La Corte Costituzionale “salva” la nuova sospensione della prescrizione (Art.83 comma 4 D.L. 17 marzo 2020 N.18)


É davvero possibile ritenere la prescrizione istituto di natura sostanziale e, contemporaneamente, non violato il principio di irretroattività sfavorevole?


Il 23 dicembre 2020 la Corte costituzionale, con sentenza n. 278, ha stabilito la compatibilità costituzionale dell’art. 83 comma 4 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18; con la citata disposizione, il Legislatore ha introdotto un’ipotesi di sospensione della prescrizione, giustificata dalla stasi insistente sui procedimenti e sui processi penali in conseguenza della emergenza epidemiologica che sta colpendo il nostro Paese.
Prima che la Corte depositasse le motivazioni della sentenza, invero, una parte della dottrina[1], aveva già anticipato le possibili soluzioni tecnico – giuridiche per “giustificare” una pronuncia di non fondatezza dei motivi addotti a sostegno della pretesa incostituzionalità della norma in commento.
Con il presente contributo, dunque, ci si limiterà a commentare la decisione della Corte alla luce delle intanto pervenute motivazioni.

Preliminarmente, occorre brevemente ricostruire i punti essenziali del problema.

L’art. 83 comma 4 del d.l. 18/2020[2] – richiamando il comma 2 della medesima disposizione, che ha previsto una speciale sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto processuale dal 9 marzo al 15 aprile 2020 – ha stabilito che nei procedimenti penali interessati dalla suddetta sospensione dei termini resti sospeso anche il corso della prescrizione.
Il problema che la disposizione ha da subito posto all’attenzione dell’interprete è relativo all’applicabilità di tale nuova ipotesi di sospensione della prescrizione ai fatti commessi precedentemente all’entrata in vigore della nuova disposizione.
È necessario, infatti, chiarire due aspetti che devono necessariamente accompagnare ogni successiva riflessione sulla questione.
Il nostro sistema penale è governato dal principio di irretroattività della norma penale sfavorevole (art. 25 comma 2 Cost e art. 2 c.p.) il quale è considerato, senza che su tale aspetto possa discutersi, principio supremo dell’ordinamento, baluardo del concetto di Stato di Diritto e vessillo di civiltà giuridica.
Quanto detto trova peraltro conferma anche nella giurisprudenza costituzionale.
Proprio nella pronuncia in commento, la Consulta sottolinea che «la garanzia del principio di legalità (art. 25, secondo comma, Cost.) nel suo complesso dà corpo e contenuto a un diritto fondamentale della persona accusata di aver commesso un reato, diritto che – avendo come contenuto il rispetto del principio di legalità – da una parte, non è comprimibile non entrando in bilanciamento con altri diritti in ipotesi antagonisti; si tratta, infatti, di una garanzia della persona contro i possibili arbìtri del legislatore, la quale rappresenta un “valore assoluto, non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionali”»[3].
Altresì, il Giudice delle Leggi statuisce che il principio in esame è anche parte del «nucleo essenziale dei diritti di libertà che concorrono a definire la identità costituzionale dell’ordinamento giuridico nazionale, quale riconosciuta dall’ordinamento dell’Unione europea, segnatamente nella clausola generale di cui all’art. 4, paragrafo 2, del Trattato sull’Unione Europea (TUE)».
Su altro versante, poi, si pone la questione sulla natura dell’istituto della prescrizione.
A fronte delle istanze europeiste – che intendono l’istituto come avente matrice processuale e, dunque, suscettibile di “sfuggire” alle garanzie tipiche delle norme penali – si colloca il granitico orientamento della giurisprudenza nazionale, anche costituzionale, che intende la prescrizione come istituto di carattere sostanziale, poiché incidente concretamente sulla “possibilità” di attribuire all’imputato una condanna penale.
Il descritto dibattito trova una sua chiara sintesi nella celebre “vicenda Taricco”; in quella occasione, la Corte costituzionale[4] ha ribadito che la prescrizione è istituto di natura sostanziale a cui si applica il principio di irretroattività della norma penale, ai sensi dell’art. 25 comma 2.
Il Giudice delle leggi, inoltre, ribadì la natura inderogabile del principio di irretroattività sfavorevole, il quale assurge a limite al potere legislativo e giudiziario, oltreché a baluardo posto a tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, come tale, non suscettibile di deroga[5].
Orbene, così ricostruiti i due “pilastri” – non bilanciabilità e assolutezza del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, da un lato; natura sostanziale della prescrizione, come tale soggetta a tutte le garanzie tipiche delle norme penali, dall’altro – appare evidente quanto fosse scivoloso il terreno sul quale la Corte costituzionale ha dovuto camminare per risolvere la questione che le era stata rimessa.
C’è da osservare, infatti, che intendere la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 83 d.l. 18/2020 come irretroattiva – al fine di preservare la tenuta dei due “pilastri” – avrebbe come conseguenza quella di disinnescare ogni effetto della stessa.
La sospensione della corsa della prescrizione dettata dall’emergenza epidemiologica, infatti, dovrebbe servire, provando ad ipotizzare l’inentio legis, ad impedire che i procedimenti già in corso, in ipotesi già prossimi alla maturazione del termine prescrizionale, terminino proprio per tale motivo. Una simile evenienza, si potrebbe osservare (sebbene non sia idea del tutto condivisa, come si avrà modo di precisare), rischia di sbilanciare la parità delle armi nel processo facendo sì che l’emergenza epidemiologica, impedendo i lavori, finisca per diventare uno “svantaggio” per l’accusa e per le eventuali parti civili, ed un “vantaggio” per l’imputato.

