Lo spazio di difesa euro-atlantico si trasforma
A cura di Daniele Ferraguti
La strada verso l’entrata di Finlandia e Svezia nell’Alleanza Atlantica sembra essere sempre più in discesa, anche in seguito alla ratifica dell’adesione da parte del Presidente Joe Biden. Per completare l’iter di adesione mancano ancora le ratifiche di sette Paesi, con la Turchia che rappresenta sicuramente il Paese più ostico. Dopo l’accordo raggiunto[1] al summit NATO di Madrid, però, Ankara non dovrebbe opporre resistenza ai due Paesi scandinavi.
Le due reclute potrebbero cambiare nettamente il concetto di difesa europeo, spingendo a rivedere le priorità strategiche e geografiche dell’Alleanza nel breve e nel medio termine.
Le dotazioni militari finlandesi
Il budget della difesa finlandese è in crescita, pari all’1,9% del PIL con una previsione del 2,2% al 2023, per una spesa di circa 790 milioni di euro.[2] L’aviazione finlandese conta su un personale di sole 2.000 unità, compensata da una buona flotta di velivoli da combattimento composta da 62 F/A-18 Hornet – dei caccia multiruolo acquistati dagli Stati Uniti.
Gli equipaggiamenti aerei saranno gradualmente sostituti da 64 F-35 A, in consegna a partire dal 2025 e con una piena capacità operativa stimata al 2030.[3]
Questo obiettivo è inserito in un generale ammodernamento e revisione da parte della Finlandia delle proprie forze armate, volto ad incrementare capacità di situational awareness richieste dall’Alleanza Atlantica. Tale dinamismo riguarderà anche i reparti terrestri, con un aggiornamento operativo dei MBT (Main Battle Tank) che si concluderà nel 2026.[4]
La Marina finnica – a vocazione litoranea, con compiti di salvaguardia delle acque territoriali – verrà aggiornata, allo scopo di avere dotazioni navali in grado di espletare i compiti richiesti, quali il pattugliamento d’altura, la difesa antiaerea, la posa di mine e la caccia ai sommergibili.[5]
Le dotazioni militari svedesi
Anche il governo svedese ha virato verso un incremento del proprio budget per la difesa, passando dall’1,5 al 2% del PIL, orientandosi concretamente verso i nuovi impegni che si accinge ad assumere con la richiesta di adesione alla NATO.
Già alla guida del gruppo tattico nordico dell’UE e partecipanti per due volte a esercitazioni NATO, le forze armate svedesi si presentano come un buon provider nell’aerea baltica, contribuendo con ottime capacità tecnologiche derivanti dagli elicotteri Skeldar (velivoli UAV ad ampia versatilità), i sottomarini stealth Gotland e dai caccia multiruolo Gripen Jas 39E della Saab – progettati per la guerra elettronica e in grado di sostenere velocità supersoniche.[6]
Inoltre, entrambi i Paesi hanno partecipato al Plannig and Review Process (PARP), una iniziativa biennale della NATO diretta ai Paesi partner non membri, volta a creare una cooperazione sia per la stabilità e la sicurezza, sia per l’addestramento militare. Tale fattore contribuisce, per Finlandia e Svezia, ad avere tutte le carte in regola per poter partecipare attivamente alla vita operativa della NATO. Dalla loro parte vantano un’innovazione tecnologica avanzata, propedeutica al processo di aggiornamento e di standardizzazione dei sistemi NATO. Inoltre, la morfologia territoriale e la storica preoccupazione russa, hanno permesso loro di maturare expertise operative in ambienti ghiacciati, ostici e poco praticabili. Queste potrebbero essere delle caratteristiche cruciali e fattori di ulteriore sviluppo all’interno dell’Alleanza, storicamente più continentale e ben poco artica.
Le linee in comune nel rapporto con la NATO
Dal punto di vista militare, Finlandia e Svezia hanno optato per un costante decremento delle spese per la difesa dalla fine della Guerra Fredda, facendo affidamento ad una percezione di sicurezza maggiore all’interno del nostro continente. D’altra parte, ciò ha portato ad una condizione di vulnerabilità una volta caduto il falso mito della fine della guerra in Europa.
Finlandia e Svezia, pur partendo da una politica estera di non allineamento, hanno intensificato la collaborazione con la NATO a partire dalla fine della Guerra Fredda fino ad oggi. Entrambi i Paesi hanno partecipato alla Partnership for Peace dell’Alleanza fin dall’inizio, nel 1994. Hanno, inoltre, preso parte alle missioni di peace keeping nei Balcani e in Afghanistan.
La Finlandia, nella missione KFOR in Kosovo, ha presenziato come framework nation, il grado più alto per un Paese non membro, incaricata di implementare la cooperazione internazionale, l’interoperabilità delle forze e potenziare lo sviluppo capacitivo condiviso.
D’altra parte, la Svezia è stato l’unico Paese europeo non membro a guidare un Provincial Reconstruction Team (PRT) durante la missione ISAF[7], volta a sostenere la ricostruzione e la stabilità sociopolitica dell’Afghanistan.
