Il 22 maggio 2024 il Primo Ministro Rishi Sunak ha convocato le elezioni generali nel Regno Unito. Una mossa a sorpresa se si considerano i sondaggi che danno il partito conservatore dietro di venti punti rispetto all’opposizione laburista. Un gesto inatteso che arriva a poche settimane dal via libera del Parlamento alla controversa legge sulla sicurezza del Ruanda accompagnata da accesissime polemiche, dubbi di costituzionalità e rischi per il rispetto del diritto internazionale.
Il 23 aprile ha concluso il proprio percorso parlamentare (dopo diverse letture tra Camera dei Lord e Camera dei Comuni) la controversa legge che dovrà dare attuazione al piano del Governo britannico di esternalizzare le richieste d’asilo in Ruanda. I conservatori hanno cercato di riprendersi la scena dopo anni di performances non proprio brillanti rappresentate dagli scandali legati ai party a Downing Street dell’ex Premier Boris Johnson, la rapida ascesa e caduta di Liz Truss, i primi effetti non proprio rincuoranti della Brexit, nonché da un’economia che fino a poche settimane fa sembrava incanalata verso la recessione. Come sempre per i governi in crisi di consensi, una rinnovata intransigenza nei confronti dell’immigrazione viene vista come la panacea in grado di ribaltare le sorti elettorali. Un Primo Ministro quindi aggrappato allo slogan “stop the boats” nella speranza di riuscire a recuperare terreno.
Il problema immigrazione
L’immigrazione clandestina che secondo i fautori della Brexit all’indomani del recesso sarebbe stata posta finalmente sotto controllo, è tornata al centro dell’attenzione della politica britannica a partire dal 2018, quando si è registrato un aumento considerevole degli arrivi via Manica di piccoli barchini di migranti. Negli ultimi sei anni sono state quasi 123 mila le imbarcazioni che hanno attraversato il tratto di mare che separa la costa francese da quella inglese e solo nel 2024 se ne sono registrate più di 8.500, in aumento rispetto allo scorso anno[1]. Downing Street, che della Stop the Boats policy ha fatto uno dei suoi punti politici centrali, ha cercato di far fronte all’emergenza sia attraverso accordi di cooperazione con Parigi, sia tramite proposte di legge volte ad inasprire la normativa, come ad esempio il Nationality and Borders Act del 2022 e l’Illegal Migration Act del 2023 fortemente criticate da più parti. Leggi che però non hanno avuto l’effetto di diminuire le partenze ma, al contrario, restringendo i canali di ingresso legali, hanno lasciato campo libero ai trafficanti. Paradossalmente, inoltre, l’uscita dall’Unione Europea e dal sistema comune d’asilo che comprende anche il famigerato regolamento Dublino III (UE reg. 604/2013)[2], ha reso impossibile per Londra rimandare nei Paesi di primo arrivo i richiedenti asilo, creando quindi un imbuto che ha contribuito a sviluppare la situazione di crisi attuale.
Nel tentativo di affrontare l’alto numero di sbarchi, il Governo Johnson nell’aprile 2022 ha annunciato la conclusione di un memorandum d’intesa con il Ruanda (Memorandum of Understanding between the UK and Rwanda for the provision of an asylum partnership arrangement) per combattere l’immigrazione illegale verso il Regno Unito. Firmato nell’aprile 2022 dall’allora Ministra dell’Interno (Home Secretary) Priti Patel e da Vincent Biruta, Ministro degli Esteri del Ruanda, è stato successivamente bloccato da diversi ricorsi giurisdizionali che hanno portato, oltre alla cancellazione dei trasferimenti già nell’estate del 2022, alla sua dichiarazione di illegittimità da parte della Corte Suprema nel novembre 2023.
