Risorse congelate: l’impatto geopolitico delle estrazioni di petrolio nell’Artico


La corsa alle risorse naturali del XXI secolo si sposta ai confini del mondo, tra clima estremo e difficoltà logistiche.


A cura di Andrea Caropreso

Il contesto

L’Artico è una regione ricca di sorprendente biodiversità, terra ancora incontaminata circondata da ghiaccio, balene, foche e altre specie che sono riuscite ad adattarsi al clima gelido e innevato. Ma l’Artico non è soltanto un luogo in cui poter ammirare magnifici esemplari del mondo animale. Esso infatti è sede di una varietà di minerali preziosi come oro, diamanti e zinco. Lo United States Geological Survey stima a riguardo che l’Artico contenga quantità di petrolio e gas pari al 20% delle risorse globali ovverosia l’equivalente di 400 miliardi di barili di greggio convenzionale.1 Ciò che naturalmente ne consegue in un mondo ancorato allo sfruttamento delle risorse petrolifere è una corsa a quella che potrebbe essere la nuova strada verso l’Eldorado degli idrocarburi. Non tutti i paesi hanno però diritto a compiere esplorazioni in questo territorio. L’autorizzazione è stata infatti concessa ad otto nazioni che ricadono geograficamente nel perimetro del Circolo Polare Artico: Canada, Danimarca (grazie al controllo sulla Groenlandia), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. La convenzione delle Nazioni Unite del 1982 disciplina la materia e consente a ciascuno di questi paesi di avere una zona economica esclusiva che equivale a circa 200 miglia dalla propria costa.2 Nondimeno la definizione effettiva di questi confini è stata spesso oggetto di controversie poiché ogni paese ha tentato di spingersi al di là di quanto effettivamente avrebbe avuto diritto. La convenzione fornisce altresì dei parametri affinché si tuteli il territorio, aspetto che è stato più volte ribadito dalle associazioni ambientaliste.

La conduzione di grandi esplorazioni in una terra buia, remota e pericolosa quale l’Artico è, rappresenta una sfida non indifferente anche per due superpotenze come Russia e Stati Uniti. Infatti l’organizzazione di operazioni di questa portata si tradurrebbero in uno sforzo economico pari al doppio rispetto ad un qualsiasi altro piano di esplorazione e potrebbe essere ripagato soltanto accaparrandosi i giacimenti più grandi e più ricchi. I motivi per i quali estrarre greggio dall’Artico è estremamente costoso sono molteplici. Il primo che può balzare alla mente è naturalmente il clima. Sebbene i cambiamenti climatici stiano provocando lo scioglimento dei ghiacciai a causa del surriscaldamento del nostro pianeta, le condizioni meteorologiche nell’Artico rimangono difficili e impervie per chiunque. Pertanto non solo si richiede una sopportazione fisica e psicologica a coloro che sono delegati in questa missione, ma soprattutto bisogna utilizzare un’attrezzatura per l’estrazione in grado di resistere alle temperature rigide. Un secondo motivo è che nei mari artici la banchisa può danneggiare le strutture offshore. Quest’ultime rappresentano un elemento chiave in qualsiasi operazione di trivellazione ed estrazione di risorse marine, nonché nell’industria petrolifera e gasiera. L’estrazione dai mari infatti si rende possibile proprio grazie alle piattaforme, siano esse fisse o galleggianti. Tuttavia in un ambiente dove il clima può rapidamente cambiare e le acque sono ghiacciate anche le piattaforme più tecnologicamente avanzate sarebbero messe in pericolo. Ciononostante negli ultimi anni nessuno dei paesi sopraelencati si è fatto scoraggiare e la corsa all’Artico ha assunto connotati anche conflittuali.

