I due paesi stanno riallacciando i rapporti diplomatici dopo una rottura durata quattro anni. Dopo più di un decennio di animosità, le visite di entrambi i ministri degli esteri e del presidente israeliano Isaac Herzog in Turchia hanno contribuito a ristabilire i legami diplomatici tra Ankara e Tel Aviv, evento ritenuto dai funzionari di entrambe le nazioni come un’importante svolta. Oltre ad aumentare la stabilità regionale, il miglioramento delle relazioni aiuterà a rafforzare i legami tra i due popoli e ad espandere gli scambi economici, commerciali e culturali.
Il 17 agosto 2022, Turchia e Israele hanno annunciato che avrebbero ristabilito i rapporti diplomatici, nominando nuovi ambasciatori e organizzando la visita altamente pubblicizzata del presidente israeliano Isaac Herzog ad Ankara. Questo è stato il primo viaggio di un capo di stato israeliano in Turchia dal 2007. A maggio di quest’anno anche il ministro degli esteri turco Mevlut Çavuşoğlu ha visitato Israele, il primo a farlo in quasi quindici anni.
La normalizzazione dei rapporti ha richiesto anni di lavoro, con il coinvolgimento di collegamenti diplomatici di alto livello e diplomazia di back-channel che ha compiuto progressi lenti e progressivi. Alla base di questa diplomazia c’è una storia di relazioni bilaterali che si è dimostrata tanto resiliente quanto fragile, e che ha visto alti e bassi.
La Turchia è stato il primo paese a maggioranza musulmana a riconoscere lo stato di Israele nel 1949. Da allora le relazioni bilaterali in materia di difesa, dell’intelligence e del commercio sono rimaste perlopiù costanti. Ma la situazione diplomatica si è deteriorata nel 2010, quando dieci civili turchi a bordo della Mavi Marmara sono stati uccisi durante un raid dei commando della marina israeliana perché accusata di violare il blocco militare di Gaza. Erdoğan ha risposto richiamando l’ambasciatore turco in Israele. La riconciliazione è avvenuta solo quando Israele ha chiesto scuse alla Turchia per l’incidente nel 2013 e si è attivata per il risarcimento alle famiglie delle vittime. Tuttavia nel 2017 le cose sono peggiorate. Erdoğan ha spesso difeso la causa palestinese e ha criticato aspramente il trattamento riservato ai palestinesi da Israele. Infatti, – dopo che le truppe israeliane hanno ucciso 60 palestinesi che stavano manifestando contro la decisione dell’ex- presidente statunitense Donald Trump di trasferire la loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme – , il presidente turco ha paragonato Israele alla Germania nazista e ha accusato gli israeliani di genocidio. In seguito ha chiesto il ritorno dei propri rappresentanti diplomatici e ordinato all’ambasciatore israeliano di lasciare il paese. Da allora la rappresentanza diplomatica è stata pressoché assente. Tuttavia, nell’ultimo anno, il governo turco si è mosso per normalizzare le relazioni con diversi attori regionali, tra cui Israele, Emirati Arabi Uniti, Egitto e persino Arabia Saudita. Ankara vuole mostrarsi come un partner affidabile e porre fine a quasi un decennio di isolamento internazionale. Dall’altra parte, Israele ha coltivato negli ultimi anni diverse relazioni diplomatiche in Medio Oriente grazie, in gran parte, agli Accordi di Abraham, rendendolo meno dipendente dalla Turchia come alleato strategico.
La Turchia potrebbe trarre grandi benefici da legami più stretti con Israele. Con un record di 8,4 miliardi di dollari nel commercio bilaterale lo scorso anno, la Turchia vede la possibilità di promuovere i propri interessi commerciali. Inoltre, intensificare il commercio bilaterale aiuterebbe ad alleviare l’inflazione che raggiunge quest’anno oltre il 70 per cento.
La Siria e la regione del Mediterraneo orientale hanno problemi di sicurezza, e in una regione in cui l’Iran rappresenta una minaccia, la Turchia potrebbe vedere Israele come un attore potente e Israele potrebbe individuare nella Turchia una potenziale forza alleata. Oltre ai vantaggi intrinseci della riconciliazione, un avvicinamento verso Israele, potrebbe ricostruire la fiducia degli Stati Uniti per Ankara.
Il riavvicinamento è stato possibile recentemente a partire dagli scontri che hanno avuto luogo nel Nagorno-Karabakh, dove Turchia e Israele si sono trovati a collaborare per sostenere il loro alleato in comune, l’Azerbaigian, fornendo l’equipaggiamento militare che Baku ha usato per respingere i soldati armeni.
Le autorità turche e israeliane hanno altresì affermato che uno dei motivi principali del ripristino del loro rapporto è la possibilità di inviare gas israeliano in Turchia attraverso un gasdotto nel Mediterraneo orientale.
Ma ciò che rappresenta un ostacolo per la stabilizzazione delle relazioni diplomatiche Turco-israeliane rimane comunque il sostegno della Turchia per la causa palestinese e il rapporto di Ankara con Hamas. La Turchia è da molti anni un forte sostenitore della causa palestinese. Negli anni ha rafforzato il suo sostegno all’OLP, riconoscendo lo Stato palestinese e sostenendone la creazione. Ankara ha sottolineato che, sebbene stia riprendendo i rapporti con Israele, non rinuncerà alla causa palestinese e sostiene che la normalizzazione dei rapporti potrebbe aiutare a risolvere il conflitto.
Tuttavia Hamas, il movimento di resistenza palestinese che controlla la Striscia di Gaza, è stato a lungo una questione particolarmente controversa tra Turchia e Israele. La Turchia non è d’accordo con la classificazione israeliana di Hamas come organizzazione terroristica. Israele ha dichiarato l’anno scorso che prima di iniziare i negoziati per la riconciliazione, vorrebbe vedere Ankara intraprendere qualche azione per contrastare la presenza di Hamas in Turchia. La Turchia ha rifiutato, tuttavia, continuando ad avere legami con l’organizzazione e ospitando alcuni dei suoi funzionari a Istanbul.
Secondo il governo israeliano l’atteggiamento della Turchia nei confronti di Hamas non cambierà e il continuo sostegno verso quest’ultimo renderà sempre più difficile il rapporto bilaterale tra queste due nazioni. I legami di Erdoğan con l’islamismo, la Turchia continuerà ad avere una certa animosità nei confronti di Israele finché sarà in carica.
Foto copertina: Haim Tzach / GPO)