La nuova corsa all’Artico


La nuova sfida è nell’Artico: tra geopolitica, interessi strategici e la frammentazione dell’ordine globale.


A cura di Riccardo Renzi

La Russia e la Cina: un’alleanza strategica sull’asse del gelo

Con la guerra in Ucraina e il conseguente isolamento internazionale, la Russia ha accelerato il proprio pivot verso est. Se già da tempo Mosca considerava l’Artico come parte integrante della propria strategia geopolitica, lo scontro con l’Occidente ha dato ulteriore impulso alla militarizzazione e alla valorizzazione economica dell’estremo nord russo. Dal 2021 al maggio 2023 la Russia ha detenuto la presidenza del Consiglio Artico, ma la sospensione delle attività del forum da parte di Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti ha interrotto la cooperazione multilaterale. Nonostante ciò, Mosca ha proseguito i propri progetti, trovando nella Cina un partner strategico[1]. La cooperazione russo-cinese nello Yamal – ricco bacino di gas – rappresenta un tassello fondamentale. L’accordo tra la compagnia russa Rusitan e la cinese China Communications and Construction Company mira a costruire un nuovo gasdotto che, attraversando la Mongolia, collegherà direttamente la Siberia alla Cina. Un’infrastruttura pensata per rimpiazzare i mercati europei ormai chiusi, consolidando un’alleanza energetica sino-russa in chiave anti-occidentale[2]. L’iniziativa rientra nel quadro più ampio della Polar Silk Road, una delle estensioni meno discusse della Belt and Road Initiative cinese. Non potendo sedere come membro permanente del Consiglio Artico, Pechino ha scelto la via pragmatica dell’investimento infrastrutturale, scientifico e commerciale, sfruttando il riscaldamento globale per promuovere nuove rotte marittime e acquisire accesso a risorse strategiche.

Un nodo geopolitico tra l’Atlantico e l’Artico

Il valore strategico della Groenlandia risiede innanzitutto nella sua posizione geografica. L’isola si trova esattamente nel passaggio tra l’Oceano Atlantico e quello Artico, fungendo da ponte naturale e da punto di controllo per eventuali rotte marittime o movimenti militari. Durante la Guerra Fredda, basi dislocate in Groenlandia, Islanda, Scozia e Canada hanno costituito una barriera essenziale al contenimento navale sovietico. Questo dispositivo resta oggi di grande importanza, in particolare in riferimento alla cosiddetta GIUK Gap (Greenland–Iceland–United Kingdom), una “strozzatura” marittima la cui batimetria – ovvero la profondità del fondale marino – consente un controllo ottimale dei movimenti sottomarini, grazie anche alla presenza del sistema SOSUS di sorveglianza acustica[3]. Ma oltre alla dimensione militare e navale, c’è un altro elemento centrale: la Groenlandia è una delle porte di accesso al Consiglio Artico, l’organismo multilaterale che regola la cooperazione e la governance della regione. La Danimarca vi partecipa come membro a pieno titolo proprio grazie alla sovranità sull’isola. E la Cina, osservatore dal 2013, preme per un accesso maggiore – se non formale, almeno sostanziale – a un organismo che finora si è comportato come un club chiuso di nazioni geograficamente artiche. Per Pechino, quindi, ottenere diritti su porzioni di territorio groenlandese, anche solo economici o logistici, potrebbe rappresentare una carta di legittimazione per avanzare pretese più ampie in seno al Consiglio[4].

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Il triangolo strategico USA-Cina-Russia

L’Artico è tornato ad essere un teatro di competizione globale, dove la rivalità tra USA, Cina e Russia assume tratti sempre più concreti. Mosca ha potenziato significativamente la propria presenza militare nella regione e, dal 2023, ha avviato un programma di pattugliamento congiunto con la Cina nelle acque artiche. Un segnale forte, che preoccupa tanto Washington quanto Bruxelles. Parallelamente, Pechino ha avviato una strategia di espansione nell’Artico definendosi “nazione quasi artica”, con lo scopo dichiarato di accedere alle rotte artiche, allo sfruttamento minerario e – soprattutto – alle terre rare. Questo elemento è cruciale: la Groenlandia è tra le regioni più ricche al mondo di minerali strategici, necessari per le tecnologie avanzate e l’industria green. UE e USA, che da decenni hanno esternalizzato la filiera delle terre rare alla Cina, vedono in Groenlandia un’occasione per ridurre la dipendenza da Pechino.

