Colombia: “Nos están matando”


Approfondimento sul paro nacional con Víctor de Currea-Lugo e Giselle Sartori


 

Victor de Correa Lugo medico, professore universitario in diritto internazionale, giornalista indipendente colombiano e attivista sociale che ha seguito e riportato le proteste dalle strade di Bogotà

La situazione attuale si può definire con una sola parola: incertezza”, mi scrive Víctor de Currea-Lugo medico, professore universitario in diritto internazionale, giornalista indipendente colombiano e attivista sociale che ha seguito e riportato le proteste dalle strade di Bogotà[1].
Il 28 aprile 2021 i colombiani sono scesi in strada per protestare l’annuncio di una nuova riforma tributaria proposta dal presidente Iván Duque.
La risposta governativa a questa manifestazione è stata il dispiegamento delle forze armate e di polizia che hanno usato, e stanno tutt’ora usando, un uso massiccio della violenza. Mentre questo articolo viene scritto el paro nacional  (lo sciopero nazionale) ha raggiunto il suo quindicesimo giorno, i morti tra i manifestanti sono già 40, come riportato da diverse testate giornalistiche e Organizzazioni Non Governative quali Temblores[2], ed è difficile prevedere quale sarà la situazione quando leggerete queste parole. Molto probabilmente la conta delle violenze sarà aumentata. Nel frattempo la miccia che ha acceso tutto, la riforma tributaria, è stata ritirata lunedì 3 maggio ma le proteste non si arrestano.

Il contesto e la riforma tributaria

Come ha scritto Cecilia Recchi all’inizio delle proteste: “La riforma proposta prevedeva un aumento della pressione fiscale con l’obiettivo di generare un gettito di circa 600 milioni di dollari per risanare le finanze pubbliche[3].
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) colombiano è sceso del 6,8% l’anno scorso [4], questo dato si va a inserire in un contesto di diseguaglianza sociale, povertà e mala gestione dell’emergenza da Covid-19. Infatti, l’economista Boaventura de Sousa Santos ci ricorda che nel 2020 la Colombia è il paese con un 42,5% della sua popolazione in stato di povertà, e un 15,1% in stato di povertà estrema[5].
Giselle Sartori, antropologa e cooperante in progetti di sviluppo e aiuto umanitario in America Latina (attualmente a Pasto, Colombia), racconta che “secondo il DANE[6], si sa che 2.3 milioni di famiglie possono permettersi soltanto due pasti al giorno […] nel gennaio 2021 si sono registrati 4.1 milioni di disoccupati, inoltre l’indice di povertà è passato dal 31,7% al 38,7%. La situazione già di per sé complessa è aggravata da un conflitto che dura da oltre 50 anni, e che dalla firma degli Accordi di Pace con le FARC-EP del 2016 ha lasciato tutta una serie di questioni sociali irrisolte, come quella della riforma agraria, che interessano particolarmente le fasce più vulnerabili della popolazione, come le comunità indigene e gli afrodiscendenti”.

Giselle Sartori, antropologa e cooperante in progetti di sviluppo e aiuto umanitario in America Latina.

Gli Accordi di Pace del 2016, sebbene poco ricordati dalla stampa internazionale anche nel coprire le recenti manifestazioni, sono un nodo centrale nella storia recente del paese e, nonostante il nome fuorviante che suggerisce come data di fine conflitto quell’ottobre 2016, ad oggi gli assassinii di difensorə di diritti umani si aggirano tra i 700 e i 1.100[7]. Le zone che un tempo erano controllate dalle FARC-EP sono oggi territori di disputa di nuovi gruppi armati illegali i quali, oltre ad avere interessi di tipo economico quali narcotraffico ed estrazionismo, cercano di esercitare un controllo parastatale sulla popolazione civile. In questo contesto, il gettito di circa 600 milioni di dollari (23 miliardi di pesos) citato sopra sarebbe dovuto arrivare da un aumento delle tasse che, invece di coinvolgere la parte più ricca della popolazione, avrebbe spropositatamente impattato le fasce più deboli. Infatti, il governo Duque proponeva un abbassamento del limite di tassazione che avrebbe toccato tuttə coloro con un salario mensile di 2.6MLN pesos (circa 579 €).

