La politica di coesione post-2027: quale sarà la sua evoluzione?


In vista della conclusione del ciclo di programmazione 2021-2027, vari attori istituzionali sono intenti a delineare il nuovo assetto della politica di coesione per il periodo successivo.


A cura di Claudia Marano

La posizione della Commissione europea per la definizione della politica di coesione

Diversi attori istituzionali e politici hanno contribuito al dibattito sulla politica di coesione post-2027. In primo luogo, è da considerare il ruolo cruciale della Commissione Europea (CE) sia nella definizione del quadro normativo che nella supervisione della sua attuazione. Nel gennaio 2025, la CE ha pubblicato il documento strategico A Competitiveness Compass for the EU[1] che sottolinea l’importanza di una politica di coesione modernizzata per rafforzare la competitività e ridurre le disparità regionali. Il documento propone tre pilastri chiave: colmare il divario di innovazione attraverso il sostegno alle startup, la mobilità dei lavoratori qualificati e i progressi nell’intelligenza artificiale; integrare la decarbonizzazione senza compromettere la competitività, promuovendo le energie rinnovabili e l’economia circolare; ridurre la dipendenza esterna rafforzando l’industria della difesa e gli accordi commerciali[2].
La Commissione europea riprende l’impostazione proposta nei mesi precedenti da Enrico Letta, decano della IE School of Politics, Economics and Global Affairs ed ex Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, e Mario Draghi, ex Presidente della Banca centrale europea e del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.
Nel suo rapporto Much more than a market (aprile 2024), Enrico Letta sottolinea la necessità di una politica di coesione che promuova l’inclusione sociale e territoriale, evitando che alcune regioni rimangano indietro nel processo di integrazione, sostenendo che la loro mancanza rischi di compromettere non solo lo sviluppo economico di molte regioni, ma anche la legittimità politica dell’Unione. In questa prospettiva, la coesione non è più solo uno strumento di riequilibrio, ma una condizione necessaria per la stabilità e l’efficacia dell’intero sistema europeo. In questo quadro, la coesione deve essere integrata come asse portante nel rilancio del mercato unico, con una governance più solida e una visione politicamente condivisa tra tutti gli Stati membri.
Nel suo rapporto The Future of European Competitiveness (settembre 2024), Mario Draghi ribadisce il valore strategico della politica di coesione nel contesto di una nuova agenda per promuovere la competitività e a tal fine sarebbero necessari investimenti annuali pari a 800 miliardi di euro[3]. Al mero dato economico, si dovrebbe affiancare una maggiore cooperazione tra gli Stati membri, che possa portare anche alla possibilità di emettere debito comune dell’UE per finanziare progetti congiunti. L’Unione Europea potrà tornare a crescere soltanto se sarà capace di attivare tutto il potenziale dei suoi territori, superando il divario tra le regioni centrali e quelle periferiche: un’Unione in cui alcune aree restano indietro è una realtà economicamente inefficiente e politicamente instabile. Secondo il rapporto, le regioni meno sviluppate hanno bisogno di investimenti mirati, nonché di riforme strutturali in grado di migliorare le infrastrutture, la formazione e la capacità amministrativa locale. Draghi chiede quindi che la prossima politica di coesione sia dotata di maggiori risorse, ma anche di strumenti più flessibili e orientati alla performance.

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Le conclusioni del Consiglio sull’evoluzione della politica di coesione

