Mutual Assured Destruction, uno dei concetti di impiego della dottrina nucleare di tutti i paesi dotati di grandi arsenali ma mai acronimo è stato più calzante.
Di Andrea Minervini e Hilina Belayeneh
«Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi».
Julius Robert Oppenheimer allo scoppio del primo ordigno nucleare, 1945[1].
M.A.D.?
Il rombo dei quattro motori ad elica di un B-29, un lampo di luce a mezz’aria, un immane rilascio di energia seguito da uno scoppio fragoroso che polverizzò le vite di circa 140mila anime. A questo evento, a pochi giorni di distanza, ne seguì uno analogo. Era il 1945, alle soglie della fine della Seconda guerra mondiale e le due città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, furono spazzate via dalla furia di un dio quanto mai terreno, siglando però la fine del conflitto più sanguinoso e devastante della storia contemporanea. Quel “fungo atomico”, forse l’immagine più inflazionata legata al nucleare in generale, portò l’impero giapponese a siglare la sua resa, cambiandolo per sempre, insieme al resto del mondo. Dopo soli 4 anni, poi, nell’agosto del 1949 vennero diffuse le immagini del primo ordigno nucleare funzionante dell’Unione Sovietica e questo pose un punto al “monopolio” statunitense su questa devastante e pericolosa nuova arma di distruzione di massa[2], gettando di fatto le basi di quella che sarebbe stata la Guerra fredda. Questi due eventi; il primo utilizzo delle armi atomiche e la diffusione di questa tecnologia (prima ai sovietici poi ad altri) caratterizzarono e caratterizzano tutt’oggi le dinamiche dello scacchiere internazionale. Spesso questo avviene tramite contorti e complessi paradigmi che oscillando tra due estremi ci hanno allo stesso tempo protetti e portati sull’orlo della distruzione totale. M.A.D. (acronimo inglese per Distruzione Mutua Assicurata) è ad oggi uno dei paradigmi fondamentali della dottrina militare nucleare mondiale ma la sua traduzione “pazzo” è particolarmente calzante. La corsa agli armamenti nucleari ha spinto le Nazioni in grado di produrle e gestirle (soprattutto Stati Uniti e Unione Sovietica, poi Federazione Russa) a potenziarle, creare nuovi vettori, testarli e usarle come minaccia di politica estera. In tutti questi casi abbiamo viaggiato sul filo del rasoio tra le possibilità di incidenti e di escalation ma paradossalmente sono proprio queste ultime che probabilmente hanno impedito altri conflitti di ampia scala come la Seconda guerra mondiale, che altrimenti avremmo vissuto. Ciononostante, diverse sono le occasioni e le situazioni in cui abbiamo corso un rischio, sia esso contenuto o come umanità tutta, unitamente ai rischi dello sviluppo tecnologico stesso. Ripercorrerli brevemente potrà essere utile a comprendere con maggiore chiarezza alcune retoriche che negli ultimi anni sembrano essere tornate in auge nel teatro internazionale, soprattutto ad opera di alcuni attori.
Deterrenza nucleare: una profezia che si autoavvera (?)
«La prima bomba atomica non ha solo distrutto Hiroshima, ha anche buttato all’aria le nostre idee politiche superate e anacronistiche. È più facile cambiare la natura del plutonio, che la natura della malvagità umana […]»[3] Albert Einstein
[4]
L’invasione russa dell’Ucraina ha rinvenuto la paura della guerra nucleare, non più una reliquia della Guerra Fredda, ma un rischio concreto. Forse si deve proprio a questo il successo del premio Oscar “Oppenheimer”, oppure della fortunata serie tv “Fallout” dalla saga di videogiochi ambientati in un mondo post apocalittico. Mutazioni genetiche, radiazioni e funghi atomici colpiscono facilmente la sensibilità degli spettatori del 2024 tanto che, negli ultimi due anni, si è registrato un incremento del mercato dei rifugi antiatomici. Potrebbe davvero un rifugio antiatomico garantire la sopravvivenza a un olocausto nucleare? Ancora più importante, in un mondo in cui il numero e l’entità degli arsenali nucleari è sempre più vasto, come siamo riusciti ad evitare una guerra nucleare? La risposta fino ad oggi è la stessa della cold war: deterrenza, l’arte di instillare nel nemico il terrore di attaccare[5].
Origini della deterrenza nucleare
Alle origini dell’Era atomica il monopolio della bomba era a stelle e strisce, la dottrina nucleare vincente era quella della Rappresaglia massiccia, dal momento che nessun’altra potenza avrebbe potuto competere contro Washington; la Seconda Guerra Mondiale termina con i fatti drammatici di Hiroshima e Nagasaki in cui gli Usa non solo ha voluto portare il Giappone alla resa, ma hanno anche voluto mostrare i muscoli all’Unione Sovietica. Da questo momento in poi inizia la vera corsa al nucleare, che porta alla proliferazione degli arsenali mondiali e all’elaborazione dell’equilibrio del terrore che ha caratterizzato tutta la Guerra Fredda, senza mancare di mostrare i suoi evidenti limiti. Dopo che l’Urss riuscì a detonare il suo primo ordigno atomico nel 1949 a Semipalatinsk (oggi in Kazakistan), la corsa al nucleare non si è arrestata, anzi, ha contagiato anche altri attori globali plasmando profondamente le strategie militari mondiali[6].
