Quali sono i poteri dell’ONU? Quali le risoluzioni adottate nel corso del conflitto israelo-palestinese?
Gli organi delle Nazioni Unite ed il loro funzionamento
Nel complesso conflitto arabo-israeliano un ruolo di prim’ordine è certamente rivestito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite che, attraverso i suoi organi, nel corso degli anni ha adottato diversi atti volti ad una soluzione pacifica del conflitto.
Prima di addentrarsi nel merito delle risoluzioni emanate dalle Nazioni Unite, tuttavia, è necessario analizzare brevemente il funzionamento dell’Organizzazione, valutandone in particolare la ripartizione di potere tra i suoi organi.
È necessario anzitutto ricordare che l’ONU è un’organizzazione internazionale in quanto ha origine con la firma della Carta delle Nazioni Unite, un trattato internazionale firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 e successivamente ratificato il 24 ottobre dello stesso anno.
Ai sensi dell’art. 7 del suddetto trattato, l’Organizzazione è dotata di un’Assemblea generale, un Consiglio di Sicurezza, un Consiglio Economico e Sociale, un Consiglio di Amministrazione Fiduciaria, della Corte Internazionale di Giustizia ed infine di un Segretariato.
Ci si soffermerà in particolare su una breve analisi delle funzioni dell’Assemblea Generale, del Consiglio di Sicurezza e della Corte Internazionale di Giustizia dal momento che sono i tre organi, tra tutti i citati, ad aver avuto un ruolo cardine nel conflitto arabo-israeliano.
La prima tra quelli elencati, l’Assemblea Generale, è un organo collegiale di cui fanno parte tutti i membri dell’organizzazione mediante i propri delegati e si riunisce in sessioni ordinarie annuali. Secondo l’art. 10 della Carta, inoltre, quest’organo può occuparsi di qualsiasi questione che rientri nel quadro della Carta o che si riferisca ai poteri od alle funzioni di uno qualsiasi degli organi previsti. Su tali questioni, tuttavia, l’Assemblea interviene formulando raccomandazioni rivolte agli Stati.
L’organo ai quali sono riservati maggiori poteri è senza dubbio il Consiglio di Sicurezza, anch’esso organo collegiale di cui però, al contrario dell’Assemblea, non fanno parte tutti gli Stati. Com’è noto, infatti, i membri del Consiglio sono divisi in due gruppi: i membri permanenti e quelli temporanei elettivi (altrimenti detti membri non permanenti). Questi ultimi sono eletti dall’Assemblea con maggioranza di due terzi, mentre i membri permanenti sono indicati nominativamente all’art. 23 della Carta e sono: Cina, Francia, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (cui è succeduta la Federazione Russa), Gran Bretagna e Stati Uniti d’America. La funzione di quest’organo è essenzialmente il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Ai sensi degli artt. 33-34, infatti, fronte ad una controversia tra Stati il Consiglio può indagare e raccomandare i mezzi più appropriati per risolverla (negoziato, mediazione, conciliazione, arbitrato o ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia). Le competenze dell’organo tuttavia non si esauriscono alle raccomandazioni di mezzi di risoluzione pacifica delle controversie ma, al contrario, si estendono all’intervento diretto comprendendo la possibilità di imporre sanzioni economiche o diplomatiche e di intraprendere – nei gravi casi di aggressione da parte di uno Stato – un’azione militare contro l’aggressore coordinata tra le Forze Militari degli altri Stati membri. Secondo gli artt. 39-42 del Capo VII della Carta, infatti, il Consiglio di Sicurezza ha il potere di intervenire con mezzi militari o missioni di peace-keeping volte a far rispettare gli accordi delle Parti in conflitto.
