L’ultima aquila imperiale


Un anno di guerra contro l’Ucraina da parte della Federazione Russa ha sollevato decine di ipotesi e ragionamenti sull’effettiva essenza della Russia di Putin, e quella di “impero” è una delle più gettonate.


L’imperatore?

Che la Russia del Presidente Vladimir Putin non fosse il più democratico e liberale dei paesi del mondo, non lo si è scoperto certo il 24 febbraio del 2022, e in molti altri casi internazionali, antecedenti a quest’ultimo, la politica regionale (e non) perpetuata dal Cremlino era stata perseguita entro lo schema di un hard power aggressivo e dalle velate note “imperiali”.
La crisi identitaria della Federazione Russa, non più sovietica ma neanche puramente “russa”, nell’immediato post 1991, acutizzatasi durante gran parte degli anni 90’, trovò una “valvola di sfogo” e una speranza nella figura proprio di Vladimir Putin e nella sua narrativa nazionale. Un Presidente che di anno in anno diveniva sempre più un simbolo di rinascita e di ritorno ai fasti di un passato che, mai passato veramente, schiacciava una nazione che faticava a ritrovare proprio la sua stessa identità[1].
Un ritorno “prepotente” quello della Russia di Putin nel panorama internazionale, perseguito però anche a scapito del benessere puramente materiale dello stesso popolo russo. L’economia della Federazione, difatti, è rimasta stagnante per anni, nonché dipendente dall’export di idrocarburi anche se il suo PIL in rapporto al debito (comunque inferiore a quello dei paesi europei) era al 2019 il migliore degli stati ex sovietici.

 

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Tutto questo, però, non sembrerebbe aver mai impedito al Presidente Putin e alla sua ristretta cerchia di siloviki[4] di portare avanti la sua politica estera e i, comunque, ingenti investimenti nella difesa, come il dibattuto progetto GPV-20[5], furono perseguiti in funzione di quest’ultima, accompagnati da una ondivaga narrazione nazionale tra restaurazione di status e antiche radici storiche. Una narrazione dove eroi di un’antichità gloriosa e protagonisti di un passato recente vengono “mixati” nel tentativo di creare un’identità solida, basata sulla storia di una Russia che, in tutte le sue forme, era stata e doveva essere un grande impero, un impero dove multietnicità e nazionalismo vanno a braccetto, protetti e perseguiti dalla figura di un indispensabile Presidente Putin. È importante notare come il delicato problema della multietnicità della Russia contemporanea, in un certo senso aggravatosi con il periodo sovietico e la sovietizzazione della popolazione[6], sia stato centrale per le presidenze di Eltsin e Putin poi. Non a caso, ed è particolarmente vero per la presidenza Putin, la parola spesso selezionata per appellarsi alla popolazione tutta sia “rossiyane”, una parola non etnica per fare riferimento ai Russi[7].

L’impero

Con il crollo dell’Unione Sovietica, considerato, da alcuni il suicidio politico di quest’ultima operato da Gorbačëv nel 1991[8], quello che era l’effettivo “impero” sovietico venne smantellato. Quelli che erano poco più che confini regionali o federali divennero, più o meno improvvisamente, dei netti confini statali. L’impervia regione dell’Asia Centrale e la tanto contesa e contestata cortina di ferro dell’ Europa dell’est ritrovarono un’indipendenza de facto e la Federazione Russa, cuore pulsante di quello che era il sistema sovietico nonché erede più o meno legittima dell’Urss si vide privata dello status di super potenza, come anche di quello di impero. Unitamente alle “componenti” del blocco sovietico, la Russia dei primissimi anni 90’ si vide costretta anche a ritirare molte delle proiezioni esterne che l’Urss aveva guadagnato o tentato di guadagnare nella lunga partita a scacchi che fu la Guerra fredda. Il Mediterraneo, l’Africa, il Sud Est asiatico; tutte queste regioni videro un allontanamento della presenza politica e militare di Mosca durante quei durissimi anni di transizione e di crisi economica sotto la presidenza di Eltsin, tanto criticati in seguito da Putin. Con l’avvento della presidenza di quest’ultimo, però, il progetto di restaurazione dello status della Russia a livello internazionale fu subito chiaro e i primi tentativi di stabilizzazione definitiva della situazione interna alla Federazione (fondamentale trampolino per poter guardare al di fuori dei propri confini) fu incarnato con la seconda guerra cecena (tra il 1999 e il 2009). Quest’ultima, sotto il pugno duro della nuova amministrazione Putin risultò militarmente meno disastrosa per la Russia rispetto al precedente conflitto e grazie al supporto promesso agli Stati Uniti per la loro war on terror[9] contro l’Afghanistan talebano e al–Qaeda, la “critica” occidentale a quest’operazione di repressione fu blanda[10]. La gestione del conflitto e delle violenze venne in un certo senso stabilizzata, vista l’impossibilità di concludere gli scontri sul breve periodo e politicamente la questione cecena resta ancora oggi una crepa nel territorio russo. Però, a fungere da vero spartiacque per il “ritorno” della Russia sul palcoscenico internazionale (ritorno dalle note imperiali molto marcate) fu il discorso che il Presidente Putin enunciò durante la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco[11], nel 2007.
In quel discorso, che fu particolarmente lungo, per la prima volta si parlò apertamente del dissenso della Russia nei confronti dell’ordine unipolare a guida statunitense, formatosi dopo la fine della Guerra fredda . Perfettamente allineato con le opinioni cinesi al riguardo, il Presidente Putin annunciò l’obiettivo di restituire alla Federazione Russa e anche alla Repubblica Popolare Cinese la propria voce internazionale, alla pari con quella statunitense . Il progetto di rendere la Russia di nuovo “grande” e di ampliarne il ruolo di potenza mondiale e non solo regionale fu quanto mai chiaramente esposto. Di seguito verranno riportati alcuni estratti esplicativi del discorso del Presidente contenenti una critica volta in quegli anni al sistema unipolare e alle preoccupazioni circa la sicurezza della Federazione Russa nei confronti di alcune organizzazioni come la Nato, le quali vengono additate di essere meri strumenti della volontà dell’attore reputato egemone:

