Il 2025 porta con sé diverse ricorrenze, come i 25 anni di potere, quasi ininterrotto, del presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin.
Figlio della grande famiglia di El ’cin
Per comprendere al meglio la complessa e oscura figura del Presidente russo Vladimir Putin è bene partire da colui che lo ha preceduto, il primo Presidente della neonata Federazione Russa, ovvero Boris El’cin. Quest’ultimo, emerso dal brodo primordiale politico che fu la dissoluzione dell’Unione Sovietica dovette fronteggiare una situazione non propriamente semplice.
Il sistema sovietico era sostanzialmente ancora in piedi da un punto di vista politico e governativo, e con esso la sua classe dirigente. Probabilmente a determinare quelle che furono le scelte politiche di El’cin furono proprio le condizioni della classe dirigente sovietica degli anni ‘80/’90 che ereditò. Il risultato fu un sistema politico che, come per la figura del Segretario Generale del partito sovietico, accentrava il potere nelle mani della figura Presidenziale, circondata però da un élite dirigenziale composta da influenti oligarchi (in auge dopo la caduta sovietica) e siloviki[1]. Fidelizzata e legata al Presidente da legami personali e clientelari, la cosiddetta “famiglia” [2].
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La prima “missione”
Quando Putin emerse come Primo ministro designato da El’cin nel 1999 fu abbastanza chiaro che era un “frutto” del contorto sistema ideato da quest’ultimo[3] . Un “uomo della forza”, traduzione comune del termine siloviki, con un passato oscuro quale agente del Servizio segreto sovietico di stanza in Germania Est, più precisamente a Dresda. Addestramento nelle forze armate, studi completati a San Pietroburgo e una fortissima rete di amicizie e conoscenze sino ai più alti ranghi dell’ex dirigenza sovietica (politica e militare).
Quando Putin prese la presidenza nel 2000 succedendo ad El’cin fu questo il bagaglio che decise di portare con sé nella sua avventura politica quale leader della nazione che seppur erede dell’imponente URSS stentava a mantenere in piedi i suoi stessi pezzi dopo i disastrosi anni di transizione (o forse no) che furono gli anni ’90 [4].
Putin durante i primi anni di presidenza riuscì a sfruttare sapientemente i propri legami personali ove non clientelari per circondarsi di un entourage che potesse compensare le sue lacune in materia di politica Federale. Con la sua presidenza fu la sua agenda di politica estera a far maggiormente discutere, con il piano, ben dichiarato, di riportare la Russia in auge sullo scacchiere internazionale.
La seconda guerra Cecena fu la prima “guerra di Putin”, condotta con un pugno decisamente duro e non mancò il supporto alla war on terror[5] degli USA di Bush, che in un certo senso garantì a Putin un via libera proprio nei riguardi della repressione dei ceceni[6]. Il punto di svolta, nonché di iniziale rottura con il “mondo occidentale” fu il 2007, dovuta alle parole del Presidente Putin alla Conferenza sulla Sicurezza tenutasi a Monaco[7]. La Federazione Russa non avrebbe più tollerato di essere considerata un attore marginale, relegato allo spazio regionale, unendo la propria voce all’ascendente Cina e altri paesi che mal sopportavano l’unipolarismo post-Guerra fredda.
A quelle parole, fecero purtroppo seguito azioni concrete. Nel 2008 la Russia di Putin intervenne militarmente in Georgia[8], nel 2014, dopo un imponente riarmo e riassetto del proprio esercito e delle proprie agenzie di intelligence[9], sfruttando l’instabilità di quel periodo conosciuto come rivoluzione arancione in Ucraina riuscì ad annettere la Crimea[10] e nel 2015 intervenne militarmente in Siria[11] in favore di Assad, estendendo la propria longa manus sino al Mediterraneo. La Federazione Russa di Putin tornò così ad essere un attore di rilievo nel panorama internazionale, mantenendo però un filo rosso, rappresentato da rapporti bilaterali e fruttuoso export di idrocarburi con la vicina Europa.