Inizialmente furono gli Stati Uniti a dover fare i conti con la vulnerabilità derivata da questa nuova parità nucleare: se fino agli anni ‘50 la deterrenza si basava sulle nucleari strategiche, quindi su di armi a lungo raggio, con la riduzione del gap strategico con l’Urss, vennero installate armi nucleari tattiche proprio su suolo Nato europeo per aumentare il fattore deterrente. Questo ha fatto sì che le forze convenzionali diventassero il metro per misurare l’entità di un eventuale conflitto e per decidere la necessità di un impiego delle nucleari.
L’avanzamento tecnologico nucleare sovietico portò gli Usa ad elaborare la dottrina della risposta flessibile[7] (1967), una forma di dissuasione graduata basata sulla combinazione di diverse opzioni militari per adattare la risposta a situazioni specifiche. Si tratta di una strategia che porta con sé molti vantaggi, in primis una grande credibilità nei confronti dei sovietici e una riduzione del rischio di una guerra nucleare, in quanto sarebbe stato possibile intervenire con altri tipi di risposta militare; allo stesso tempo però si trattava di una strategia che necessita di elevati investimenti nel settore convenzionale. Quindi ciò che garantisce il funzionamento della deterrenza nucleare è la combinazione di una serie di pilastri: in primis, l’efficienza dell’architettura difensiva convenzionale e nucleare (sia tattica che strategica). Fondamentale la credibilità della comunicazione per essere percepiti come una minaccia realistica. Infine, il continuo ammodernamento degli arsenali nucleari.
Dalla fine della Guerra Fredda in realtà la situazione non è poi così diversa, in quanto la deterrenza nucleare si basa sui principi fondamentali elaborati durante la Guerra Fredda; ciò che è cambiato è la portata degli arsenali nucleari, dovuta non solo all’aumento numerico ma soprattutto a quello tecnologico. Secondo Einstein, una guerra atomica non avrebbe causato la fine dell’umanità, al massimo il perimento di due terzi di essa, risparmiandone una parte in grado di ricostruire le basi della società. Ha aggiunto anche però che il modo di pensare degli uomini non sarebbe cambiato[8]. Queste riflessioni sono estremamente attuali. Gli eventi di Hiroshima e Nagasaki, i cui effetti tangibili sono ancora visibili oggi, ci ricordano il terribile potere delle armi nucleari. Nonostante ciò, queste armi continuano a proliferare e la pace mondiale si regge ancora sulla fragile base della deterrenza nucleare. Questa strategia si evolve continuamente con nuove tecnologie, dottrine e strategie ma il rischio rimane invariato: se la deterrenza dovesse fallire, le conseguenze sarebbero apocalittiche.
L’unica soluzione realmente sicura è il disarmo, e non sono mancati tentativi per raggiungerlo come vedremo.
Applicazioni “fantasiose” tra dimensioni e concetto: alcuni esempi
Come previamente accennato, a partire dagli anni ’50 la “corsa” al nucleare ebbe inizio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, nella cornice della Guerra fredda. Una corsa alla quale, nel tempo, si unirono altri attori ma i due grandi protagonisti, nel tentativo di affermare la superiorità l’uno sull’altro, giunsero a momenti critici e ad incidenti più o meno sfiorati; parlando di nucleare, il rischio risulta essere molto alto, come anche evidente. A questo punto è bene fare una breve premessa: quando si parla di corsa agli armamenti nucleari, un po’ per l’effettiva realtà dei fatti, un po’ per l’immaginario comune, le prime immagini che saltano alla mente sono i missili. Missili balistici (I.C.B.M., Inter Continental Balistic Missiles) e missili da crociera a medio e corto raggio[9] (di questa differenza si è tanto discusso nei riguardi del teatro ucraino) nonché siluri, sui quali torneremo. Questi vettori vengono poi uniti alla flessibilità di utilizzo fornita dalle armi atomiche divise tra strategiche e tattiche. Le prime, per potere distruttivo sono nell’ordine dei megatoni e vengono lanciate tramite missili balistici, bombardieri pesanti o sottomarini. Sono molto potenti, forse le più inflazionate per l’immaginario comune e spesso rappresentate nella distruzione di città e grandi obiettivi, con risvolti apocalittici. Le seconde, indicate come “tattiche”, vengono trasportate più facilmente da diversi vettori e hanno un potere distruttivo più contenuto. Queste permettono un dispiegamento al fronte tale da poter prendere di mira bersagli minori come navi, aeroporti militari, assembramenti di truppe o obiettivi statici quali dighe, infrastrutture energetiche, ecc. ecc.[10] È bene specificare che sebbene alcune linee guida siano riconosciute non esiste una definizione univoca di armi nucleari strategiche e tattiche[11].
Questa breve premessa è importante perché nel corso dello sviluppo degli armamenti nucleari, diversi sono stati i tentativi di applicazione, che potremmo definire “fantasiosi” (quanto pericolosi), che si è pensato per questi armamenti e qui ne presenteremo alcuni esempi.
Una delle prime idee, oltre allo sgancio di ordigni da aerei, proiettili o ai primi sistemi missilistici (il sistema Honest John ad esempio[12]), fu lo statunitense Davy Crockett del 1961. Questo particolare vettore, attivamente implementato tra le fila dell’esercito USA, consisteva in un “lanciamissili” trasportabile direttamente dai soldati al fronte, dunque “portatile”, in grado di lanciare testate atomiche a breve gittata[13].