Per superare il blocco imposto dai supremi giudici, il Governo Sunak ha poi firmato un nuovo testo, questa volta sotto forma di trattato, presentato al Parlamento e ratificato nel gennaio 2024, accompagnato da una controversa legge, la Safety of Rwanda Act 2024, che cercando di superare le osservazioni della sentenza della Corte, ha dichiarato il Paese centrafricano in maniera quantomeno irrituale un “Paese terzo sicuro” per via legislativa. L’intero processo è stato accompagnato da numerose critiche e polemiche, non soltanto da parte delle organizzazioni non governative che lavorano nel campo del diritto d’asilo, ma anche da membri della maggioranza (ad esempio l’ex Primo Ministro Theresa May), dall’Arcivescovo di Canterbury, dall’UNHCR nonché dalla Camera dei Lord.
Dal memorandum al trattato: le critiche dei Lord e dei tribunali
Il primo fronte polemico si è aperto all’indomani della conclusione del Memorandum a proposito della necessità di presentare il testo all’attenzione del Parlamento. Il Governo da parte sua non riteneva di avere un obbligo in tal senso sulla base del Constitutional Reform and Governance Act (CRAG Act) del 2010 che regola la materia. La Camera dei Lord e in particolare la House of Lords International Agreements Committee, invece, pur non entrando nel merito del contenuto ha criticato la scelta dello strumento utilizzato che ha permesso al Governo di sottrarsi allo scrutinio parlamentare, seppur minimo[3]. Per la sua natura di accordo politico di massima dal carattere non vincolante il memorandum secondo i Lord mal si conciliava con i temi oggetto dell’intesa. Infatti, la pregnanza dell’argomento oggetto di accordo e, in particolare, il fatto che le previsioni in esso contenute incidessero direttamente sulla fruizione dei diritti individuali delle persone, richiedeva una formalità maggiore, nonché un controllo parlamentare rispetto agli obblighi internazionali in capo al Regno Unito[4].
Nonostante queste resistenze il memorandum è ugualmente arrivato a ratifica ma non è riuscito a produrre alcun effetto. La pronuncia di una misura cautelare[5] (interim measure) emanata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha costretto l’Home Office a cancellare il primo volo di trasferimento già previsto per il 14 giugno. L’intervento CEDU è stato aspramente criticato nel Regno Unito: ad esempio il Think Thank Judicial Power Project lo ha definito un “abuso del potere giudiziario che scredita l’intero sistema europeo dei diritti umani”[6]. Il rapporto del Regno Unito con la CEDU non è mai stato sereno, per usare un eufemismo, e molti sono stati gli esponenti politici, anche di peso, che si sono in diverse occasioni espressi a favore dell’uscita dalla Convenzione: da Theresa May quando era ministro dell’interno del Governo Cameron, così come da Suella Braverman, ministro ai tempi di Liz Truss e del primo governo Sunak, che ha accusato la Corte di essere troppo politicizzata ed eccessivamente interventista[7]. Nonostante la pronuncia della CEDU l’Home Office ha deciso di interrompere tutte le procedure di trasferimento fino alla conclusione dei ricorsi presentati nei tribunali britannici.
Nel giugno 2023 la Corte d’Appello ha poi assestato il primo colpo al memorandum: in quella sede i giudici hanno dichiarato la Rwanda policy illegittima. Investita poi la Corte Suprema della questione, a novembre 2023 i giudici hanno confermato all’unanimità la valutazione precedente. La Corte ha evidenziato in quella sede che stante la situazione generale del Ruanda, questo non potesse essere considerato un Paese terzo sicuro. La sentenza individuava alcune gravi criticità sistemiche: innanzitutto, la persistente situazione di violazione dei diritti umani, l’inadeguatezza del sistema di asilo e il serio e concreto rischio di respingimento. Su questo ultimo aspetto, in particolare, i giudici hanno ribadito il fatto che il principio di non-refoulement oltre a essere codificato in diversi trattati internazionali quali la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati (Art. 33), la Convenzione Europea dei diritti umani, la Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici ecc., esso è ormai parte del diritto internazionale consuetudinario rispetto al quale il Regno Unito si è più volte impegnato in coerenza con la propria politica sulla scena internazionale[8]. È opportuno sottolineare, però, che la pronuncia della Corte Suprema non ha dichiarato tout court la politica di trasferimento di richiedenti asilo in Paesi terzi illegale, ma ha solamente riconosciuto che il Ruanda non possa essere considerato sicuro e, di conseguenza, un trasferimento verso Kigali comporterebbe da parte del Regno Unito una violazione dei propri obblighi nazionali e internazionali[9].