Nel marzo 2025 il Consiglio dell’Unione Europea (UE) ha adottato le conclusioni sulla politica di coesione per il periodo successivo al 2027, riprendendo in parte quanto affermato dalla Commissione e nei rapporti esaminati. L’evoluzione futura di tale politica si rivelerà fondamentale non solo per promuovere la convergenza economica, sociale e territoriale tra le regioni europee, ma anche per rafforzare la resilienza dell’Unione e la sua competitività, in un contesto segnato da transizioni complesse e da sfide demografiche e geopolitiche crescenti.
Il Consiglio sottolinea che la coesione non è soltanto un obiettivo generale previsto dai Trattati, ma costituisce una condizione necessaria per il buon funzionamento del mercato unico e per garantire uno sviluppo armonioso dell’intera Unione. Per questo motivo, la politica di coesione dovrà continuare a sostenere la crescita delle regioni meno sviluppate, valorizzando le potenzialità locali attraverso strumenti come le strategie di specializzazione intelligente, la promozione dell’innovazione, la costruzione di catene del valore regionali e l’integrazione nei mercati globali.
Le conclusioni insistono anche sulla necessità di mantenere saldi i principi fondanti della politica di coesione: la gestione condivisa tra Commissione e Stati membri, la governance multilivello, il partenariato con le autorità locali e regionali, e un approccio fortemente territoriale e partecipativo. Tali principi dovrebbero garantire che l’azione europea avvenga il più vicino possibile ai cittadini e tenga conto delle specificità dei territori. In questo senso, si invita la Commissione a rafforzare l’approccio territoriale, anche attraverso strumenti che tengano conto delle strategie locali esistenti e delle aree funzionali (ad esempio, il legame tra aree urbane e rurali).
Una parte rilevante delle conclusioni è dedicata alla relazione tra coesione e competitività. Si afferma con chiarezza che non può esserci competitività sostenibile senza coesione, né coesione efficace senza un’economia europea forte e innovativa. La politica di coesione è chiamata quindi a essere parte integrante di una strategia più ampia di crescita a lungo termine, aiutando le regioni a evitare la stagnazione o la trappola dello sviluppo, in un’ottica di convergenza ascendente.
Il Consiglio richiama, inoltre, l’importanza di una semplificazione delle procedure e di una maggiore efficacia della politica, invitando la Commissione a esplorare soluzioni che migliorino l’orientamento ai risultati e riducano gli oneri amministrativi. Viene anche proposta una maggiore armonizzazione delle regole di attuazione e controllo, oltre a una riflessione su modelli di finanziamento semplificati che siano basati sulla performance pur nel rispetto delle peculiarità territoriali.
Un passaggio particolarmente delicato delle conclusioni riguarda il collegamento tra l’accesso ai fondi europei e il rispetto dei valori dell’Unione, in particolare lo Stato di diritto e la Carta dei Diritti Fondamentali. Il Consiglio ribadisce che esiste un legame diretto tra questi e la legittimità del finanziamento europeo, sottolineando anche la necessità di proteggere gli interessi finanziari dell’Unione attraverso strumenti di condizionalità, come previsto dal regolamento sul regime generale per la protezione del bilancio UE.
Questo punto è stato oggetto di una dichiarazione separata da parte dell’Ungheria, contenuta nell’addendum 1. Budapest, pur approvando formalmente le conclusioni, esprime una forte critica alla formulazione del paragrafo 8, giudicata ambigua e potenzialmente lesiva del principio di equità tra Stati membri.
L’Ungheria contesta l’attuale sistema di condizionalità, accusandolo di essere stato applicato in modo politicizzato e discriminatorio, e si oppone fermamente a qualsiasi sua proroga o rafforzamento nel futuro quadro finanziario pluriennale. A suo avviso, il rispetto dei valori dell’Unione dovrebbe rimanere prerogativa degli Stati membri, nel rispetto delle rispettive tradizioni costituzionali, e non essere usato come leva per limitare l’accesso ai fondi UE.