[…] La storia dell’umanità certamente ha superato periodi di unipolarismo e ha visto aspirazioni alla supremazia mondiale. Ma cosa non è capitato nella storia del mondo? Tuttavia, che cosa è un mondo unipolare? Comunque si voglia abbellire questo termine, alla fine si riferisce ad un certo tipo di situazione, ovvero a un centro di autorità, un centro di forza, un centro decisionale.
[…]Io penso che sia chiaro che l’espansione della Nato non abbia alcuna relazione con la modernizzazione dell’Alleanza stessa o con la garanzia di sicurezza in Europa. Al contrario, rappresenta una seria provocazione che riduce il livello della reciproca fiducia. E noi abbiamo diritto di chiedere: contro chi è intesa questa espansione? E cosa è successo alle assicurazioni dei nostri partner occidentali fatte dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni? Nessuno nemmeno le ricorda.
[…] In conclusione, vorrei far notare quanto segue. Noi molto spesso- e personalmente, io molto spesso – sentiamo appelli dai nostri partner, inclusi i nostri partner europei, sul fatto che la Russia dovrebbe giocare un ruolo sempre più attivo negli affari del mondo. Mi permetterei di fare un piccolo commento. Non è proprio necessario incitarci a questo comportamento. La Russia è un paese con una storia che attraversa più di mille anni e ha usato praticamente sempre il diritto per perseguire una politica estera indipendente.
Non cambieremo questa tradizione oggi. Allo stesso tempo, siamo ben consapevoli di come il mondo sia cambiato ed abbiamo un senso realistico delle nostre proprie opportunità e potenzialità. E gradiremmo chiaramente interagire con partner responsabili ed indipendenti, insieme ai quali potremmo lavorare nel costruire un ordine mondiale equo e democratico, che non garantisce sicurezza e prosperità a pochi eletti, ma a tutti[12].

Partendo dagli assunti del discorso del Presidente Vladimir Putin, precedentemente esposti, e riallacciandoci proprio ai conflitti “congelati”, reduci del 900’ come quello in Georgia, giungiamo al 2008, quando proprio le truppe georgiane sferrarono un attacco a sorpresa verso l’Ossezia del sud (una regione autoproclamatasi indipendente e appoggiata dalla Russia), attivando immediatamente una reazione da parte della Federazione. Le forze russe presenti sul territorio respinsero facilmente l’attacco e la dinamica degli eventi fu riconosciuta anche dal Parlamento europeo.
La risoluzione del Parlamento europeo del 3 settembre 2008 enunciava ciò che verrà di seguito citato: «[…] nella notte tra il 7 e l’8 agosto l’esercito georgiano ha lanciato un attacco di artiglieria a sorpresa su Tskhinvali seguito da un’operazione di terra con carri armati e soldati al fine di riprendere il controllo sull’Ossezia del Sud»[13].

