I curdi a Damasco: gli sforzi per una visione politica unitaria.
Di Desirèe di Marco
Lo scorso 3 marzo, il governo di Damasco ha annunciato la volontà di integrare le Forze Democratiche Siriane (SDF) nelle istituzioni statali, affermando l’unità del territorio siriano e rifiutando qualsiasi divisione politica, territoriale e sociale. L’annuncio è arrivato a seguito di un incontro tra il presidente siriano Ahmed al-Sharaa e il comandante dell’SDF Mazloum Abdi a Damasco, ponendo a quel – potenziale – conflitto tra le parti una fine. Le forze curde hanno controllato la parte orientale e la parte settentrionale della Siria fin dai primi anni della rivoluzione siriana.
Il primo ciclo di incontri, dopo l’annuncio ufficiale dell’accordo, si è tenuto mercoledì 12 marzo tra rappresentanti del nuovo governo siriano a Damasco, il comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF), Mazloum Abdi, e i funzionari statunitensi ad Hasakah, in Siria, nel tentativo di accelerare l’attuazione dell’accordo firmato tra il presidente siriano Ahmad al-Sharaa e Abdi il 10 marzo. In un comunicato diramato dall’SDF si legge che Abdi “si è incontrato ieri con il comitato formato da al-Sharaa per completare l’accordo tra l’amministrazione siriana e l’SDF” e che “durante l’incontro si sono scambiate opinioni e si è discusso del meccanismo di lavoro del comitato, che dovrebbe iniziare a lavorare congiuntamente all’inizio del prossimo aprile”. [1]La dichiarazione ha sottolineato che “l’incontro ha affrontato il tema della stipula costituzionale e la necessità di garantire a ciascuna componente siriana l’effettiva rappresentanza nel nuovo governo. Questo affinché tutte le comunità siriane siano in grado di svolgere il proprio ruolo e di partecipare alla definizione del futuro della Siria e alla stesura della Costituzione. L’incontro ha inoltre deliberato a lungo sulla necessità di un cessate il fuoco in tutto il territorio siriano. Secondo la dichiarazione, all’incontro hanno partecipato Rohlat Afrin, membro del Comando generale delle Unità di protezione delle donne (YPJ), insieme a Hussein Salama, capo del comitato dell’amministrazione siriana, e ad altri membri di entrambe le parti.
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Il contesto sociopolitico siriano
Il Consiglio Nazionale Curdo (KNC) e il Partito dell’Unione Democratica (PYD) stanno cercando di appianare le loro divergenze per giungere a una visione politica unitaria che congiunga le richieste curde con Damasco per i negoziati con la nuova amministrazione. In Siria sono presenti quattro grandi minoranze etniche e/o religiose: cristiani, curdi, drusi e arabi alawiti[2]. Mentre i cristiani non costituiscono la maggioranza in nessuna regione, le altre tre minoranze sono concentrate in regioni diverse. I drusi vivono nella regione sud-orientale, mentre i curdi nella parte nord-orientale. Gli arabi alawiti, il secondo gruppo religioso minoritario più numeroso del Paese, solo dopo i musulmani sunniti, sono una propaggine dell’Islam sciita e vivono nella parte nord-occidentale della Siria. Nel Paese c’è una lunga storia e tradizione di coesistenza pacifica. Sebbene non vi sia alcuna inimicizia storica tra questi diversi gruppi, alcuni attori esterni tentano ripetutamente di mobilitare queste minoranze le une contro le altre. I drusi, i curdi e gli arabi alawiti sono spesso potenziali bersagli di interventi di potenze esterne negli affari interni siriani.
Il ruolo della Turchia
Tenendo conto dei recenti sviluppi in Siria è chiaro che questi non sono indipendenti da quelli in Turchia. A giustificazione nel risolvere la questione curda in Turchia e per raggiungere l’obiettivo di una Turchia libera dal terrorismo, il governo turco ha accelerato i suoi sforzi al fine di creare un asse di stabilità regionale. Pertanto, ha rilanciato la piattaforma di integrazione regionale istituita nel marzo 2010 e la scorsa settimana ha incontrato Siria, Giordania, Libano e Iraq, in un momento in cui alcune potenze regionali cercano di destabilizzare lo Stato siriano. Alcuni gruppi drusi e alawiti sono stati convinti, se non costretti, a rivoltarsi contro il governo centrale siriano per impedire la creazione di un asse di stabilità regionale avviato proprio dalla Turchia. Tutti gli attori coinvolti sono consapevoli del ruolo dominante della Turchia in Siria: Ankara, infatti, è determinata a proteggere l’integrità territoriale dello Stato siriano e non lascerà che il Paese cada nel caos. Pertanto, il Paese seguirà una politica a due fasi: in primo luogo, aiuterà il nuovo governo a stabilizzare il sistema politico. A tal fine, Ankara incoraggerà il nuovo governo ad avviare una politica globale e inclusiva nei confronti di tutti i gruppi etnici e religiosi. In altre parole, nessun gruppo etnico o religioso sarà allontanato dal governo centrale. In secondo luogo, la Turchia collaborerà con alcuni attori regionali per prevenire interventi dannosi da parte di altre potenze negli affari interni della Siria. In altre parole, la Turchia adotterà misure contro potenziali interventi di altri Stati.
In cosa consiste il patto tra Damasco e i curdi siriani?