La pandemia

“Quando il popolo scende in piazza durante una pandemia, vuol dire che il governo è più pericoloso del virus” recita uno dei tanti cartelli visti durante le manifestazioni. L’analisi di Víctor de Currea-Lugo approfondisce: “La mala gestione economica della pandemia ha reso, senza dubbio, la crisi ancora più profonda: l’aver dato priorità alle banche e non aver soccorso gli ospedali in maniera adeguata e il non aver accettato la proposta di un reddito base. C’è però una ragione ancora più grande che ha influito sullo scoppio delle proteste, ed è quella che l’attuale governo aveva già ha sviluppato due riforme fiscali ed era in procinto di presentare la terza riforma fiscale. [..] Di fatto, quest’anno, già sono stati perpetrati 32 massacri nel paese. L’attuale governo è, inoltre, responsabile della non implementazione del processo di pace. Però, in una prospettiva ancora più grande, bisogna vedere che dal 1990 la povertà, la privatizzazione, l’aggressione da parte della polizia e l’impunità sono cresciute. Il panorama è quindi formato da vari cerchi concentrici.”. Attualmente la Colombia è uno dei paesi con il più alto tasso di mortalità da Covid con 81.300 morti accertati, 15.000 nuovi casi[8] e solo il 3.5% della popolazione completamente vaccinata. “In questo contesto, la pandemia ha avuto il ruolo di accentuare ancora di più le disuguaglianze sociali”, continua Sartori, “ma è importante ricordare che le manifestazioni alle quali stiamo assistendo sono figlie delle mobilitazioni del novembre del 2019 – che travolsero non soltanto la Colombia ma tutta l’America Latina- e dalla mancanza di risposte alle richieste dei colombiani in quel preciso momento.”

Le proteste e la violenza di Stato

Quando chiedo a Víctor de Currea-Lugo se può raccontare episodi che lo hanno colpito particolarmente dalle manifestazioni la sua risposta è: “I blocchi e le manifestazioni dei settori popolari, della gente umile, di quella gente molto più povera che non ha condizioni di vita dignitose, questa gente sta manifestando con molto più coraggio, con molta più audacia e, nel caso della popolazione indigena, commuove la loro dignità.” Storicamente le manifestazioni sono state più partecipate da movimenti sindacali o studenteschi. Giselle Sartori, rispettando il principio di imparzialità che comporta lavorare per una ONG, non ha preso parte alle manifestazioni “ma conosco diverse persone che hanno partecipato, le quali mi hanno riferito che le manifestazioni nella città dove mi trovo sono state totalmente pacifiche. Partecipavano non soltanto giovani ma anche famiglie, donne e bambini. Nonostante questo la polizia rispondeva lanciando lacrimogeni, usando idranti e reprimendo la folla.” Nelle città principali come Cali invece “il governo ha dispiegato un numero altissimo di militari per contenere i manifestanti. Alcuni video che circolano sul web mostrano attacchi da parte della forza aerea sui civili nel quartiere di Siloè, come un vero e proprio scenario di guerra.

Temblores, ONG colombiana per i diritti umani, riporta che dal 28 aprile al 21 maggio ci sono stati 2905 casi di violenza da parte della polizia, di cui 855 casi di aggressione fisica, 43 casi di violenza omicida, 1264 detenzioni arbitrarie, per non parlare dei più di 80 casi di desaparecidos e 21 casi riportati di violenza sessuale, sempre da parte della polizia[9]. “Tra gli eventi più dolorosi delle ultime settimane c’è la morte di Allison Melendez, 17 anni, che, dopo essere stata violentata da parte un gruppo agenti della polizia a Popayán, si è tolta la vita”, mi dice Giselle Sartori. La giovane è stata fermata a Popayán la notte di mercoledì 12 maggio da un gruppo dell’Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD). Secondo video che circolano in rete e il resoconto che la ragazza ha fatto tramite Facebook, gli uomini dell’ ESMAD l’avrebbero fermata credendola coinvolta nelle proteste – prima di morire Allison ha scritto: “Appoggio totalmente lo sciopero e le manifestazioni però ieri non ero con i manifestanti[10]– e le avrebbero “abbassato i pantaloni e […] palpeggiato fino all’anima[11]. E’ in corso un’indagine, anche se il comandante regionale della Polizia, Ricardo Augusto Alarcón Campos, si è già affrettato a classificare le notizie di abuso sessuale come false[12], nonostante la presenza di video.