Il vettore Davy Crockett fu importante perché divenne un emblema della miniaturizzazione degli armamenti nucleari, non solo nei riguardi della potenza distruttiva di questi ultimi ma anche per un discorso puramente legato alle dimensioni. Non a caso vennero implementati dispositivi più piccoli ad uso tattico in diversi vettori e scenari.
In Europa, ad esempio, gli Stati Uniti installarono cannoni in grado di sparare proiettili a testata nucleare; gli M65 “atomic cannon”[15].
Uno dei problemi insito nella miniaturizzazione degli armamenti nucleari, come nel caso del Davy Crockett lo si può provare a leggere nel fatto che un dispositivo così piccolo, da dover utilizzare relativamente vicino alla linea del fronte e posto nelle mani degli uomini sul campo va a perdere gran parte dei dispositivi e paradigmi di “sicurezza” che ad oggi sono fortemente implementati nella dottrina nucleare.
Il Davy Crockett fu poi dismesso 10 anni dopo, nel 1971. Parallelo al discorso sulla miniaturizzazione delle testate nucleari, che sarebbe poi stata implementata efficacemente nei vettori intercontinentali a testata multipla (in uso ancora oggi), alcuni pensarono più “in grande”; ne è un chiaro esempio la bomba “Zar”, costruita dall’Unione Sovietica.
Nel 1952 gli Stati Uniti erano riusciti a realizzare la Bomba H (bomba all’idrogeno), dal potere distruttivo di molto superiore rispetto alle bombe nucleari precedentemente create e utilizzate.
I sovietici non rimasero indifferenti e già nel 1953 testarono il proprio ordigno nucleare all’idrogeno[17]. La bomba “Zar” venne poi sperimentata nel 1961 e ad oggi è considerato l’ordigno nucleare più potente che sia mai stato effettivamente realizzato. Con una potenza stimata nell’ordine dei 100 megatoni venne testata dai sovietici il 30 ottobre 1961 sulla penisola di Kola.
La potenza effettiva della bomba venne considerata troppo rischiosa dai sovietici per un semplice test e venne depotenziata della metà, rendendola “solo” circa 3800 volte più potente di quella sganciata su Hiroshima[18]. Un ordigno, dunque, che se effettivamente utilizzato in qualsivoglia conflitto (ma anche come semplice sperimentazione) avrebbe portato certamente a scenari apocalittici e che venne considerato, fortunatamente, anche dai suoi creatori nulla di più che un’arma di propaganda, vista anche l’impossibilità di caricare l’enorme e pesante bomba su missili intercontinentali.
Questo però non ha fermato lo sviluppo di armamenti nucleari quasi “distopici” e dalle note apocalittiche fortemente marcate. Rimanendo su quella che oggi è la Federazione Russa, sembra impossibile non citare l’ultimo ritrovato in tal senso: il siluro Poseidon.
Definita “arma fine del mondo”, il Poseidon (del quale oggi ancora poco di certo è noto) dovrebbe essere un siluro/drone sottomarino lungo circa 24 metri che può essere trasportato dai grandi sottomarini nucleari della flotta russa, in particolare dalle classi Oscar e Tifone (quest’ultima nota per aver ispirato il modello sperimentale Ottobre Rosso nell’omonimo libro di Tom Clancy “Caccia a Ottobre Rosso”).
A rendere “unica” questa nuova arma che si aggiunge al già vasto arsenale nucleare russo sono due elementi di novità: è un’arma nucleare al cobalto e l’impiego previsto risulta essere devastante quanto disastroso e fuori dagli schemi convenzionali.
L’utilizzo del cobalto in questo particolare ordigno nucleare sembrerebbe riportare la potenza di quest’arma nell’ordine dei 100 megatoni[19] (precedentemente visti per la bomba “Zar” e considerati troppo pericolosi) ma l’elemento di assoluta novità è la tipologia di ingaggio.
Questo vettore sembrerebbe essere stato studiato per detonare in acque non lontane dalle coste bersaglio per generare non una distruzione da “esplosione” bensì uno tsunami (o onda anomala) radioattivo in grado di inondare vaste porzioni costiere e renderle inabitabili ed inutilizzabili a causa delle radiazioni per un lungo periodo di tempo[20]. Poco viene lasciato all’immaginazione per quanto concerne le tipologie di scenario che l’utilizzo di un’arma del genere potrebbe apportare, non solo da un punto di vista militare ma soprattutto umano. Fortunatamente, come previamente anticipato, sebbene esistano e siano prodotti armamenti nucleari delle tipologie più disparate (qui ne abbiamo riportati solo pochi esempi), ad oggi la dottrina nucleare stessa sembra essere composta più da un discorso retorico-strategico che da eventi effettivi; l’unico utilizzo vero degli armamenti nucleari è rimasto ancorato all’oramai lontano 1945.
Sul filo del rasoio
Ciò detto, sebbene l’ideazione, produzione e mantenimento degli arsenali nucleari del mondo sia relegato ad attori tutto sommato razionali, non sono mancate occasioni in cui incidenti sono stati sfiorati, grazie al caso o alla razionalità sopracitata, ricordandoci che l’esistenza stessa di queste armi è allo stesso tempo una deterrenza e una pericolosa condanna. Ripercorriamone alcuni esempi.