L’intervento russo che ne seguì fu motivato da Mosca con l’obiettivo di difendere i propri concittadini delle repubbliche autonome dell’Ossezia del sud. La Federazione Russa avviò così una campagna militare su vasta scala, con truppe di terra, aeree e navali, sottoscritta come missione di “peace enforcement”, che le garantì infine il controllo di numerosi punti strategici del territorio georgiano, in particolare quelli che affacciavano direttamente sul fondamentale bacino del Mar Nero.  Le due guerre in Georgia, tra gli anni Novanta e i primissimi anni Duemila, sono state fondamentali per la “ripresa” russa nello scacchiere internazionale e hanno, anche se non direttamente, giocato un ruolo fondamentale per la strategia della Federazione nei confronti del suo lento e graduale ritorno nell’area del Mediterraneo e non solo. Quello che per molti sembrò un mero tentativo da parte russa di riguadagnare uno status di potenza seguendo i dettami di una politica regionale di hard power in realtà nascondeva desideri ben più profondi e reconditi, ricercabili tra quelle che erano le radici imperiali di una Russia proiettata al di fuori della sua natura di potenza meramente terrestre[14]. Il tentativo di trovare uno sbocco sui cosiddetti “mari caldi” (prevalentemente il Mediterraneo, passando dal Mar Nero[15]) è probabilmente uno degli obiettivi più antichi ed imperiali perseguiti ancora dalla Russia odierna e l’intera strategia mediterranea della federazione ne è un esempio[16]. L’ingerenza russa, più o meno prepotentemente imposta in paesi come la Siria (in piena guerra civile dall’aftermath delle Primavere arabe), la Libia e ancora, la presenza di PMC[17] russe come l’oramai famosa Wagner in Africa Centrale e Sud America. L’annessione della Crimea del 2014 e la guerra che da un anno la Federazione ha avviato contro l’Ucraina tutta. Tutti questi indicatori non sono solo la materializzazione di una politica regionale (e non) aggressiva ma sono anche la persecuzione di una retorica imperiale, sia per quanto riguarda la sua fase attiva che passiva, ancora profondamente radicata nella classe dirigente russa, come anche in quella di alcuni altri paesi del “blocco anti occidentale”.
La narrazione imperiale di questi eventi, soprattutto all’interno della stessa Russia vanta diversi filoni, dalle “giustificazioni” più o meno salde sino al riappropriarsi di ciò che ingiustamente gli eventi passati avevano portato via ma tutto questo, nella Federazione Russa di Putin ha trovato un fulcro e una autodeterminazione nel “nemico” o “nei nemici”, che siano essi un costrutto della propaganda, una minaccia straniera o anche una minaccia ai valori tradizionali della Russia. Una vecchia retorica, dunque ma ancora perfettamente funzionale.
La moderna identità nazionale russa rimane saldamente radicata nelle nozioni di una sacra missione imperiale che percepisce la Russia come una civiltà unica bloccata in un’eterna lotta contro vari nemici stranieri costruiti. Centinaia di anni fa, la visione messianica degli zar ha dato origine all’idea della Russia come terza Roma e leader del cristianesimo ortodosso. Nel ventesimo secolo, questa credenza nell’eccezionalismo imperiale è stata sfruttata per identificare i russi come la nazione che avrebbe salvato il mondo dal capitalismo e guidato una rivoluzione comunista globale.[18]

Conclusioni: obiettivo decolonizzazione?

Nel più che complesso quadro internazionale che la guerra in corso tra la Federazione Russa e l’Ucraina è venuta a creare, la ferma opposizione da parte di quello che si può considerare il “blocco occidentale” alle retoriche imperiali proprie del Cremlino come di altre Nazioni è un dato di fatto. L’aggressività e la violenza perpetuate in ambito internazionale, come nella politica interna, sono considerate oramai anacronistiche e mal tollerate nonché latrici di insicurezza e instabilità estremamente pericolose (forse perché gli effetti delle ideologie imperiali sono ben noti in Europa) ed è da qui che unitamente al supporto militare ed economico all’Ucraina sono nati dibattiti in seno ad organi come la CSCE (Commission on Security and Cooperation in Europe[19]) sull’effettiva necessità di “decolonizzare” la Russia, oggi, e di contrastare l’ideologia imperiale ovunque questa sia rimasta. Sono ora in corso discussioni serie e controverse sulla resa dei conti con l’imperialismo fondamentale della Russia e sulla necessità di “decolonizzare” la Russia affinché diventi un attore vitale nella sicurezza e nella stabilità europee. Come successore dell’Unione Sovietica, che ha ammantato la sua agenda coloniale di nomenclatura anti-imperiale e anti-capitalista, la Russia deve ancora attirare un esame appropriato per le sue tendenze imperiali coerenti e spesso brutali.[20]
Il compito di “decolonizzare” la Russia filo-imperiale di Putin, però, non è un semplice tentativo di contrastare l’agenda politica di una Nazione la cui direttrice di politica estera è l’hard power nella sua accezione più aggressiva. Piuttosto rappresenta un nuovo fronte di quella lotta sistemica che negli anni è andata via via demarcando linee di contrasto tra una parte del mondo liberal-democratica, proiettata verso lo sviluppo costante dei valori fondamentali della Rivoluzione francese e una parte del mondo ancora fortemente ancorata a valori tradizionali e desideri di grandezza per noi occidentali anacronistici nonché particolarmente utili a regimi autocratici. La Federazione Russa, in questo momento storico, sta agendo da plateale “mediano di spinta” di questi oppositori sistemici e alcuni ritengono che una sua sconfitta sul territorio ucraino possa portare all’avvio di questa “decolonizzazione”[21] e l’inizio della dissoluzione di questo nuovo “vecchio” impero russo. Una prospettiva incerta e pericolosa che lascia aperte comunque molte possibilità di sviluppo, purtroppo, non tutte ottimistiche.