Sartori mi parla poi di Lucas Villa, 37 anni: “Dopo aver lottato tra la vita e la morte per diversi giorni a causa di 8 colpi di arma da fuoco ricevuti da parte di ignoti mentre manifestava pacificamente, è deceduto qualche giorno fa nella città di Pereira.” Poi c’è stato Santiago Murillo, 19 anni, “assassinato da parte di membri della polizia mentre tornava a casa, per un colpo di arma da fuoco nel petto”.

Mi domando in tutta questa violenza di stato quale sia il ruolo di gruppi paramilitari – ancora una volta per chi se lo fosse perso, il paramilitarismo non è morto nel 2016 – e mi risponde de Currea-Lugo: “Il paramilitarismo non è solamente una forma di gruppo armato. Il paramilitarismo è anche una forma di concepire lo sviluppo del monopolio della forza da parte dello stato. Lo stato cede la forza a privati e questo l’abbiamo visto nel caso della città di Cali dove gente ricca è uscita a sparare contro la popolazione indigena, in aperta complicità e alla luce del sole, con la polizia. […] È una logica nella quale lo stato cede parte del monopolio della forza ad alcuni gruppi che sono di origine poco chiare o, come nel caso di Cali, fanno parte di settori ricchi.” 
Di questa logica ne sanno qualcosa le comunità indigene che a fine aprile si sono dovute confrontare con l’ennesima perdita (cinquantaduesima dall’inizio dell’anno, per essere esatti): Sandra Liliana Peña Choqué, governatrice indigena della riserva La Laguna Siberia, dipartimento di Cauca, uccisa a colpi d’arma da fuoco da…narcos? Paramilitari? La stampa riporta in termini possibilistici i mandanti, mentre sul campo si ha un’idea più chiara.  Sul ruolo dell’attivismo indigeno nelle manifestazioni si dovrebbero scrivere più articoli, ma per questo lasciamo l’ultima parola a de Currea-Lugo: “Quello che andrebbe posto in risalto è che loro [le comunità indigene, NdA] hanno difeso, come nessun altro settore della società, l’implementazione dell’accordo di pace. Si sono organizzate nel modo migliore e credo che, insieme alle comunità nere, sono le organizzazioni sociali più forti. […] Oltre ai morti che hanno sofferto e oltre alle manifestazioni, sono settori discriminati da un paese razzista, classista, e centralista.

I negoziati e il futuro

Le proteste dei colombiani, inizialmente scatenate dalla riforma tributaria proposta e poi ritirata, sono legate, come abbiamo visto, a una serie di necessità e richieste che in questi giorni sono state avanzate. “[Le richieste] toccano temi che vanno dal reddito base alla ‘matricola zero’ per gli studenti con minor reddito, allo smantellamento dell’ESMAD e riforma della Polizia Nazionale, allo stop all’eradicazione forzata delle piante di coca con il glifosato che minaccia la salute sia dei contadini che dell’ambiente e che va contro il Punto 4 dell’Accordo Finale sulla sostituzione volontaria delle coltivazioni illecite”, riassume Sartori. Il governo Duque, messo alle strette dall’aumento della violenza e dall’interesse internazionale – che per quanto scarso, c’è – ha invitato a creare spazi di dialogo con vari settori della società civile. Se, da una parte, l’apertura al dialogo è probabilmente l’unica opzione per evitare la caduta del governo – “dopo la deriva autoritaria di queste settimane, è difficile pensare che il governo possa riacquistare la fiducia dell’opinione pubblica”, dice Sartori -, dall’altra Victor de Currea-Lugo vede la storia ripetersi: “Il problema dei dialoghi attuali promossi da Duque è la ripetizione del modello di dialogo del 2019 che non ha dato alcun tipo di frutti alla società; si tratta di sviare il tema della negoziazione sulle conseguenze delle manifestazioni dove si è cercato di rappresentare i manifestanti come vandali e come terroristi. Però non ci sono proposte chiare sul tavolo in termini di negoziati.” Torniamo alla parola incertezza che ha aperto questo articolo. C’è però una differenza cruciale tra la situazione odierna e quella del 2019: “Si sono liberati una rabbia e un malessere autentico, genuino e giustificato da parte della gente, e non credo, oggi, che si possa risolvere con un paño de agua tibia [panno di acqua tiepida, misure blande, NdA]” conclude Victor de Currea-Lugo.