Uno degli “incidenti nucleari” più pericolosi in ambito militare accorse nel gennaio 1961. Durante un’esercitazione con due testate termonucleari attive un bombardiere USA B-52 perse il controllo sui cieli della Nord Carolina, per la precisione sulla città di Goldsboro. Diverse sono le versioni riportate su cosa effettivamente avvenne alle due testate trasportate dal B-52[21] ma stando ad alcuni report più recenti sembrerebbe che le bombe furono sganciate prima che il bombardiere precipitasse. Lo sgancio avvenne senza che queste ultime venissero “attivate”, contando tra l’altro sul paracadute in dotazione che avrebbe dovuto prevenire poi un impatto violento con il terreno.
Stando ai fatti, almeno uno dei due meccanismi funzionò correttamente, mentre per l’altra l’impatto con il terreno fu più violento, tanto da seppellire l’ordigno stesso sotto diversi metri di terra[22] e portando il rischio di un disastro termonucleare sul suolo americano (nonché autoinflitto) vicinissimo alla sua tragica realizzazione.
Entro la cornice degli anni ’60, oltre ai pericolosi avvenimenti di Cuba nel 1962, un altro incidente con ordigni nucleari “vivi” accorse nuovamente a causa di una collisione a mezz’aria tra un bombardiere B-52 e una aerocisterna.
È bene specificare che durante gli anni della Guerra fredda i voli prolungati di bombardieri strategici B-52, armati di testate nucleari vive, non erano una novità. In effetti questi facevano parte di un’operazione di deterrenza nucleare e di risposta rapida h24 conosciuta come Chrome Dome (1961-1968) che però, come visto, fu causa di numerosi incidenti e pericoli.[24]
Nel 1966, sui cieli della Spagna del sud, in prossimità di Palomares un B-52 con pieno carico nucleare (4 ordigni B28) collise con una aerocisterna, precipitando. A differenza del caso precedentemente citato le bombe caddero quando il bombardiere perse la propria integrità strutturale. Tre di queste finirono sulla costa ma un solo paracadute funzionò correttamente mentre per le altre due (un malfunzionamento e un’apertura parziale) l’impatto fu sufficiente per innescare le cariche di esplosivo parte del meccanismo di attivazione degli ordigni[25]. Le autorità spagnole e statunitensi vennero immediatamente informate del grave accaduto come suggerito da alcuni memorandum USA: «Information has been received that two of the nuclear devices which were carried on the B-52 which crashed in Southern Spain yesterday experienced a low order high explosive detonation. Although no nuclear reaction would result, such a detonation could cause a radiation hazard. However, if the detonation was minimal it is possible that no radiation hazard would occur».[26]
La quarta bomba, caduta in mare con il suo paracadute venne poi recuperata il 7 aprile da un veicolo sottomarino pilotato a distanza (CURV)[27]. Sebbene l’incidente di Palomares sia probabilmente il più grave attribuibile agli USA nella cornice di Chrome Dome e della Guerra fredda è bene ricordare che furono circa 20 gli incidenti totali che videro coinvolti armamenti nucleari “vivi”[28].
Non furono però solo gli Stati Uniti ad accorrere in incidenti di questo tipo: anche l’Unione Sovietica dovette far fronte alle problematiche legate al mantenimento e l’utilizzo del proprio arsenale nucleare e proveremo anche qui a riportarne alcuni esempi particolarmente esplicativi. Reperire informazioni, soprattutto se legate al militare e ancor di più se nell’ambito nucleare non è un compito facile ma alcuni report e fatti particolarmente eclatanti sono divenuti di dominio pubblico; ne è un esempio l’incidente avvenuto sugli Urali tra il 1957 e il 1958. Come anticipato, è ancora oggi molto difficile riuscire a reperire dettagli su avvenimenti di questo genere avvenuti sul territorio sovietico ma un report stilato in collaborazione con la CIA sembrerebbe confermare un’incidente (nello specifico un’esplosione) in un impianto nella regione degli Urali (Chellabinsk) per lo stoccaggio di materiale fissile e di lavorazione del plutonio a fini militari. Stando ad alcuni ex cittadini sovietici intervistati sull’accaduto, l’incidente fu causa della creazione di una vasta zona inabitabile e posta in isolamento ma anche della perdita di vite umane[29]. Stringendo la lente su incidenti legati al nucleare da parte delle forze armate sovietiche “sul campo”, forse il più iconico resta ancora oggi quello accorso al sottomarino K-19. Una storia oramai ben nota che ha trovato ampio spazio nella letteratura e sul grande schermo di tutto il mondo. Il sottomarino (classe Hotel) aveva già subito diversi incidenti quando nel 1961, di ritorno da un’esercitazione nell’Atlantico del nord (e armato di 3 missili balistici a testata nucleare “viva”) sperimentò una perdita di refrigerante per i reattori con conseguente diffusione di radiazioni. Il rischio di esplosione dei due reattori che avrebbe innescato una reazione a catena con le tre testate nucleari a bordo era altissimo e solo grazie al sacrificio dell’equipaggio (che a turno riuscì a imbastire un sistema di raffreddamento provvisorio assorbendo un quantitativo elevatissimo di radiazioni) il K-19 riuscì a tornare nella sua base di provenienza[30]. Diversi marinai morirono entro pochi giorni o mesi dall’incidente che non fu l’ultimo di una lunghissima serie (che non ha visto esclusi gli USA con incidenti come quello dello USS Thrahser[31]) legata ai sottomarini di epoca sovietica e non. L’ultimo dei quali accorso nel 2000 con il sottomarino Kursk, affondato con il suo equipaggio a causa di un’esplosione nel vano siluri[32]. Tutti i casi soprariportati hanno visto incidenti e problematiche legate ai dispositivi e veicoli militari che hanno fatto e fanno parte della deterrenza nucleare, si potrebbe dire, mondiale. Eppure, un ultimo esempio ancora oggi ci dimostra come e quanto effettivamente la deterrenza nucleare sia comunque nelle mani di attori “umani” e delle loro decisioni. Era il 26 settembre 1983 quando avvenne quello che alla storia è passato come “incidente dell’equinozio di autunno”.