Note

[1] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/russia-una-giovanissima-nazione-millenaria/
[2] L. Moneta, Russia 2019: sindrome di Dorian Gray?, ISPI, 27 Feb 2019. In: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/russia-2019-sindrome-di-dorian-gray-22384
[3] Trading Economics, Russia – Tasso di Crescita annuale del PIL. In: https://it.tradingeconomics.com/russia/gdp-growth-annual
[4] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/siloviki-e-il-ruolo-nelle-nuove-agenzie-di-intelligence-nella-russia-di-putin/
[5] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/esercito-russia-vecchie-ruggini-nuovo-acciaio/
[6] (Stalin) mirava a tenere sotto controllo le espressioni del nazionalismo russo. Il suo peculiare stratagemma consisteva nel tentativo di amalgamare le nazionalità “russa” e “sovietica”. Così i russi erano indotti a essere orgogliosi della Russia ma ancor di più dell’Urss . In: R. Service, Storia della Russia nel XX secolo, cit. p. 269
[7] M. Markova, The Political Use of Soviet Nostalgia to Develop a Russian National Identity, E-International Relations, 14 luglio 2020, cit. p. 2. In: https://www.e-ir.info/2020/07/14/the-political-use-of-soviet-nostalgia-to-develop-a-russian-national-identity/
[8] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/addio-allultimo-leader-dellurss/
[9] O. Bariè, Dalla guerra fredda alla grande crisi, cit. pp. 195-196
[10] “L’ostentato avvicinamento agli Stati Uniti e l’opportunistica adesione allo slogan della “lotta al terrorismo internazionale” – dettati dalla possibilità di migliorare in maniera sostanziale la posizione della Russia nei confronti dell’Occidente, nella sfera economica come in quella strategica – hanno infatti consentito alla Russia di avere un sostanziale via libera alla repressione militare della Cecenia.” In A. Ferrari, Cecenia: una pace impossibile? ISPI Policy Brief, numero 9 , Giugno 2004, cit. p.3
[11] “La Conferenza sulla sicurezza di Monaco è il principale forum mondiale per discutere la politica di sicurezza internazionale. È una sede per iniziative diplomatiche per affrontare le preoccupazioni di sicurezza più urgenti del mondo”. In: https://securityconference.org/en/about-us/about-the-msc/
[12] Trascrizione ufficiale dell’intervento del Presidente russo Vladimir Putin alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco 2007 http://www.president.kremlin.ru/eng/speeches/2007/02/11/0138_type82914type84779_118135.shtml traduzione su https://www.resistenze.org/sito/os/mo/osmo7b13-001073.htm
[13] Rapporti Unione Europea – Georgia, n. 10/DN, 30 settembre 2008, p. 28.
[14] R. D. Kaplan, The revenge of geography, ed. Random House, New York 2012, cit. p. 99
[15] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/il-mar-nero-storica-porta-russa-per-il-mediterraneo/
[16] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/la-russia-nel-mediterraneo-e-lo-storico-rapporto-con-litalia/
[17] Per approfondire si veda: https://www.opiniojuris.it/il-wagner-group-e-le-pmc-russe-lanzichenecchi-del-secolo-xxi/
[18]B. Kassymbekova, L’ultimo impero europeo: la guerra in Ucraina di Putin espone l’identità imperiale della Russia, 1 febbraio 2023.  In: https://www.atlanticcouncil.org/blogs/ukrainealert/europes-last-empire-putins-ukraine-war-exposes-russias-imperial-identity/
[19] About the Commission on Security and Cooperation in Europe. In: https://www.csce.gov/about-commission-security-and-cooperation-europe
[20]Commissione sulla  sicurezza Se la cooperazione in Europa,  Decolonizzare la Russia, giovedì 23 giugno 2022, 10:00,  Washington, DC Stati Uniti  . In: https://www.csce.gov/international-impact/events/decolonizing-russia
[21] B. Kassymbekova, Europe’s last empire: Putin’s Ukraine war exposes Russia’s imperial identity, February 1, 2023. In: https://www.atlanticcouncil.org/blogs/ukrainealert/europes-last-empire-putins-ukraine-war-exposes-russias-imperial-identity/


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