In un clima di forte incertezza, l’Italia si ritira mentre i talebani si fanno avanti
Il ritiro delle truppe
L’Italia è pronta a ritirare le sue truppe dall’Afghanistan. La decisone sul ritiro italiano segue quella annunciata dal presidente americano Biden lo scorso 14 aprile sul completo ritiro delle truppe americane.
In realtà la partenza degli Stati Uniti ha subito un’accelerata vista l’intenzione di lasciare l’Afghanistan già a metà luglio, ben prima della scadenza dell’11 settembre proposta dal presidente Biden, il quale aveva scelto una data fortemente simbolica, esattamente 20 anni dopo l’attacco alle torri gemelle.[1]
L’8 giungo 2021 ad Herat è arrivato il Ministro della Difesa Antonio Guerini per il saluto finale ai militari e la cerimonia dell’ammaina-bandiera alla base di Camp Arena, che sarà poi consegnata alle forze di sicurezza locali. Le operazioni di rimpatrio di uomini e mezzi, avviate a maggio, si concluderanno a luglio. Piccolo inconveniente è stato poi il rinvio di diverse ore della cerimonia a causa del negato permesso da parte degli Emirati Arabi Uniti per un velivolo italiano di sorvolare il loro spazio aereo. Sull’aereo viaggiavano soldati e giornalisti diretti ad Heart proprio per assistere alla cerimonia. E ancora si faticano a capire le ragioni del rifiuto emiratino.[2]
L’esperienza italiana
Ripercorrendo l’esperienza italiana in territorio afgano, i contingenti sono stati impiegati in due missioni. La prima è stata la forza di intervento internazionale denominata “International Security Assistance Force”, la quale aveva il compito di garantire un ambiente sicuro a tutela dell’Autorità provvisoria afghana insediatasi a Kabul il 22 dicembre 2001 a seguito della Risoluzione n.1386[3] del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2001. Dall’agosto 2003 il contingente è stato a guida NATO e i soldati italiani coinvolti sono stati 2250.
In tale contesto, l’Italia ha preso la responsabilità di uno dei cinque settori regionali, il Regional Command West, in cui l’Afghanistan è stato suddiviso. Il Regional Command West (RC-W), è un’ampia regione dell’Afghanistan occidentale che si estende sulle quattro province di Herat, Badghis, Ghowr e Farah. La componente principale delle forze nazionali era costituita dal personale della Brigata “Sassari” dell’Esercito Italiano, con un significativo contributo di uomini e mezzi della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare, dell’Arma dei Carabinieri.
Questa prima missione (ISAF) è terminata nel dicembre 2014, seguita pochi giorni dopo dall’inizio di una seconda missione sempre a guida NATO “Resolute Support” (RS), incentrata sull’addestramento, consulenza e assistenza in favore delle Forze Armate e delle istituzioni afghane. Quest’ultima si differenzia dalla prima per una sostanziale diminuzione nei numeri dei soldati coinvolti che non combattono più sul campo. Ma il passaggio da ISAF ad RS non è stato solo un cambio di denominazione ma è stato visto come un punto di arrivo dopo 13 anni di sforzi per la creazione di uno stato di diritto, istituzioni credibili e trasparenti, e soprattutto delle Forze di Sicurezza autonome e ben equipaggiate, in grado di assumersi autonomamente il compito di garantire la sicurezza del Paese.[4] Ed è proprio su questo punto che, data l’attuale situazione afghana, nasce l’incertezza della riuscita di tale missione.