In altri termini, ritenere applicabile la disposizione censurata e “salvata” dalla Consulta ai soli fatti commessi dopo la sua entrata in vigore, la svuoterebbe di ogni utilità pratica e ogni significato dal momento che per i relativi procedimenti la corsa della prescrizione è appena iniziata e non c’è il concreto rischio della sua prossima maturazione.
Chiarito tale aspetto e posto, dunque, che la norma è pensata per essere applicata ai fatti anteriori alla sua introduzione, pena la sua ontologica inutilità, occorre verificare se tale applicazione retroattiva sia o meno in linea con la Carta costituzionale.
Un orientamento ha provato a risolvere la questione attraverso una – sia formale che sostanziale – lettura del principio di irretroattività sfavorevole della norma penale connotata da un inferiore grado di assolutezza.
Sul punto, basti richiamare il pronunciamento della Corte di Cassazione con cui si è evidenziato che nessun diritto fondamentale dell’ordinamento sarebbe realmente assoluto ed inderogabile e che quello di irretroattività sfavorevole può essere, come qualsiasi altro, derogato – sussistendo il rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza – per la salvaguardia di altri diritti fondamentali, quali, ad esempio, come nel caso di specie, la salute[6].
Altra giurisprudenza, peraltro citata dalla pronuncia della Corte costituzionale in commento, invece, ha provato a risolvere la questione attraverso l’applicazione dell’art. 159 c.p.
Precisamente, la Corte ha ritenuto che la sospensione della prescrizione introdotta dal d.l. 18/2020 non configurerebbe una nuova figura di sospensione non contemplata sino a quel momento dall’ordinamento giuridico. Essa, rientrerebbe, invece, in una delle ipotesi di sospensione obbligatoria del corso della prescrizione prevista in astratto dalla fattispecie di cui all’art. 159 c.p. Come è stato correttamente evidenziato, in virtù di ciò, l’art. 83 comma 4 del d.l. 18/2020 positivizzerebbe, in una normativa emergenziale, un’ipotesi già prevista dal Legislatore ordinario, in grado, come tale, di trovare applicazione a tutti reati in pendenza di giudizio le cui udienze di trattazione rientravano nel nel periodo di sospensione della prescrizione emergenziale nell’arco temporale compreso dal dì 9/03/2020 al dì 11/05/2020”[7].
Orbene, tale soluzione è stata sposata anche dalla Corte costituzionale che ha chiarito che l’art. 83 comma 4 del d.l. 18/2020 non è incostituzionale. Ciò, non in quanto il divieto di retroazione della norma penale più sfavorevole sia derogabile o comunque non sia assoluto; né in quanto la prescrizione sia istituto non “protetto” dalle garanzie tipiche delle norme penali sostanziali.

La norma, riassumendo ed anticipando, non è incostituzionale in quanto il nostro codice penale, all’art. 159 c.p. già contempla la possibilità che una specifica disposizione di legge possa sospendere il corso della sospensione, in determinati casi[8].
La Corte nella pronuncia in commento ha ribadito l’inderogabilità del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole; la natura sostanziale dell’istituto della prescrizione del reato.
Secondo la ricostruzione del Giudice delle Leggi, «l’art. 159, primo comma, cod. pen., come sostituito dall’art. 6, comma 3, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), ha una funzione di cerniera perché contiene, da una parte, una causa generale di sospensione – secondo cui «[i]l corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale […] è imposta da una particolare disposizione di legge» – e dall’altra, una catalogazione di altri “casi” particolari».

Secondo la Corte, è fisiologico che «la stasi ex lege del procedimento o del processo penale determini anche una parentesi nel decorso del tempo di prescrizione dei reati. Pur non potendo escludersi che vi siano, in particolare, cause di sospensione del processo che non comportano la sospensione anche del termine prescrizionale, si ha in generale che, se il processo ha una stasi, le conseguenze investono tutte le parti: la pubblica accusa, la persona offesa costituita parte civile e l’imputato. Come l’azione penale e la pretesa risarcitoria hanno un temporaneo arresto, così anche, per preservare l’equilibrio della tutela dei valori in gioco, è sospeso il termine di prescrizione del reato per l’indagato o l’imputato».
Ancora, la Consulta ritiene non fondata la questione di legittimità anche sulla base del fatto che non appare violato dal novum normativo il principio di prevedibilità della sanzione penale.
L’imputato, infatti, certamente sa che la decisione deve intervenire entro un termine pena la maturazione del termine di prescrizione con conseguente proscioglimento; egli, tuttavia, non può prevedere quali e quanti eventi sospensivi ed interruttivi si verificheranno durante tutto l’arco del procedimento che lo coinvolge.