Parlamento europeo: approccio territoriale e maggiore decentralizzazione

Quanto alla posizione assunta dal Parlamento Europeo che ha storicamente sostenuto una politica di coesione forte e ben finanziata, già nel 2024 il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) ha sottolineato la necessità di un bilancio dell’UE affidabile, solido e flessibile, incentrato sulle persone, per promuovere la coesione economica, sociale e territoriale. Sono stati richiesti strumenti forti per la politica di coesione, creati con il sostegno delle regioni dell’UE e di altre parti interessate[4].
Inoltre, attraverso la risoluzione dell’8 maggio 2025 al “Nono Rapporto sulla coesione economica e sociale”, il Parlamento ha espresso una posizione chiara e articolata sul futuro di tale politica per il periodo post-2027, delineandone gli orientamenti chiave. Come sostenuto dalla Commissione e dal Consiglio, anche in questo caso è ribadita con forza la volontà di mantenere un approccio territoriale, decentrato e partecipato, rifiutando qualsiasi tentativo di riforma centralizzante dall’alto e un accentramento dei programmi dell’UE, come quelli a gestione condivisa, inclusa la politica agricola comune. Al contrario, per i deputati sarebbe necessaria maggiore decentralizzazione e un ampio coinvolgimento delle autorità locali e regionali, della società civile e degli attori economici locali in tutte le fasi dei programmi europei. Dal punto di vista finanziario, la politica di coesione post-2027 dovrebbe beneficiare di un finanziamento almeno equivalente (in termini reali) a quello dell’attuale periodo. Il Parlamento concorda poi sul fatto che la condizionalità legata allo Stato di diritto debba continuare ad essere una condizione generale e inderogabile per accedere ai fondi della coesione.
Al contempo, auspica un significativo sforzo di semplificazione normativa e amministrativa, maggiore flessibilità nella gestione dei fondi e un rafforzamento delle sinergie tra strumenti europei. Chiede di mantenere e ampliare il Just Transition Fund all’interno del quadro della coesione dopo il 2027, integrandolo nel regolamento sulle disposizioni comuni e incrementandone le risorse.
Un tema di forte preoccupazione è quello delle regioni in trappola di sviluppo, colpite da stagnazione economica, calo demografico e accesso limitato ai servizi essenziali (ad esempio Lublino in Polona e Utena in Lettonia). Per queste aree propone di aumentare i tassi di cofinanziamento e garantire interventi mirati, inclusi investimenti nei servizi pubblici. Anche le regioni ultraperiferiche sono menzionate con attenzione, riconoscendo la loro vulnerabilità strutturale e richiedendo approcci specifici. Infine, il Parlamento ha espresso preoccupazione per i ritardi accumulati nel periodo 2021-2027, attribuiti in parte al ritardo nell’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) e alla priorità assegnata al Recovery and Resilience Facility (RRF).

Il parere degli organi consultivi dell’UE

Il Comitato delle Regioni (CdR) e il Comitato economico e sociale europeo (CESE) hanno adottato diverse posizioni sulla futura politica di coesione. In particolare, il CdR riunito in sessione plenaria ha adottato il parere[5] elaborato da Isabelle Bodineau[6], con il quale ha messo in guardia contro qualsiasi tentativo di centralizzare la futura politica di coesione, sottolineando che un approccio simile sarebbe inefficace nel ridurre le disparità, allineandosi in questo modo alle valutazioni del Parlamento[7]. Nel documento si fa riferimento ancora una volta alla relazione di Enrico Letta Much more than a Market e alla relazione del gruppo ad alto livello Forging a sustainable future together: cohesion for a competitive and inclusive Europe (febbraio 2024), presieduto da Andrés Rodríguez-Pose, professore di geografia economica presso la London School of Economics, per affermare che la competitività, la sostenibilità, la produttività, l’inclusione sociale e la resilienza dell’Europa nel suo complesso siano rafforzate da adeguate politiche territoriali. Un approccio locale permette di affrontare meglio le nuove sfide, gli obiettivi e le necessità dei vari territori, applicando il principio di sussidiarietà attiva. La politica di coesione presenta margini di miglioramento per rafforzare il coordinamento e le sinergie tra gli strumenti e le politiche, nonché lo snellimento e la semplificazione delle procedure.
Punto da sottolineare è la richiesta di modernizzazione del semestre europeo per cui gli enti locali e regionali dovrebbero essere resi pienamente partecipi dell’elaborazione delle relazioni e raccomandazioni rivolte agli Stati membri e non solo consultati. Il Comitato è anche favorevole all’introduzione di un sistema di pagamento “basato sui risultati”, analogamente a quanto fatto per il Recovery and Resilience Facility, ma applicabile solo a seguito di migliorie relative alla raccolta dati per garantire la massima efficacia e trasparenza.
Anche il CESE si è a più riprese espresso al riguardo, ad esempio manifestando la sua opposizione a trasformare la politica di coesione in uno strumento per affrontare le crisi di emergenza. In particolare, il Comitato riunito in sessione plenaria a marzo 2025 ha adottato il parere[8] in cui manifesta il suo sostegno alla continuità della politica di coesione, riconoscendo come le altre istituzioni la necessità di modernizzarla, semplificarla e di aumentare le risorse che le saranno destinate nel prossimo QFP.  Anche i principi di gestione futura sono condivisi: partenariato, gestione condivisa, governance multilivello, approccio territoriale, concentrazione tematica, orientamento ai risultati e condizionalità sociali.