Nel corso di vent’anni alla missione italiana hanno partecipato, a rotazione, circa cinquantamila soldati anche se le truppe presenti sul territorio afghano non sono mai state più di 5.000 e di questi, 53 sono morti, 31 dei quali in combattimento. Non è mancata l’occasione, in questi giorni, di parlare anche di costi e la stima, aggiornata al 2020, tocca quota 8,4 miliardi di euro. Ma la cifra non è definitiva in quanto si dovrà provvedere a far rientrare le truppe: probabile, quindi, che si superi il tetto degli 8,5 miliardi di euro.[5]
Durante la cerimonia il Ministro della Difesa Guerini ha tracciato un bilancio di quanto è stato fatto dal contingente italiano e dalle sue parole traspare soddisfazione per il lavoro svolto e ottimismo per il futuro:” C’è da chiedersi cosa sarebbe stato di questo Paese se non fossimo intervenuti. Grazie a noi la società afghana è progredita. Ce ne andiamo dopo aver ottenuto risultati importanti per la sicurezza internazionale e per la libertà del popolo afghano. Ci sono stati progressi nei diritti delle donne, nella vita democratica, ora si tratterà di aiutare a difenderli» e anche «Non vogliamo che l’Afghanistan torni ad essere un luogo sicuro per i terroristi. Vogliamo continuare a rafforzare questo Paese dando anche continuità all’addestramento delle forze di sicurezza afghane per non disperdere i risultati ottenuti in questi 20 anni»[6]
Il ritorno dei Talebani
Tuttavia queste sue parole non sono ampiamente condivise dalla maggior parte degli analisti politici, ci sono seri dubbi sul fatto che i risultati della missione occidentale potranno essere duraturi.[7] Negli ultimi anni i talebani hanno riconquistato molto terreno, soprattutto nelle campagne, e mirano a riconquistare tutto il paese. L’esercito afghano, sta subendo perdite ingenti (405 soldati uccisi soltanto a maggio), e molti contingenti locali si arrendono ai talebani senza nemmeno combattere. Il governo afghano spera di riuscire a tenere almeno i principali centri abitati, a partire dalla capitale Kabul, ma anche su questo c’è molta incertezza.[8] È ancora presto per definire questa scelta un insuccesso ma si ha la certezza di essere di fronte a una crisi morale che si sta manifestando in un’ondata di diserzioni e abbandono delle postazioni in alcune località del paese, da parte di militari e poliziotti afghani. Le rese sono opera dei cosiddetti “Taliban Invitation and Guidance Committees”, che intervengono dopo che gli insorti hanno interrotto strade e rifornimenti alle Forze di Sicurezza afghane e in secondo momento arruolano gli “anziani” dei villaggi per visitare gli avamposti portando un messaggio: “Arrenditi o muori”.
Strategie simili per negoziare la resa delle truppe afghane non sono una novità, spesso effettuate nell’area orientale del paese esposta a quel permeabilissimo confine col Pakistan da cui arrivano da sempre le principali minacce a Kabul. Dallo scorso maggio invece gli episodi si sono verificati ad un ritmo sempre crescente e su una scala più vasta, nelle aree a nord un tempo sotto il controllo tedesco e in quelle a ovest, di responsabilità italiana. Quest’ultime, come la provincia di Farah, sono in parte tornate sotto controllo talebano. La tattica ha rimosso centinaia di forze governative dal campo di battaglia, portando i Talebani ad assicurarsi territori strategici, armi, munizioni e veicoli.
In diversi casi, i comitati hanno letteralmente pagato le truppe, hanno dato loro vestiti civili e li hanno mandati a casa incolumi non prima però di averli ripresi mentre promettono di non ricongiungersi alle forze di sicurezza e infine registrano i loro numeri di telefono e i nomi dei membri della famiglia come minaccia.[9] La cronaca intanto racconta di quotidiani attacchi non con veicoli-bomba contro obiettivi militari e non.
