“Terra bruciata”: il podcast sull’America Latina che mette in discussione l’etica dei nostri consumi sostenibili


Intervista ad Elena Basso, giornalista esperta in America Latina, scrittrice ed autrice del podcast “Terra bruciata”.


Buenos Aires. Ho incontrato Elena Basso un pomeriggio a Buenos Aires a pochi giorni dall’ascolto del suo podcast “Terra Bruciata”. Si tratta di un vero e proprio audio-documentario incentrato sulle dinamiche di produzione di merci e risorse che sono divenute il simbolo, in Occidente, di uno stile di vita green, sostenibile, healthy.  
La reporter italiana ha viaggiato tra Cile, Perù ed Argentina per raccontarci di come prodotti come l’avocado, la quinoa, il salmone, l’ayahuasca, il litio, che alimentano scelte di consumo apparentemente innocue e responsabili, quali la dieta vegetariana o l’acquisto di un’auto elettrica, stiano devastando il Sud del mondo e l’America Latina.
Lo ha fatto riuscendo a tenere insieme la dimensione internazionale delle grandi trasformazioni sociali ed economiche di questo tempo con quella del quotidiano nei centri e nelle periferie del mondo. Ne risultano immagini vivide capaci di illustrare le ricadute che le scelte di ogni giorno prodottesi in Occidente hanno sull’alterazione della normalità presso intere popolazioni dell’America Latina.  Ha lavorato incontrando studiosi, esponenti delle comunità ed attivisti, persone comuni divenute veri e propri target per le multinazionali che muovono le logiche dell’estrattivismo nella regione.
Di seguito, la nostra chiacchierata.

Una ragazza o un ragazzo occidentale, mediamente curioso ed attento ai problemi del mondo parcheggia la sua nuova auto elettrica, comprata anche grazie agli incentivi messi a disposizione dal governo. Entra in casa, prepara un toast all’avocado e si piazza davanti al computer, cellulare alla mano, per organizzare il suo viaggio zaino in spalla per il Sud America, ipotizziamo per premiarsi dopo un anno di lavoro o come regalo della laurea, ed andare a scoprire un popolo, come quello cileno, di cui ha sentito parlare per la storia delle sue lotte, l’esperienza della Unidad Popular, Allende… In quante contraddizioni inciampa?
Tantissime. Purtroppo una persona si comporta così per non pesare sul pianeta ed essere il più responsabile possibile. Il problema è che non si rende conto che anche questo tipo di scelte corrispondano a consumi e la grande menzogna è che questi consumi possano essere ecologici. Potrebbero esserlo, senonché, nel momento in cui diventano di massa, cominciano a ricadere nelle stesse logiche di guadagno. Estrarre il litio (per produrre le batterie delle auto elettriche) in una maniera responsabile dovrebbe significare aiutare l’ambiente? Allora dovrebbe aiutare tutto l’ambiente, non solo quello selezionato delle città europee o statunitensi. Attualmente, invece, per cercare di estrarne di più a un costo più basso possibile, in un tempo limitato, si sta devastando il Sud del mondo. Purtroppo questo riguarda la quinoa, l’avocado, il litio… ma anche l’uso delle droghe, come l’ayahuasca, per sentirsi più vicini alla natura. In realtà fa dei danni incredibili perché, così ricavata, risponde alle stesse dinamiche di estrattivismo e di colonizzazione di sempre.

La dieta vegetariana è una scelta etica abbracciata da un certo numero di persone comprensibilmente inorridite dai metodi di produzione di cibi di derivazione animale. Nel tuo podcast spieghi come la produzione intensiva dell’avocado stia trasformando radicalmente la vita quotidiana in località cilene come Petorca, prosciugata dai quantitativi di acqua necessari ad alimentare questo business. Come la scelta apparentemente healthy di preparare un toast all’avocado riesce ad impattare sulla la vita quotidiana degli abitanti di Petorca?
Andare a Petorca è assolutamente impressionante. In Cile, come accade anche in Italia, spesso ai bordi delle strade si incontrano contadini che vendono i loro prodotti a prezzi assai più bassi di quelli dei supermercati, nonostante la qualità migliore delle merci. Quando sono arrivata a Petorca, non ho visto un singolo contadino farlo.

