Il colpo di stato in Niger alimenta le tensioni in un’area già prostata dai gruppi armati radicali, dove si stanno ridefinendo gli equilibri regionali e internazionali.
Nella mattina del 26 luglio 2023 un pugno di soldati nigerini impedisce l’accesso alla residenza presidenziale, tenendo in ostaggio il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum. Inizialmente il clima a Niamey appariva calmo, nelle seguenti ore alcuni spari da parte della guardia presidenziale hanno allontanano la popolazione che si era raccolta davanti all’edificio in sostengo del presidente. Nei giorni successivi manifestazioni contro la Francia, pro Russia e a favore della giunta militare affollano le strade. Un incubo per Francia, Stati Uniti ed Unione europea che vedono il Niger sganciarsi dalla loro influenza.
Dinamiche interne non ancora molto chiare
Alcune fonti interne alla presidenza suggeriscono che il golpe orchestrato dal generale Abdourahamane Tchiani sia scaturito da una sua eventuale sostituzione a capo della guardia presidenziale. Il generale durante gli ultimi anni aveva protetto l’ordine costituzionale da alcuni tentativi di golpe sia durante il governo di Bazoum ma anche del predecessore Mahamadou Issoufou.[1], dimostrando la fragilità del regime politico nigerino. Questa vulnerabilità unita al possibile allontanamento dall’incarico avrebbero alimentato le circostanze per il colpo di stato nella prospettiva di smantellare il sistema politico del partito di Bazoum e del suo predecessore. La figura del presidente eletto nel 2021 ha forse isolato il Paese dai suoi vicini poiché spesso ha contestato gli accordi tra Bamako e la Wagner e la creazione delle milizie di autodifesa burkinabé, poiché. secondo la sua opinione, stanno peggiorando il panorama securitario nel Sahel.
Un partner economico strategico
Il Niger, oltre ad essere un rilevante esportatore di oro, racchiude sul suo territorio una materia prima vitale, l’uranio, il combustibile per le centrali nucleari. Secondo i dati della World Nuclear Association il Niger ha due importanti miniere di uranio che forniscono circa il 5% della produzione mineraria mondiale di più alta qualità in tutta l’Africa. La materia prima viene principalmente estratto dai siti vicini alle città di Arlit e Akokan, a nord di Agadez, vicino al confine algerino e sulla catena occidentale del Massif de l’Aïr. I lavori per l’apertura di nuove miniere sono in corso. Gli studi di fattibilità dei progetti Madaouela e Dasa vorrebbero aprire altri siti di estrazione sempre in quell’area. Sebbene negli ultimi anni la produzione namibiana abbia superato quella nigerina, Niamey rimane nel 2022 il secondo fornitore per l’Unione europea, dietro al Kazakhstan.[2]
Uno dei maggiori destinatari del suo export è la Francia che nel 2020 ha importato una larga fetta dell’estrazione mineraria corrispondente a più di duecento milioni di dollari, seguita da Canada e Spagna. Il Quai d’Orsay ha tutto l’interesse per mantenere il Niger sotto l’ala occidentale, in quanto la sua produzione elettrica deriva per il 70% dalle centrali nucleari e il Niger ha rifornito l’Hexagone tra il 2005 e il 2020 con circa il 18% del suo uranio. In realtà i maggiori fornitori di questa risorsa rimangono Kazakhstan e Australia che rispettivamente contribuiscono per il 20 e il 19% al fabbisogno francese, con quote uzbeke che stanno incrementando negli ultimi anni.
L’Euratom, l’Agenzia europea per l’energia atomica, come riporta Reuters[3], ha dichiarato che non ci sarebbero al momento rischi per la produzione di energia atomica in Europa. Le riserve sarebbero sufficienti almeno per i prossimi tre anni se il Niger decidesse effettivamente di bloccare le esportazioni. L’Agenzia inoltre riferisce che in caso di blocco delle esportazioni, la diversificazione delle fonti da cui attingere l’uranio riuscirebbe a coprire le quote fornite dal singolo Paese.
