Con una recente pronuncia, la Corte Costituzionale ha condannato il governo tedesco in riferimento alla Legge sul Clima, chiedendo allo stesso uno “sforzo” maggiore nella riduzione delle emissioni, alla luce dei principi di prevenzione e di equità per le generazioni future.
Con una sentenza del 29 aprile 2021[1], la Corte Costituzionale federale tedesca ha ritenuto inadeguata la legge sul cambiamento climatico (c.d. Klimaschutzgesetz, “KSG” o “Legge sul Clima”) adottata dal governo nell’ottobre del 2019.
La Corte, applicando i principi di precauzione, di prevenzione e di equità intergenerazionale, ha parzialmente accolto il ricorso presentato da alcuni cittadini ed ONG: secondo la Corte, infatti, le misure adottate dal governo sarebbero insufficienti per raggiungere la neutralità climatica – oggi programmata per il 2050-, con conseguente pregiudizio delle future generazioni, chiamate ad uno sforzo “emergenziale” nella riduzione delle emissioni.
La Legge sul Clima e la violazione dei diritti fondamentali.
Il pacchetto di riforme adottato dal governo, in attuazione degli obblighi assunti con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi, disciplina la graduale riduzione delle emissioni di gas serra (pari almeno al 55% rispetto ai livelli del 1990), da raggiungersi entro il 2030. Nulla viene tuttavia disposto per il periodo successivo (2030 – 2050), se non un generico impegno del governo a rivedere la situazione nel 2025.
Tale circostanza ha certamente attirato l’attenzione della Corte che, rigettato il primo motivo di ricorso – relativo alla violazione attuale dei diritti fondamentali-ha tuttavia accolto il secondo.
In seguito all’approvazione del KSG, infatti, le ONG ed i cittadini responsabili dell’azione hanno interpellato la Corte Costituzionale, ritenendo, in primo luogo, che la Legge sul Clima del 2019 violasse alcuni diritti fondamentali – ovvero, il diritto alla vita (art. 2.2 Legge fondamentale[2]), il diritto alla proprietà (art. 14.1 Legge fondamentale) ed il diritto ad un ambiente sano (art. 20a Legge fondamentale)- e, in secondo, che la stessa determinasse un’evidente restrizione delle libertà e dei diritti delle generazioni future.
In merito al primo motivo, la Corte ha ritenuto che la Legge sul Clima non viola i diritti e le libertà riconosciute in Costituzione, avendo lo Stato adeguatamente adempiuto al proprio dovere di protezione ed assistenza dei cittadini.
Sul punto, è interessante notare come la Corte, alla ricerca di un equilibrio tra le esigenze in gioco, abbia da un lato evidenziato che se si utilizzasse, come parametro, l’obiettivo della “neutralità climatica”, allora qualunque azione che, di per sé, non realizza tale scopo, dovrebbe considerarsi in contrasto con i diritti fondamentali; dall’altro, però, che il dovere di protezione che grava su ciascun Stato, in relazione al climate change, non può dirsi soddisfatto in caso di mere misure di “adattamento”. In altri termini, lasciare che il cambiamento climatico faccia il suo corso, senza porre in essere delle iniziative adeguate ad evitare il suo peggioramento – avverte la Corte – costituisce, senza dubbio, violazione del dovere di protezione dei cittadini.
Pur apprezzando il monito della Corte in merito alle strategie di mero adattamento, il vero contributo apportato dalla sentenza è l’importanza riconosciuta al principio dell’equità intergenerazionale: le scelte politiche, economiche ed ambientali realizzate dallo Stato devono rispettare il principio di prevenzione, di precauzione e di proporzionalità, prevedendo strategie che non pregiudicano i diritti e le libertà fondamentali delle future generazioni.
Nel caso di specie, secondo la Corte, il livello di emissioni consentito dal governo fino al 2030 andrebbe a «restringere considerevolmente le opzioni rimanenti per ridurre le emissioni dopo il 2030, con conseguente pregiudizio di qualunque tipo di libertà protetta e connessa ai diritti fondamentali»[3]. Far scontare, dunque, il peso di scelte inadeguate alle generazioni future, costrette così ad una riduzione emergenziale delle emissioni di gas serra è, senza dubbio, in contrasto con i principi di prevenzione, di precauzione e di equità intergenerazionale.
La Corte ribadisce così il divieto per una generazione di cagionare alla successiva un danno ambientale tale da determinarne la perdita, o comunque l’evidente riduzione, delle libertà fondamentali.
Principi di prevenzione, precauzione ed equità intergenerazionale.
