Luigi Di Maio, ex ministro degli Esteri dei governi Conte II e Draghi durante la scorsa legislatura, ricopre il ruolo di inviato speciale per il Golfo dell’Unione Europea. Lo abbiamo raggiunto per porgli qualche domanda.
Il Gulf Cooperation Council (GCC), nato nel 1981 grazie ad un accordo firmato nella capitale saudita, riunisce sei paesi che ad oggi sono tra i principali produttori di petrolio al mondo: Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU). Partner tra i più importanti per l’Unione Europea dal punto di vista economico e commerciale, il GCC ha assunto sempre più un ruolo fondamentale nel quadro delle sfide rappresentate dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra a Gaza. L’approfondimento della collaborazione tra Bruxelles e le sei monarchie del Golfo è di fondamentale importanza per il futuro stesso dell’Unione e della sua resilienza sul lungo periodo, in particolare (ma non solo) dal punto di vista economico ed energetico. Gli ostacoli però sono numerosi e forse il più importante è la difficoltà di elaborare delle strategie di lungo periodo che possano essere perseguite con convinzione da parte delle istituzioni europee. Da questo punto di vista ha rappresentato una novità importante la nomina nel 2023 dell’ex ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio, a inviato speciale per il Golfo (riconfermato lo scorso febbraio fino al 2027) a riprova della consapevolezza a Bruxelles del ruolo di primo piano ricoperto dai Paesi GCC nell’attuale situazione internazionale.
Abbiamo raggiunto l’Onorevole Di Maio per porgli qualche domanda in merito al suo ruolo e alla sua attività durante gli ultimi due anni anche nella prospettiva del summit che si è tenuto lo scorso ottobre.
Il primo summit a Bruxelles dell’ottobre dello scorso anno tra UE e GCC è un risultato importantissimo per l’UE e per Lei personalmente, come primo inviato speciale dell’UE nel Golfo. Con la mente rivolta al summit, cosa ci aspetta in questo 2025?
La priorità per quest’anno e per i mesi a venire è chiaramente quella di implementare il final statement del summit di ottobre con un occhio puntato sull’obiettivo di chiudere l’accordo commerciale, nonché finalmente la liberalizzazione dei visti.
È inutile sottolineare quanto quel primo summit, che si è tenuto a ottobre 2024, sia stato il frutto di molti mesi di tenace lavoro e di fruttuose interlocuzioni con la Commissione, con i Paesi membri, con i Paesi del GCC; il risultato è stata la creazione di un appuntamento fondamentale nella storia delle relazioni tra Unione Europea e GCC. Desideriamo costruire una partnership strategica basata su cinque pilastri: commercio e trade, energia rinnovabile, sicurezza regionale, people to people, e ulteriori tipi di partnership tra le istituzioni. A tutto questo si associa anche la convocazione di una conferenza sulla sicurezza energetica tra Unione e GCC.
Un tassello fondamentale, quindi, che avrà delle riedizioni?
Chiaramente, il lavoro che ha portato alla convocazione del summit ha permesso anche di individuare e di darci delle scadenze: abbiamo deciso di stabilire un intervallo regolare per i summit UE-GCC che si celebreranno ogni due anni; non solo. Annualmente ci sarà un incontro annuale tra i ministri degli esteri, si creerà un tavolo di dialogo strutturato sulla sicurezza, nonché un Business forum EU-GCC.
Quali i riflessi sulla sicurezza?
È appunto sulla sicurezza che la cooperazione multilaterale tra l’Unione e i Paesi GCC è importante, soprattutto in un momento storico quale quello attuale: la partnership in materia di sicurezza regionale significa consentire di mantenere aperta una finestra di dialogo importantissimo che permetta una vicinanza di vedute su alcuni temi come la situazione in Palestina, la stabilizzazione della Siria, un cessate il fuoco che sia permanente nel Libano, nonché la creazione di una pace giusta nello Yemen. A questi temi si aggiunge ovviamente anche la questione Russo-Ucraina. Nel quadro di quella guerra i Paesi del golfo sono stati partner fondamentali e desidero fare alcuni esempi: grazie alla mediazione del Qatar si è riusciti a far rientrare in Ucraina diversi minori che erano stati forzatamente portati in Russia. E ancora, sia l’Arabia Saudita che gli Emirati Arabi hanno svolto un ruolo importantissimo per lo scambio di diverse migliaia di prigionieri tra Russia e Ucraina. L’Oman ha avuto un ruolo fondamentale nelle mediazioni con l’Iran.