Sembra che l’accordo tra Abdi ed il governo siriano sia prima facie un accordo di tipo militare[3] e che sia stato questo a spingere le forze politiche curde a sedersi al tavolo del dialogo al fine di formare un governo unitario. L’accordo infatti riguarda più le forze SDF dell’ala militare (che comprendono anche altre componenti come arabi, assiri e siriaci) ad essere integrate nel nuovo governo. Nel testo, infatti, non si parla di bandiera curda, non si menziona la lingua curda e non viene lasciato spazio ad una entità politica autonoma curda. L’accordo pertanto non viene considerato un accordo politico tra Damasco e le forze politiche curde, anche se il Partito dell’Unione Democratica (PYD) controlla queste forze attraverso il suo braccio militare, le Unità di Protezione del Popolo (YPG) curde. La composizione della delegazione congiunta del Consiglio nazionale e del Partito dell’Unione democratica (PYD) dovrebbe essere annunciata dopo la celebrazione del Nowruz, il Capodanno persiano celebrato anche dai curdi. Nonostante queste mancanze però, nel testo si legge che l’obiettivo ultimo sarebbe quello di integrare le Forze Democratiche Siriane (SDF) anche nelle istituzioni statali siriane, affermando l’unità del territorio siriano e rifiutando qualsiasi tipo di divisione. L’accordo dovrebbe garantire rappresentanza e partecipazione per tutti, integrando nello Stato tutte le istituzioni civili e militari del nord-est della Siria, sostenendo lo Stato siriano nella lotta contro ciò che ora rimane della devastazione del regime di Bashar al-Assad. Inoltre, nel testo[4] si esprime il desiderio di lottare contro la discordia tra le componenti della società siriana nella sua interezza e che i comitati esecutivi stanno lavorando al fine di attuare l’accordo entro la fine di quest’anno. Ovviamente l’accordo se attuato, porterebbe il territorio nord-est sotto il pieno controllo del governo centrale siriano.
Conseguenze sociopolitiche dell’accordo
In seguito all’accordo, tutte le istituzioni civili e militari controllate dalle SDF, compresi i valichi di frontiera, gli aeroporti e i giacimenti di petrolio e gas naturale, saranno integrate nel governo siriano. Il governo otterrà così il controllo delle riserve energetiche e delle infrastrutture di trasporto, beni fondamentali per consolidare la propria effettività in questo periodo di transizione. Gli Stati Uniti hanno accolto con favore l’accordo, che secondo quanto riferito da Washington è stato incoraggiato, forse influenzato dalla spinta di Trump per il ritiro delle truppe statunitensi. Da questo ritiro deriva che i curdi si trovano ad affrontare ora un problema di sicurezza: raggiungendo un accordo con Damasco, l’SDF si assicura una protezione nel contesto nazionale, evitando di rimanere vulnerabile di fronte all’azione militare turca.
Conclusione
In un Paese multietnico e religiosamente diverso come la Siria, potrebbero ora esserci richieste di concedere uno status speciale anche ad altri gruppi. Per Damasco, una volta dato uno status speciale ad una certa etnia o ad una certa setta, la domanda è se anche altre sette come gli alawiti o i drusi avanzeranno le stesse richieste. In ogni caso, l’accordo non ha soddisfatto le aspirazioni dell’ala politica dell’SDF[5]. Le forze politiche curde, con le loro diverse formazioni ideologiche, sono quasi unanimi nelle loro richieste. Chiedono il riconoscimento costituzionale del popolo curdo e della lingua. Pertanto, domandano una “decentralizzazione” della governance che consentirebbe loro di auto governarsi nelle aree in cui costituiscono la maggioranza della popolazione (mai prima d’ora le forze politiche curde in Siria si erano accordate su una posizione unitaria su così tante questioni nell’arena politica).
La situazione politico istituzionale in Siria è molto fragile. È ragionevole domandarsi come – nonostante la dichiarazione costituzionale non menzioni la questione politica curda dell’autogoverno nel Paese, né il decentramento – si può adottare un decentramento quando il centro è ancora debole? Per non parlare delle minacce esterne, interne, e della frammentazione sociale? Ragionevolmente si potrebbe prima pensare a costruire le istituzioni statali e poi muoversi verso il decentramento.
Note
[1] SDF-Damascus Understandings… A Founding Agreement for the “New Syria”, Al Araby, 12 marzo 2025, consultato al link Al araby.co
[2] ‘Don’t trust anyone’: Have Syria’s Alawites lost faith in new government? Al Jazeera, 20 marzo 2025, consultato al link: https://www.aljazeera.com/features/2025/3/20/dont-trust-anyone-are-syrias-alawis-losing-faith-in-the-new-government
[3] Agreement between Al-Sharaa and Mazloum Abdi to integrate the SDF into the Syrian state | Text of the agreement, 10 marzo 2025, consultato al link Al araby.co
[4] Agreement between Al-Sharaa and Mazloum Abdi to integrate the SDF into the Syrian state | Text of the agreemen, 10 marzo 2025, consultato al link Al araby.co
[5] Ahmed al-Sharaa’s deal with the SDF: A new chapter for Syria’s Kurds or a temporary arrangement? New Arab,, 18 marzo 2025, consultato al link: https://www.newarab.com/analysis/ahmed-al-sharaas-deal-sdf-new-chapter-syrias-kurds
Foto copertina: Il presidente siriano ad interim, Ahmed al-Sharaa stringe la mano al leader delle Forze Democratiche Siriane (SDF) dopo la firma dell’accordo.
Fonte: SANA/AFP