Applicazioni della blockchain technology oltre Bitcoin


Tra le innovazioni più rilevanti degli ultimi decenni, la blockchain – o “catena di blocchi” comprende un insieme di tecnologie in grado di sfruttare una rete informatica di nodi e aggiornare in maniera distribuita, condivisa e aperta un registro contenente dati e transazioni senza il bisogno di un’entità centralizzata per il controllo e la verifica. Ne parliamo con Salvatore Santangelo.


Tra le innovazioni più rilevanti degli ultimi decenni, la blockchain – o “catena di blocchi” comprende un insieme di tecnologie in grado di sfruttare una rete informatica di nodi e aggiornare in maniera distribuita, condivisa e aperta un registro contenente dati e transazioni senza il bisogno di un’entità centralizzata per il controllo e la verifica. Divenuta nota per essere alla base del funzionamento di Bitcoin e delle criptovalute, la tecnologia blockchain possiede tuttavia enormi potenzialità in termini di applicazione, in parte ancora in via di esplorazione.[1] 
Ne abbiamo discusso insieme a Salvatore Santangelo, giornalista, docente presso l’Università di Roma Tor Vergata, autore di GeRussia (2016), Babel (2018) e Geopandemia (2020), editi da Castelvecchi.

La tecnologia blockchain è generalmente associata a Bitcoin, la prima criptovaluta ad utilizzare una nuova tipologia di registro distribuito tale da permettere uno scambio di valore decentralizzato, sicuro e programmabile. Quali sono le proprietà fondamentali ed innovative della blockchain?
“Ancor prima che appassionato di innovazione e di startup sono un geografo, e i geografi si occupano fondamentalmente di rappresentazioni. Da qui nasce il mio particolare interesse trasversale nei confronti delle “catene a blocchi”: ogni interconnessione reticolare richiede la messa a punto di sistemi di controllo in grado di rimuovere e prevenire le vulnerabilità e i conseguenti rischi dovuti alle transizioni e agli scambi che avvengono attraverso le reti, e ciò è particolarmente vero per quanto riguarda quelle digitali. Tra le soluzioni di ultimissima generazione, ci sono appunto le cosiddette blockchain: catene di blocchi crescenti; si tratta di un sistema ad albero, al cui interno – anello dopo anello, ramificazione dopo ramificazione – troviamo informazioni crittografate che riportano sistematicamente un hash, un identificativo non replicabile e non falsificabile del blocco precedente, man mano che la rete cresce e si ramifica. Ogni block della chain ha un canale di uscita e uno di entrata, paragonabile a un registro contabile, che trattiene tutte le informazioni concernenti le transazioni che avvengono tra le parti che restano sempre e comunque verificabili in modo permanente, affinché a ogni singolo step, venga lasciata una impronta indelebile. Grazie a questo sistema, il furto o la manipolazione di dati è praticamente impossibile, poiché per attaccare una frazione di un sistema così interconnesso, si dovrebbe compromettere l’intera catena. L’aspetto che merita di essere messo in luce di questa modalità operativa (che è allo stesso tempo una forma di raccolta, rappresentazione e difesa dei dati) sta nel fatto che – analogamente ai sistemi caotici di Lorenz – è  in esso centrale «la dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali», fondamento stesso della Teoria del Caos. Quindi, lo stesso sistema blockchain acquista la forma di una cartografia dell’intero sistema digitale delle transizioni, dove l’iniziale elemento reale continua a essere riprodotto e quindi descritto secondo proiezioni relative, con nessun ente assoluto finale certificatole. Partendo dalla Teoria del Caos intuiamo il pericolo generato da eventuali transizioni repentine, inoltre l’analisi delle discontinuità e di eventuali, improvvisi mutamenti quanto-qualitativi del sistema ci portano direttamente nel quadro cognitivo della Teoria della Catastrofe.  Allo stesso modo, il “sociogramma” – introdotto Moreno per descrivere le relazioni dinamiche individuate come punti che entrano in contatto bi/multi-dimensionale e come relazione tra coppie di soggetti “legati” nei punti corrispondenti – sarebbe perfettamente sovrapponibile alla descrizione della funzionalità del rapporto tra “blocchi prossimi” all’interno di una blockchain.
Analogamente, un sociogramma potrebbe essere interpretato – in base al pensiero del filosofo Bruno Latour – come un elemento fondante di un più ampio cosmogramma, in cui digitale e reale interagiscono. Si tratterebbe dell’intero intreccio di relazioni che quotidianamente viene sperimentato dalla moltitudine degli attori sociali; interazioni contraddittorie e non lineari, che rimandano a un “interesse generale”. Questo interesse generale così “visualizzato” è a sua volta sovrapponibile a quello evocato dall’attuale sfida geopandemica e rimanda certamente all’esigenza di risolvere una difficile equazione le cui variabili sono la sicurezza, la riduzione delle incertezze, e allo stesso tempo l’esigenza di convivere con il caos, di tutelare la privacy, le garanzie e le libertà costituzionali.”