Non è solo una questione di uranio
Il Niger è o era l’ultimo baluardo strategico per Francia, Stati Uniti e Unione europea. Negli ultimi tre anni, anche a seguito dei colpi di stato nei vicini Mali e Burkina Faso, era stato individuato dalle potenze occidentali come roccaforte per la cooperazione militare. È stato infatti protagonista di grandi investimenti militari per sostenere le forze regolari nigerine nella lotta al terrorismo e nell’ottica europea di arginamento dei flussi migratori. I programmi Renforces Niger e European Peace Facility (EPF) prevedono postazioni militari nell’area delle tre frontiere del Liptako-Gourma (Mali, Burkina Faso e Niger), santuario dei gruppi armati e in cui si trovano importanti miniere di litio. I lavori per l’apertura di altri presidi sono stati pianificati per il 2024. Oltre agli investimenti per equipaggiare l’esercito, un discreto numero di truppe francesi, statunitensi e italiane supportano sul territorio le forze armate regolari. L’Italia è infatti presente con la missione MISIN il cui obiettivo è il contrasto dei traffici illeciti nel Paese e, in sinergia con gli sforzi europei e statunitensi, la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento del controllo territoriale da parte delle autorità locali. Divenendo il fulcro delle attività internazionali il Niger si è trovato ad avere un supporto esclusivo. Niamey ha molte sfide a cui fare fronte dal punto di vista della sicurezza. Per quanto la giunta militare continui a giustificare il golpe attraverso la degradazione del contesto securitario, secondo i dati raccolti da ACLED tra il 2019 e il 2023 le forze armate hanno subito molte perdite tra le loro fila a causa degli scontri con Islamic State in the Greater Sahara, gli episodi di conflitto sono elevati, ma il livello della violenza sta diminuendo significativamente rispetto a quanto sta accadendo in Mali e Burkina Faso.[4]
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La muscolare reazione della CEDEAO
La CEDEAO ha lanciato un ultimatum domenica 2 agosto che scadrà il 6 agosto, paventando un intervento armato su suolo nigerino se non verrà ripristinato l’ordine costituzionale. Una risposta di solidarietà alla giunta di Tchiani è arrivata da Mali e Burkina Faso, i quali hanno dichiarato che qualsiasi atto contro il Niger sarà considerato come una dichiarazione di guerra ai due Paesi. Inoltre vengono condannate le dure sanzioni che sono state applicate al Niamey, ancora più aspre rispetto a quelle applicate a Mali e Burkina Faso e di cui quasi sicuramente chi ne risentirà di più sarà la popolazione locale.
Lo spettro di un intervento della CEDEAO non è da scartare, ma è da comprenderne i contorni. L’organizzazione presieduta dal presidente nigeriano Bola Ahmed Tinubu ha da un anno a questa parte fatto una sua priorità la lotta contro i colpi di stato ma senza risultati concreti. L’organizzazione aveva infatti previsto la creazione di una forza per permettere un’azione rapida in caso di tentativo di presa di potere da parte di militari. La CEDEAO non ha mai stanziato delle truppe contro un golpe militare, l’operazione è fattibile? Dal punto di vista giuridico, il trattato dell’organizzazione stabilisce la non aggressione tra gli stati membri ma anche il mantenimento della pace, della sicurezza e della stabilità regionale per la promozione e il rafforzamento delle relazioni di buon vicinato. È su questo punto che la giunta accusa l’attitudine bellicosa dell’organizzazione e dei suoi vicini dato che la CEDEAO si riferisce al secondo punto per esigere la restaurazione dell’ordine costituzionale. L’organizzazione interverrebbe militarmente come ultima istanza. Secondo alcune ipotesi sarebbe l’esercito nigeriano, quarta potenza militare del continente, a poter intervenire. Ma è anche vero che la Nigeria non se la passa bene tra tumulti interni e il radicalismo islamico di Boko Haram. Anche il Chad potrebbe essere un candidato per la disponibilità di truppe ma dovrebbe comunque contare sulla cooperazione con altri eserciti dei Paesi membri. La CEDEAO potrebbe anche provare a ottenere il supporto delle forze nigerine leali al presidente Bazoum, anche se il capo di stato maggiore dell’esercito nigerino ha dichiarato il suo supporto al Conseil national de sauvegarde de la patrie (CNSP) creato dai golpisti.
Al momento una delegazione dell’organizzazione si trova nella capitale nigerina per portare avanti le mediazioni nella figura del nigeriano Abdulsalami Abubakar.
La diplomazia russa ha esortato al dialogo per giungere ad una soluzione, affermando che un intervento armato su uno stato sovrano andrebbe solo a peggiorare la situazione. Ha inoltre richiesto la liberazione del presidente, non condannando però il golpe. Prigojine ha invece salutato il colpo di mano come la liberazione del popolo nigerino nei confronti dell’ex colonia.
Di comune concerto Unione Europea, Francia e Stati Uniti hanno richiesto la liberazione del presidente e la restaurazione dell’ordine costituzionale.
Il Generale Tchiani ha inviato una delegazione in Mali e Burkina Faso, ma non si conoscono ancora le motivazioni e gli eventuali accordi presi, sebbene si possano avanzare ipotesi su possibili accordi militari. Ciò che sta accadendo non risulta ancora chiaro e gli eventi si stanno susseguendo rapidamente. Dovremo attendere la scadenza dell’ultimatum per scoprire se ci sarà o meno una risposta militare da parte della CEDEAO o se in qualche modo la diplomazia riuscirà a stabilizzare la situazione.
Note
[1]https://www.jeuneafrique.com/1470284/politique/dix-choses-a-savoir-sur-le-general-tiani-le-putschiste-qui-tient-mohamed-bazoum-en-otage/
[2] https://euratom-supply.ec.europa.eu/activities/market-observatory_en
[3] https://www.reuters.com/world/europe/eu-sees-no-immediate-risks-if-niger-cuts-uranium-supplies-2023-08-01/
[4] https://acleddata.com/2023/08/03/fact-sheet-military-coup-in-niger/
Foto copertina: Niger, l’ultimo baluardo occidentale rischia di cadere