Dialoghi sull’insidioso Sun Tsu di Beijing


A dispetto dei grandi sconvolgimenti internazionali dell’ultimo anno la Cina di Xi Jinping ha sostanzialmente deciso di “sedersi” lungo il bordo di un fiume quanto mai burrascoso attendendo i frutti della sua strategia millenaria. Ne abbiamo parlato con il professor Enrico Fardella.


Antica saggezza

«Se aspetti lungo il fiume per abbastanza tempo, i corpi dei tuoi nemici galleggeranno davanti a te.»
Sun Tzu, l’arte della guerra[1]

Questa particolare e celebre frase dell’altrettanto famoso trattato cinese sull’arte della guerra, il Sun Tzu, sembrerebbe rispecchiare e al contempo spiegare l’ondivaga e “neutrale” posizione della Cina di Xi Jinping nei riguardi dell’invasione Russa dell’Ucraina ma non solo. L’enigmatica Cina, in piena ascesa quale superpotenza globale in un teatro che non pochi già additano come nuova Guerra fredda, sfida sistemica o mero tentativo di spodestare gli USA dallo scanno dell’unipolarismo egemonico, ha dimostrato di essere una potenza tutt’altro che revanscista, o quantomeno non platealmente come la vicina Federazione Russa. Gli interessi cinesi negli anni si sono proiettati in gran parte del globo, sfruttando la forza dell’economia molto più che quella delle armi ma alcune “rese dei conti” se così le si vogliono additare sembrano essere sempre più vicine. La guerra in Ucraina ha fatto sì da accelerare drasticamente i movimenti delle “pedine” sullo scacchiere internazionale il che sembrerebbe aver risvegliato in molti attori un senso di allarme anche nei confronti di Beijing, come l’oramai ben nota, complessa e pericolosa “questione” di Taiwan.
In questo complesso quadro, forse, la saggezza degli antichi si sta rivelando particolarmente utile al governo di Beijing ma per fare chiarezza e cercare di accendere una luce che faccia chiarezza tra le misteriose trame cinesi, abbiamo deciso di parlarne con un esperto. Enrico Fardella, professore associato presso l’Università degli Studi di Napoli l’”Orientale” e Direttore del Progetto ChinaMed.

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L’intervista

Riprendendo la metafora del Sun Tsu “sedersi sul bordo del fiume e attendere il passaggio del cadavere del proprio nemico” e associandola al tema della guerra in Ucraina, crede che la Cina di Xi, provi indifferenza per suddetto cadavere potendo vantare una “vittoria” o dei benefici qualsivoglia sia il suo nome?
“La metafora riguarderebbe nel caso specifico gli Stati Uniti il cui ‘cadavere nel fiume’ rappresenterebbe simbolicamente il tramonto dell’egemonia americana – condizione da sempre necessaria per la realizzazione del ‘Sogno cinese’ – determinato da una debacle sul fronte ucraino della NATO che consacrerebbe un nuovo riassetto degli equilibri internazionali a favore delle istanze revisioniste russo-cinesi. È chiaro che si tratta di un’ipotesi difficilmente realizzabile in questa forma. Ma al contempo Pechino potrebbe capitalizzare da una spaccatura del fronte NATO determinata dal procrastinarsi di un conflitto che impone costi politicamente ed economicamente insostenibili sul medio periodo ai partner europei. Al contempo l’apparenza neutralità rivendicata dai cinesi, e la loro crescente influenza nei confronti della Russia di Putin, permette loro di massimizzare i benefici della loro posizione sia agli occhi delle cancellerie europee – come possibili garanti di un accordo tra Mosca e Kiev – che nei confronti di quei paesi del Global South poco propensi a prendere una posizione netta nei confronti della Russia di Putin.