Conclusioni

Nei documenti ufficiali sopra menzionati, si delinea con chiarezza un consenso strategico: la politica di coesione post-2027 non sarà solo una politica di solidarietà, ma una componente imprescindibile per la competitività e la sostenibilità dell’Unione. Le istituzioni e gli organi comunitari, insieme a coloro che hanno espresso una posizione in merito alla sua evoluzione, convergono nel considerarla un motore di sviluppo che deve essere ripensato, rafforzato e integrato in tutte le principali priorità dell’UE per il prossimo decennio. Emerge come tale politica sia uno dei pilastri centrali del dibattito strategico sull’evoluzione dell’UE al punto che le sembianze che assumerà nel prossimo futuro determineranno anche il futuro dell’organizzazione stessa. La politica di coesione post-2027 dovrà mantenere la sua identità territoriale e partecipativa e ricevere finanziamenti adeguati al fine di sortire gli effetti sperati. In quanto elemento strutturale dell’UE, la distribuzione delle risorse negli Stati membri sarà fondamentale per garantire crescita equa, sostenibile e inclusiva in tutto il territorio dell’Unione. Di fronte alle crisi geopolitiche e alle dinamiche sociali ed economiche è necessario che, al pari di un albero, l’UE si pieghi, senza spezzarsi, mostrando la sua capacità di adattamento e di resilienza di fronte alle avversità.
Tra le istituzioni dell’Unione, è la Commissione a dover presentare entro il 2025 le proposte legislative per il nuovo ciclo di programmazione della politica di coesione post-2027, recependo in maniera efficace posizioni e pareri. L’obiettivo è avviare tempestivamente i negoziati per garantire una transizione fluida e una partenza puntuale del nuovo periodo di finanziamento.


Note

[1] Una bussola per la competitività dell’UE, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM(2025) 30 final, 29 gennaio 2025.
[2] La supervivencia competitiva de la Unión Europea está en riesgo, Gonzalo Navarro Ruiz, EL PAÍS, 3 marzo 2025. Disponibile su: http://cincodias.elpais.com.
[3] Draghi calls for €800bn EU investment boost and new industrial strategy, Graeme Wearden, The Guardian, 9 settembre 2024. Disponibile su: https://www.theguardian.com. [4] Per i S&D il bilancio pluriennale dell’UE dopo il 2027 deve promuovere la coesione economica, sociale e territoriale, Socialists&Democrats, 12 febbraio 2025. Disponibile su: https://www.socialistsanddemocrats.eu  
[5] La politica di coesione come motore essenziale per la realizzazione degli obiettivi e delle riforme dell’UE – Come continuare a far leva sul suo approccio basato sui risultati nel rispetto del decentramento, dei partenariati e della governance multilivello, Comitato europeo delle regioni, 14 maggio 2025.
[6] membro del Consiglio della regione francese Nuova Aquitania.
[7] Leader regionali e vicepresidente esecutivo Fitto impegnati per una nuova politica di coesione basata sul territorio che combatta le disuguaglianze in Europa, Matteo Miglietta, Comitato europeo delle regioni, 19 febbraio 2025. Disponibile su: http://cor.europa.eu
[8] Rafforzare l’orientamento ai risultati della politica di coesione post-2027 – sfide, rischi e opportunità, Comitato sociale ed economico europeo, marzo 2025.


Foto copertina: Politica di coesione