Indipendenza e diplomazia: il fattore groenlandese

L’interesse globale per la Groenlandia si intreccia con un percorso politico locale non privo di ambizioni: nel prossimo futuro, i groenlandesi saranno chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento e – potenzialmente – per esprimersi su un nuovo referendum per l’indipendenza. Il precedente del 2008 sull’autogoverno aveva già mostrato una netta propensione verso l’autonomia, e recenti sondaggi indicano un sostegno all’indipendenza superiore al 90%. Questo non significa che l’isola sia destinata a diventare il 51° Stato degli USA, ma segnala una tendenza a voler acquisire un peso politico e una sovranità più marcata. Tuttavia, come ha sottolineato Kristian Kristensen dell’Università di Copenaghen, i groenlandesi sanno bene che non possono difendersi da soli, e non si opporrebbero a un rafforzamento del ruolo USA nella loro sicurezza[5]. In questo contesto, le dichiarazioni di Trump assumono un doppio significato: da un lato confermano la centralità strategica dell’isola, dall’altro rischiano di minare l’approccio cooperativo tra alleati occidentali. Come osservato su Foreign Policy, la Groenlandia è un progetto ideale per una cooperazione transatlantica; il vero ostacolo potrebbe essere l’unilateralismo muscolare del presidente americano[6].

Gli Stati Uniti tra rilancio strategico e confronto multipolare

La rinnovata centralità dell’Artico ha spinto anche Washington a ridefinire le proprie priorità. Già nel 2019, durante la prima amministrazione Trump, si registrarono forti pressioni statunitensi sulla Groenlandia. Le dichiarazioni sull’“acquisto” dell’isola danese non erano solo boutade, ma segnale di un interesse crescente verso un territorio strategico per il controllo delle rotte e delle risorse. Nel febbraio 2025, il dialogo tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e l’omologo statunitense Marco Rubio a Riad ha aperto uno spiraglio di cooperazione energetica artica. Pur dominata dalla questione ucraina, la trattativa ha incluso la proposta russa di collaborare su progetti nell’Artico, con il coinvolgimento del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF)[7]. Questo riavvicinamento, sebbene ostacolato da divergenze profonde e dalle sanzioni occidentali, riflette un pragmatismo strategico: gli Stati Uniti vogliono contrastare l’avvicinamento tra Mosca e Pechino, offrendo un’alternativa cooperativa per evitare un consolidamento del blocco sino-russo.

Unione Europea e Italia: tra aspirazioni morali e marginalizzazione geopolitica

L’Europa, stretta tra i propri principi etici e la realpolitik delle superpotenze, appare in difficoltà. La strategia artica dell’UE del 2021 punta su sostenibilità ambientale, tutela delle popolazioni native e sviluppo inclusivo. Obiettivi lodevoli, ma forse insufficienti nel nuovo scenario geopolitico. Mario Draghi ha recentemente invitato l’Europa a un cambio di paradigma. Se Bruxelles continuerà a basare la propria azione su un approccio moraleggiante, rischierà di essere tagliata fuori dai grandi giochi strategici dell’Artico. L’Italia, da parte sua, ha delineato una propria strategia dal 2016, basata su cooperazione scientifica e diplomazia ambientale. Membro osservatore del Consiglio Artico, ha storicamente contribuito alla ricerca polare ma resta ai margini delle dinamiche più aggressive di investimento e militarizzazione. Secondo Emanuela Somalvico, direttrice dell’Osservatorio di Intelligence sull’Artico, l’Italia può comunque giocare un ruolo importante nell’ambito della cooperazione scientifica, della prevenzione dei rischi ibridi (come la penetrazione economico-criminale) e nello sviluppo di capacità analitiche sul nuovo contesto artico[8].

Groenlandia: la posta in gioco di una nuova Guerra Fredda

La Groenlandia, con la sua posizione chiave tra l’Artico e l’Atlantico, rappresenta una delle caselle più ambite sulla scacchiera mondiale. La vittoria dei Demokrats alle elezioni del marzo 2025, partito indipendentista ma critico verso gli USA, ha scompaginato i piani americani[9]. La popolazione locale è contraria a una piena integrazione con Washington, ma gli interessi geostrategici sono troppo grandi perché gli Stati Uniti rinuncino alla pressione. Anche la Cina ha cercato di inserirsi, seppur con modalità meno intrusive: tentativi di acquisto di infrastrutture, partecipazioni minerarie, penetrazione industriale. Tuttavia, la Danimarca ha bloccato molte di queste iniziative, consapevole dell’importanza geostrategica dell’isola.

