Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969 il giovane si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. A soccorrerlo fu un tranviere che spense le fiamme con un cappotto.
Jan Palach morì dopo tre giorni di agonia, il 19 gennaio 1969. Al suo funerale, tenutosi il 25 gennaio, parteciparono 600 000 persone, provenienti da tutto il Paese. Il feretro viene esposto nel cortile dell’Università Carolina. In tutta la città garriscono le bandiere nere. Un picchetto d’onore staziona sotto la statua di San Venceslao, i giovani si danno il cambio nel reggere un drappo nero e la bandiera cecoslovacca. Centinaia di candele, copie della sua lettera e lumini ardono ai piedi della statua e nella piazza davanti al museo, nel punto in cui si è dato fuoco Palach. Le autorità però non consentiranno la sepoltura nel cimitero degli eroi nazionali, inoltre il 22 ottobre 1973 le autorità riescono a spostare la salma dal luogo di sepoltura che dal giorno della tumulazione era divenuta un luogo di pellegrinaggi, con il sepolcro invaso di fiori, biglietti, poesie e foto. I resti di Palach vengono riesumati, cremati e le ceneri consegnate alla madre, solo nel 1974 viene concessa l’autorizzazione alla sepoltura nel cimitero di Všetaty con le sole iniziali J.P. Resterà lì fino al 25 ottobre 1990 quando ormai caduto il muro di Berlino si svolgerà la solenne cerimonia di trasferimento delle ceneri al cimitero di Olšany.