Il principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite è invece rappresentato dalla Corte Internazionale di Giustizia, composta da 15 giudici indipendenti eletti a maggioranza assoluta dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di sicurezza ed ha due funzioni principali: giudiziaria e consultiva. La funzione giudiziaria può essere attivata dagli Stati (solo questi ultimi possono costituirsi come Parti in un processo di fronte la Corte) che desiderino sottoporle una controversia giuridica; la funzione consultiva – disciplinata dall’art. 65 della Carta – può essere attivata dall’Assemblea Generale, dal Consiglio di Sicurezza o da altri organi che intendano richiedere alla Corte un parere su questioni controverse in diritto internazionale.
La breve analisi appena esposta sulla natura e sul funzionamento di alcuni degli organi dell’ONU è utile per valutarne le profonde differenze che riguardano anche gli atti da essi emanati. Al fine di comprendere appieno il ruolo che l’organizzazione ha avuto e riveste tutt’ora nel conflitto arabo-israeliano, è necessario differenziare essenzialmente gli atti aventi carattere vincolante da quelli con carattere non vincolante. Gli ultimi sono composti per eccellenza dalle raccomandazioni, tipicamente emanate dall’Assemblea Generale e da cui non deriva l’obbligo del destinatario di conformarsi ad esse. Su un piano diverso si collocano invece le decisioni e le risoluzioni operative, solitamente emanate dal Consiglio di Sicurezza ed aventi effetti pienamente vincolanti per gli Stati cui si indirizzano. Ne sono classici esempi le decisioni sulle misure non implicanti l’uso della forza e le risoluzioni con le quali si prescrive l’intervento armato volto al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
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I primi atti dell’ONU concernenti il conflitto arabo-israeliano
Prima di analizzare più nel dettaglio le risoluzioni dell’ONU riguardanti il conflitto, è necessario ricordare che Israele e Palestina rivestono presso l’Organizzazione due ruoli profondamenti distinti. Il primo, infatti, è entrato a far parte dell’ONU in qualità di Stato membro nel 1949, la Palestina invece, non è un Paese membro ma partecipa ed assiste ai lavori dell’Assemblea Generale – senza tuttavia votare o proporre risoluzioni – con lo status di osservatore permanente. Se, inoltre, Israele è uno Stato pienamente costituito1, la Palestina, al contrario, non rispetta i requisiti di effettività e controllo del territorio in quanto una porzione dei suoi territori è controllata militarmente da Israele.
Gli atti emanati dagli organi dell’ONU circa il conflitto arabo-israeliano sono molteplici ma uno dei più influenti è certamente la risoluzione 181 del 1947 con la quale l’Assemblea propose – e successivamente approvò – di dividere la Palestina in due Stati, uno arabo ed uno ebraico. Il piano di spartizione, tuttavia, risultava favorevole ad Israele in quanto prevedeva che il 56% del territorio abitato solamente per il 33% da ebrei, comprendente la pianura costiera, la Galilea orientale ed il deserto del Negev, sarebbe spettato allo Stato ebraico; il 34% del territorio costituito da Cisgiordania, Striscia di Gaza e parte della galilea sarebbe toccato agli arabi ed il restante 10% – comprendente Gerusalemme – sarebbe rimasto sotto una speciale amministrazione internazionale. Se il governo israeliano di allora accettò la spartizione, dall’altro lato i palestinesi ed i Paesi arabo-musulmani vi si opposero fermamente rifiutando qualsiasi ipotesi di spartizione. La risoluzione, pertanto, viste le evidenti ragioni per le quali le due fazioni si trovavano in disaccordo, non significò in alcun modo la fine delle ostilità. In quest’ultima direzione, invece, un passo importante compiuto dall’Organizzazione e finalizzato ad assicurare servizi ed aiuti ai Palestinesi rifugiati, fu certamente l’istituzione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi in the Near East (UNRWA).