I consolidati rapporti militari e politici con i vertici della NATO, lasciano intuire che l’entrata di Finlandia e Svezia possa essere la più rapida della storia dell’Alleanza. La procedura burocratica si prospetta rapida grazie all’accordo turco-finnico e al generale consenso positivo trapelato dai Paesi membri. Anche l’integrazione militare è già parzialmente sviluppata e sarà resa più efficiente grazie alla qualità di know-how tecnologico dei comparti militari dei due Paesi scandinavi.
Priorità nazionali e divergenze
Dal punto di vista politico, l’elevato progressismo di queste due fiorenti democrazie ha rappresentato un inesorabile avvicinamento valoriale al cuore dell’Europa. L’adesione alla NATO permette a Finlandia e Svezia di far parte del più potente ombrello di sicurezza collettiva della storia, risolvendo immediatamente il problema legato alla perdita di capacità di deterrenza e, dall’altro, permette loro di accedere ad un sistema di valori condivisi e facenti già parte delle rispettive visioni politiche e programmatiche nazionali. D’altra parte, non mancano punti di divergenza tra i due Paesi, legati alla propria storica postura in politica estera e all’espressione delle rispettive opinioni pubbliche interne.
La Svezia vanta una neutralità militare ben più lunga, sostenuta dopo la fine delle guerre napoleoniche nel 1815 e proseguita durante le due guerre mondiali. Parziale eccezione avvenne nel 1941, quando la Svezia permise il transito delle truppe tedesche sul proprio territorio in funzione antisovietica, ritenuta la minaccia principale.
La neutralità finlandese risale al 1948, quando la firma del Trattato di amicizia con l’URSS sancì la non adesione al blocco atlantico, permettendo alla Finlandia di non cedere nemmeno alla sfera sovietica.
Inoltre, l’opinione pubblica dei rispettivi Paesi ha mostrato un andamento diverso nell’ultimo lustro, con gli eventi dello scorso febbraio che hanno cambiato radicalmente gli scenari.
Nel 2017 gli svedesi contrari ad un eventuale ingresso nella NATO erano il 43%, contro il 32% dei cittadini favorevoli. Nel 2022 i contrari sono scesi al 21%, mentre i sostenitori all’adesione sono cresciuti al 57%.
L’opinione pubblica finlandese, invece, ha virato verso una vera e propria inversione di rotta. Sempre nel 2017 i contrari erano il 53%, contro un esiguo 19% dei favorevoli. Nel 2022 il numero dei favorevoli è schizzato al 76%, con i contrari rimasti al 12% della popolazione[8].
Questo è spiegabile secondo una prospettiva prettamente geo-strategica. La Finlandia condivide un confine con la Russia che si estende per 1.340 km, facendo percepire una minaccia molto più incombente. Inoltre, la Guerra d’Inverno combattuta nel 1939-40 in cui la Finlandia perse circa il 10% del suo territorio, rimane l’ingerenza russa (in quel caso sovietica) più importante della storia del Paese.
Implicazioni e trasformazioni della difesa atlantica
Tuttavia, con l’allargamento dell’Alleanza un’altra questione da valutare è quella relativa all’incremento delle diverse priorità, poiché l’ingresso di Finlandia e Svezia evidenzierebbe la crucialità e la criticità del noto Articolo 5 del Trattato nordatlantico, il quale cita che “le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa […] sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti”.
La disomogeneità dei singoli interessi securitari dei Paesi membri è un possibile catalizzatore della perdita di coesione militare nei rispettivi quadranti geografici, aventi esigenze e minacce diversificate. In questi scenari, ad essere testata potrebbe essere l’effettiva readiness operativa, mutabile al variare dell’impellenza e del contesto geopolitico.
Se da un lato, Finlandia e Svezia incrementerebbero la proiezione strategica della NATO, dall’altro renderebbero maggiormente precaria la clausola di difesa collettiva. L’aumento di precarietà non deriverebbe tanto da potenziali attacchi convenzionali da parte russa – in questa fase scongiurabili dato l’impegno bellico in atto in Ucraina – quanto da minacce ibride e da possibili tattiche di cyborg warfare, di cui anche la Bielorussia potrebbe essere protagonista.
Un esempio di tale rischio è il noto attacco cibernetico avvenuto nel 2007 ai danni dell’Estonia. L’operazione – di matrice russa – isolò il Paese dal resto del mondo, segnando uno spartiacque nella prevenzione delle criticità informatiche da parte della NATO.
In questo settore, tuttavia, Helsinki mostra una prontezza operativa importante, ospitando il Centro di eccellenza per il contrasto alle minacce ibride, nato da una cooperazione multilaterale di UE e NATO[9]. Proprio Svezia e Finlandia nello scorso aprile hanno partecipato a “Locked Shields 2022”, la più grande esercitazione di cyber defense organizzata dalla NATO, tenutasi a Tallinn. Lo scopo era testare la protezione delle infrastrutture critiche e dei dati sensibili, oltre alla tempestività nel rispondere a violenti attacchi informatici.
