L’esame di abilitazione per l’esercizio della professione forense è un punto cruciale per migliaia di praticanti avvocati di tutta Italia, il quale giunge solo dopo anni di studio.
La selezione per accedere al mondo della libera professione può essere considerata effettivamente meritocratica?
Dopo un percorso accademico particolarmente intenso, e spesso poco pratico ed eccessivamente teorico, gli aspiranti avvocato devono affrontare 18 mesi di pratica in uno studio legale.
Nessun dubbio sul fatto che la pratica forense sia fondamentale, perché al di là delle file negli uffici notifiche e delle infinite fotocopie di atti e fascicoli, i giovani laureati entrano nel mondo dell’avvocatura scrivendo atti e partecipando ad udienze, ma questo non basta per potersi abilitare.
Al termine di questo lungo periodo lo step finale è un esame composto da tre prove scritte che verranno corrette da una Corte di Appello diversa da quella del distretto di appartenenza, attendendo per circa sei mesi i risultati prima di sapere se si dovrà affrontare l’esame orale dopo altri tre mesi.
Secondo l’attuale sistema, cristallizzato ed immutato dalla l.241/1988[1] entrata in vigore con l’esame del 1989, migliaia di ragazzi e ragazze hanno a disposizione una sola sessione l’anno per riuscire finalmente ad accedere al mondo della libera professione.
Perché viene ormai considerato un problema?
Quello che i circa 20.000 giovani affrontano è una prova concorsuale che in alcuni casi si trasforma in una prova psicologica, passando sette ore al giorno per tre giorni chiusi in enormi aule di carceri e tribunali, con centinaia di colleghi e commissari di esame, con delle enormi incertezze sull’esito.
In primis le perplessità riguardano il contenuto delle prove di esame, ed in particolare le prime due.
Ciò che viene richiesto nei primi due giorni è scrivere dei pareri pro veritate, prima di diritto civile e poi di diritto penale, che consistono nella risoluzione di una questione concreta facendo riferimento agli istituti in gioco ed alle più recenti pronunce della Corte di Cassazione. Un simile compito non è proprio dell’agire quotidiano degli avvocati, i quali spesso non scriveranno mai un parere ma soltanto atti, oggetto appunto della terza prova.
In secondo luogo vi è un preoccupante dato numerico: ogni anno gli ammessi alla prova orale sono circa il 40%. I dati dello scritto del 2019 vedono sedi con una percentuale di ammessi del 60% (Torino corretta da Bari) e sedi con percentuali bassissime come Caltanissetta (corrette a da Trento), dove gli ammessi sono stati il 24,68%.[2]
Ma questa selezione garantisce meritocrazia?
Stando alle statistiche ed ai casi, non poco frequenti, in cui esaminandi con compiti identici (bisogna ammettere che accade) subiscono sorti opposte, e considerando che errare humanum est, dato che i commissari si trovano a dover correggere centinaia e centinaia di compiti simili con grafie diverse spesso possono sbagliare, e basta un punto sotto la media di sufficienza del 30 per risultare non ammessi, la conseguenza è che il merito non è sempre garantito: non ammettere che a livello nazionale ci sia spesso un metro diverso, con sedi in cui gli ammessi sono oltre la metà e sedi con il 70% di bocciati, vorrebbe dire ritenere che vi sono sedi di “capre” e sedi di meritevoli.
A questo si potrebbe obiettare dicendo che con un esame scritto si notano facilmente quali sono stati i motivi di esclusione ma in realtà anche qui vi è un grosso limite, l’assenza di motivazione.
Infatti nonostante vige nel nostro ordinamento il principio di trasparenza della pubblica amministrazione anche nei concorsi ed esami pubblici, non è previsto un obbligo di motivazione del voto delle prove scritte, cosa che fra l’altro non fa che comportare un aumento del numero dei ricorsi. Tale previsione sarebbe stata considerata unanimemente come l’unico aspetto positivo della cd.Riforma Orlando, prorogata però nella totalità di tutte le previsioni innovative e pertanto mai attuata.
Oltre ciò vi è il problema non indifferente delle tempistiche. I lunghi tempi di correzione portano ad una peculiare tipologia di esame, il cd. esame cautelativo: accade infatti che, soprattutto nelle sedi più grandi con oltre 2000 aspiranti avvocati, la calendarizzazione dell’esame orale parte da ottobre e arriva fino a gennaio, costringendo alcuni di loro ad effettuare l’esame scritto della sessione successiva per cautelarsi qualora venissero bocciati all’orale, togliendo però tempo allo studio per quest’ultimo.
Come se non bastasse, la pandemia
Ad aggiungersi ai sopracitati problemi strutturali sono intervenuti tutti i provvedimenti consequenziali alla pandemia da Covid-19.
Il 2020 ha visto sostanzialmente tutte le abilitazioni professionali destinatarie di provvedimenti straordinari per non impedire o prorogare oltremodo l’accesso alla professione per migliaia di giovani italiani.
Esempio a sé è quello di Medicina dove tutti i laureati sono stati immediatamente abilitati senza alcun esame (ma ha senso data la situazione sanitaria e considerato il fatto che in quell’ambito il problema si pone per i posti nelle specializzazioni mediche), mentre altri esami più affini a quello di avvocato, come quello di Architettura che prevede di norma più prove scritte come primo step, sono stati trasformati in una sola prova orale per via telematica.