Le rotte artiche: nuova linfa per la globalizzazione?

Il cambiamento climatico ha accelerato la percorribilità delle rotte artiche, riducendo i tempi di navigazione tra Asia ed Europa. La Northern Sea Route (NSR), controllata dalla Russia, e il Passaggio a Nord-Ovest, lungo le coste canadesi, sono oggi più accessibili grazie al ritiro dei ghiacci. Nel 2024, la Cina[10] ha effettuato 14 viaggi lungo la NSR con circa 150.000 tonnellate di merci, segnale che le rotte polari stanno iniziando a trasformarsi da sogno cartografico a realtà logistica. In un mondo dove i choke points tradizionali (Panama, Suez, Malacca) sono sempre più instabili, l’Artico può diventare il nuovo epicentro della logistica globale[11].

Militarizzazione e scenari futuri: verso un nuovo High North?

La militarizzazione dell’Artico è già in corso. La Russia[12] ha rafforzato la sua flotta di rompighiaccio nucleari e la presenza militare nella penisola di Kola, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati NATO – in particolare Canada, Norvegia e Finlandia – hanno rilanciato la propria postura difensiva nell’“High North”. Il ICE Pact tra Stati Uniti, Canada e Finlandia per la produzione congiunta di rompighiaccio segna una svolta. È il segnale di un’alleanza artica nel cuore della NATO, capace di contrastare l’espansione russa e cinese. Nel contempo, il Canada ha adottato nel dicembre 2024 una nuova Arctic Foreign Policy, proponendosi come attore principale della governance polare, anche a tutela degli interessi delle popolazioni autoctone.

Conclusioni

La corsa all’Artico è più che una questione di risorse. È un campo di battaglia simbolico, ecologico, strategico, energetico. È la zona grigia dove si sperimentano nuove forme di cooperazione ibrida e scontro asimmetrico. È anche un laboratorio per l’intelligence, per comprendere le sfide che il mondo multipolare del XXI secolo porrà davanti alle democrazie liberali e ai regimi autoritari. L’Artico non è più la periferia del mondo: ne è il nuovo baricentro. E nella sua trasformazione si gioca un pezzo del futuro degli equilibri planetari.


Note

[1] A. VACCA, «Corsa all’Artico: la cooperazione tra Russia e Cina e le sfide per la NATO», IARI, 8/10/2024
[2] A. TALIA, «Il futuro dell’Artico, sempre più centrale a livello geopolitico, economico e militare», Il Sole 24 Ore, 3/04/2025.
[3] S. U. GRECCHI, «Groenlandia: la temperatura geopolitica aumenta», ISPI, 7/02/2025.
[4] A. TALIA, «Il futuro dell’Artico, sempre più centrale a livello geopolitico, economico e militare», Il Sole 24 Ore, 3/04/2025.  
[5] L. NANNETTI, «Cosa davvero rende speciale la Groenlandia?», Il Caffè Geopolitico, 31/01/2025.
[6] R. RENZI, «Groenlandia, un’analisi del risultato elettorale», Il Caffè Geopolitico, 31/03/2025.
[7] E. ARGANTE, «Perché l’Artico può diventare la nuova frontiera della geopolitica e dell’economia globale», Forbes, 9/01/2025.
[8] A. TALIA, «Il futuro dell’Artico, sempre più centrale a livello geopolitico, economico e militare», Il Sole 24 Ore, 3/04/2025.
[9] L. NANNETTI, «Cosa davvero rende speciale la Groenlandia?», Il Caffè Geopolitico, 31/01/2025.
[10] G. GAGLIANO, «La rotta artica della Cina, con la Russia (ma non troppo)», InsideOver, 25/12/2024.
[11] A. TALIA, «Il futuro dell’Artico, sempre più centrale a livello geopolitico, economico e militare», Il Sole 24 Ore, 3/04/2025.
[12] B. OBERTI, «La guerra in Ucraina echeggia anche nell’Artico», ISPI, 13/03/2023.


Foto copertina: la nuova sfida geopolitica nell’Artico