Intervista ad Anatolii Mazaraki, Rettore della State University of Trade and Economics di Kiev.
Abbiamo tristemente raggiunto il terzo anniversario dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Qual è la situazione attuale in Ucraina e quali sono le sfide principali che il Paese si trova ad affrontare?
La situazione attuale è abbastanza evidente. Siamo un paese in guerra, sfortunatamente ne sei stata testimone ogni notte durante la tua permanenza. Ecco perché la nostra massima priorità ora è rimanere forti, resilienti e proteggere il nostro Paese.
La nostra nazione, le nostre forze armate, i nostri studenti e il personale accademico stanno tutti lavorando insieme per la vittoria e si aiutano a vicenda. Ma nel frattempo, non stiamo fermando le nostre azioni di sviluppo. Sappiamo di avere una prospettiva di integrazione europea e lavoriamo senza sosta in questa direzione. È una componente molto importante della nostra attività didattica e scientifica. Ciò che è interessante è che essere sotto la legge marziale non ha fermato ma accelerato questi processi. Parlando dell’università, abbiamo aggiornato i nostri programmi educativi, abbiamo iniziato a impiegare approcci europei ancora più rapidamente di prima, abbiamo sviluppato anche una nostra base hardware e materiale-tecnica. Il personale di emergenza è sempre pronto ad attivare i generatori di energia per mantenere la possibilità di lavorare in modo stabile. Stiamo anche contribuendo agli obiettivi del Green Deal europeo in questo senso, poiché abbiamo programmi di risparmio energetico e stiamo costruendo una grande stazione di energia solare per soddisfare le nostre esigenze. Se non ci fosse stata una guerra, forse l’avremmo rimandata, ma ci siamo impegnati comunque in questo senso.
Un ulteriore esempio di ciò che stiamo facendo è legato alla creazione del nostro centro per la salute mentale. Molte persone hanno bisogno di sostegno psicologico durante la guerra, e il numero non farà che crescere. Abbiamo creato un centro che prevede molti laboratori, consulenza psicologica e ricerca, inclusi poligrafi e altri mezzi. Oggi avremo anche una riunione riguardante la metodologia da impiegare e sosterremo la necessità di accelerare il processo di apprendimento dell’inglese da parte dei nostri studenti. Potrei continuare all’infinito con l’elenco dei progetti che abbiamo in cantiere. Ma la cosa principale che voglio sottolineare è che non aspettiamo, ma combattiamo per la vittoria, e comprendiamo che non saremo mai più gli stessi dopo la guerra.
In che modo la guerra ha avuto un impatto sulle università e sulla vita degli studenti? Quali sono le principali difficoltà che lei, come Rettore, ha dovuto affrontare dall’inizio della guerra nel proseguimento delle sue normali attività? E il settore dell’istruzione in tempo di guerra?
Possiamo dividere questo periodo in diverse fasi. Dall’inizio dell’invasione su vasta scala all’inizio dell’anno accademico, lo scopo principale era quello di metterci in contatto con tutti gli studenti, per assicurarci che fossero vivi e stessero bene. Poi, abbiamo organizzato le lezioni in modalità a distanza, poiché altrimenti non sarebbe stato possibile continuare in aula. Nella seconda fase, dopo l’inizio dell’anno accademico a settembre 2022, siamo ritornati alle lezioni in presenza. Lo si vede anche ora, mentre camminiamo nei corridoi, che il numero di studenti è aumentato. Ma non possiamo dimenticare che abbiamo studenti e personale accademico che hanno lasciato il Paese e ora sono all’estero. È fondamentale che rimangano connessi alla loro madrepatria e alla loro università, in modo da poter continuare a seguire le lezioni in modalità a distanza. Non approfondirò l’argomento in modo preciso, ma abbiamo anche avuto bisogno di creare rifugi. C’è stato un periodo nei primi mesi dell’invasione su vasta scala in cui i supermercati hanno smesso di funzionare e avevamo qui quasi 1.000 studenti, ci stavamo “autoalimentando” e auto-organizzando per sopravvivere. In ogni caso, la difficoltà principale che stiamo affrontando è che gran parte del personale accademico è migrato all’estero e per noi è una fuga di cervelli. Abbiamo sperimentato mancanza di personale. La situazione che stiamo affrontando non deriva solo dalla fuga di cervelli in sé, ma con la guerra il numero di studenti nella nostra università è aumentato – ad esempio nel 2022 rispetto al 2021 dell’1%, nel 2023 rispetto al 2022 del 3% e nel 2024 rispetto al 2023 del 4% degli studenti, mentre una parte del personale accademico è mobilitata al fronte, in prima linea. La situazione in cui il numero di studenti aumenta e il personale diminuisce è dura da affrontare.
Da menzionare è anche la questione dei nostri partner internazionali, che ci hanno dato non solo supporto morale e immateriale, ma anche sostegno materiale, entrando in cooperazione con i nostri studenti e con il personale, scambiando esperienze e ampliando la nostra internalizzazione. Ad esempio, abbiamola possibilità di offrire un diploma di doppia laurea con università italiane, che collaborano attivamente con noi in tal senso.
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L’Università è ed è sempre stata un luogo chiave in cui gli studenti si riuniscono per imparare e diventare cittadini attivi e responsabili nei loro Paesi. Crede che le Università (e in particolare la sua) possano diventare il punto di partenza di iniziative volte a promuovere il dialogo con altri centri di ricerca e università all’estero per contribuire a raggiungere la pace?