All’indomani della pronuncia della Corte Suprema, il Primo Ministro ha annunciato un nuovo accordo sotto forma di trattato che, pur partendo dalla base del memorandum precedente, ne ha allargato le previsioni inserendo delle clausole per aggirare le criticità evidenziate dalla Corte. In particolare, il nuovo trattato ha previsto il divieto da parte del Ruanda di respingere le persone trasferite dal Regno Unito, ha ampliato i compiti della già prevista commissione di garanzia e ha impegnato Kigali in una riforma del proprio sistema di asilo.
Non bisogna però dimenticare, come anche evidenziato dalla House of Lords International Agreements Committee, che la trasformazione dell’accordo da memorandum a trattato internazionale non risponde alle criticità evidenziate dalla sentenza del novembre 2023 né è garanzia del rispetto delle disposizioni in esso contenute. Il punto, infatti, non è la cogenza delle disposizioni ma il fatto che il Ruanda non sia in grado (o non voglia) rispettare quegli obblighi. Il Ruanda è parte della Convenzione di Ginevra sui rifugiati ma questo non gli ha impedito di respingere verso altri paesi i richiedenti asilo trasferiti da Tel Aviv tra il 2013 e il 2018 nelle more dell’applicazione dell’accordo di cooperazione tra i due Paesi. In quegli anni, infatti, Israele nel quadro di uno schema di “partenze volontarie” ha inviato a Kigali i richiedenti asilo provenienti da Sudan ed Eritrea i quali, però, secondo quanto riportato da diverse organizzazioni non governative, una volta arrivati su suolo ruandese non hanno potuto richiedere asilo e sono stati respinti verso i paesi confinanti[10]. L’accordo è poi stato bloccato dalla Corte Suprema israeliana nel 2018.
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La Safety of Rwanda Bill
Nonostante queste criticità il Governo ha deciso di proseguire con la “Rwanda Policy”, affiancando al trattato la Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill, una proposta di legge che è intesa come corollario del trattato e si basa su tre punti principali: il riconoscimento per via legislativa del Ruanda come Paese sicuro, l’impossibilità di ricorso avverso ai trasferimenti se basati sull’insicurezza del Paese o sul rischio di refoulement, la disapplicazione di alcune norme dello Human Rights Act (HRA)1998.
Secondo il Governo la formalità conseguente la firma del trattato (in sostituzione del memorandum) dovrebbe essere sufficiente per superare le criticità evidenziate dalla Corte Suprema e permettere, in questo modo, al Parlamento di dichiarare il Ruanda un “Paese terzo sicuro”. Gli obblighi in capo a Kigali di non respingere i richiedenti asilo trasferiti dal Regno Unito, a riformare il proprio diritto di asilo interno però sono solamente degli impegni a medio-lungo termine ma che non sono ancora effettivamente dei dati di fatto. Questo ha portato diversi osservatori a riflettere fino a che punto il principio della sovranità parlamentare, uno degli elementi fondanti il sistema costituzionale del Regno Unito, permetta al Parlamento non solamente di legiferare, ma di creare e di imporre una propria visione dei fatti indipendentemente da quale sia effettivamente la situazione sul terreno. Si è di fronte in questo caso a una lettura non tanto estensiva, quanto sovrabbondante del principio della supremazia parlamentare che sembra mettere in dubbio la stessa divisione dei poteri e lo stato di diritto nel Regno Unito: diversi sono stati i commentatori che l’hanno definita una legge che crea un precedente pericoloso. Se è vero che, formalmente, il Parlamento può legiferare su qualsiasi materia in quanto sovrano, è altrettanto vero che questo è bilanciato dal principio fondamentale della divisione dei poteri che è uno dei cardini dei sistemi democratici liberali: se il Parlamento scrive le leggi, il compito di applicarle, interpretarle e di accertare la verità è in capo alle Corti. In questo modo, invece, il Parlamento si è auto-investito del potere di imporre a tutti i decisori il proprio punto di vista, nonostante quanto già accertato da una sentenza del supremo organo giurisdizionale del Regno Unito. Sebbene il ragionamento sia di difficile estrinsecazione in poche righe, ci si rende comunque conto delle implicazioni che questo atteggiamento porta con sé per il futuro.
