11 settembre 2001


Martedì 11 settembre 2001 è una di quelle date che gli storici definiranno come “spartiacque della storia”.


 

Martedì 11 settembre 2001 è una di quelle date che gli storici definiranno come “spartiacque della storia”.
2.996 persone sono state uccise negli attacchi terroristici più mortali della storia americana.

Due aerei, dirottati da jihadisti islamici, si sono schiantati contro entrambe le torri del World Trade Center di New York. Un altro aereo è stato portato nel Pentagono a Washington, DC. Un quarto aereo, presumibilmente diretto alla Casa Bianca, fu deviato dai passeggeri e finì per schiantarsi in un campo vuoto in Pennsylvania. Dopo le notizie del primo aereo che ha colpito la Torre Nord, milioni di persone hanno visto il secondo aereo colpire la Torre Sud in diretta televisiva.

La più grande potenza mondiale non era inattaccabile, e questo era terrificante, sorprendente e umiliante per il paese, ma allo stesso tempo esaltava chi, dall’altra parte del mondo, esultava per gli obiettivi raggiunti.
Gli attacchi dell’11 settembre, arrivano in tempo reale attraverso i Tg, nelle case di tutto il mondo. Migliaia di video, testimonianze, racconti di quei momenti, riescono a far riscostruire e conoscere con certezza (quasi) tutti i passaggi.
Anche ciò che è accaduto dopo è noto. Il 20 settembre 2001, durante una sessione congiunta del Congresso, il Presidente George W. Bush lanciò il concetto di guerra al terrorismo affermando: «Our enemy is a radical network of terrorists and every government that supports them. Our war on terror begins with al Qaeda, but it does not end there. It will not end until every terrorist group of global reach has been found, stopped and defeated. »

La guerra al terrore inizio con l’invasione dell’Afghanistan nell’Operazione Enduring Freedom e il rovesciamento del regime Talebano. Proseguì con l’invasione dell’Iraq di Saddam nel marzo del 2003 accusato di possedere armi di distruzione di massa, accuse risultate poi infondate ma il danno era stato fatto. L’inizio della destabilizzazione del Medio Oriente con tutto ciò che in questi vent’anni è accaduto, parte proprio da li.

Sul come sono avvenuti gli attacchi, su chi fossero i mandanti, quale sono state le conseguenze non ci sono ormai dubbi.

Ma ciò che andrebbe sempre ricordato e spiegato a chi quell’11 settembre 2001 non era ancora nato o era troppo piccolo per comprendere, e il perché è avvenuto quell’attentato? come ci siamo arrivati? chi erano Bin Laden, il Mullah Omar, Al Qaeda? perché l’Afghanistan?
Spiegare tutto questo non è un semplice esercizio per un ripasso di storia recente, ma è lo strumento per riannodare i fili, per collegare ciò che avvenne 20 anni fa con la stringente attualità.

Quando durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan, gli americani decisero di armare i mujaheddin, forse sottovalutarono che erano composti per la stragrande maggioranza da afghani con diverse origini etniche, e che erano divisi tra gruppi sciiti e sunniti, radicali islamici e moderati. L’unico fattore unificante era la loro opposizione al regime di Karmal e alla presenza sovietica. Quando i sovietici si ritirarono e così anche le altre forze straniere (un po’ come accade oggi), a seguito delle dimissioni di Najibullah, fu istituito uno stato “islamico” dell’Afghanistan dal governo di coalizione dei mujaheddin composto da sette gruppi sunniti con sede in Pakistan[1]. Ma durò pochissimo. Nel caos generato dalla successiva guerra civile, l’Afghanistan ha visto l’ascesa del movimento talebano. Gruppo nato nel 1994 nella provincia di Kandahar. Nel movimento talebano, ai pashtun di Kandahar si unirono alcuni leader mujaheddin come il mullah Mohammad Omar, comandanti di altri partiti pashtun, membri del Khalq PDPA e studenti delle madrase sorte lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan in seguito all’intervento sovietico del 1978.

I talebani avevano una prospettiva transnazionale, a partire dalla composizione dei membri, molti combattenti provenivano da altri paesi, ma anche come ambizione politica. Il mullah Mohammad Omar, iniziò a sostenere ampiamente i gruppi militanti islamici in tutto il mondo. Fornì la base per al-Qaeda e il suo leader Osama bin Laden, ma anche ad una varietà di organizzazioni terroristiche coinvolte in Tagikistan, Uzbekistan, Cina, Bangladesh, Kashmir, Pakistan, Arabia Saudita e Filippine.
Perché? L’obiettivo era riportare onore, non solo agli afgani, ma anche alla più ampia società panislamica. Riscattare le umiliazioni subite dall’Occidente ed in particolare dagli Stati Uniti.
L’Occidente accusato di aver “inquinato” i valori delle società islamiche, di questa visione folle della religione, ne fecero le spese anche molti paesi musulmani accusati di essere munāfiqūn (ipocriti) come la Somalia, l’Egitto, il Kenya, l’Indonesia, lo Yemen, l’Arabia Saudita, il Marocco che subirono gravissimi attentati.
Ovvio che la religione in quanto religione c’entra poco con gli attentati. Ma la “provocazione” religiosa era motivata dallo scopo politico di mobilitare le masse nella società musulmana contro i torti politici commessi dagli americani e dai loro alleati.

E forse il maggior risultato immateriale ottenuto dai terroristi, è stato quello di aver portato ad un’equazione musulmano=terrorista. E cavalcando una lettura parziale del famoso “scontro di civiltà” di Huntigtoniana memoria, che si è voluto dividere il mondo in due blocchi, stavolta non ideologici ma religiosi. A nulla valsero le denunce contro al-Qaeda da parte dell’Arabia Saudita, Iran, Indonesia, Malaysia e Pakistan. La notte dell’11 settembre, gli iraniani si sono radunati fuori dall’ambasciata degli Stati Uniti per offrire le loro condoglianze. In Malesia, il primo ministro Mahathir bin Mohammad ha reso difficile per i jihadisti malesi recarsi in Afghanistan per combattere a fianco dei talebani e di al-Qaeda. In Pakistan, il presidente Pervez Musharraf attaccò i terroristi per aver dato una cattiva fama all’Islam. L’Organizzazione della Conferenza Islamica condannò il terrorismo di Osama bin Laden, ma non la risposta degli Stati Uniti. Sconvolti dai metodi dei terroristi e dalla perdita di così tante vite innocenti, la maggior parte dei leader religiosi nelle società islamiche ha condannato gli attacchi di questi decenni come non islamici.
E allora cosa dobbiamo imparare dall’11 settembre? Che il mondo, banalità, è complesso. Che abbiamo (ri)scoperto anni dopo anche in Europa, la minaccia terroristica esiste.
Che la democrazia non si esporta con la guerra, non funziona così. Che se togliamo un tassello potrebbe crollare il mosaico e che la religione non è l’ispirazione del terrorismo, ma il carburante utilizzato da chi, cinicamente, vuole aizzare le folle contro un nemico.


Note

[1] Comprendeva sostenitori di Karmal, tagiki sotto Rabbani sostenuti da Massoud, uzbeki sotto Dostum e la fazione islamica di Nadari.