Note

[1] https://victordecurrealugo.com/perfil/
[2] GRIFFIN, O., “Death toll from Colombia protests rise as cities brace for COVID fallout”, Reuters, 12 maggio 2021, https://www.reuters.com/world/americas/colombian-cities-brace-more-covid-infections-after-protests-2021-05-11/HURTADO, J., “Nueva jornada de paro en Colombia mantiene en jaque al Gobierno de Iván Duque”, France24, 13 maggio 2021, https://www.france24.com/es/am%C3%A9rica-latina/20210513-colombia-jornada-paro-jaque-gobierno-duque
[3] RECCHI, C., “Cosa sta succedendo in Colombia?”, Opinio Juris – Law and Politics Review, 7 maggio 2021, httpshttps://victordecurrealugo.com/galeria/://www.opiniojuris.it/cosa-sta-accadendo-in-colombia/
[4] BBC, “Colombians take to the streets to oppose tax reform”, 29 aprile 2021, https://www.bbc.com/news/world-latin-america-56928650
[5] DE SOUSA SANTOS, “Colombia en llamas: el fin del neoliberalismo serà violento”, aporrea.org, 6 maggio 2021, https://www.aporrea.org/internacionales/a302317.html?fbclid=IwAR1_RNHK-sWgUP6CRLhXmCcADrmsT_Ig0_Ypy2OiYpEwjrwqPIN1PaThbq4
[6] https://www.dane.gov.co/
[7]  DE SOUSA SANTOS, “Colombia en llamas: el fin del neoliberalismo serà violento”, aporrea.org, 6 maggio 2021, https://www.aporrea.org/internacionales/a302317.html?fbclid=IwAR1_RNHK-sWgUP6CRLhXmCcADrmsT_Ig0_Ypy2OiYpEwjrwqPIN1PaThbq4
[8] World Health Organization, https://covid19.who.int/region/amro/country/co
[9] Temblores, https://www.temblores.org/
[10] Diario del Norte, “Adolescente se suicidó tras denunciar que fue abusada sexualmente por la Policía”, 14 maggio 2021 https://www.diariodelnorte.net/noticias/generales/nacion/adolescente-se-suicid2o-tras-denunciar-que-fue-abusada-sexualmente-por-la-policia/ testo originale del post fatto dalla ragazza: “Les tocó coger me entre 4 no Hijueputas?? Yo soy a la que cogieron, en ningún momento me ven tirando piedras, no iba con ellos, me dirigía hacia la casa de un amigo que me dejaría quedar en su casa, cuando menos pensé estaban encima, ni siquera corrí porque era peor, lo único que hice fue esconderme detràs de un muro, y solo porque estaba grabando me cogieron, en medio de eso me bajaron el pantalón y me manosearon hasta el alma, en el video queda claro que yo les digo que me suelten porque me estaban ‘desnuando’ quitando el pantalón. Pero casi les da un mal cuando me revisaron los documentos y se dieron cuenta que soy hija de un policía, apoyo totalmente el paro y las manifestaciones, pero ayer NO ESTABA CON LOS DE LAS MARCHAS”.
[11] Ibid.
[12] Blu radio, “Investigaremos, pero no hubo acceso carnal: Policía sobre caso Alison Meléndez”, 14 maggio 2021, https://www.bluradio.com/blu360/pacifico/investigaremos-pero-no-hubo-acceso-carnal-policia-sobre-caso-alison-melendez


Foto copertina: Victor de Currea-Lugo

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