Ipotizzando che questo atteggiamento non crei dei pericoli a lungo termine dal punto di vista istituzionale e democratico, che la legge sia totalmente legittima e che l’allarme sia frutto di un posizionamento politico, nulla cambia rispetto la dimensione esterna. Il Ruanda continuerà ad essere considerato un Paese non sicuro per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei rifugiati e dei diritti umani (nonostante siano stati fatti passi in avanti rispetto agli anni ’90) e Londra continuerà a essere legata al rispetto dei propri impegni indipendentemente da quanto statuito in una legge interna[11].
Quello che ha portato, ad esempio, la Law Society[12] a suonare l’allarme è stato anche l’inserimento di previsioni, che nei sistemi di common law vanno sotto il nome di ouster clauses, volte ad escludere la possibilità di ricorrere in tribunale su alcune fattispecie. I giudici, quindi, dovranno considerare il Ruanda un Paese sicuro e non potranno accogliere né valutare i ricorsi avversi ai trasferimenti se basati sul rischio di respingimento, sull’opacità del sistema nazionale di asilo o, in generale, sulla situazione di insicurezza del Paese. A questo si è affiancata la scelta da parte del Governo di disapplicare una larga parte delle disposizioni contenute nello HRA, quella legge che ha incorporato nella legislazione britannica la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo imponendone la conformità, nonché l’obbligo per i giudici di interpretare la legge in modo quanto più conforme possibile ai diritti statuiti nella Carta. Il Governo, conscio del fatto che la pronuncia di una interim measure da parte della Corte di Strasburgo sia stata la causa prima del blocco dei primi trasferimenti nell’estate 2022, ha deciso di sterilizzare il pericolo di una replica della stessa situazione, garantendo la possibilità ai ministri di decidere se conformarsi a future pronunce simili.
Nonostante le resistenze incontrate nella Camera alta (i Lord hanno più volte emendato la proposta di legge, modifiche che però sono state costantemente respinte ai comuni) la legge è riuscita ad arrivare alla sua approvazione finale il 23 aprile scorso.
Cosa succede ora?
La caparbietà con la quale Downing Street e i conservatori hanno spinto per l’adozione della legge sulla sicurezza del Ruanda, non è mai stata scalfita dalle asprissime critiche che si sono sollevate da diverse parti. È chiaro ed evidente che il Primo Ministro aveva bisogno di una vittoria su un tema così identitario come quello della migrazione irregolare: non va dimenticato che il partito conservatore ha vinto le elezioni e i brexiteers sono riusciti a portare a casa il referendum anche grazie a quella campagna antimmigrazione di cui questa legge è ultima espressione.
Subito dopo l’approvazione a Westminster, Sunak ha trionfalmente annunciato che i primi voli alla volta di Kigali sarebbero partiti nell’arco di massimo dodici settimane e a inizio maggio sembrava che la “data X” sarebbe stata il primo luglio prossimo. Un annuncio che però è stato prontamente smentito durante il discorso tenuto per comunicare la convocazione delle elezioni generali il prossimo 4 luglio. Non proprio di buon auspicio. Nella prossima contesa elettorale Sunak si gioca non solo il Governo ma la sua stessa sopravvivenza politica e la leadership del partito. Il leader conservatore era stato chiamato a prendere le redini del partito e del Governo dopo i disastrosi 49 giorni di premiership di Liz Truss e, adesso, tenta di sfruttare la congiuntura economica che sembra sorridere al Governo (inflazione sotto controllo, uscita dalla recessione) per far dimenticare gli oggettivi disastri della gestione conservatrice degli ultimi anni, ponendosi come garante della stabilità e utile timoniere di una Britannia si spera fuori dalle acque agitate degli ultimi anni.