Dal bunker Serpuchov 15, parte della linea sovietica di intercettazione di missili balistici, al comando del colonnello Stanislav Petrov, venne rilevata non una ma ben 5 anomalie corrispondenti al lancio di missili balistici dagli Stati Uniti verso il territorio sovietico. Petrov avrebbe dovuto, secondo il protocollo, comunicare immediatamente la notizia per permettere all’URSS di avviare un attacco in risposta all’aggressione USA[33]. Fortunatamente Petrov giudicò impossibile un attacco statunitense e prese la decisione di considerare il tutto un falso allarme. La sua intuizione, rivelatasi poi corretta, oltre a causare grande imbarazzo per i suoi superiori fu fondamentale per evitare un attacco di risposta sovietico che avrebbe potuto portare ad un olocausto nucleare globale[34].
Forse tutti questi esempi possono sembrare “allarmisti” e catastrofici ma in realtà esprimono appieno quello che è il concetto di questo lavoro. La sola esistenza delle armi nucleari ha posto l’umanità tutta sul filo del rasoio più o meno dagli anni ’50 ed è questa stessa dicotomia venutasi a creare tra massimo pericolo e massima sicurezza che ha creato il famoso “tappo” che chiamiamo deterrenza nucleare. Ad oggi sebbene tanti rischi siano stati corsi possiamo trovare conforto nel fatto che un utilizzo effettivo degli armamenti nucleari non sia mai più accorso da quelle due bombe che caddero nel 1945, nonostante non siano mancati e non manchino momenti di grande tensione e crisi internazionale.
La crisi del regime di non proliferazione nucleare
Di fronte alla minaccia nucleare, la comunità internazionale, spinta anche dai movimenti antinucleari, si è attivata per gettare le basi del disarmo. Questo obiettivo condiviso ha portato alla nascita del regime di non proliferazione nucleare, la cui pietra miliare è il Trattato sulla Non-proliferazione nucleare, entrato in vigore nel 1970. Il Trattato, a cui hanno aderito sia potenze nucleari che non nucleari, è stato seguito negli anni da una serie di intese, accordi e memorandum volti alla riduzione degli arsenali. Tuttavia, questo regime di nobili intenti si è rivelato pressoché fallimentare a causa di importanti limiti strutturali, come il regime di ispezioni previsto dai trattati e la mancanza di fiducia tra gli stati[35].
Secondo una stima del SIPRI, a gennaio 2023 esistevano 12.512 testate nucleari, di cui 9.576 pronte all’uso. Questo aumento generale è una tendenza destinata a proseguire e ad accelerare alla luce delle crisi attuali[37]. Tuttavia, è significativo che, dopo la nascita del regime di non proliferazione nucleare, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) sia stata interpellata nel 1996 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per un parere sulla liceità delle armi nucleari. Verrebbe da immaginare che, sulla base del diritto internazionale umanitario, la risposta sarebbe stata che le armi nucleari sono illegali e dovrebbero essere bandite. In realtà, la CIG ha stabilito che, in linea generale, non è consentito l’uso delle armi nucleari, ma non ha mai imposto un divieto assoluto, poiché sarebbe consentito in caso di estrema necessità sulla base del principio di autodifesa sancito dall’articolo 51 della Carta ONU, a patto di non violare il principio di proporzionalità e di evitare obiettivi civili[38].
Non è difficile comprendere che un attacco nucleare, anche con armi tattiche di potenziale ridotto, avrebbe conseguenze catastrofiche e sarebbe impossibile evitare le vittime civili, che morirebbero a causa dell’esplosione o del fallout successivo.
Le alternative (fallite) alla deterrenza nucleare
È paradossale che l’umanità debba contare sulla deterrenza nucleare come strumento di pace, considerando che non esistono valide alternative e che la pace, o meglio l’elusione di un conflitto nucleare, dipende dal controllo sull’inazione degli Stati. Tuttavia, storicamente, si è tentato di trovare alternative più sicure alla deterrenza. Due iniziative statunitensi significative sono state la Strategic Defense Initiative[39] di Reagan (1983) e il Global Zero di Obama (2009). La SDI, nota come “Star Wars“, mirava a creare uno scudo spaziale capace di rendere obsolete le armi sovietiche. Tuttavia, il progetto si rivelò irrealizzabile e aumentò la percezione di minaccia da parte dell’URSS. Il Global Zero[40], annunciato da Obama nel 2009 a Praga, puntava invece all’eliminazione totale degli arsenali nucleari, nonostante l’eredità della Guerra Fredda.