Ci credo fermamente. La nostra cooperazione non ha mai raggiunto tali livelli e non si è mai fermata. Non solo abbiamo programmi di doppia laurea con l’Italia, ma anche con altre università. Le pubblicazioni congiunte dei nostri studiosi con colleghi internazionali sono aumentate e il nostro personale accademico è stato invitato più spesso come professore in visita. In passato abbiamo avuto molti professori in arrivo, ma ora è diventato evidente che i nostri professori stanno diventando sempre più richiesti. Gli ultimi legami sono stati stabiliti con la Finlandia. Abbiamo sviluppato una forte cooperazione con loro.
L’università in Ucraina non è solo un istituto di studio, ma è il cuore della società internazionale. È come un hub per gli intellettuali del Paese. Le faccio un esempio relativo a questa settimana: abbiamo accolto qui il capo della National Treasure Chamber, che costituisce una rete anche con altre National Treasure Chambers e rilascia standard che devono essere convalidati scientificamente. Stiamo collaborando strettamente con loro, al fine di fornire loro il supporto scientifico necessario. Sono personalmente il consigliere del supporto scientifico di quella Camera.
Un ulteriore esempio è il fatto che in occasione delle celebrazioni per la giornata dei consumatori, daremo il benvenuto qui a rappresentanti di diverse parti del settore, altri specialisti, rappresentanti dello Stato, ONG che rappresentano i consumatori, e l’università è il pilastro che ha attratto queste realtà e ha fornito uno spazio per le negoziazioni. Abbiamo questo tipo di eventi quasi ogni giorno, il che dimostra che l’università è la pietra miliare che influenza la società.
In questo contesto, quale ruolo ritiene che la società civile e le università possano avere nel promuovere la pace e più in generale la ripresa dell’Ucraina in una fase post-conflittuale? Quali sono le principali priorità che state cercando di perseguire per contribuire al godimento del diritto all’istruzione per gli studenti che stanno attraversando questi tempi difficili?
Dal mio punto di vista, la ristrutturazione-ricostruzione dell’Ucraina dopo la guerra significa recuperare i danni che abbiamo subito non solo meccanicamente, ma soprattutto nel senso di ristrutturazione, modernizzazione e aggiornamento. Dovremmo anche essere consapevoli che abbiamo subito numerosi effetti negativi che saranno visibili solo diversi anni dopo la fine della guerra. Il Paese, ad esempio, ha subito un numero immenso di perdite; vediamo molti studenti che hanno perso i genitori a causa della guerra; ci sono persone che tornano dal fronte e hanno soprattutto bisogno di aiuto per essere reintegrate nella società.
Il Paese dovrebbe impegnarsi molto di più nel costruire capacità di difesa e rafforzare il settore militare. Ciò che è accaduto in Ucraina non è un conflitto locale. È prima di tutto lo scontro tra Russia e Occidente. Pensare che il nemico diventerà qualcos’altro in brevissimo tempo è un po’ inconscio. L’Ucraina ora sta difendendo l’intera Europa nel senso che sta difendendo i principi delle nazioni civili. L’unica conclusione giustificata è che dovremmo diventare più forti: abbiamo imparato come essere resilienti e abbiamo degli amici.
Sai, il mondo è molto complicato. Il punto è il motivo per cui è successo: dopo la seconda guerra mondiale e il crollo dell’URSS, in qualche modo gli USA e l’UE si sono rilassati e hanno deciso che non ci sarebbe stato più uno scontro. Hanno ritenuto che questo secondo polo si fosse dissolto con il crollo dell’URSS. Questo può essere vero per i primi dieci anni, ma poi il cambio di potere in Russia e il governo di Putin hanno iniziato a seguire una linea politica volta a rinnovare il potere e a far sì che il mondo obbedisse alle loro regole, alla loro visione del mondo. La Federazione Russa è nel continente europeo solo per una piccola parte, ma in realtà è asiatica e mentalmente differiscono molto per le loro considerazioni, che potrebbero persino portarli all’autodistruzione. Naturalmente, ci sono molti punti di vista su ciò che è successo, ma il fatto è che è successo e ora dobbiamo affrontarlo. Forse Putin pensava che l’Ucraina si sarebbe arresa in soli 2-3 giorni, ma in realtà non è accaduto. Abbiamo assistito ad un aumento della quantità di armi e al loro ammodernamento, ma anche l’Ucraina ha aumentato la propria produzione di armi e artiglieria. Senza l’aiuto dell’UE, dell’Occidente e di altri Paesi, sarebbe stato molto difficile per noi restare resilienti. Ma per il momento siamo piuttosto ottimisti.
Ultimo ma non meno importante: se si analizza la storia della Russia negli ultimi 150 anni, si vedrà che ha perso tutte le guerre: la guerra di Crimea; la guerra russo-giapponese; nella prima guerra mondiale hanno negoziato un accordo con la Germania; la seconda guerra mondiale è stata una parentesi diversa, ma ancora una volta se non fosse stato per l’aiuto degli USA, l’Unione Sovietica non sarebbe riuscita a vincere. E la lista potrebbe continuare: Afghanistan, Siria. Sono bravi a iniziare le guerre, ma non a finirle. È la legge della storia, ecco perché dobbiamo restare positivi. Ma non accadrà rapidamente: solo Trump ha promesso una soluzione del conflitto in 24 ore, cosa che per ora non è ancora accaduta. Ha avuto un approccio a questo conflitto da uomo d’affari, ma la politica è qualcosa che sarà comprensibile solo in futuro, quando passerà il tempo. Ora non abbiamo molte risposte.
Foto: Kyiv National University of Trade and Economics