Ha citato la conclusione di un accordo commerciale. Il 2008 ha segnato il fallimento delle negoziazioni che avrebbero dovuto portare alla conclusione di un accordo di libero scambio a causa di diversità di vedute non sanabili. È quindi arrivato il tempo di un passo in avanti su questo dossier?
Non va dimenticato che, al momento, la regione GCC rappresenta il sesto mercato di esportazione per l’UE e noi siamo il secondo partner commerciale maggiore per i paesi GCC. Dobbiamo necessariamente essere ottimisti rispetto alla conclusione dell’accordo commerciale e percepisco che sia da parte del gruppo GCC che da parte della nuova Commissione che si è insediata lo scorso dicembre, ci sia la chiara volontà di procedere sulla strada di una sempre più approfondita Partnership con i Paesi del Golfo e questo implica anche l’accordo di libero scambio.
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In materia di sicurezza citiamo l’operazione ASPIDES, creata nel febbraio 2024 nel quadro della crisi del Mar Rosso al fine di proteggere il traffico marittimo che però è una soluzione temporanea. Per concludere efficacemente quella situazione di instabilità è necessario stabilizzare finalmente lo Yemen. Cosa può dirci sul tema?
La soluzione dei problemi di sicurezza che si registrano nel Mar Rosso è di fondamentale importanza anche al fine di renderla finalmente un’area di sicurezza e di opportunità. La strada maestra deve essere la prosecuzione e sulla strada dell’accordo di pace elaborato dalla Road Map dell’Onu e sosteniamo il lavoro dell’inviato speciale ONU Hans Grundberg.
È chiaro che non possiamo nasconderci. La situazione che era già di per sé complessa è stata inevitabilmente ingarbugliata a causa degli sviluppi successivi al 7 ottobre 2023, che hanno reso ancora più complesse le trattative. In questo scenario la missione ASPIDES rappresenta un obiettivo di medio termine, utile a raggiungere un accordo di pace finale. ASPIDES svolge un lavoro encomiabile, grazie anche alla professionalità delle marine coinvolte (la Marina Militare italiana è fondamentale in questo quadro), senza mai tradire la natura difensiva del mandato ricevuto.
Stabilizzare l’area è di fondamentale importanza ed è di tutta evidenza che sia necessario un coordinamento non soltanto tra l’Unione Europea e GCC, ma anche con tutti gli altri attori. L’obiettivo non è solamente quello di raggiungere finalmente una pace duratura e giusta in Yemen, ma anche la stabilizzazione della Somalia e, ad esempio, del Sudan, che implica considerare il ruolo fondamentale dell’Egitto.
L’area dell’Oceano Indiano e, più a est, dell’Oceano Pacifico sono i veri e propri baricentri del mondo del XXI secolo. L’UE pare arrivare in ritardo nella pianificazione complessiva di strategie efficaci. Cosa pensa di questa interpretazione?
Al contrario, e chiaramente parlo per quanto di mia competenza, ritengo che nel suo rapporto con i Paesi GCC ci sia stata un’ottima pianificazione. Si consideri, infatti, che l’Unione Europea aveva deciso di varare una nuova strategia verso il Golfo alla fine del 2021, approvata poi nel 2022: questo significa che al momento della crisi del gas dovuta all’invasione russa dell’Ucraina siamo arrivati già pronti.
Anche rispetto alla crisi seguita agli attacchi del 7 ottobre c’è stata una buona risposta, e questo è avvenuto proprio perché in quei giorni si stava perfezionando e ultimando la riunione di Muscat che poi si è tenuta il 10 ottobre successivo.
Per quanto riguarda il rapporto con l’Oceano Indiano, penso sia fondamentale lavorare con i partner della regione e in particolare con un attore come l’India. In questo quadro penso sia importante far ripartire e implementare l’IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor), un grande progetto di cooperazione che è rimasto in sospeso proprio a causa della guerra che sconvolge attualmente il Medio Oriente e nel quale, ad esempio, Riyad, sin dal vertice G20 a Delhi, aveva deciso di investire 40 miliardi di dollari.
Foto copertina: L’inviato Ue per il Golfo, Luigi Di Maio.