Ucraina, due anni dopo


Due anni fa l’Europa si è ritrovata in un incubo dalle dinamiche anacronistiche e violente che ad oggi ancora non sembra avere una fine mentre l’alba sembra ancora lontana.


24 febbraio 2022 – 24 febbraio 2024

Proprio come i peggiori incubi la guerra d’invasione della Federazione Russa nei confronti della confinante Ucraina ebbe inizio nelle prime ore del 24 febbraio 2022.
Le forze di Kiev presenti ai checkpoint di ingresso furono travolte da migliaia di soldati, sferraglianti carri armati e veicoli corazzati mentre l’aviazione russa, in tetre formazioni d’attacco, bersagliava obiettivi su tutto il territorio ucraino. L’invasione era iniziata e nello sgomento generale, tra chi incredulo cercava di comprendere le cause di un tale atto e chi con fermezza riteneva che i segnali fossero chiari, in un geopolitico “te l’avevo detto!”, una sola cosa sembrava a molti “certa”: l’Ucraina non avrebbe retto.
Del resto, si parlava di una guerra in grande scala da parte della Federazione Russa, armata di uno degli eserciti più preparati al mondo, attiva da anni in una politica estera aggressiva che l’ha vista direttamente o indirettamente coinvolta nei più disparati teatri di guerra, verso l’Ucraina, una Nazione che aveva già visto fagocitare dalla Russia una sua parte nel 2014, la Crimea, e da anni impegnata in una “guerra civile” nella regione del Donbass, logorante e dimenticata dai riflettori dello scacchiere internazionale.
I numeri e i dati non erano certamente a favore di Kiev eppure poche altre smentite sono state più grandi. In una chiamata alle armi “leonidiana” ma soprattutto alla resistenza, il Presidente ucraino   Zelens’kyj, facendo magistrale uso delle sue doti e della sua padronanza dei media e dei social mostrò al popolo ucraino e al mondo la sua determinazione a resistere all’invasore, sapendo cercare anche aiuto fuori dai confini del suo paese.
Mentre le truppe di Kiev si riorganizzavano e tentavano di resistere agli implacabili assalti russi in quelle che erano le prime tre grandi direttrici di attacco, da parte di questi ultimi vennero commessi numerosi errori di tipo strategico e tattico sul campo.
Questo costò a Mosca non solo l’iniziativa, arenatasi con la ritirata delle sue forze dall’area di Kiev e la fine della “blitzkrieg” tentata dal Cremlino ma anche un quantitativo ingente di uomini e mezzi con risultato un morale estremamente basso e la necessità impellente di riorganizzarsi; nei mesi successivi, la prima controffensiva da parte di Kiev, che fu estremamente efficace come analizzato in un precedente articolo, lasciò quasi presagire una debacle delle forze di Mosca. Quest’ultima però non avvenne e la guerra entrò in una fase di stallo che solo negli ultimi mesi del 2023 e nei primi del 2024 sembra prossima a mutare ancora.
A questo punto, ripercorrere in poche pagine le vicende militari (e politiche come la rivolta della russa Wagner di Prigožin) che da quel momento si susseguirono risulterebbe un mero riassunto, riduttivo e poco sensibile alle sofferenze di centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini nonché uno sminuire le innumerevoli vite dei soldati che sono caduti. Questo soprattutto in vista del fatto che il macro-evento di cui si parla, ovvero la guerra tra Federazione Russa e Ucraina, è ancora in corso.
Del resto, i campi di battaglia non sono solo la macabra manifestazione aggressiva del perseguimento delle agende di politica estera delle Nazioni, ma sono anche il luogo dove le forti volontà di migliaia di uomini e donne si scontrano, per perseguire obiettivi ma generalmente anche per la propria sopravvivenza.
Ed è su questo aspetto umano di una guerra sempre meno “umana” che sarebbe bene aggiungere un ulteriore livello di complessità.