Questi due progetti, oltre a essere americani e falliti, hanno in comune l’intenzione di sostituire la deterrenza pur mantenendola come fattore temporaneo. La SDI avrebbe richiesto la costruzione dello scudo spaziale, mentre il Global Zero implicava il mantenimento delle armi nucleari fino alla loro totale eliminazione. Entrambi i progetti hanno generato ambiguità e diffidenza tra gli attori internazionali: la SDI fu vista come una minaccia all’URSS, mentre il Global Zero fu percepito come un tentativo di ripristinare il monopolio nucleare americano a scapito dei programmi tecnologici di altri paesi, soprattutto della Cina. Qualsiasi progetto di riduzione o disarmo nucleare non può prescindere dalla fiducia reciproca tra gli Stati. Attualmente, è impossibile immaginare un disarmo nucleare vista la complessità della situazione internazionale.
La deterrenza nucleare osservata con la lente della Teoria dei Giochi
Dal 2022 siamo costantemente bombardati da notizie sulle minacce nucleari da parte di Mosca e recentemente, Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha sottolineato su Telegram che il rischio nucleare è reale e non deve essere sottovalutato, aggiungendo che fino a pochi anni fa, l’idea di un’invasione russa dell’Ucraina sembrava impensabile, mentre ora sono già passati due anni dall’inizio del conflitto[41].
Se da un lato c’è chi le ritiene dei semplici bluff, soprattutto alcuni dissidenti russi, dall’altro ci sono analisti che osservano con apprensione l’evoluzione del conflitto russo-ucraino, soprattutto ora che in Europa sta prendendo piede una linea sempre più interventista che in certi casi non contempla più solo l’invio di armi ma anche un coinvolgimento delle truppe europee sul suolo ucraino. Come si può capire se si tratta di un semplice spauracchio o se la strategia russa pensa davvero alle nucleari? Affidarsi alla lente analitica della Teoria dei Giochi[42] può aiutare a fare un po’ di chiarezza: elaborata da Von Neumann e da Oskar Morgenstern per studiare i comportamenti degli agenti razionali in economia, questa teoria ha trovato presto applicazione anche nel settore militare per studiare le mosse dei vari players in situazioni di incertezza. Se si guarda alla deterrenza nucleare, e si prendono in considerazione i giocatori Mosca e Nato vediamo che le opzioni sono: disarmo reciproco, continuare l’espansione degli arsenali nucleari, oppure uno dei due potrebbe scegliere il disarmo mentre l’altro mantiene il vantaggio strategico. L’opzione teoricamente ottimale sarebbe il disarmo reciproco ma la mancanza di fiducia reciproca impedisce questo passo. Dal Trattato sulla non proliferazione sono seguiti altri accordi e trattati fondamentali ma abbiamo visto che sono stati fortemente indeboliti, sospesi, abbandonati; si pensi al Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) del 1987 abbandonato dall’amministrazione Trump che proibiva il dispiegamento di missili basati a terra, con una capacità di gittata tra i 500 e i 5500 chilometri; nel 2023 Putin ha annunciato la sospensione della partecipazione russa al New Start che limita a 1.550 le testate nucleari che ciascuno dei due paesi può schierare e fissa anche limiti quantitativi al numero di missili balistici intercontinentali a capacità nucleare, ai bombardieri e ai lanciatori schierati. E infine, il più recente Trattato sulla proibizione delle armi nucleari del 2017, che avrebbe potuto essere la svolta nella storia del disarmo ma presenta grandi assenti occidentali, tra cui anche l’Italia, in quanto è stato dichiarato incompatibile con le linee d’azione della Nato. Insomma, quello che manca non sono gli strumenti normativi ma la pura volontà politica di condurre un disarmo, Siamo molto lontani dal Global Zero a cui auspicava Obama nel 2009, e ad ora ci troviamo bloccati in un doppio dilemma: quello del prigioniero, per dirla in termini economici, perché non sappiamo quale sarà la prossima mossa di Mosca e si continua a scherzare con il fuoco della nostra linea sempre più interventista, che nel peggiore dei casi potrebbe causare una escalation; quello della difesa, un concetto elaborato da George Kennan che pone un focus sul fatto che dalla fine dell’Urss, in nome della sicurezza, la Nato si è avvicinata gradualmente ai confini russi, provocando (o alimentando) nella Russia la sensazione di accerchiamento e il conseguente aumento della percezione di pericolo reciproco[43].
Nonostante gli sforzi per restare osservatori di un conflitto in cui ormai siamo coinvolti profondamente, come dimostra il sostegno vitale fornito a Kiev, la nostra attuale traiettoria continua ad alimentare il rischio di una profezia che si autoavvera. Questo effetto Pigmalione negativo indica che la preparazione per la guerra aumenta la probabilità di conflitto, anziché prevenirlo. La presenza di armi nucleari contribuisce ad aumentare il rischio di incidenti o errori di calcolo che potrebbero scatenare un conflitto nucleare involontario.