La dimensione cyber ha acquisito un ruolo centrale all’interno dell’ultimo Concetto Strategico della NATO, in cui viene esplicitamente fatto riferimento al punto 25[10]. I vertici dell’Alleanza in tal modo affermano che un uso singolo o cumulato di attacchi cibernetici e di operazioni ostili che provengano dalla dimensione spaziale, possono portare ad essere considerati attacchi armati, attivando la clausola posta dall’Art.5.
Eventuali conseguenze di questo tipo si celano dietro i toni ammonitori di Putin e del viceministro degli Esteri russo Ryabkov, i quali hanno dichiarato che Mosca dovrà dare una risposta alle ambizioni di influenza globale della NATO, reagendo all’espansione delle infrastrutture nella Scandinavia.
In un momento storico in cui la guerra convenzionale spesso è troppo rischiosa e costosa, le tensioni potrebbero riversarsi nella cosiddetta “grey zone”, una modalità di interdizione ibrida spesso utilizzata dagli attori dotati di capacità operative e militari inferiori rispetto all’avversario.
Prospettive strategiche
Altro focus riguarda il mar Baltico, nel quale si affaccia l’exclave russa di Kaliningrad. Verosimilmente, questo spazio marittimo è candidato ad essere presidiato sempre più dai Paesi alleati, strozzando le manovre russe di uscita, in un territorio circondato anche per via terrestre. Qualora tale ipotesi dovesse realizzarsi, il Baltico potrebbe rappresentare un “lago interno” dell’Alleanza, in cui si potrebbe assistere a forti tensioni per l’ottenimento di un maggiore sea control, ad oggi fortemente disputato dalle mire russe. La Russia, per contro, potrebbe optare per una massiccia militarizzazione di Kaliningrad, la quale rimane un problema per la NATO. Un altro punto critico è legato al corridoio strategico di Suwalki, un lembo di terra controllato dalla Russia, che divide il confine tra Polonia e Lituania e che collega l’exclave russa alla Bielorussia. Tale corridoio è funzionale a “spaccare” le forze atlantiche, isolando per via terrestre la Polonia dalle Repubbliche baltiche, segnando un possibile fronte di combattimento in caso di conflitto.
Inoltre, uno scenario ipotizzabile è quello in cui l’Alleanza non sfrutti i territori scandinavi per una classica militarizzazione confinaria – alla quale corrisponderebbe molto probabilmente una reazione reciproca russa – bensì per renderli un centro di sviluppo e innovazione tecnologica di prima fascia, volto ad ottenere una superiorità informativa di estremo rilievo. In tale ipotesi, Finlandia e Svezia potrebbero contribuire a far crescere la capacità della NATO nel fronteggiare minacce asimmetriche e nel contendere il disputato dominio spaziale, posto tra i main points nel nuovo Concetto Strategico pubblicato recentemente.
Note
[1] Per approfondire le specificità dell’accordo si veda: ISPI, Vertice NATO: il baratto, Daily focus, 29 giungo 2022.
[2]{Cfr. Ossa H. e Koivula T., What would Finland bring to the table for NATO?, in War on the rocks, 9 May 2022.}
[3]{Cfr. The Finnish Air Force, Long-Term Development Key to Sustained Air Defence Capability, disponibile al seguente link: Development of Finland’s Air Defense Capability – Ilmavoimat – The Finnish Air Force.}
[4]{Cfr. Zaffar H., Finnish Defense Forces to upgrade Leonard 2 Main Battle Tank Fleet, in The Defense Post, 10 December 2021.}
[5]{Cfr. The Finnish Navy, Finnish Navy, disponibile al seguente link: About us – Merivoimat – The Finnish Navy.}
[6]{Cfr. Russo F., La Svezia porta in dote alla NATO uno degli eserciti più avanzati al mondo, AGI, 2022.}
[7] {Cfr. Carati A., L’allargamento della NATO: prospettive sull’ingresso di Finlandia e Svezia, Osservatorio di Politica Internazionale, 2022.}
[8] {Cfr. I dati dei sondaggi sono in: (a cura della redazione) NATO: Aggiungi un posto a tavola (meglio due), ISPI, 12 maggio 2022.}
[9]{Cfr. Muti K., Svezia e Finlandia nella NATO: scacco sul Baltico ma non è tutto oro quel che luccica, Osservatorio ISPI-IAI sulla politica estera italiana, n.23, 2022.}
[10] {Cfr. NATO 2022 Strategic Concept, 29 June 2022.}
Foto copertina: NATO Secretary General Jens Stoltenberg during a joint news conference before a NATO foreign ministers meeting amid Russia’s invasion of Ukraine, at the Alliance’s headquarters in Brussels, Belgium, 04 March 2022. EPA/YVES HERMAN / POOL