In tutta quella provincia, storicamente rurale, essere contadini è impossibile a causa della produzione intensiva e massiva di avocado e del consumo di acqua ad essa legato. In quell’area, dove la siccità è un fenomeno frequente, può essere un problema. Tuttavia, se si producesse avocado solo per i cileni, sarebbe comunque sostenibile. Il problema è che tutto quell’avocado va in Europa. L’avocado dei supermercati di Petorca arriva dal Perù. È allucinante.
Inoltre, ormai è tutto totalmente secco. Io ci sono stata durante la scrittura della nuova Costituzione si proponeva di rendere l’acqua finalmente pubblica. Sul letto del fiume, ormai totalmente secco, i cittadini avevano scritto coi sassolini «Apruebo». La scritta è rimasta lì nonostante il rifiuto del progetto costituzionale. Altra cosa impressionante è il numero di persone che si sono suicidate perché non potevano più vivere la vita a cui erano abituati. Gli attivisti che si battono contro le multinazionali che sfruttano il terreno con le coltivazioni intensive di avocado sono minacciati di morte tutto il tempo, perché queste multinazionali sono di proprietà di alcune delle famiglie più potenti dell’America Latina. Ci mettono un attimo a decidere di far sparire qualcuno, privato cittadino, che ha deciso di intraprendere la lotta.
Impressionante è il caso di Veronica Vilches, una di queste attiviste: quando passava in auto, la guardavano tutti. I conducenti di camion che portano l’acqua in quelle zone (per supplire all’ormai cronica mancanza della stessa) si telefonavano tra di loro per avvertire che Veronica era di nuovo con delle giornaliste. Sui muri c’erano scritte contro di lei: “Veronica Vilches consuma la nostra acqua per coltivare gli avocado”. Tale è il clima di impunità da rivolgere all’attivista un’accusa che capovolge le responsabilità della lotta di cui si occupa. Per un italiano o uno spagnolo, mangiare un avocado è una scelta di cui può far benissimo a meno. Non si ha la cognizione di cosa comporti da questa parte del mondo.

Terra bruciata - Il lato oscuro del benessere
Terra bruciata – Il lato oscuro del benessere

Il governo Boric si è detto disposto ad intervenire in programmi di redistribuzione dell’acqua e ad inserire il diritto all’acqua nel catalogo dei diritti fondamentali nel suo progetto costituzionale. Sappiamo come è andato a finire il progetto. Come si spiega la mancanza di intervento del governo in località come Petorca? Quali sono gli ostacoli che incontra e come prova, se lo fa, a limitare i danni dello lo sfruttamento dei territori per la produzione di avocado?
Il Cile è un paese strano. Nessun governo, in Cile, si metterà mai contro le grandi industrie. Anche se il governo di Boric è un governo progressista ed è molto applaudito a livello internazionale, in realtà, mette toppe. Non si concentra sul regolare le multinazionali o sussidiare i contadini, aiutarli in qualche modo. In sostanza, pagano un’altra impresa privata affinché porti l’acqua e la distribuisca con camion ai cittadini: milioni di dollari che pesano sullo Stato. Lo Stato dopo la dittatura di Pinochet è rimasto totalmente legato a questi interessi dominanti. Purtroppo, non posso dire che stiano facendo molto.

C’è poi l’episodio sul litio, davvero illuminante perché porta tutte queste contraddizioni tra consumi occidentali e consumi nella periferia del mondo sul piano della sfida ad un modello industriale in ascesa inarrestabile, intorno alle cui dinamiche si giocano gli interessi strategici cinesi, statunitensi, europei: quello delle auto elettriche. Ne hai parlato con un certo numero di esperti ed attivisti. Puoi spiegarci, dalle tue impressioni e riflessioni, che senso ha per un cittadino cileno l’etica green del passaggio all’auto elettrica?
Non ha nessun senso per un cileno. Il litio è una delle questioni a cui tengono di più giustamente perché, con lo scopo di garantire l’illusione di un ambiente più pulito a Berlino, a Roma, a Washington, stanno distruggendo ecosistemi e province intere. È impressionante vedere come stiano riducendo il deserto di Atacama, uno dei posti più belli del mondo.
La prima volta che ci sono arrivata ho trovato le bandiere nere issate da tutte le popolazioni che vivono lì consapevoli che, se continueranno ad estrarre il litio, nel giro di dieci anni dovranno andarsene perché non ci sarà più neanche una goccia d’acqua.
È di una tristezza infinita. Quando guardi i salares come quelli da cui estraggono il litio, stai guardando dei laghi azzurrissimi, conche d’acqua splendide, che sembrano laghi, abitate da fenicotteri… Posti da favola. Poi sposti lo sguardo su quello accanto e ci vedi tutti i macchinari impiantati per l’estrazione del litio e quello è completamente vuoto. Non puoi andarci, non esiste più. Ed è una cosa che fa veramente male.
Anche perché quest’industria si fonda su una menzogna: tutte le automobili del mondo non potranno mai essere rimpiazzate dall’elettrico. Siamo consapevoli che non si possa andare avanti coi modelli di auto attuali ma se per compiere questa transizione si continuano a saccheggiare dei luoghi meravigliosi, distruggendoli, cacciando le popolazioni locali dalla loro terra, come può essere una soluzione giusta?