Per quanto possa sembrare rassicurante affidarsi all’idea che chi ha il potere di premere sul grilletto della pistola nucleare sia sempre un attore razionale, non ne abbiamo la certezza: Che ci piaccia o no le relazioni internazionali hanno molto a che fare con fattori psicologici, errori di calcolo potenzialmente fatali e anche la narrazione stessa dei conflitti e delle crisi.
Come si dorme la notte a sapere che tra la pace (relativa) e un conflitto nucleare c’è solo una valigetta?
La speranza, nel preservare questo moderno “vaso di Pandora” è oggi più che mai riposta in coloro che guardano al futuro, ai giovani, che forse proprio in momenti di grande eterogeneità, trasformazione e crisi come quelli che stiamo vivendo al giorno d’oggi riescono a trovare “porte” e “spazi di manovra” per spingere l’umanità tutta, un passo alla volta, verso il suo stesso futuro.
Note
[1] T. Colombi, “Ora sono diventato morte, distruttore di mondi”, Treccani, 4 dicembre 2017. In: https://www.treccani.it/magazine/atlante/geopolitica/Ora_sono_diventato_morte_distruttore_di_mondi.html
[2] Portale storico della Presidenza della Repubblica, “14 agosto 1949 – Prima atomica sovietica”. Si veda: https://archivio.quirinale.it/aspr/gianni-bisiach/AV-002-000844/14-agosto-1949-prima-atomica-sovietica
[3] Rai Cultura, Il ritratto di Albert Einstein– Il cammino dell’Europa, in Filosofia, 2001 in: Ritratto di Albert Einstein | Filosofia | Rai Cultura
[4] National Archives, Records of the Office of War Information, 1945 in: https://museum.archives.gov/featured-document-display-atomic-bombing-hiroshima-and-nagasaki
[5] Il Dottor Stranamore. Regia di Stanley Kubrick, Columbia Pictures, 1964
[6]R.Gravili, “L’equilibrio del terrore: la dissuasione nucleare dalla Guerra Fredda a oggi”, Analisi Difesa, in Opinioni 13/06/2024 in: L’equilibrio del terrore: la dissuasione nucleare dalla Guerra Fredda a oggi – Analisi Difesa
[7] W. S. Poole, “Adapting to flexible response 1960-1968”, Office of the Secretary of Defense, 2013 https://history.defense.gov/Portals/70/Documents/acquisition_pub/OSDHO-Acquisition-Series-Vol2.pdf
[8] Rai Cultura, Il ritratto di Albert Einstein– Il cammino dell’Europa, in Filosofia, 2001 in: Ritratto di Albert Einstein | Filosofia | Rai Cultura
[9] Per approfondire: Pope, R. L., Irvine, R. D., & Retallick, S. J. (1994). Range/payload trade-offs for ballistic and cruise missiles (p. 0030). DSTO Electronics and Surveillance Research Laboratory. In: https://apps.dtic.mil/sti/citations/tr/ADA293937
[10] Nuclear Matters Handbook 2020 [revised], cit. p.33. In: https://www.acq.osd.mil/ncbdp/nm/NMHB2020rev/docs/NMHB2020rev.pdf
[11] Kristensen, H. M., & Korda, M. (2019). Tactical nuclear weapons, 2019. Bulletin of the Atomic Scientists, 75(5), 252–261. https://doi.org/10.1080/00963402.2019.1654273
[12] Mary T. Cagle, History of the Basic (M31) Honest John Rocket System, 1959 1964,11 Redstone Arsenal, 1964, USAMC Monograph, 1 AMC 7M, Part I, and, Niel-M. Johnson, “Artillery Development and Procurement, 1946 – 1955,11 Rock Island arsenal, 1959 Part II Ordnance Corps Historical Monograph, USAWE06M Historian’s files.
[13] « The man-transportable atomic characteristic, together with other innovations and special requirements made it unique among projects for this organization. (U.S. Army Weapons Command Rock Island Arsenal, Rock Island, IL)» Anderson, R. B., & Weston, L. C. (1964). Project Management of the Davy Crockett Weapons System. In: https://apps.dtic.mil/sti/citations/tr/ADA470429
[14] M. Seelinger, THE M28/M29 DAVY CROCKETT NUCLEAR WEAPON SYSTEM, The Army Historical Foundation, immagine. In: https://armyhistory.org/the-m28m29-davy-crockett-nuclear-weapon-system/
[15] Ibidem.
[16] The Atomic Cannon Cold War Deterrent, History of the atomic cannon, immagine. In: https://theatomiccannon.com/history
[17] R. Service, Storia della Russia del XX secolo, Ed. Riuniti, Roma 1999, cit. p. 375
[18] Tikkanen, Amy. “Tsar Bomba”. Encyclopedia Britannica, 8 Mar. 2024. In: https://www.britannica.com/topic/Tsar-Bomba
[19] Piotrowski, M. A. (2018). Russia’s Status-6 Nuclear Submarine Drone (Poseidon), The Polish Institute of International Affairs, No. 123 (1194), 6 September 2018 © PISM. In: https://pism.pl/publications/Russia_s_Status_6_Nuclear_Submarine_Drone__Poseidon_ [20] Ibidem.
