Il deserto di Atacama: la discarica del fast fashion


Pensando alle industrie più inquinanti, si fa spesso riferimento all’industria pesante, dell’energia, dei trasporti e persino della produzione di cibo, ma mai all’industria della moda. Invece è proprio quest’ultima che rappresenta la seconda attività più inquinante al mondo. Il deserto di Atacama è la più grande discarica del fast fashion in Sud America


Ci vogliono, infatti, circa 7.500 litri di acqua per fare un singolo paio di jeans, equivalente alla quantità di acqua in media che una persona beve in un periodo di sette anni. Ciò, dimostra che il costo per essere alla moda è ben diverso dal semplice cartellino del prezzo[1].
Si stima che, ogni anno nel mondo, vengano generati 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2019, la produzione globale di indumenti è raddoppiata tra il 2000 e il 2014, e l’industria tessile è responsabile del 20% dei rifiuti idrici totali del mondo[2].
Gli attori del settore della moda hanno un ruolo critico da svolgere nel raggiungere degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) stabiliti dall’ONU. L’industria della moda è un’industria globale da 2,4 trilioni di dollari che impiega circa 300 milioni di persone lungo la catena di approvvigionamento e si prevede che questa continuerà ad espandersi negli anni a venire.
Date le sue dimensioni e la sua portata globale, le pratiche non sostenibili nel settore della moda hanno un impatto importante sugli indicatori di sviluppo sociale e ambientale. Senza un cambiamento notevole nei processi di produzione e nei modelli di consumo della moda, i costi sociali e ambientali del settore continueranno ad aumentare[3].

Cosa sta accadendo nel deserto di Atacama

La sovraproduzione rimane quindi un problema rilevante, causando la formazione di migliaia di cumuli di rifiuti, tra cui abiti, scartati in tutto il mondo. Il più grande di questi è il Great Pacific Garbage Patch, un’isola delle dimensioni della Francia che galleggia nell’Oceano Pacifico.
Un’altra zona invece altrettanto importante per quantità di vestiti scartati ma non molto conosciuta, è il deserto di Atacama in Cile diventata la più grande discarica del fast fashion del Sud America.
Il Cile è infatti diventato una discarica a cielo aperto di vestiti usati o invenduti, prodotti in Cina o Bangladesh e provenienti dall’Europa, Asia e Stati Uniti. Questi, infatti, vengono acquistati dal Cile in grandi quantità a prezzi estremamente vantaggiosi e approdano al porto di Iquique, zona franca, per poi essere venduti in tutto il Sud America[4].
Alcuni capi vengono acquistati dai commercianti di abbigliamento della capitale Santiago, 1.800 km a sud di Iquique, mentre molti altri vengono contrabbandati in altri paesi dell’America Latina. Le discariche comunali non accettano i tessuti a causa dei prodotti chimici in essi contenuti e quindi almeno 39.000 tonnellate che non possono essere vendute finiscono nelle discariche del deserto. È proprio qui che le persone più povere della regione del deserto di Atacama, con una popolazione di 300.000 abitanti, rovistano nelle discariche per trovare i vestiti di cui hanno bisogno o che possono vendere nel loro quartiere[5].
Il sindaco di Alto Hospicio (città in cui si trova parte del deserto di Atacama) afferma che solo il 15% di tutti i capi importati viene realmente venduto come vestiti di seconda mano, mentre il restante 85% finisce nelle discariche clandestine[6].
Infatti, l’abbigliamento, sintetico o trattato con sostanze chimiche, può impiegare 200 anni per biodegradarsi ed è tossico come gli pneumatici scartati o le materie plastiche[7]. Anni fa, l’abbigliamento importato era costituito principalmente da materiali naturali come il cotone, adesso invece predomina il poliestere, un polimero sintetico, il cui periodo di degradazione è di molti anni maggiore rispetto al cotone[8].
Secondo le autorità locali, questa discarica sarebbe illegale, dato che gli agenti chimici utilizzati per la produzione di abbigliamento del fast fashion non sono biodegradabili e contribuiscono ad inquinare il sottosuolo e le sorgenti acquifere[9]. L’enorme distesa di vestiti rappresenta una minaccia all’unicità della biodiversità del deserto di Atacama e alla salute delle popolazioni che abitano in quei territori e che quindi respirano direttamente i gas provenienti dalle sostanze tossiche con cui sono prodotti gli abiti.
Una nuova legge cilena ritiene gli importatori di queste grandi quantità di abbigliamento responsabili dello smaltimento dei rifiuti tessili. In teoria questa legge rappresenterebbe una soluzione alla crisi ambientale, il problema è che non ci sono abbastanza risorse per controllare il trasporto illegale di vestiti alle discariche clandestine e quindi un monitoraggio serrato risulta complesso[10].


Potrebbe interessarti:


Note

[1] https://news.un.org/en/story/2019/03/1035161
[2] https://www.dw.com/en/chile-mountains-of-discarded-clothes-in-the-atacama-desert/g-59855356
[3] https://unfashionalliance.org/
[4] https://www.dw.com/en/chile-mountains-of-discarded-clothes-in-the-atacama-desert/g-59855356
[5] https://www.dw.com/en/fast-fashion-on-one-way-trip-to-atacama-desert-dump/av-60133560
[6] https://www.youtube.com/watch?v=uyHgY2O__fY&ab_channel=BBCNews
[7] https://www.aljazeera.com/gallery/2021/11/8/chiles-desert-dumping-ground-for-fast-fashion-leftovers#:~:text=Clothing%2C%20either%20synthetic%20or%20treated,discarded%20tyres%20or%20plastic%20materials.&text=The%20process%20uses%20neither%20water,being%20generated%2C%E2%80%9D%20she%20said.
[8] https://www.youtube.com/watch?v=uyHgY2O__fY&ab_channel=BBCNews
[9] https://www.dw.com/en/fast-fashion-on-one-way-trip-to-atacama-desert-dump/av-60133560
[10] https://www.youtube.com/watch?v=uyHgY2O__fY&ab_channel=BBCNews


Foto copertina: Un migrante venezuelano cerca vestiti per lei e i suoi figli in una discarica nella zona di Alto Hospicio, alla periferia di Iquique, in Cile, il 26 settembre 2021. (MARTIN BERNETTI/Getty)