In altri termini, al momento dell’inizio della corsa del termine di prescrizione, l’imputato non può già prevedere la data nella quale il Giudice sarà tenuto a proscioglierlo, in quanto tale data, è destinata a variare, anche più volte durante l’arco del procedimento, per eventi allo stato non conosciuti né conoscibili.
Similmente, una “particolare disposizione di legge” che preveda, alle condizioni dell’art 159 c.p., la sospensione del procedimento e dunque anche del corso della prescrizione è entità ancora astratta al momento in cui la prescrizione inizia a decorrere, ben potendo poi concretizzarsi nel corso del procedimento o del processo.
Va detto che la pronuncia succintamente riassunta – e che peraltro ripercorre le medesime argomentazioni della Giurisprudenza di Legittimità di cui si è dato conto – va apprezzata per il tentativo di mantenere formalmente fermi i due “pilastri” della assolutezza del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole e della natura sostanziale della prescrizione.

Non si è, tuttavia, sicuri, che tali due “pilastri” siano effettivamente stati “salvati” oltre che formalmente anche nella sostanza.
La sensazione è che il quadro giuridico che deriva dal descritto approdo, attraverso il viatico dell’art. 159 c.p., consenta di introdurre nuove norme che incidono sulla prescrizione de reato destinate ad applicarsi retroattivamente.
Si potrebbe osservare che tale soluzione faccia “entrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta”.
Da un lato, infatti, si riafferma con forza la natura sostanziale della prescrizione; dall’altro, tuttavia, in sostanza, una nuova norma che prevede in punto di prescrizione una disciplina sfavorevole, viene applicata retroattivamente.
Sembra quasi che la forma si sia fatta sostanza e che la norma del legislatore emergenziale si inserisca in quella dimensione, purtroppo frequente negli ultimi anni, di simbolismo penale e giustizialismo esasperato.
La soluzione della Corte costituzionale, è indubbiamente coerente e apprezzabile da un punto di vista tecnico – giuridico.
Ciò che lascia insoddisfatti è, invece, il fatto che il Legislatore sia intervenuto con una disposizione volta a penalizzare gli imputati già sotto processo sospendendo – e, quindi, di fatto, allungando – il corso della prescrizione laddove è di tutta evidenza il problema italiano della già insostenibile durata dei processi.

Vero è che la pandemia che sta interessando l’Italia ed il mondo è fatto assolutamente eccezionale e foriero di ulteriori rallentamenti della macchina della giustizia, ma vero è anche che il principio di presunzione di non colpevolezza fino a pronuncia di condanna definitiva (art. 27 comma 2 Cost.) dovrebbe inverare la legislazione impedendo che si introducano norme volte ad impedire la maturazione del termine di prescrizione presumendo che tale operazione rappresenti un antidoto contro le attuali difficoltà di concludere i processi con sentenze di merito. 

La pronuncia della Corte costituzionale n. 278 del dicembre 2020 non soddisfa del tutto in quanto, fisiologicamente, i processi, civili o penali che siano, andrebbero conclusi in tempi certi e brevi soprattutto a garanzia dei soggetti che vi sono coinvolti; trincerarsi dietro l’emergenza sanitaria con una nuova ipotesi speciale di sospensione della prescrizione vuol dire non tenere in conto in fatto che i problemi della macchina giustizia sono ben più radicati e profondi, e prescindono dalla situazione eccezionale ed emergenziale che stiamo vivendo.
L’aspetto positivo, occorre dare atto, è aver respinto con forza l’idea di un principio di irretroattività della norma penale sfavorevole soggetto a bilanciamenti di sorta.
Aderire ad una simile impostazione avrebbe significato aprire un varco troppo pericoloso nel sistema.


Note

[1] P. Santaniello, La sospensione emergenziale della prescrizione, in www.opiniojuris.it, 30 dicembre 2020.

[2]  Si riporta il testo della disposizione: Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei  termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303  e  308

del codice di procedura penale.

[3] Corte costituzionale, sentenze n. 32 del 2020, n. 236 del 2011 e n. 394 del 2006

[4] Corte costituzionale, 31 maggio 2018, n. 115.

[5] P. Santaniello, La sospensione emergenziale della prescrizione, in www.opiniojuris.it, 30 dicembre 2020.

[6] Corte Cass., Sez. 3, 17 luglio 2020, n. 21367.

[7] Corte Cass., sez. 5, sentenza n. 25222/2020; P. Santaniello, La sospensione emergenziale della prescrizione, in www.opiniojuris.it, 30 dicembre 2020.


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