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Le posizioni di Russia e Stati Uniti

La Federazione Russa guidata da Vladimir Putin è la nazione che ha manifestato le più grandi ambizioni nella regione artica. Questo anche in virtù del fatto che Mosca ha storicamente considerato l’Artico (o quantomeno una buona fetta di esso) come una naturale estensione del proprio territorio. Pertanto è lapalissiano immaginare che un’occasione del genere, vista l’importanza degli idrocarburi nel mondo, non venga fatta sfuggire e che l’Artico possa rappresentare una gallina russa dalle uova d’oro. Il 21 febbraio 2023 il presidente Putin ha adottato tramite decreto la Strategia per lo sviluppo della zona artica di competenza russa e di sicurezza nazionale fino al 2035.3 A metà tra propaganda ed espansionismo l’Artico è sempre più centrale nelle strategie energetiche del Cremlino. Non a caso Mosca ha negli anni investito ingenti risorse per accaparrarsi il più possibile dalla zona di sua competenza. Ciò è andato di pari passo con un rafforzamento della presenza militare nella regione al fine di proteggere i confini artici. Tuttavia il prolungamento (inizialmente non preventivato) del conflitto in Ucraina e le conseguenti sanzioni più o meno efficaci che la Federazione Russa subisce ormai da due anni da parte dell’Unione europea hanno indirettamente causato un rallentamento nei processi di estrazione. Come precedentemente accennato, infatti, il piano logistico che ogni paese deve attuare per portare avanti la missione artica è molto complesso. Nel caso della Russia esso passa dalla Northern Sea Route e si compie grazie ad attrezzature tecnologiche di cui Mosca non dispone in grande quantità, servendosi piuttosto di quelle occidentali.4

La strategia degli Stati Uniti per la regione artica è stata posta in essere nell’ottobre del 2022 e si articola su quattro pilastri: sicurezza, protezione dell’ambiente, sostenibilità economica e cooperazione internazionale.5 A ciò è conseguito un’implementazione del contingente militare per il potenziamento del porto di Nome sullo stretto di Bering. Il nuovo scenario di scontro con Mosca potrebbe essere proprio il futuro della regione artica e il passaggio a Nord-Ovest. Non parliamo della storica trasmissione condotta da Alberto Angela ma piuttosto di un importantissimo snodo che potrebbe aprirsi con lo scioglimento della calotta polare. La predominanza americana sul piano tecnologico si scontra però con l’effettivo numero di risorse a disposizione visto che stando soltanto al numero di navi rompighiaccio la Federazione Russa ne dispone di molte in più. Inoltre la collocazione geografica remota dell’Artico fa sì che non ci si possa affidare alla domain awareness. Parliamo a riguardo della capacità di conoscere informazioni cruciali sui nemici grazie ai domini della rete e alla sicurezza informatica. Processi che necessitano di campi di rete e tecnologie che in un’area estrema come l’Artico non è facile migliorare. Ad ogni modo alla base della strategia americana, come enunciato nella National Security Strategy del 2022, vi è la cooperazione internazionale.6 Le note vicende in Ucraina hanno esacerbato i rapporti ma è opportuno credere che visti gli interessi in gioco nel prossimo decennio sarà possibile recuperare una forma di cooperazione per evitare che la nuova guerra fredda si giochi, ironia del destino, nel luogo climaticamente più gelido possibile.7

E la Cina?

Con l’inizio del nuovo millennio l’interesse del Dragone per le questioni artiche è andato aumentando. Ne è testimonianza la richiesta di ammissione (e il conseguente placet) al Consiglio Artico, principale forum della regione, in qualità di membro osservatore. La volontà di essere una grande potenza non può non andare di pari passo con l’essere protagonista in ogni scenario in cui gli interessi economici di altre potenze rivali o alleate, Stati Uniti e Russia, vengono decisi. L’avvicinamento strategico tra Mosca e Pechino è stata infatti la chiave della firma di un accordo di cooperazione nell’Artico al fine di rafforzare la sicurezza marittima dopo che la Russia invase l’Ucraina. Inoltre ad agosto del 2023 il sodalizio si è reso protagonista di esercitazioni al largo dell’arcipelago dell’Alaska, destando preoccupazione a Washington. Infatti in un contesto globale in cui le partite più importanti si giocano su tre fronti (Ucraina in ambito europeo, Israele sul fronte mediorientale e Taiwan sul fronte asiatico), una mossa del genere è stata percepita come altamente provocatoria.8

Dato che la Cina non è un paese artico la propria capacità di penetrare negli affari ad esso collegati è rappresentata da operazioni di controllo diretto o indiretto che è in grado di porre in essere. A riguardo pensiamo agli investimenti fatti in Groenlandia per ciò che riguarda le tanto ambite terre rare ovverosia risorse naturali che potranno essere molto ambite in ottica transizione energetica.
Nel 2019 perfino l’aeroporto di Nuuk, capitale groenlandese, è stato ampliato grazie al supporto di Pechino. Tuttavia la Groenlandia dipende dalla Danimarca e tali questioni non hanno lasciato indifferente la Corona a testimonianza di come la predominanza su territori strategici sia di cruciale importanza per tutti.

