Covid-19 : paesi in guerra


L’emergenza Covid-19, si estende a macchia d’olio in tutto il mondo. Il virus ha colpito, ad oggi, più di 1 milione di persone, mentre i morti accertati sarebbero quasi 71.000. Intanto cresce l’allerta per il diffondersi del virus nel aree più povere del pianeta, dall’Africa al Medio Oriente ed in particolare per le aree di guerra.  Ma alcune zone, ufficialmente, non risultano contagi.


 

La situazione

La comunità internazionale segue con attenzione il diffondersi del Covid-19 nelle aree più povere del mondo, in quelle già colpite da guerre o dove la scarsa qualità delle strutture sanitarie non consente di affrontare la pandemia in maniera efficace.
Preoccupa inoltre la scarsa trasparenza sui dati del contagio in alcuni paesi.

L’appello dell’Onu per i paesi in guerra

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, ha chiesto ai paesi in guerra di tutto il mondo un cessate il fuoco immediato per affrontare la più grande battaglia globale contro la pandemia del nuovo coronavirus.
“Il nostro mondo fronteggia un comune nemico: COVID-19. – ha affermato Guterres- al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, credo religiosi e fazioni. Li attacca tutti, indistintamente e senza tregua” ricordando inoltre che nei paesi di guerra i sistemi sanitari sono collassati e gli operatori sanitari, già in numero esiguo, sono stati spesso presi di mira[1].

Intanto, i conflitti armati imperversano nel mondo e si teme per la sorte dei milioni di rifugiati che si trovano nei vari campi nel mondo.
Secondo quanto affermato da Crystal Ashley Wells, portavoce regionale del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) a Nairobi, nel Sud Sudan ci oltre 1,6 milioni di sfollati interni, e spesso ci vogliono ore, persino giorni, per raggiungere le strutture sanitarie. Nella vicina Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove finora sono stati confermati 58 casi, COVID-19 è stato in gran parte contenuto nella capitale, Kinshasa, a differenza di focolai passati di malattie come l’Ebola, che ha colpito aree remote. “Oggi è possibile gestire i pazienti malati perché il numero di pazienti non è ancora esploso”, ha detto Jean Paul Katsuva, un epidemiologo che lavora sulla risposta COVID-19 a Kinshasa, una città di 12 milioni di persone.
Ma il sentimento generale è di ansia, specialmente quando le persone osservano i paesi meglio attrezzati della lotta della RDC sotto il peso della pandemia. Serve un aiuto serio, ha detto Katsuva, per “una popolazione che è già in difficoltà a causa di questa situazione in cui il futuro non è chiaro”[2]Preoccupazioni simili per i campi presenti nel Burundi, Rep. Centrafricana, Ciad, Burkina Faso, si teme per i Rohingya in Myanmar, per la Siria, per l’Iraq e per lo Yemen. Per far fronte a questa emergenza, l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sta cercando 255 milioni di dollari per la sua urgente spinta a frenare il rischio e ridurre l’impatto delle epidemie di COVID-19 in queste comunità vulnerabili, come parte di un più ampio piano di risposta umanitaria globale delle Nazioni Unite che cerca 2,01 miliardi di dollari[3].

 

Yemen: un dramma nel dramma

Lo Yemen vive una situazione di conflitto da 5 anni, divenuta terra di scontro per le potenze regionali dall’Arabia Saudita all’Iran, dalla Turchia al Qatar che si sfidano per l’egemonia nel Medio Oriente.[4]
Bombardamenti pesantissimi dei quali fanno le spese soprattutto donne e bambini. 12.366 vittime civili, tra il 26 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno e oltre 100 mila vittime totali. Oltre 4 milioni di sfollati interni sopravvivono in alloggi di fortuna o nei villaggi, dove la popolazione locale ha offerto loro un riparo.
Non si può parlare di economia, l’80% della popolazione vive grazie agli aiuti umanitari, ma non basta: circa 10 milioni di persone sull’orlo della carestia, prezzi dei beni alimentari alle stelle, quasi 18 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua pulita e all’assistenza sanitaria di base, rimanendo così inevitabilmente esposte a epidemie mortali.
Le scorte di medicine e materiali sanitari si stanno esaurendo.
Ad aggravare la situazione si è verificata un emergenza colera: da inizio anno sono più di 56 mila le persone contagiate e oltre 2,2 milioni dal 2017: si tratta della più grave epidemia del mondo, aggravata dal collasso del sistema sanitario e delle infrastrutture idriche. Inoltre il numero di contagi potrebbe aumentare con l’arrivo della stagione delle piogge in aprile[5].
Quale potrebbe essere l’impatto del Covid-19 su una realtà, quella yemenita, ormai allo stremo? L’Oms ha da poco attivato un numero verde per informare la popolazione yemenita sull’emergenza, predisponendosi a mandare aiuti immediati. Ma forse non basterà.