Anche per questo motivo, le istituzioni italiane ci tengono a ricordare come il ritiro dall’Afghanistan non comporta un completo abbandono del paese al suo destino ma verranno portate avanti tutte quelle forme di collaborazione con le istituzioni locali. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio ha infatti aggiunto a tal proposito che «Il nostro contributo al popolo afghano in questi anni è stato determinante. Abbiamo teso la nostra mano, abbiamo contribuito ad avviare progetti di cooperazione volti a sostenere un popolo afflitto dal terrorismo, provato da un conflitto logorante. Abbiamo aperto una ‘via italiana’ alla ricostruzione, una via fraterna, lontana dalle armi e dalle bombe, vicina alle esigenze dei cittadini afghani e alle loro speranze di ripresa». Inoltre i militari italiani saranno ugualmente impegnati in altre missioni internazionali. L’attenzione infatti si è spostata e nel corso dei prossimi mesi si andranno a definire nuovi assetti nei teatri internazionali a cominciare dall’Africa e dall’Iraq. L’Italia lavorerà per la stabilizzazione del cosiddetto “Mediterraneo allargato” e le missioni in Africa vedranno crescere il contributo in termini di uomini e mezzi.[10] Il quadro complessivo quindi si presenta estremamente complesso e lungi dall’essere risolto e la tenuta dell’Afghanistan dipenderà molto dalla capacità del governo di Herat a non cedere sotto il fuoco incrociato dei talebani come delle cellule sopravvissute dello Stato Islamico.
Note
[1] Gibbons-Neff T., Schimtt E., Cooper H., “Pentagon Accelerates Withdrawal From Afghanistan”, 17 giugno 2021, The New York Times. https://www.nytimes.com/2021/05/25/us/politics/us-afghanistan-withdrawal.html?searchResultPosition=10
[2] “Afghanistan, l’esercito italiano accelera il ritiro dal Paese. Scoppia il caso sul volo verso Herat: permesso negato sui cieli degli Emirati”, 8 giugno 2021, La Stampa.https://www.lastampa.it/esteri/2021/06/08/news/afghanistan-guerini-a-herat-italia-ammaina-bandiera-il-contingente-nazionale-accelera-ritiro-dal-paese-1.40366634
[3]Risoluzione 1386 (2001), https://undocs.org/S/RES/1386(2001)
[4] http://www.esercito.difesa.it/operazioni/operazioni_oltremare/Pagine/Afghanistan-ISAF.aspx
[5] “Afghanistan, l’Italia ritira le truppe: quanto è costata la missione”, 15 aprile 2021, QuiFinanza.https://quifinanza.it/economia/video/afghanistan-costo-italia/481093/
[6]“Afghanistan, l’esercito italiano accelera il ritiro dal Paese. Scoppia il caso sul volo verso Herat: permesso negato sui cieli degli Emirati”, 8 giugno 2021, La Stampa. https://www.lastampa.it/esteri/2021/06/08/news/afghanistan-guerini-a-herat-italia-ammaina-bandiera-il-contingente-nazionale-accelera-ritiro-dal-paese-1.40366634
[7] “La fine della missione italiana in Afghanistan”, 9 giugno 2021, Il Post.https://www.ilpost.it/2021/06/09/la-fine-della-missione-italiana-in-afghanistan/
[8] Raineri D., “A Herat Guerini ammaina la bandiera della missione italiana”, 8 giungo 2021, Il Foglio.https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/06/08/news/a-herat-guerini-ammaina-la-bandiera-della-missione-italiana-2493310/
[9] Zucchino D., Rahim N., “A Wave of Afghan Surrenders to the Taliban Picks Up Speed”, 20 giungo 2021, The New York Times.https://www.nytimes.com/2021/05/27/world/asia/afghan-surrender-taliban.html?searchResultPosition=12
[10] Pelosi G., “Afghanistan: rientrano 895 italiani ma altrettanti andranno in Africa e Iraq”, 15 aprile 2021, IlSole24ore.https://www.ilsole24ore.com/art/afghanistan-rientrano-895-italiani-ma-altrettanti-andranno-in-africa-e-iraq-AEzs3HB?refresh_ce=1
Foto copertina: Il ritiro delle truppe italiane dell’Afghanistan.