai sensi del comma 1: “le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”.
Allo stesso modo, il comma 2 riconosce come tali: “a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all’articolo 47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”.
Ma soprattutto, per quel che qui rileva, ex comma 3: “Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1; b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, il provvedimento di cui all’articolo 13 può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale; d-bis) le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione; e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse”.
A valle di quanto rappresentato, dal combinato disposto dell’art. 65 e 10 comma 3 del Codice Urbani, è evidente, ictu oculi, che il Tiepolo – bene culturale dall’interesse artistico – non può lasciare il territorio nazionale.
A ben guardare, la banca svizzera è proprietaria a tutti gli effetti dell’opera, tuttavia, non può disporne, ovvero, non può comunque farla transitare.
Solo per completezza argomentativa, vale la pena constatare che, l’immobilità del bene comporta anche una perdita del valore economico dello stesso.
Probabilmente, il malcontento dell’istituto bancario lo ha portato a oscurare al pubblico un capolavoro artistico che, ad oggi, è ammirabile solo all’interno dell’Ambasciata Svizzera.
Note
[1] L’articolo 9 del regolamento Roma I, intitolato «Norme di applicazione necessaria»
Foto copertina: Palazzo dell’Ambasciata Svizzera a Roma che ospita un capolavoro del Tiepolo