Stabilità quindi e pugno duro contro l’immigrazione irregolare anche se quest’ultima sembra un’arma già spuntata. È infatti di pochi giorni fa la decisione dell’Alta Corte dell’Irlanda del Nord che ha dichiarato che i trasferimenti non potranno avere luogo dall’Ulster, poiché l’intero piano del Governo si porrebbe in violazione degli accordi post-Brexit relativi all’Irlanda del Nord. Una sentenza contro la quale il Governo ha già comunicato di voler ricorrere.
Dall’altro lato della barricata politica, Keir Starmer se ha espresso la sua contrarietà al piano ed ha espresso la sua intenzione di bloccarlo se dovesse vincere le elezioni, non ha proposto una politica di maggiore apertura rispetto all’immigrazione, al contrario, intende agire per rafforzare i confini dei quali i conservatori hanno perso il controllo.
In ogni caso, dal mero punto di vista economico, la Rwanda policy si sta già rivelando una enorme voragine di soldi pubblici. Secondo l’accordo, infatti, Londra ha già versato al Ruanda 240 milioni di sterline alla fine del 2023 e nell’arco dei cinque anni di validità la cifra totale dovrebbe aggirarsi attorno ai 370 milioni di sterline. A questa già mastodontica cifra andranno aggiunti ulteriori 120 milioni nel momento in cui si arrivasse al trasferimento di 300 persone, nonché altre 20 mila per ogni persona trasferita[13]. Una mole immensa di sterline che devono dimostrare di essere state ben investite.
L’obiettivo del Governo nell’adottare questa legge e nel proseguire sulla strada dell’accordo con il Ruanda stringendo allo stesso tempo sempre più le maglie della normativa nazionale in materia di asilo, è quello di riuscire a mettere in piedi un deterrente che disincentivi le partenze. I dati degli arrivi che non sembrano diminuire evidenziano il fallimento di questo approccio. L’idea che le persone in attesa di partenza dalle coste francesi (o da quelle libiche o tunisine per quanto riguarda l’Italia) siano a conoscenza sistema sanzionatorio e delle novità normative man mano approvate dagli organi nazionali del Paese di arrivo è tanto ingenua quanto irreale. L’irrigidimento dei sistemi di immigrazione e di asilo ha il solo effetto, in realtà, di creare ulteriori sacche di insicurezza il che, se ci riflettiamo, dovrebbe essere l’esatto opposto di quello che i Governi che perseguono queste politiche vorrebbero ottenere. E infatti la deterrenza non sembra essere una carta vincente. Guardando ai dati nel 2023 sono arrivate sulle coste inglesi più di 23 mila imbarcazioni, per un totale di quasi 50 mila richiedenti asilo in aumento rispetto agli anni scorsi e tutti virtualmente trasferibili verso il Ruanda. Peccato però che da Kigali non sia arrivata una risposta chiara rispetto a quante persone potranno essere effettivamente accolte nel Paese, ma pare sicuro che si tratti di una cifra inferiore ai cinquantamila. La speranza dei conservatori è che il rischio di un trasferimento in Ruanda spinga sia a una diminuzione degli sbarchi e sia alla partenza dal territorio britannico di quanti sono già presenti; per ora sembrano essere solo pie e costosissime speranze.
Note
[1] Migration Watch UK, Channel Crossing Tracker, https://www.migrationwatchuk.org/channel-crossings-tracker
[2] Il regolamento così detto Dublino III stabilisce le procedure per l’identificazione del paese responsabile della procedura d’asilo. È da molti anni ormai al centro delle polemiche per l’eccessivo peso che ricade sulle spalle dei paesi di primo arrivo e si è cercato di modificarlo per cercare di creare una maggiore solidarietà tra i vari paesi europei, finora senza successo.
