Il 24 giugno scorso, la Corte suprema degli Stati Uniti ha ribaltato il precedente giurisprudenziale in base al quale era stato affermato il diritto costituzionale all’aborto, a livello federale. Ciò significa che da oggi l’aborto non è reso illegale ma viene data la responsabilità ai singoli stati di decidere in materia senza vincoli e restrizioni. Tuttavia, la metà degli Stati ha già optato per il divieto. Infatti, secondo il Guttmacher Institute, attualmente sono 26 gli stati in cui il diritto all’aborto potrebbe essere limitato.
La sentenza Roe v. Wade
Il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti era sancito da una sentenza del 1973, conosciuta come Roe v. Wade che garantiva l’accesso alla pratica e soprattutto assicurava che non venisse negata da parte degli stati. Dunque, si trattava di un diritto federale[1].
Nel 1969, una donna single di 25 anni, Norma McCorvey usando lo pseudonimo “Jane Roe”, aveva contestato le leggi sull’aborto criminale in Texas. Lo stato proibì l’aborto come incostituzionale, tranne nei casi in cui la vita della madre era in pericolo. A difendere la legge anti-aborto era Henry Wade – il procuratore distrettuale per la contea di Dallas -, da qui il nome della sentenza Roe v Wade. Jane Roe era incinta del suo terzo figlio quando presentò il caso, sostenendo di essere stata violentata. Tuttavia, il caso fu respinto e lei fu costretta a partorire. Nel 1973 il suo appello fu presentato alla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove il suo caso fu esaminato insieme a quello di una ventenne della Georgia, Sandra Bensing. Secondo le due donne le leggi sull’aborto in Texas e Georgia erano contro la Costituzione degli Stati Uniti perché violavano il diritto alla privacy della donna. Con un voto di sette a due, i giudici della corte stabilirono che i governi non avevano il potere di vietare gli aborti, tutelando il diritto all’interruzione della gravidanza nella costituzione degli Stati Uniti. Il caso aveva creato il sistema “trimester” che permetteva un diritto assoluto ad un aborto nei primi tre mesi (trimestre) di gravidanza, e qualche regolamentazione governativa nel secondo trimestre[2]. Roe v Wade aveva stabilito che nell’ultimo trimestre, una donna potesse ottenere un aborto nonostante qualsiasi divieto legale, solo se i medici avessero certificato che è necessario salvare la vita o la salute della donna.
Il rovescio della sentenza Roe v. Wade
Tuttavia, la sorte di McCorvey e Bensing potrebbe essere quella di milioni di donne da ora in poi. Già il 3 maggio era stata diffusa una bozza dalla Corte Suprema in cui si mostrava la volontà di rovesciare la sentenza Roe v. Wade con 6 voti contro i 3 contrari. I sei giudici a favore della decisione erano stati nominati nel corso degli anni dai Repubblicani conservatori che avevano già tentato di opporsi al diritto all’aborto. In realtà anche prima dell’ultima sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, gli attivisti antiabortisti avevano riguadagnato terreno. Nel 1980, la Corte aveva sostenuto una legge che vietava l’uso dei fondi federali per l’aborto, tranne quando necessario per salvare la vita di una donna. Poi, nel 1989, la Corte aveva permesso agli stati di vietare gli aborti effettuati nelle cliniche statali. Inoltre, nel 1992, la sentenza Planned Parenthood v Casey aveva introdotto la possibilità agli stati di limitare gli aborti anche nel primo trimestre per motivi non medici[3]. Di conseguenza, molti stati avevano già delle restrizioni in atto, tra cui coinvolgere i genitori o un giudice nel caso in cui le donne incinta che volessero abortire fossero giovani. Altri stati avevano già periodi di attesa lunghi tra il momento della prima visita alla procedura di aborto vera e propria[4].
Conclusioni
Come già preannunciato nel 2019 da Ruth Bader Ginsburg alla BBC, il problema principale ora sarà per le minoranze etniche o le donne con poche disponibilità economiche, non abbienti, che non avranno la possibilità di abortire nel loro stato e non potranno andare in altri stati per avere il loro diritto garantito. Il diritto all’aborto è un diritto umano circa la libertà riproduttiva e la propria salute riproduttiva. La decisione degli Stati Uniti può essere definita coercizione riproduttiva, una violenza nei confronti delle donne che ricorreranno a pratiche clandestine di interruzione di gravidanza che per millenni hanno ucciso persone in tutto il mondo[5].
Gli attivisti sostengono che il diritto all’aborto è sinonimo di salute e di libera scelta e vietarlo non è sicuramente democratico. Inoltre, invece di trattare l’aborto come un problema criminale e politico bisognerebbe considerarlo come un tema clinico legato alla salute delle donne[6]. Per riaffermare un diritto federale all’aborto servirebbe una legge nazionale approvata dal Congresso, ma non sembra esserci una maggioranza disposta a votare una legge sul tema[7]. Sicuramente ciò sarà oggetto di campagna elettorale nelle elezioni di mid-term di novembre.
Note
[1] https://www.bbc.com/news/world-us-canada-61302740
[2] https://www.bbc.com/news/world-us-canada-54513499
[3]https://www.washingtonpost.com/world/2022/06/24/global-reaction-roe-abortion-supreme-court/
[4]https://www.politico.com/news/2022/05/02/supreme-court-abortion-draft-opinion-00029473
[5] https://thevision.com/attualita/coercizione-riproduttiva/
[6]https://www.washingtonpost.com/world/2022/06/24/global-reaction-roe-abortion-supreme-court/
[7] https://www.ohchr.org/en/press-releases/2022/06/usa-un-experts-denounce-supreme-court-decision-strike-down-roe-v-wade-urge
Bibliografia
https://www.bbc.com/news/world-us-canada-54513499
https://www.politico.com/news/2022/05/02/supreme-court-abortion-draft-opinion-00029473
https://www.bbc.com/news/world-us-canada-61302740
https://thevision.com/attualita/coercizione-riproduttiva/
https://www.ohchr.org/en/press-releases/2022/06/usa-un-experts-denounce-supreme-court-decision-strike-down-roe-v-wade-urge
Foto copertina: Sostenitori dell’aborto negli Stati Uniti