La ovvia impossibilità di effettuare un esame scritto che comporta l’affollarsi di giovani aspiranti in centinaia, e in alcuni migliaia, chiusi per tre giorni non ha portato a nessun provvedimento straordinario per l’abilitazione forense; addirittura come se niente fosse il 14 settembre è stato pubblicato il decreto ministeriale che indicava come date per l’esame il 15-16 e 17 dicembre, salvo poi con decreto del 10 novembre (anticipato su Facebook dal Ministro) rinviare a data da destinarsi.[3] Le date definitive (o almeno si spera) saranno comunicate con un decreto del 18 dicembre e le modalità di accesso alle sedi concorsuali saranno comunicate con decreto del 16 marzo 2021.
Pertanto all’incertezza legata alla modalità di esame si aggiunge un ulteriore slittamento, per il momento sine die, che non si sa cosa può comportare. Qualora infatti si decida, come sembra, di mantenere le modalità “classiche”, vi è il rischio di un ulteriore proroga se la situazione epidemiologica lo impedisce, con un dannoso procrastinarsi di un accesso alla prova orale e di un eventuale ingresso nel mondo del lavoro che sembra sempre più lontano.
Le proposte di riforma
Se si vuole trovare un piccolo lato positivo in questo ulteriore intoppo causato dal Coronavirus, si può constatare come finalmente ciò abbia smosso le coscienze di chi avrebbe già dovuto da tempo trovare una soluzione, mettendo in campo diversi spunti per una riforma organica dell’accesso alla professione forense.
Vi sono infatti in questo momento delle proposte di legge al vaglio della Commissione Giustizia della Camera e un’altra al Senato. Mentre la seconda proposta vorrebbe trasformare l’esame di abilitazione forense in un quizzone a crocette con relativa banca dati (come un “qualsiasi” concorso pubblico), con fondate perplessità circa la garanzia di merito nella selezione, che sarebbe ancora più incerta rispetto all’esame attuale, la proposta giunta alla Camera sembra più sensata.
Vi è infatti una proposta di legge che va ad unificare due distinte iniziative legislative portate avanti da diversi partiti della maggioranza, una delle quali recepisce l’idea di una delle associazioni forensi più grandi a livello nazionale.[4]
Questa mira da un lato a riformare la pratica forense, prevedendo finalmente un equo compenso economico proporzionato alla qualità e quantità della prestazione svolta nel tirocinio, e dall’altro a riformulare l’assetto dell’esame scritto.
Nel dettaglio secondo questa iniziativa, le tre prove scritte si riducerebbero ad una sola: l’atto giudiziario a scelta fra Civile – Penale – Amministrativo, eliminando pertanto i pareri che non corrispondono ad una reale concretizzazione dell’esercizio della professione di avvocato. Inoltre, anche per il fatto che una sola prova scritta riducerebbe in modo consistente il tempo di correzione, prevederebbe finalmente una seconda sessione di esame annuale oltre quella classica di dicembre, distanti almeno 180 giorni l’una dall’altra.
Conclusioni
Le diverse proteste avviate in tutto il territorio nazionale, oltre le numerose iniziative legislative giunte da più parti, seppur diverse, fanno ben sperare su una tanto auspicata riforma; tuttavia non sembrano esserci le tempistiche per introdurre le novità di una eventuale nuova legge sull’accesso alla professione negli scritti della sessione del 2020 che si terranno in primavera 2021.
Pertanto, salvi provvedimenti straordinari che potrebbero adeguarsi ad una riforma presumibilmente in dirittura di arrivo ad inizio primavera, il prossimo esame si terrà con le classiche modalità, sperando che al contempo venga almeno garantito un risultato che arrivi in modo tale da non rinviare oltremodo anche gli orali.
Il dato di fatto, in questa confusione sanitaria e legislativa, è che questo esame deve essere riformato perché è solo uno strumento che consente l’accesso in un mondo professionale in cui la selezione non sarà fatta dall’esame ma dalle capacità concrete dei futuri avvocati.
Note
[1] In realtà una riforma è stata approvata, la cd. Riforma Orlando con D.M. 48/2016 prevedeva l’eliminazione dei codici annotati, trasformando il Parere in un compito simile ad un tema per magistratura; prevedeva la sufficienza in tutti e tre gli scritti al posto dell’attuale sufficienza di media e introduceva l’obbligatorietà delle tue principali materie processuali (civile e penale) fra le materie dell’orale; come se non bastasse sanciva l’obbligo della frequenza, a pagamento, di una scuola legale di 18 mesi, Tale riforma (fortunatamente) non è mai entrata in vigore, essendo stata posticipata più volte con i Decreti Milleproroghe
[2] https://www.altalex.com/documents/news/2020/08/05/esame-di-avvocato-2019-risultati
[3] https://images.go.wolterskluwer.com/Web/WoltersKluwer/%7B46d9852d-55a1-44cf-80c8-54c88edc564b%7D_ministero-giustizia-decreto-10-novembre-2020.pdf
[4]https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/acceso-professione-forense-sola-prova-scritta-e-diritto-compenso-il-praticante-ADMHS63?fbclid=IwAR377kfVRJPObBZP3a71PLb5f1D8keKmGibxiQg9lucpiQFZW0Enk0O2I-Y&refresh_ce=1
Foto copertina: Immagine web