Zero contagi

Se guardiamo i dati delle persone colpite dal virus, ci accorgiamo che in molti paesi il numero dei contagiati o non è disponibile oppure presenta cifre molto basse rispetto ai paesi confinanti, il che probabilmente lascia pensare che i dati forniti non sono quelli esatti.  Gli ultimi paesi ad aver confermato casi di contagio sono Botswana, Burundi e Sierra Leone, e ormai ci sono casi di COVID-19 anche in Bhutan, in Groenlandia, nelle isole Fær Øer, in Belize e sulle isole Turks e Caicos. Non sono stati accertati casi nello Yemen, 500 persone messe in quarantena in Corea del Nord e solo un caso nel Sud Sudan, è evidente che o non è possibile verificare la presenza di contagiati o non c’è la volontà di diffondere i dati, perché ad oggi è totalmente da escludere la possibilità di paesi totalmente immuni considerata la velocità di trasmissione. Oltre ai casi citati, altri due paesi sembrerebbero essere immuni dai contagi: il Tagikistan e il Turkmenistan. In Turkmenistan il governo insiste sul fatto che non ci sono casi confermati, e non ci sono modi per verificare la veridicità di tali affermazioni.  
Il presidente Gurbanguly Berdimuhamedov non ha mai parlato di “Coronavirus”, e durante un seminario tenutosi lo scorso 30 gennaio, si è limitato a fornire “preziosi consigli” sulla prevenzione delle malattie e sul miglioramento delle cure mediche per la popolazione[6]. Ma se il presidente non ha mai pronunciato la parola Covid-19, i media statali e gli organi governativi hanno riconosciuto con cautela l’esistenza del problema.
Il 25 marzo, ad esempio, l’agenzia di stampa statale TDH ha riferito che il governo stava organizzando voli charter per evacuare migliaia di turkmeni che studiavano in Cina, Turchia, Russia e Bielorussia dal percorso della pandemia di coronavirus[7].
Sempre secondo TDH, il Presidente Berdimuhamedov preoccupato dalla recessione ha fatto riferimento alla necessità di sviluppare e adottare misure tempestive e di medio termine per ridurre l’impatto negativo dell’epidemia di coronavirus sulle imprese a causa dell’instabilità nell’economia globale, senza però far riferimento ad eventuali misure di contenimento sanitario[8]. Il Turkmenistan non ha media indipendenti e secondo Azatlyk Radiosy[9], la sezione turkmena di Radio Liberty, ai cittadini è vietato parlare di Covid-19 pena: l’arresto.
In Tagikistan le autorità non hanno registrato un solo caso. Il presidente, Emomali Rahmon, 67 anni, nonostante l’annullamento della visita ufficiale del segretario generale dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) Stanislav Zas prevista per metà marzo proprio per questioni legate al Covid-19[10], è rimasto indifferente alla pandemia dichiarata dall’Oms. Ad oggi non esistono misure di distanziamento sociale e le sontuose celebrazioni di Nowruz[11] si sono svolte regolarmente alla fine di marzo con migliaia di partecipanti.
Il 1 ° aprile, la rappresentante locale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Galina Perfilyeva, ha dato al Tagikistan un buono stato di salute, affermando che oltre 700 test COVID-19 non hanno prodotto effetti positivi. Ha avvertito, tuttavia, che le persone dovrebbero evitare la folla.


Note

[1]https://www.onuitalia.it/coronavirus-il-segretario-generale-dellonu-lancia-un-appello-per-un-immediato-cessate-il-fuoco-globale/

[2]https://www.aljazeera.com/news/2020/03/front-worry-covid-19-spreading-african-refugee-camps-200329054029304.html

[3]https://www.unhcr.org/news/stories/2020/3/5e7b57e90/unhcr-seeks-us255-million-respond-covid-19-outbreak.html

[4]https://www.opiniojuris.it/yemen-una-guerra-per-legemonia-sul-medio-oriente/

[5] https://www.atlanteguerre.it/notizie/dossier-il-covid-19-tra-rifugiati-e-sfollati/

[6] https://www.mfa.gov.tm/ru/news/1848

[7]http://tdh.gov.tm/news/en/articles.aspx&article21915&cat30

[8]http://tdh.gov.tm/news/en/articles.aspx&article22000&cat29

[9] https://rus.azathabar.com/a/30510309.html

[10]https://asiaplustj.info/en/news/tajikistan/politics/20200317/csto-secretary-generals-visit-to-tajikistan-postponed-due-to-coronavirus

[11]https://eurasianet.org/tajikistan-authorities-spark-covid-19-panic-by-urging-calm


Foto copertina: Amnesty International, campi profughi in Grecia.

[trx_button type=”square” style=”default” size=”large” icon=”icon-file-pdf” align=”center” link=”http://www.opiniojuris.it/wp-content/uploads/2020/04/Covid-19-paesi-in-guerra.docx.pdf” popup=”no” top=”inherit” bottom=”inherit” left=”inherit” right=”inherit” animation=”bounceIn”]Scarica Pdf[/trx_button]