Il fattore umano in Ucraina: due anni dopo

Abbiamo accennato alla fierezza e allo spirito di sacrificio con i quali il popolo e i soldati ucraini si sono opposti all’esercito invasore, guidati dal Presidente Zelens’kyj; questi hanno permesso all’Ucraina di resistere e anche di esistere. Esistere non solo come Nazione sovrana ma di esistere per l’opinione pubblica del mondo e soprattutto “occidentale”, la qual cosa ha fatto guadagnare a Kiev il favore di molti governi, tradottosi in aiuti militari, umanitari ed economici, contestualmente a numerosi regimi sanzionatori verso la Russia di Putin: un “tagliare i ponti” (più o meno nettamente) economico e politico. Le immagini provenienti dall’Ucraina occupata, non solo di combattimento (tema sul quale torneremo) ma delle sofferenze del popolo ucraino, costretto alla fuga da villaggi e città annerite dal fumo e crivellate dai colpi, monopolizzarono i nostri media e i nostri social, destando indignazione e grande empatia. Purtroppo, in linea con un trend estremamente diffuso l’”assuefazione” e l’”abitudine” a quelle immagini è sopraggiunta e anche eventi di violenza inaudita come quelli accorsi sui civili della città di Bucha ad opera delle forze russe persi nelle “profondità dei nostri feed”. Quasi senza accorgercene abbiamo visto la narrativa dell’intera guerra nel 2023 iniziare a tendere dagli “uomini e donne ucraini” ai loro mezzi. Gli aiuti militari sono divenuti il tema centrale della narrativa “occidentale” sulla guerra in Ucraina. Discorsi e ragionamenti su qualità, quantità, nuovi device, come usarli e in che modo andarono ad amalgamarsi alla politica internazionale nelle sue accezioni più materialiste, oramai riemerse soprattutto a causa del prolungarsi di questa guerra, che si è allontanata dai nostri cuori, avvicinandosi ai nostri portafogli.

Prospettive future?   

Fare previsioni su una tematica tanto delicata quanto la guerra ancora in corso sul suolo ucraino è estremamente complesso, del resto nell’ambito delle relazioni internazionali e della geopolitica nulla è mai semplice e lineare.
Nel momento in cui questa riflessione prende forma, sulla linea del fronte la situazione è estremamente difficile e sebbene le questioni militari sembrino essere protagoniste assolute degli eventi a noi più contemporanei, mai come ora sono la proiezione di decisioni politiche internazionali.
Dopo che la tanto pubblicizzata seconda controffensiva di Kiev, che ha avuto inizio durante la scorsa estate, si è arrestata finendo con lo stringere poco più di qualche pugno di terra, le forze di Mosca sono tornate a spingere con forza, forti sì dei grandi numeri ma anche di due potenti e volubili alleati, il tempo e le risorse. Kiev con il passare del tempo ha avuto e ha sempre maggior bisogno del supporto economico e militare degli “alleati occidentali” ma questo supporto negli ultimi mesi ha iniziato sempre più a vacillare per le più disparate motivazioni, dalla politica interna degli attori coinvolti, a fattori economico-produttivi.
Un periodo di grandi sfide elettorali è alle porte per l’Unione Europea e soprattutto per gli Stati Uniti (meno per la Russia di Putin) e le pressioni delle opposizioni politiche interne a molti stati hanno fatto sì da vedere il supporto all’Ucraina più come un peso economico che come ad una lotta in difesa di valori più alti, quale era nei primi mesi di guerra. Ciò detto, anche se le notizie non sembrano essere le più rosee per Kiev, il supporto da parte degli alleati non è cessato, le variabili in questo senso sono moltissime e in più occasioni ci sono stati rapidi cambi di marcia in favore dell’Ucraina.
Dall’altra parte, sebbene la Russia goda adesso di alcuni importanti vantaggi strategici ha già visto e apparentemente accettato un forte ridimensionamento dei propri obiettivi militari e sebbene l’economia russa stia reggendo alle sanzioni meglio di quanto previsto, il costo dello sforzo bellico in atto è molto alto e non sostenibile, in questi termini e numeri, senza subirne uno scotto interno non solo economico ma sul tessuto societario stesso. Probabilmente il tempo, molto più di altri fattori, è divenuto un elemento cruciale (per diversi motivi) per entrambe le parti in lotta.
Per concludere, purtroppo la via diplomatica non sta vedendo, nell’ultimo periodo, seri tentativi di mediazione, non solo tra le parti direttamente in lotta ma anche tra gli attori esterni che orbitano oramai da due anni su questa guerra. Forse nel futuro prossimo questa possibilità potrebbe essere nuovamente vagliata, mentre altri teatri del mondo stanno tornando pericolosamente ad infiammarsi in un clima sempre più teso e complicato che va ben oltre l’accezione di “tempi interessanti”.