Quali sono le risorse oggetto degli altri episodi dopo i primi e in quali paesi sono ambientati?
Il salmone in Patagonia, la quinoa nelle Ande peruviane e l’ayahuasca in Perù. Ho scelto soprattutto il Cile e il Perù perché sono gli Stati in cui le politiche neoliberiste hanno spadroneggiato negli ultimi anni. Purtroppo, anche l’Argentina potrebbe cominciare a prestarsi fra non molto a queste logiche.

Ha raccontato anche le storie di attivisti che conducono lotte lunghe una vita sfidando interessi enormi, sfidando pericoli e morte.  Non voglio anticipare nulla, ma chiederti: Se esista qualche forma di coordinazione fra loro, a livello regionale magari e poi come sono rappresentate nei parlamenti, che tipo di rapporti hanno con i partiti?
La coordinazione purtroppo non c’è. Spesso si tratta di persone lasciate sole. Completamente sole. Non sono neanche molto aiutate dalle grosse ONG, perché queste tendono a non fidarsi degli attivisti. Si tratta di persone che semplicemente sanno che sta accadendo qualcosa di sbagliato e, pur essendo così isolate, cominciano ad opporsi. Non hanno avuto accesso ad elevati livelli di istruzione, in genere, e non godono di grossi agganci. Lo fanno perché vedono che quel che hanno davanti li sta distruggendo. Reagiscono. Sembra un cliché, ma i popoli originari hanno un rapporto con la natura molto stretto ed i saperi che hanno sviluppato nell’ambito di questo legame sono antichissimi. Hanno subito inoltre una colonizzazione, quindi conoscono queste violenze: lottano da centinaia di anni.

Purtroppo le loro lotte arrivano al potere solo coi governi progressisti. Negli ultimi anni, in America Latina, alcune di queste battaglie hanno raggiunto i centri del potere, però dovrebbero fare molto di più. Il problema è che se sei un contadino e sei un capo di un popolo originario e ti metti contro una multinazionale che ha miliardi da spendere con facilità, godendo degli agganci giusti, possono farti sparire da un momento all’altro. In Cile, un’attivista è appena stata fatta sparire. La notizia non è su nessun giornale. 

Individuare e tracciare gli interessi in ballo intorno allo sfruttamento di risorse in America Latina ti ha fatto attraversare Paesi ed incontrare un numero di interlocutori notevoli in contesti che stanno subendo grosse trasformazioni. Come si declineranno questi interessi rispetto alla svolta a destra in Argentina?
Le multinazionali sono sempre entusiaste quando arriva un governo di destra in America Latina. Questi territori hanno risorse immense, come il litio. Storicamente, c’è sempre stata una grossa differenza tra l’Argentina e il Cile per l’estrazione proprio del litio. Boric, a capo di un governo progressista che ha annunciato una grossa politica di nazionalizzazione del litio, ha fatto un accordo con le grandi industrie del Paese, fra cui una gestita dal nipote di Pinochet. Questo approccio ha suscitato ancora più interesse nella caccia al litio. È stata controproducente. Il Cile adesso è il primo Paese per l’estrazione, perché lì i popoli originari non godono di protezione. In Argentina, il processo è stato molto più lento, proprio perché qui c’è stato, negli ultimi decenni, uno Stato con un welfare ed un’attenzione ai cittadini molto più stringente. Fino al governo di Milei, questo tipo di sfruttamento era frenato da tali politiche, oltre che dalla mobilitazione della gente, registrata per esempio a Salta. Invece adesso è cambiato tutto, sono arrivati grossi investimenti da parte di industrie automobilistiche per andarsi a prendere il litio dalle Ande argentine.

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Sulla base della stessa prospettiva, la “sinistra” erede del ciclo progressista latinoamericano si dimostra all’altezza di queste lotte? Quali sono i suoi limiti e quali le sue possibilità?
Dipende. Sicuramente fanno meglio dei governi di destra, però oggettivamente le forze contro cui combattere sono enormi. Persone in grado, in più, di comprare milioni di voti. Mettersi contro di loro è un grosso rischio. In sintesi, per queste lotte è sempre meglio avere un governo di sinistra, ma non è detto che questo riesca ad essere efficace.

È possibile un’etica dei consumi universale, valida tra centri e periferie?
Secondo me esiste questa possibilità. Ogni persona dovrebbe essere molto più responsabile. Non possiamo pensare che le grandi industrie o le grandi multinazionali possano essere etiche, ma sì possiamo immaginare uno scenario in cui i consumatori siano sempre più informati ed in grado capire sempre di più quello che provocano le loro scelte. In questo senso, sì.


Foto copertina: 16 marzo 2015/OVALLE Vista degli effetti della siccità sul bacino idrico di La Paloma, situato a sud-est della città di Ovalle, nel comune di Monte Patria, provincia di Limarí. Attualmente la sua capacità di 748 milioni di metri cubi sta raggiungendo livelli di deficit storici. CRISTOBAL ESCOBAR/AGENCIAUNO