[3] Il governo britannico firma e ratifica accordi internazionale esercitando la Royal Prerogative. Storicamente il ruolo del Parlamento in materia di trattati internazionali è sempre stato limitato, i parlamentari infatti non hanno la possibilità di bloccare il processo di ratifica né tantomeno di incidere sulla stesura delle clausole. L’unico potere loro riconosciuto è quello di prolungare la discussione di 21 sitting days (giorni di effettivo lavoro del Parlamento) indefinitamente, anche se si tratta di una facoltà solamente teorica. La materia è regolata dal Constitutional Reform and Governance Act (CRAG Act) del 2010, che prevede per l’esecutivo l’obbligo di notifica e di presentazione degli accordi internazionali accompagnati da un explanatory memorandum e che rimangono nella disponibilità di discussione delle Camere per 21 sitting days, trascorsi i quali l’atto si considera comunque ratificato. Questa regola prende il nome di Posonby Rule, una convenzione costituzionale del 1924, nata nelle more della ratifica del trattato di pace con la Turchia e codificata nel 2010, seppur in una sua versione edulcorata.
[4] House of Lords International Agreements Committee, Memorandum of Understanding between the UK and Rwanda for the provision of an asylum partnership arrangement, 18th October 2022, https://committees.parliament.uk/publications/30322/documents/175339/default/
[5] Regolate dall’articolo 39 del Regolamento della Corte EDU. Si tratta di misure di urgenza volte ad ottenere una misura cautelare che permetta di fronteggiare il rischio imminente di una lesione ad un diritto garantito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
[6] Ekins Richard, The Strasbourg court’s disgraceful Rwanda intervention, 15th June 2022, https://www.lawgazette.co.uk/commentary-and-opinion/the-strasbourg-courts-disgraceful-rwanda-intervention/5112790.article
[7] Peter Walker, Matthew Weaver, Diane Taylor, Suella Braverman restates wish for UK to leave European court of human rights, 28th August 2023, The Guardian https://www.theguardian.com/politics/2023/aug/28/suella-braverman-restates-wish-for-uk-to-leave-european-court-of-human-rights
[8] UK Supreme Court, R (on the application of AAA (Syria) and others) (Respondents/Cross Appellants) v Secretary of State for the Home Department (Appellant/Cross Respondent); R (on the application of HTN (Vietnam)) (Respondent/Cross Appellant) v Secretary of State for the Home Department (Appellant/Cross Respondent); R (on the application of RM (Iran)) (Respondent) v Secretary of State for the Home Department (Appellant); R (on the application of AS (Iran)) (Respondent/Cross Appellant) v Secretary of State for the Home Department (Appellant/Cross Respondent) R (on the application of SAA (Sudan)) (Respondent) v Secretary of State for the Home Department (Appellant); and R (on the application of ASM (Iraq)) (Appellant) v Secretary of State for the Home Department (Respondent), 15th November 2023 https://www.supremecourt.uk/cases/docs/uksc-2023-0093-etc-judgment.pdf
[9] Gower Melanie, Butchard Patrick, McKinney CJ, The UK-Rwanda Migration and Economic Development Parthnership, House of Commons Library, 25th April 2024, https://researchbriefings.files.parliament.uk/documents/CBP-9568/CBP-9568.pdf
[10] Beaumont Peter, Rwanda’s history of receiving deportees raises concerns for potential UK scheme, 17th January 2022, The Guardian, https://www.theguardian.com/world/2022/jan/17/rwanda-uk-asylum-seekers-deportees-israel-scheme
[11] In questo senso viene in aiuto la stessa convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che al suo articolo 27 prevede che uno Stato parte “non [possa] invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato”, Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, art. 27 https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1990/1112_1112_1112/it
[12] The Law Society of England and Wales è l’associazione professionale che rappresenta circa 200 mila solicitors nella giurisdizione di Inghilterra e Galles
[13] BBC, What is the UK’s plan to send asylum seekers to Rwanda and how many could go?, 16th May 2024, https://www.bbc.com/news/explainers-61782866
Foto copertina: Il Primo Ministro Rishi Sunak ha convocato le elezioni generali nel Regno Unito