[21] Centre for Arms Control and Non-Proliferation, The Goldsboro B-52 crash, Ottobre 14 2022. In: https://armscontrolcenter.org/the-goldsboro-b-52-crash/
[22] J. Kratz, National Archives Pieces of History, Brush with Catastrophe: The Day the U.S. Almost Nuked Itself, Posted In – Cold War, January 22, 2021. In: https://prologue.blogs.archives.gov/2021/01/22/brush-with-catastrophe-the-day-the-u-s-almost-nuked-itself/
[23] NC Department of Natural and Cultural Resources, Broken Arrow Incident in Wayne County, January 24 2016, imagine. In: https://www.dncr.nc.gov/blog/2016/01/24/broken-arrow-incident-wayne-county
[24] Grant, R. (2011). The Perils of Chrome Dome. Air Force Magazine, 54-57. In: https://www.airandspaceforces.com/PDF/MagazineArchive/Documents/2011/August%202011/0811dome.pdf
[25] Sandia National Laboratories, 1960s Spinning off new capabilities, new directions, January 22, 1966 A B-52 with four B28 bombs collided with refueling tanker over Spain. In: https://www.sandia.gov/about/history/1960s/
[26] Department of State of United Sates of America, Office of the Historian, FOREIGN RELATIONS OF THE UNITED STATES, 1964–1968, VOLUME XII, WESTERN EUROPE, 189. Memorandum From the White House Situation Room to President Johnson. In: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1964-68v12/d189
[27] Sandia National Laboratories, 1960s Spinning off new capabilities, new directions, January 22, 1966 A B-52 with four B28 bombs collided with refueling tanker over Spain. In: https://www.sandia.gov/about/history/1960s/
[28] D. S. Pierson, Lost in the Sky Found in the Sea, U.S. Naval Institute, giugno 2009, Naval History, Volume 23, numero 3. In: https://www.usni.org/magazines/naval-history-magazine/2009/june/lost-sky-found-sea#footnotes
[29] «Both individuals believed, based on information supplied to them from a variety of sources (3,7), that the contaminated area was created following an explosion in a nuclear waste storage site (associated with Plutonium production for military weapons) in the late 1950’s. They were told that the accident resulted in significant loss of life (hundreds of people) and required the permanent evacuation of the civilian population from a large area». Trabalka, J. R., Eyman, L. D., & Auerbach, S. I. (1979). Analysis of the 1957-58 soviet nuclear accident (No. ORNL-5613). Oak Ridge National Lab.(ORNL), Oak Ridge, TN (United States). Cit. p. 1. DOI: https://doi.org/10.2172/5638277. In:https://www.osti.gov/biblio/5638277
[30] Oelgaard, P L. Accidents in nuclear ships. Denmark: N. p., 1996. Web. Cit. p. 10. In: https://www.osti.gov/etdeweb/biblio/445202
[31] Per approfondire: Naval History and Heritage Command National Museum of the U.S. Navy, USS Thresher (SSN-593). In: https://www.history.navy.mil/content/history/museums/nmusn/explore/photography/ships-us/ships-usn-t/uss-thresher-ssn-593.html
[32] M. Molteni, K-19: la storia segreta del sottomarino sovietico, Analisi Difesa, 8 Gennaio 2022, in Storia e Cultura. In: https://www.analisidifesa.it/2022/01/k-19-la-storia-segreta-del-sottomarino-sovietico/
[33] Arms Control Association, The Man Who “Saved the World” Dies at 77. In: https://www.armscontrol.org/act/2017-10/news-briefs/man-who-saved-world-dies-77
[34] National Park Service, Stanislav Petrov, Minuteman Missile National Historic Site. In: https://www.nps.gov/people/stanislav_petrov.htm#:~:text=Stanislav%20Petrov%20was%20a%20lieutenant,Soviet%20nuclear%20false%20alarm%20incident.
[35]R. Alcaro, “Il regime di non proliferazione nucleare: obiettivi, struttura e fattori di rischio”, Senato della Repubblica, in Servizio studi internazionali, n.66, 2007. https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg16/attachments/dossier/file_internets/000/006/923/66.pdf
[36] Stockholm International Peace Research Institute, Yearbook 2024, 2024, in 7. World nuclear forces | SIPRI
[37]Stockholm International Peace Research Institute, 2024 “World nuclear forces”, in: 7. World nuclear forces | SIPRI
[38] J.LAU, Paura o sopravvivenza: illiceità della minaccia e dell’uso delle armi nucleari: il parere consultivo della Corte Internazionale, Lau, 1/01/1998.
[39] M.Stewart, “The Strategic Defense Initiative in Retrospect: The Past, Present, and Future of Missile Defense”, U.S Department of State, 28/04/2023, The Strategic Defense Initiative in Retrospect: The Past, Present, and Future of Missile Defense – United States Department of State
[40] U.S Czech Republic Embassy, “President Obama’s Speech in Prague”, 5/04/2009 President Obama’s Speech in Prague – U.S. Embassy in The Czech Republic (usembassy.gov)
[41]Kyiv Post, “Medvedev Threatens Nuclear Strike on European Capitals if They Send Troops to Ukraine”, 6/05/2024 Medvedev Threatens Nuclear Strike on European Capitals if They Send Troops to Ukraine (kyivpost.com)
[42] V. NEUMANN, O. MORGENSTERN, Theory of Games and Economic Behavior, Princeton University Press, Princeton 1944.
[43] B. ABELOW, Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, Fazi, Roma 28/02/2023.
Foto copertina: Mutual Assured Destruction