Conclusioni

Tra interessi economici e geopolitici la corsa all’Artico è appena iniziata. Alcuni lo hanno definito il nuovo canale di Suez e potrebbe rappresentare una vera rivoluzione per il commercio mondiale di idrocarburi. Se è vero che in teoria gli obiettivi prefissati da molti paesi, tra cui gli Stati Uniti, siano quelli di ridurre la dipendenza dal fossile, è altrettanto vero che il petrolio è ancora parte integrante dell’economia globale. E poter contare su un bacino di risorse naturali quasi del tutto non intaccato fa sì che le parte in causa si prodighino e investano ingenti risorse per portare avanti i propri interessi e consolidare la propria posizione anche in un luogo remoto come l’Artico. Non a caso il grande nord viene definito, nel caso della Russia, il bancomat di Putin dato che consente al leader del Cremlino di assicurarsi il 50% del PIL.9 Questo pertanto non escluderebbe l’ipotesi per la quale l’Artico diventi uno scenario di scontro (non a suon di armi) tra la NATO e la Federazione Russa, in controtendenza con una coesistenza pacifica che si è ha avuto negli anni passati perfino con l’ex URSS. Aspetto, quest’ultimo, ribadito anche dalla premier svedese Ulf Kristersson in occasione di un incontro con la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.10
La partita artica è molto complicata ma altrettanto vitale soprattutto per Mosca. Affinché possa essere vinta la collaborazione con Pechino è tutt’altro che secondaria. Se è vero che la Russia può mettere sul tavolo la corsia preferenziale dettata dal fatto che forse è la nazione artica per eccellenza e fa parte degli otto paesi autorizzati a condurre missioni in quel territorio, è altrettanto vero che le merci trasportate sono perlopiù cinesi. Di conseguenza anche la Cina si può dire che stia investendo molte risorse nel grande nord. Al contempo il Dragone investe però anche nei paesi sovrani come Danimarca (tramite la Groenlandia), Svezia e Finlandia. Il futuro del mondo si giocherà agli estremi confini.


Note

1 USGS, Circum-Arctic Resource Appraisal: Estimates of Undiscovered Oil and Gas North of the Arctic Circle, 23 luglio 2008.
2 Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego Bay 1982.
3 Decreto del presidente della Federazione Russa del 26 ottobre 2020 n. 645 “sulla strategia per lo sviluppo della zona artica della Federazione Russa e la garanzia della sicurezza nazionale fino al 2035”.
4 Linkiesta, La via dei ghiacci: gli obiettivi russi sulla rotta dell’Artico, 21 novembre 2023, https://www.linkiesta.it/2023/11/gli-obiettivi-russi-sulla-rotta-dellartico/  
5 NSS for The Arctic Region, ottobre 2022.
6 Ibidem.
7 Reuters, Fears mount for the Arctic as cooperation with Russia stalls, 9 maggio 2023, https://www.reuters.com/world/fears-mount-arctic-cooperation-with-russia-stalls-2023-05-09/
8 InsideOver, Allarme Artico per gli USA: dove sarà la sfida dei ghiacci con Russia e Cina, 14 agosto 2023, https://it.insideover.com/difesa/allarme-artico-per-gli-usa-dove-sara-la-sfida-dei-ghiacci-con-russia-e-cina.html
9 Quotidiano Nazionale, Corsa all’Artico, l’esperto: guerra ibrida tra i ghiacci. Putin e Xi: cosa sta succedendo, 3 gennaio 2023, https://www.quotidiano.net/magazine/corsa-all-artico-putin-xi-1.8428383.
10 Quotidiano Nazionale, Putin e la guerra artica. La Svezia: “Vuole distruggere un ordine pacifico”, 13 gennaio, 2023, https://www.quotidiano.net/esteri/putin-artico-svezia-news-1.8453246.


Foto copertina: La nave Arctic Sunrise di Greenpeace naviga attraverso il ghiaccio galleggiante nell’Oceano Artico, il 15 settembre 2020. 15 settembre 2020 – Reuters.