Il controllo interno
Volgendo uno sguardo più attento a quelle che è stato ed è l’operato interno al paese della presidenza Putin, non mancano luci ed ombre. Sotto i suoi 25 anni di potere quasi ininterrotto Putin è riuscito a stabilizzare la situazione economica russa, rendendola la migliore delle repubbliche ex sovietiche[12], nonostante quest’ultima non sia mai riuscita a “brillare”[13] e ha dovuto affrontare pericolose tendenze (ancora in corso) come il calo demografico del paese[14]. Putin ha anche avviato un programma di “ricostruzione”, si potrebbe dire, della storia russa, riportando in auge gli eroi classici come ad esempio Nevskij[15]. Anche altre figure, ben più oscure sono state sottoposte a rivalutazione, e questo è il caso di Stalin, le cui azioni violente contro lo stesso popolo sovietico vengono spesso tralasciate (è il caso del famoso manuale di storia di Filippov)[16]. Sotto la presidenza Putin grande rilievo è stato dato ai valori tradizionali, a scapito di minoranze e libertà di espressione. Tristemente emblematiche sono le leggi contro l’omosessualità, da poco messe in atto per “contrastare il fenomeno” designando come estremisti i movimenti LGBT internazionali[17], o la persecuzione di oppositori politici (un esempio è lo scomparso Navalnij, morto durante la sua prigionia il 16 febbraio 2024), testate giornalistiche ed emittenti non controllate dallo stato. Tutto questo contestualmente al tentativo di affrontare il problema della multietnicità della Federazione Russa, un “ultimo impero” sullo scacchiere contemporaneo, reso più acuto dal periodo sovietico e la sovietizzazione della popolazione[18]. Non a caso che Putin abbia utilizzato spesso la parola “rossiyane” per parlare alla Federazione, una parola non etnica per fare riferimento ai Russi[19].
In questo mix particolarmente duro Putin è riuscito anche a creare quello che si potrebbe definire un vero e proprio culto della personalità. Il Presidente russo, difatti, non si è mai tirato indietro dal mostrarsi in atti poco ortodossi ove non machisti, dal pilotare elicotteri sino alle sue amate gare di judo[20]. Una tendenza decennale che sembra però aver visto un brusco cambiamento con la guerra in Ucraina che si appresta ad entrare nel suo terzo anno. A tal proposito le apparizioni pubbliche di Putin sono diminuite sensibilmente come anche le sue dichiarazioni ufficiali, in quella che potrebbe essere una strategia di contrasto alla carismatica presenza “social” della sua controparte ucraina riassumibile con l’eufemismo “farsi desiderare”.
La guerra in Ucraina: Atto finale?
Dilungarsi su quella che è stata ed è ad oggi la guerra in Ucraina in poche righe non renderebbe giustizia alle troppe vittime, militari e civili, che questa precisa scelta di politica estera della Presidenza Putin ha causato e continua a causare. Ciò detto è importante capire che in molti, sin dall’inizio delle ostilità e con l’evoluzione, abbastanza inattesa, degli eventi hanno ipotizzato le più disparate congetture sull’enigmatico presidente russo, dalla malattia alla pazzia. In realtà Putin sembra essere sempre rimasto un attore razionale e glacialmente calmo, nelle dichiarazioni come nelle azioni. Altrettante sono state le ipotesi secondo le quali una pressione sì forte sulla politica interna quale la guerra in Ucraina oramai così estesa e costosa sotto ogni aspetto avrebbe portato ad un regime change. Ipotesi fomentate durante quella che fu l’inconcludente marcia dei mercenari della Wagner, guidati da Prigozhin, verso Mosca. Ad oggi, piuttosto che Putin, sono state molte altre le teste a cadere, tra oligarchi e membri di spicco delle forze armate in quella che sarebbe definibile un’operazione interna di epurazione. Sebbene oramai il potere di Putin si considerabile ad interim, il Presidente non è più “giovane” e in un paese dove sembra reiterarsi la dinamica dell’”uomo forte” al potere non è scontato che possa restare a capo della Federazione Russa, per come la conosciamo oggi, ancora a lungo. Molto, è innegabile, verrà definito in base a quella che sarà la fine del conflitto in Ucraina, che ci auspichiamo, possa giungere a breve.
