Un mese di guerra


Il 7 ottobre Hamas ha lanciato l’operazione “Al-Aqsa” contro Israele, la cui reazione non si è fatta attendere.
Da allora, la situazione umanitaria a Gaza è sul punto di non ritorno ma non si vedono spiragli di risoluzioni umanitarie.


A cura di Noemi Verducci

Ad un mese dall’inizio del conflitto, più di 10 mila persone sono morte, di cui 4.000 bambini. Solo per comprendere l’entità dei numeri di cui parliamo, il numero dei bambini uccisi a Gaza in un solo mese ha superato il numero totale dei bambini morti in ogni altro conflitto, a partire dal 2019. [1] Gli 88 morti tra gli operatori umanitari ONU rappresentano il maggior numero di vittime che hanno interessato le Nazioni Unite all’interno di un unico conflitto, così come per il numero dei giornalisti uccisi, il conflitto si è configurato come “il più letale”. [2]

A queste cifre, si aggiungono circa 2.000 persone disperse, tra cui più di mille bambini, presumibilmente sotto le macerie degli edifici.      
Gli sfollati interni sono circa 1 milione e mezzo e 2 milioni e mezzo di persone non ha accesso ai servizi di base e beni di prima necessità, come cibo, acqua, servizi igienici.
Le Nazioni Unite hanno annunciato che i servizi a Gaza sono “sul punto di rottura” a causa della mancanza di carburante.  [3]
Secondo Al Mezan, centro palestinese per i diritti umani, 14 ospedali su 35 hanno smesso di funzionare, mentre 51 strutture di assistenza primaria (su 72) hanno bloccato le loro attività a causa di attacchi subiti o per mancanza di carburante. [4]  
Organizzazioni internazionali e umanitarie hanno più volte chiesto una tregua umanitaria per consentire ai convogli di portare l’assistenza vitale ai civili intrappolati a Gaza, richiamando l’obbligo legale derivato dal diritto internazionale.
Finora, 569 camion che trasportano forniture umanitarie hanno avuto accesso  
alla Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah, a partire dal 21 ottobre, giorno in cui è stata disposta la sua apertura.
Si tratta di un numero nettamente inferiore rispetto ai bisogni previsti, non considerano che, prima dell’attacco del 7 ottobre, circa 500 camion transitavano nel territorio di Gaza attraverso il valico.      

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Situazione in Cisgiordania 

Anche in Cisgiordania si assiste ad un incremento delle violenze. Finora si registrano 130 morti, di cui 43 bambini, un’intensa campagna di arresti e di intimidazioni su un territorio che è in lockdown dal 7 ottobre. 
Secondo B’Tselem, è aumentata sia la frequenza sia l’intensità della violenza, la quale passa inosservata a causa della situazione di disordine provocata dal conflitto, obbligando circa 800 persone a lasciare le loro case.[5] 
L’aumento dei trasferimenti forzati delle comunità palestinesi in Cisgiordania perpetuata dai coloni “sostenuti dallo Stato” ha portato un’ insieme di ONG ed organizzazioni israeliane per i diritti umani a chiedere un intervento “chiaro, forte e diretto della comunità internazionale[6]

Prospettive di un cessate un fuoco

La situazione umanitaria a Gaza è ormai arrivata al limite.        
Da più parti si chiede a gran voce un cessate il fuoco per permettere almeno ai convogli umanitari di entrare sul territorio.
Tuttavia, allo stato attuale, questa prospettiva appare quanto mai lontana.
Il primo ministro israeliano Netanyahu, in un’intervista rilasciata lunedì all’emittente statunitense ABC News, ha dichiarato che il cessate il fuoco rappresenterebbe “una resa ad Hamas, una vittoria per Hamas” e che il cessate il fuoco non sarà raggiunto senza il rilascio di tutti gli ostaggi da parte di Hamas.   
Oltre a ciò, Netanyahu prevede uno scenario futuro in cui Israele detiene “la responsabilità generale della sicurezza” di Gaza, onde evitare futuri attacchi come quello avvenuto il 7 ottobre[7], opzione ostacolata dallo stesso Biden, il quale ha ammonito l’alleato israeliano dal commettere “un grande errore.”     
Da un lato, gli Stati Uniti chiedono una “pausa umanitaria”, ma al contempo reiterano il loro sostegno a Israele, al “suo diritto a difendersi, al suo obbligo di difendere la sua popolazione”.
Nel frattempo, le forze israeliane hanno iniziato una campagna militare via terra, entrando in profondità nel territorio di Gaza, mentre si guardano con apprensione altri fronti, soprattutto quello nel Libano meridionale, che rischia di allargare la guerra.         
In tutto ciò, rimane da visionare la situazione in Cisgiordania, altamente instabile e che rischia di sprofondare da un momento all’altro.


Note

[1] As the death toll in Gaza exceeds 10,000 in a month, Palestinian organizations call for an immediate end to Israel’s genocidal warfare against Palestinians, Al Mezan Centre for Human Rights, 7 novembre 2023 al link: https://www.mezan.org/en/post/46309
[2] Twitter “, X” Committee to Protect Journalists, 27 ottobre 2023, https://twitter.com/pressfreedom/status/1717993489344922046?s=20
[3] https://www.reuters.com/article/israel-palestinians-un-fuel/gaza-close-to-breaking-point-without-fuel-un-agencies-idUKL8N3C83U1
[4] As the death toll in Gaza exceeds 10,000 in a month, Al Mezan Centre for Human Rights, 7 novembre 2023
[5] B’TSelem, Forcible transfer of isolated Palestinian communities and families in Area C under cover of Gaza fighting, 5 novembre 2023, al link: https://www.btselem.org/settler_violence/20231019_forcible_transfer_of_isolated_communities_and_families_in_area_c_under_the_cover_of_gaza_fighting
[6]B’TSelem, Emergency call to the international community – stop the forcible transfer in the West Bank, 29 ottobre 2023, al link: https://www.btselem.org/press_releases/20231029_joint_emergency_call_to_the_international_community_stop_the_forcible_transfer_in_the_west_bank
[7] ABC News, Netanyahu to ABC’s Muir: ‘No cease-fire’ without release of hostages, 7 novembre 2023, al link: https://abcnews.go.com/Politics/netanyahu-abcs-muir-cease-fire-release-hostages/story?id=104661239


Foto copertina: Un mese di guerra