A partire dalla Conferenza di Stoccolma del 1972, la comunità internazionale ha nel corso degli ultimi trent’anni mostrato sempre più consapevolezza della natura transfrontaliera del diritto ambientale, e soprattutto delle tematiche legate al cambiamento climatico, tentando così di trovare soluzioni comuni.
Nella creazione di un quadro normativo di riferimento, gli Stati e le organizzazioni internazionali hanno elaborato alcuni principi fondamentali del diritto ambientale che, codificati per la prima volta nella Dichiarazione di Rio del 1992, rappresentano oggi baluardo della protezione ambientale.
Se il principio di prevenzione – definito come il dovere di intervenire per evitare, o quantomeno ridurre, i danni che una certa azione può causare all’ambiente – richiede la certezza scientifica che quei danni si verificheranno, il principio di precauzione offre senza dubbio una tutela più ampia: ed infatti, anche nelle ipotesi in cui non vi sia la certezza, ma soltanto il probabile timore, di un pregiudizio o di un danno all’ambiente, l’applicazione del principio precauzionale permette comunque di agire in tutela.
Del resto, le difficoltà riscontrate negli ultimi vent’anni, nel collegare causalmente le attività antropologiche agli effetti indesiderati del cambiamento climatico, hanno reso l’elaborazione di tale principio essenziale per la tutela dei diritti ambientali: estendere gli obblighi di tutela e protezione a quelle ipotesi in cui il rischio di effetti nocivi sia soltanto probabile, offre una forma di tutela non solo più ampia, ma soprattutto anticipata.
Se il richiamo ai principi di precauzione e di prevenzione è, ormai, alquanto frequente nelle pronunce in materia di diritto ambientale, l’applicazione del principio di equità intergenerazionale è senza dubbio un elemento di novità.
Riconosciuto sia nella Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) che nella Dichiarazione di Rio del 1992[4], il principio di equità intergenerazionale impone ad una generazione di adottare politiche ambientali tali da non pregiudicare il diritto delle generazioni successive, ad un ambiente sano: nella sostanza, il principio si concretizza in un dovere di correttezza tra generazioni, per la conservazione dell’ambiente e delle sue risorse.
La Legge fondamentale tedesca, tra l’altro, al pari di altre Costituzioni[5], fa espresso richiamo alla tutela dell’ “interesse ambientale” delle future generazioni, seppur in un piccolo inciso dell’art. 20a: pertanto la Corte, nel motivare la propria decisione, ha di certo valorizzato la responsabilità assunta in Costituzione nei confronti delle future generazioni, ancorandola ai principi e alle norme di soft law elaborati a livello internazionale.
Dialogo tra giustizia e politica.
Il contributo fornito dalla Corte in tal sede è evidente manifestazione di quel dialogo che intercorre, da sempre, tra corti, europee e non, e potere politico. In questo processo di continua formazione del diritto, valorizzare una norma costituzionale alla luce delle priorità e dei principi stabiliti a livello internazionale, segna certamente un punto di rottura rispetto a tendenze (neanche troppo lontane!) di chiusura dei confini politico-giuridici nazionali.
Vista la natura globale del cambiamento climatico e, soprattutto, la sua inevitabile evoluzione, contributi giurisprudenziali di tal genere divengono propellente e correttivo dei processi decisionali: l’approccio collaborativo tra il potere politico e quello giudiziario – come del resto richiamato dalla stessa Costituzione tedesca – è, nella prospettiva di chi scrive, una soluzione di svolta a sfide globali, come quella posta dal climate change.
Del resto, sono bastate poche ore dalla pubblicazione della sentenza perché il governo tedesco dichiarasse l’intenzione di procedere immediatamente alla modifica della Legge sul Clima, prevedendo una riduzione almeno del 65% entro il 2030 e l’impegno a raggiungere soglia 88% entro il 2040.
Note
[1]https://www.theguardian.com/world/2021/apr/29/historic-german-ruling-says-climate-goals-not-tough-enough
[2] https://www.btg-bestellservice.de/pdf/80201000.pdf
[3] https://www.btg-bestellservice.de/pdf/80201000.pdf.
[4] Dichiarazione di Rio, 1992, Articolo 3.
[5] Esempi in tal senso: la Costituzione della Nuova Guinea, della Namibia, dell’Argentina e dell’Uganda.
Foto copertina: Manifestazione di protesta di residenti e attivisti ambientali contro la costruzione del Tangential Connection East TVO attraverso Wuhlheide La protesta è diretta anche contro l’ampliamento dell’autostrada urbana A100 di Berlino snapshot photography F Boillot