“Chiaro Segnale a Bruxelles”: le Elezioni in Ungheria e il Trionfo di Orbàn


Domenica 3 aprile 2022 si sono tenute le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale ungherese che hanno riconfermato, con una maggioranza schiacciante, il Primo Ministro uscente Viktor Orbàn a capo della coalizione formata da Fidesz e i cristiano-democratici di KDNP.


Con le consultazioni di domenica scorsa, l’Ungheria ha deciso di rimanere saldamente nelle mani di Viktor Orbàn che, a capo della coalizione Fidesz-KDNP, ha ottenuto il 53% dei voti e 135 seggi pari a più di due terzi dell’intera Assemblea Nazionale ungherese.
In questa tornata Orbàn ha dovuto affrontare per la prima volta un’opposizione riunita in un unico cartello elettorale chiamato “Uniti per l’Ungheria” (Egységben Magyarországért), guidato dal conservatore indipendente Peter Marki-Zay, che ha retto solo nella Capitale dove si è assicurata 16 su 18 distretti.
I risultati elettorali hanno visto l’approdo in parlamento di un terzo polo rappresentato dall’estrema destra del Movimento Patria Nostra (Mi Hazánk Mozgalom), che ha ottenuto un buon risultato riuscendo ad eleggere 7 deputati nel riparto proporzionale con il 6% circa di voti.
Accanto alle elezioni per il rinnovo del Parlamento gli elettori sono stati chiamati a pronunciarsi tramite referendum sulla controversa legge che vieta la promozione dei temi LGBTQ+ ai minori[1] e sulla quale la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione. Il mancato raggiungimento del quorum, però ha di fatto reso la consultazione nulla. 
Per quanto concerne l’affluenza, infine, si è attestata al 69% leggermente in calo rispetto alle elezioni del 2018, quando si era recato alle urne il 70% degli aventi diritto.

Il sistema elettorale

L’assemblea Nazionale ungherese, l’organo legislativo magiaro, si compone di 199 membri che rimangono in carica quattro anni. Il sistema elettorale è misto e prevede che 106 seggi vengano assegnati tramite un sistema maggioritario uninominale secco, mentre i restanti 93 con metodo proporzionale all’interno di un unico collegio nazionale. La soglia di sbarramento è prevista al 5% per i partiti singoli e al 10% per le coalizioni.   
L’OCSE, che con una misura inedita per un paese UE ha inviato sul campo duecento osservatori, ha riconosciuto che le elezioni sono state ben amministrate, ma viziate dall’assenza di parità[2].

Il contesto

Si è trattato delle elezioni forse tra le più importanti degli ultimi dieci anni in quanto, per la prima volta, l’assoluta predominanza di Orbàn e del suo gruppo di potere è sembrata vacillare.
L’unità delle opposizioni nella coalizione “Uniti per l’Ungheria” ha reso di fatto queste elezioni un referendum rispetto alla figura di Orbàn stesso e al sistema di corruzione e di clientelismo che lo circonda.
Va sottolineato tuttavia che, accanto agli ostacoli frapposti dal governo stesso durante la campagna elettorale, l’opposizione ha sicuramente risentito dell’eterogeneità dello spettro politico di riferimento: “Uniti per l’Ungheria” infatti ha messo insieme sei partiti di diversa origine, dall’estrema destra di Jobbik all’estrema sinistra passando per i liberali e i verdi. Questa incoerenza di fondo della coalizione, unita dalla sola volontà di spodestare il Primo Ministro, ha evidentemente fallito nel coagulare attorno a sé consenso sufficiente. Anche la scelta di Peter Marki-Zay, politicamente indipendente, ma cattolico e conservatore era volta a cercare di erodere almeno in parte quella base che, culturalmente simile al profilo dello sfidante, ha politicamente sempre fatto riferimento a Fidesz; anche questa operazione non ha dato i frutti sperati.   
La campagna elettorale è stata sicuramente difficoltosa per i partiti di opposizione visto il controllo che il governo esercita sui sistemi di informazione e la disparità di risorse dei due fronti. Ma questo non può essere sufficiente a spiegare la sconfitta.
La campagna elettorale che si è aperta il 12 febbraio è stata ben presto caratterizzata dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Le opposizioni hanno attaccato in primo luogo il filoputinismo di Orbàn e il suo sostanziale traccheggiamento sulla questione.  Orbàn se ha da un lato condannato l’invasione, dall’altro ha ribadito la sua neutralità bloccando l’invio di armi all’Ucraina, opponendosi anche all’ipotesi di bloccare l’importazione di gas russo da cui l’Ungheria dipende per il 40% del suo fabbisogno[3]. L’ambiguità del Primo Ministro nei confronti di Mosca se ha sicuramente pagato a livello elettorale, ha però contribuito all’isolamento internazionale dell’Ungheria, non solo rispetto all’UE, con la quale esistono già da lungo tempo frizioni in merito al deperimento dello stato di diritto, ma anche con alleati di più lunga data come il gruppo Visegrad.
Il solco più profondo risulta comunque esistere costantemente con le istituzioni dell’UE. È notizia delle ultime ore infatti che la Commissione ha annunciato, durante un question time, la decisione di attivare il meccanismo di condizionalità, che permette la sospensione dei pagamenti diretti a uno Stato membro per le violazioni dello stato di diritto[4]. In particolare per quanto riguarda Budapest il tema è quello della corruzione.

La reazione di Orbàn

La sera di domenica 3 aprile, nel discorso con il quale ha celebrato la sua quarta vittoria consecutiva, Orbàn ha rimarcato il valore eccezionale della sua impresa. Una vittoria che ha per il leader magiaro un valore tanto più importante perché ottenuta contro un’opposizione unita.   
Il leader di Fidesz ha anche parlato dei propri avversari annoverando tra questi non solo i “burocrati a Bruxelles”, “l’impero Soros” e i “media internazionali”, oggetto tradizionale delle sue invettive, ma anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva criticato Budapest per il suo rifiuto di inviare armi a Kyiv. 

Conclusioni

All’indomani delle elezioni, nonostante gli sforzi delle opposizioni, Orbàn risulta sicuramente vincitore ed entra in Parlamento rafforzato. Nei prossimi quattro anni sarà importante capire come si svilupperà il rapporto tra Budapest e Bruxelles, già profondamente incrinato. Ma forse, ancor più importante, sarà osservare se l’Ungheria avrà la capacità di sanare la frattura che si è aperta con il Gruppo Visegrad a seguito dell’invasione russa.


Potrebbe interessarti:

  • Leggi tutti gli articoli sull’Ungheria

Note

[1] Legge approvata la scorsa estate e che aveva incassato durante il voto parlamentare anche il via libera da parte dei legislatori di Jobbik.
[2] Rapporto OSCE https://www.osce.org/odihr/elections/hungary/515111  
[3] Gili A., “Missione: Decoupling dal gas russo”, ISPI, 11/03/2022, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/missione-decoupling-dal-gas-russo-34074#:~:text=L’Unione%20Europea%2C%20che%20dipende,ha%20annunciato%20il%20piano%20REPowerEU.   
[4] Magnani A., “Ue: via al meccanismo che sospende i fondi all’Ungheria per violazione Stato di diritto”, Il Sole 24 ore, 05/04/2022, https://www.ilsole24ore.com/art/ue-via-meccanismo-che-sospende-fondi-all-ungheria-violazione-stato-diritto-AEtrkMPB


Foto copertina: Il premier ungherese Viktor Orban (reuters)