Circa sei mesi dopo la Guerra dei sei giorni2 il 22 novembre 1967 il Consiglio di Sicurezza approva la risoluzione 242 del 1967 con la quale dichiara l’inammissibilità della guerra come strumento di acquisizione territoriale, chiedendo inoltre il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel recente conflitto. Malgrado la natura vincolante della risoluzione di cui si è discusso sopra, Israele non ha mai ritirato le forze armate dai territori occupati, non dando mai attuazione alla risoluzione del Consiglio.
Nonostante le risoluzioni emesse dagli organi delle Nazioni Unite siano svariate, in questa sede si riportano solo quelle utili ad una ricostruzione dei fatti quanto più dettagliata possibile. In questo senso è quindi necessario citare un parere della Corte Internazionale di Giustizia che nel 2004, sollecitata dall’Assemblea Generale, si è pronunciata circa la legalità, dal punto di vista del diritto internazionale, del muro costruito da Israele nel territori occupati. Questa pronuncia, pur non avendo carattere vincolante per la sua natura consultiva, assume tuttavia una particolare importanza in quanto stabilisce l’assoluta illegittimità non solo del muro – che i giudici dell’Aia hanno accertato violare i diritti umani dei palestinesi residenti nelle zone – ma dell’occupazione stessa dei territori da parte di Israele.
La posizione dell’ONU dal 7 ottobre 2023 sino ad oggi
In tempi più recenti, in particolare giorno 7 ottobre di quest’anno, la comunità internazionale ha assistito con una certa impotenza ad una nuova esplosione delle ostilità a seguito dell’attacco da parte di Hamas in territorio israeliano.
Dal nuovo inasprirsi del conflitto, tuttavia, il ruolo dell’ONU è stato piuttosto marginale e scarsamente incisivo poiché l’alto livello di politicizzazione della questione arabo-israeliana comporta una sostanziale inazione da parte degli organi dell’Organizzazione e specialmente del Consiglio di Sicurezza.
Dal 7 ottobre, infatti, all’interno del Consiglio di Sicurezza sono stati quattro i progetti di risoluzione respinti e solo il 15 novembre 2023 si approda alla risoluzione 2712/2023. Con essa il Consiglio, invitando tutte le Parti del conflitto ad osservare le norme di diritto internazionale e di diritto internazionale umanitario, esprime l’urgenza di garantire un corridoio umanitario nella striscia di Gaza, di rilasciare immediatamente gli ostaggi trattenuti da Hamas nonché l’esigenza, per entrambe le Parti, di astenersi dal deprivare la popolazione civile dei servizi basilari e dell’assistenza umanitaria indispensabile per la sua sopravvivenza.
Considerare questa risoluzione un traguardo del Consiglio, tuttavia, non può che suggerire una certa tristezza e rassegnazione in quanto dall’organo esecutivo della più importante organizzazione internazionale ci aspetteremmo delle azioni decisamente più incisive e rapide volte a far cessare immediatamente situazioni illegittime dal punto di vista legale internazionale. Tuttavia, gli ostacoli ad un funzionamento efficiente e corretto dell’ONU risultano di fatto insormontabili in quanto riguardano la natura stessa dell’organizzazione ed in particolare del Consiglio di Sicurezza. Il diritto ad esercitare il potere di veto spettante ai membri permanenti, infatti, subordina qualsiasi decisione, anche quelle più delicate concernenti il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, agli interessi geopolitici dei “big five”.
Note
1 Nel diritto internazionale uno Stato è un ente che esercita la sua potestà territoriale a titolo originario, in maniera stabile, effettiva ed indipendente rispetto ad altri enti.
2 Durata dal 5 al 10 giugno 1967 fu uno dei più noti tra i conflitti arabo-israeliani che vide contrapposti Israele da un lato ed Egitto, Siria e Giordania dall’altro. Al termine del brevissimo conflitto, Israele aveva conquistato la penisola del Sinai, la striscia di Gaza, la Cisgiordania, Gerusalemme Est e le alture del Golan.
Foto copertina: Quali sono i poteri dell’ONU? Quali le risoluzioni adottate nel corso del conflitto israelo-palestinese?