Note
[1] M. Galeotti, In Russia comandano i siloviki, Limes, luglio 08, 2014, cit., p. 1 §
[2] B. Renz, “Putin’s Militocracy? An Alternative Interpretation of Siloviki in Contemporary Russian Politics”, Europe-Asia Studies, Vol. 58, No. 6, September 2006, p. 904
[3] Ivi., p. 906
[4] Ivi., cit. p 903
[5] O. Bariè, Dalla guerra fredda alla grande crisi, cit. pp. 195-196
[6] “L’ostentato avvicinamento agli Stati Uniti e l’opportunistica adesione allo slogan della “lotta al terrorismo internazionale” – dettati dalla possibilità di migliorare in maniera sostanziale la posizione della Russia nei confronti dell’Occidente, nella sfera economica come in quella strategica – hanno infatti consentito alla Russia di avere un sostanziale via libera alla repressione militare della Cecenia.” In A. Ferrari, Cecenia: una pace impossibile? ISPI Policy Brief, numero 9, Giugno 2004, cit. p.3
[7] President of Russia, Speech and the Following Discussion at the Munich Conference on Security Policy, February 10, 2007. Visitato 16/11/2024, In: http://en.kremlin.ru/events/president/transcripts/24034
[8] Rapporti Unione Europea – Georgia, n. 10/DN, 30 settembre 2008, p. 28. In: https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg16/attachments/dossier/file_internets/000/006/421/Dossier_2010_DN.pdf
[9] Connolly, R., Senstad, C. (2018). Russian Rearmament. An assessment of Defense-Industrial performance in Problems of Post-Communism (vol. 65, n.3). Routledge
[10] “These were important considerations in the Kremlin’s decisions to wage war in 2008 against Georgia and invade Ukraine six years later. Their prospects of NATO membership and until then closer partnership with the alliance promised a major transformation of the Black Sea region, new threats to Russia’s ability to project power into the Mediterranean and defend its position in the Black Sea, and a shift in the overall NATO-Russia balance on Europe’s southern edge” E. Rumer, R. Sokolsky, Russia in the Mediterranean: Here to Stay, 2021 Carnegie Endowment for International Peace, cit. p. 8
[11] D. Adamsky, Moscow’s Syria campaign, Notes de l’Ifri, luglio 2018
[12] Trading Economics, Russia – Tasso di Crescita annuale del PIL. In: https://it.tradingeconomics.com/russia/gdp-growth-annual
[13] L. Moneta, Russia 2019: sindrome di Dorian Gray?, ISPI, 27 Feb 2019. In: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/russia-2019-sindrome-di-dorian-gray-22384
[14] Vishnevsky, A. (2009). The challenges of Russia’s demographic crisis. Russia. Nei. Visions, 41.
[15] Carleton, G. (2011). History done right: war and the dynamics of triumphalism in contemporary Russian culture. Slavic Review, 70(3), 615-636.
[16] Koposov, N. (2017). Memory laws, memory wars: The politics of the past in Europe and Russia. Cambridge University Press, cit. p. 242
[17] Human Rights Watch, Russia: First Convictions Under LGBT ‘Extremist’ Ruling, February 15, 2024 12:00AM EST
[18] (Stalin) mirava a tenere sotto controllo le espressioni del nazionalismo russo. Il suo peculiare stratagemma consisteva nel tentativo di amalgamare le nazionalità “russa” e “sovietica”. Così i russi erano indotti a essere orgogliosi della Russia ma ancor di più dell’Urss . In: R. Service, Storia della Russia nel XX secolo, cit. p. 269
[19] M. Markova, The Political Use of Soviet Nostalgia to Develop a Russian National Identity, E-International Relations, 14 luglio 2020, cit. p. 2. In: https://www.e-ir.info/2020/07/14/the-political-use-of-soviet-nostalgia-to-develop-a-russian-national-identity/
[20] A. Bota, Die Zeit, Germania, Internazionale 1171, 16 settembre 2016, cit., pp. 39-40
Foto copertina: Vladimir Putin al potere da 25 anni in Russia