Si è tanto vociferato del voto favorevole da parte della Cina e dell’India nei riguardi dell’ultima risoluzione di condanna dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina (26 aprile 2023) ma alcuni dubbi e incomprensioni sul vero significato di questa presa di posizione sembrerebbero essere emersi da una attenta lettura della risoluzione. Lei cosa ne pensa?
“Non credo che la posizione cinese in questa sede rappresenti un mutamento sostanziale della linea del neutralismo pro-russo assunta fino ad oggi. Ne è invece una conferma: l’asse dell’interesse nazionale cinese prevede una posizione flessibile sul caso ucraino che massimizzi i benefici per Pechino. Non ci sono posizioni ideologiche predeterminate ma un puro calcolo di convenienza oggettiva. La Cina si propone come neutrale per distinguersi chiaramente dalla posizione della NATO e degli USA accusati di essere i provocatori del conflitto. Il neutralismo serve per rafforzare la propria influenza a livello internazionale nei confronti delle forze ostili alla potenza egemone, gli USA, mentre il dialogo con la Russia è funzionale a sostenerne il ruolo di buffer geopolitico in funzione antiamericana. Tuttavia, ciò non toglie che la Cina non abbia interesse a un’escalation del conflitto che rischi di ridurne i margini di manovra e quando le intese con Mosca rischiano di ridimensionare l’appeal della sua apparente neutralità Pechino adotta delle misure estetiche per correggere la rotta. La risoluzione in oggetto potrebbe rientrare in questa cornice.”

A prescindere dal binomio vittoria-sconfitta, cosa rappresenta una Russia inevitabilmente indebolita dal conflitto (militarmente ed economicamente) per la strategia di Pechino? Potrebbe l’instabilità regionale che già si sta manifestando nel Caucaso essere un problema per la Cina in Asia Centrale? O un’opportunità?
Una Russia debole con Putin al potere rappresenta un’occasione per Pechino per rafforzare la propria presa sul paese sia a livello politico – costruzione di élite favorevoli a un’intesa con Pechino – che economico – accesso a risorse strategiche e tecnologie militari soprattutto sottomarine utili per un riequilibrio dei rapporti di forza con la US Navy nell’Indopacifico. Una Russia debole, vicina a Pechino e costretta a ridimensionare i suoi orizzonti di influenza in Eurasia aprirebbe spazi di ulteriore penetrazione per Pechino in Asia centrale con la conseguenza di rafforzare la sicurezza cinese sul fronte continentale in un contesto di confronto con i paesi filoamericani sul fronte Pacifico.”

Nel malaugurato caso in cui Pechino decidesse di attaccare Taiwan nel breve periodo e nell’impossibilità (in questo momento) di fornire all’isola lo stesso quantitativo di aiuti forniti all’Ucraina, per motivi economici e industriali, crede che gli Stati Uniti rischierebbero uno scontro aperto con la Cina utilizzando direttamente le proprie forze?
“La dimensione di un conflitto a Taiwan dipende da chi siede alla Casa Bianca. Oggi il conflitto sarebbe un conflitto totale che prevederebbe l’intervento di forze americane al fianco di quelle degli alleati della regione con un ruolo di supporto economico e logistico anche degli alleati NATO. Se alle elezioni 2024 prevalesse invece una logica Monroe 2.0 – come qualcuno auspica – potrebbe essere possibile che un eventuale conflitto venga condottò principalmente in chiave proxy da Washington.”

Potrebbe fornirci un quadro più chiaro dei benefici che la Cina punta ad ottenere da una possibile conquista di Taiwan?
“Un controllo di Taiwan da parte cinese implicherebbe l’eliminazione di una potenziale ‘portaerei’ americana a poche miglia dalla costa cinese; rappresenterebbe una debacle dell’ affidabilità degli USA come potenza garante della sicurezza delle liberal-democrazie in Asia; permetterebbe alla marina cinese di liberarsi dal blocco della first island chain con la possibilità di operare con i sottomarini strategici direttamente nel mar della Cina meridionale; consentirebbe un controllo delle principali rotte commerciali – specie quelle energetiche – che alimentano le economie coreane e giapponesi; e consentirebbe alla Cina di fare un salto quantico nello sviluppo dei semiconduttori strategici per il futuro dell’industria e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, semiconduttori avanzati di cui Taiwan è ad oggi leader mondiale indiscusso.”.


Note

[1] Sun Tzu, L’arte della guerra, Oscar bestsellers, Milano 2018


Foto copertina: Xi Jinping