Quindi non solo Bitcoin: quali sono i settori in cui l’applicazione della tecnologia blockchain è in grado di migliorare i processi esistenti e abilitare nuove opportunità e modelli di business?
“Siamo di fronte a una tecnologia applicabile a ogni contesto in cui è necessaria l’esigenza di “certificare” e cristallizzare una mole impressionante di dati e documenti. Le qualità di sicurezza e trasparenza, e l’idoneità della blockchain alla conservazione dei dati hanno contribuito all’impiego della tecnologia in numerose sperimentazioni. Come ha notato l’avvocato Alberto Improda, tra i settori interessati c’è quello della tracciabilità, ampiamente intesa (anche se nella stessa non si sono sempre ottenuti risultati sperati).  Una declinazione particolare di tale settore è costituita dalla tracciabilità e verificabilità delle credenziali accademiche e lavorative: “In tale contesto, la tecnologia blockchain si pone come una soluzione potenzialmente capace di innovare il processo di verifica, garantendo un risparmio in termini di risorse, nonché una maggiore sicurezza in ordine alla veridicità delle credenziali dei candidati coinvolti nella selezione delle risorse umane”.In che modo la blockchain offre queste garanzie? La soluzione deve trovarsi ancora una volta nell’immutabilità del registro che conserva le informazioni validate all’interno delle transazioni, e nella sua replicazione distribuita, che tramite la distribuzione del registro in iterazioni identiche presso ogni soggetto partecipante alla rete, scongiura l’ipotesi di modificabilità fraudolenta dei dati. In questo senso, calandoci in un caso d’uso, come fa notare sempre Improda: “il certificato di laurea emesso e registrato all’interno di una transazione su blockchain, permetterebbe al suo titolare di dimostrare agevolmente le proprie credenziali accademiche, senza che il soggetto controllore debba effettuare ulteriori verifiche”.

Il contesto post-pandemico ha contribuito ad una nuova e preponderante centralità dello Stato, correlata – tuttavia – da una brusca accelerazione della transizione digitale. Alla luce dell’esigenza di trattare una mole sempre più consistente di dati e documenti in versione elettronica, l’applicazione della blockchain technology alla Pubblica amministrazione può rappresentare una svolta?
“Su questo versante – dalla scuola, alla sanità, alla lotta alle contraffazioni e alle truffe – si misurerà la capacità della PA e della classe dirigente del Paese di affrontare la sfida dell’uscita dal contesto pandemico e della piena implementazione del PNRR.
Allo stesso tempo la capacità di generare fiducia sarà un’ulteriore, fondamentale variabile da tener presente in questo difficile contesto e su cui gli asset tecnologici avranno un forte impatto. Tra questi potrebbe esserci, seppur con alcuni distinguo (fondamentalmente concettuali) l’applicazione che stiamo prendendo in esame.”

Quindi, alla luce di queste considerazioni, è possibile conciliare l’approccio tipicamente decentralizzato della blockchain con la forte centralizzazione della Pubblica amministrazione?
Qui torniamo proprio alle considerazioni iniziali: Alec Ross – già consigliere per l’innovazione del dipartimento di Stato con Hillary Clinton – raccontando la genesi della tecnologia blockchain, fondamentalmente, la presenta come una soluzione abilitante per quella che si profila certamente come una delle più vigorose sfide rispetto a uno dei pilastri dell’Entità statuale: le criptovalute, il nuovo denaro. Quindi, ci troveremmo di fronte a uno dei passaggi chiave dell’Utopia pirata anticipata da Bruce Sterling e William Gibson nei loro romanzi cyberpunk. Non è facile far convivere universi teorici così distanti l’uno dall’altro e per questo ritengo che – nonostante la forte pressione delle società di consulenza (sostenute da un poderoso storytelling) per l’adozione nella PA di questa modalità operativa – si andrà verso altre soluzioni: come quella per esempio del cloud pubblico che concettualmente rimanda proprio alla sfera della sovranità, potentemente evocata dallo Zeitgeist.”

Comunque, pur accogliendo le sue perplessità, non si può non notare come la tecnologia blockchain possa esaltare le caratteristiche e le potenzialità degli smart contract, ovvero l’incorporazione di clausole contrattuali in protocolli informatici capaci di eseguirsi automaticamente sulla base di condizioni predeterminate dalle parti. Quali sono i benefici – ed eventualmente i limiti – dell’inserimento dei “contratti intelligenti” in una blockchain?
“Sono certamente d’accordo con lei per quanto riguarda questo aspetto di nicchia ma importante nella sfera della PA rispetto a un ambito di applicazione, quello delle gare d’appalto e della contrattualistica, dove occorre prosciugare ogni zona di discrezionalità e rendere ogni passaggio assolutamente trasparente. Forse questo è proprio il contesto d’elezione di un consapevole utilizzo della blockchain.
Per quanto riguarda i problemi di un tale tipo di approccio, lascio la parola a un altro giurista esperto di soluzioni tecnologiche, l’avvocato Fabio Coppola: “La natura stessa della tecnologia blockchain e delle sue applicazioni, tra cui gli smart contract, sono di carattere spiccatamente transnazionale, se non addirittura prive di ogni confine convenzionalmente inteso, e impongono – per trarne la massima efficacia – un approccio regolamentare quanto più geograficamente ampio e armonizzato”. Così che, tentativi precoci di disciplinare materie innovative, pur testimoniando la volontà del legislatore di adottare soluzioni pionieristiche, rischiano di non essere efficaci o, peggio, di imbrigliare innovazioni  tecnologiche all’interno di stretti confini giuridici che mal si coniugano con realtà in constante evoluzione. Ecco il vero nodo da sciogliere!


Note 

[1] S. Santangelo, Blockchaintechnology e PA, cosa sta succedendo. Startmag, 22 gennaio 2022. Disponibile al link:https://www.startmag.it/innovazione/blockchaintechnology-e-pa-cosa-sta-succedendo/.


Foto copertina: Tra le innovazioni più rilevanti degli ultimi decenni, la blockchain – o “catena di blocchi” comprende un insieme di tecnologie in grado di sfruttare una rete informatica