Il contrasto al cambiamento climatico è presupposto essenziale per l’avvenire dell’umanità: se non si agirà in tempi rapidi le ripercussioni saranno devastanti. L’antidoto è nelle mani degli Stati, la loro capacità di mettere in atto processi riformatori è il catalizzatore capace di ridimensionare i consumi e gli effetti del cambiamento climatico sulla Terra. Si richiede un mutamento epocale e l’apertura ad una Weltanschauung[1] diversa, eco-sostenibile, improntata al rispetto del pianeta e quindi al rispetto anche dell’Uomo.
Le origini del Green New Deal e il recente piano europeo
L’idea di Green New Deal è nata in Inghilterra nel 2008. Il programma delle riforme “verdi” includeva, tra i numerosi punti, un piano sull’utilizzo capillare delle energie rinnovabili che spaziava dal pubblico all’uso di energia pulita casa per casa, la creazione di migliaia di posti di lavoro verdi per consentire la ricostruzione di infrastrutture a basse emissioni di carbonio, lo sviluppo di incentivi finanziari per investimenti ecologici e infine l’istituzione di banche etiche (green banking).
Lo stesso anno il programma fu reso popolare dall’UNEP che lo promosse come piano efficace per il contrasto ai cambiamenti climatici e propose di cominciare a lavorare su una versione globale del GND[2].
Nel gennaio 2020 la Commissione Europea guidata da Ursula Von der Leyen, pochi giorni dopo la fallimentare COP di Madrid di dicembre 2019, ha annunciato un Green New Deal Europeo: “Il Green Deal Europeo è la nostra nuova strategia per la crescita. Ci consentirà di ridurre le emissioni e di creare posti di lavoro.”[3]
Quattro gli obiettivi del GND Europeo: rendere l’Unione Europea climaticamente neutra, ridurre l’inquinamento per proteggere la vita, sostenere e incentivare le imprese a diventare leader mondiali nel campo delle tecnologie e dei prodotti puliti, contribuire ad una transizione giusta ed inclusiva. Decarbonizzazione del settore energetico, ristrutturazione di edifici, incentivi alle industrie sostenibili e il potenziamento dei trasporti pubblici sono alcune delle pratiche fortemente suggerite dalla Commissione dell’Unione Europea per poter attuare al meglio il Green New Deal.
L’obiettivo della Commissione è lungimirante poiché il Green Deal Europeo mira a fissare le norme per una crescita sostenibile in tutte le catene globali del valore, e si utilizzerà la diplomazia, gli scambi e la cooperazione allo sviluppo per promuovere l’azione per il clima anche al di fuori dell’Unione[4].
Nei prossimi trent’anni l’UE intende collaborare con i Paesi africani ponendo il tema del clima e dell’ambiente al centro delle relazioni, intavolare un dialogo con i paesi del G20, responsabili dell’80 % delle emissioni globali di gas a effetto serra. Dopo il vertice di Poznan del 2019, l’obiettivo è stato quello di instaurare “Alleanze Verdi” con paesi e regioni partner dell’America latina, dei Caraibi, dell’Asia e del Pacifico.
Tutto ciò avverrà mobilitando almeno 100 miliardi di euro tramite un sostegno finanziario che prevede un fondo da 7,5 milioni e che genererà investimenti da 30-50 miliardi di euro, il regime specifico che mobiliterà 45 miliardi di euro d’investimento e infine un nuovo strumento di prestito della BEI che mobiliterà 25 miliardi di euro di prestiti[5]. Ma per l’Unione la sfida in quest’ambito non consisterà unicamente nella mobilitazione di ingenti somme per i prestiti, ma anche nell’attuazione di piani di transizione per sfruttarli al meglio, creando piattaforme di supporto per la gestione del prestito stesso. Infine sarà fondamentale per l’UE creare le condizioni favorevoli e situazioni di condivisione del rischio per investitori pubblici e privati.
Il Green New Deal Asiatico: possibile, ma serve coesione
In Asia il concetto di riforme verdi è causa d’importanti frammentazioni: la Cina nel 2015 si è impegnata a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 60-65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005 e ad aumentare del 20% la propria quota di energia a basso contenuto di CO2 nonostante questa mossa sia estremamente dispendiosa. Vietnam, Bangladesh e Indonesia hanno registrato aumenti delle emissioni e dell’inquinamento: gran parte dell’Asia, che ospita metà della popolazione mondiale, sta vivendo una crescita economica molto più rapida rispetto all’Occidente, facendo però affidamento sulle risorse non rinnovabili[6].
L’Asia è ricca in risorse di energia rinnovabile con un buon potenziale per quanto riguardo l’energia solare ed eolica, in vaste aree dell’Asia e dell’Africa la rete energetica è a malapena esistente. Gli investimenti per lo sviluppo del Green New Deal potrebbero essere utilizzati per creare infrastrutture utili alle energie alternative, un assist è fornito anche dal crollo dei costi di alcune infrastrutture del rinnovabile, come ad esempio i pannelli solari.
Inoltre la realizzazione di un Green New Deal Asiatico permetterebbe di stringere rapporti solidi tra le tre grandi potenze di questo secolo: la Cina, gli USA e l’Unione Europea.
L’Occidente, grazie al Green New Deal, potrebbe non solo riallacciare i rapporti con il colosso asiatico ma anche tessere relazioni con i paesi in via di sviluppo asiatici e africani. L’aiuto occidentale e le “relazioni diplomatiche verdi” saranno fondamentali per i paesi asiatici per costruire un Global Green New Deal che coinvolga ogni paese del mondo e che non generi uno sviluppo verde a “macchia di leopardo”.
La Russia, invece, è da sempre una grandissima esportatrice di combustibili fossili e petrolio, abbandonare questo settore nel giro di pochi anni stravolgerebbe completamente l’economia russa e la costringerebbe a flettersi di fronte ad una eventuale crescita verde della Cina e degli Stati che le ruotano intorno. La Russia ha interesse a preservare il potere nell’area di scambio asiatica grazie al suo mercato energetico ed è per questo che per ora non si vedrà, a meno di sorprese, un Green New Deal russo o un supporto al Green New Deal Asiatico anche se il recente disastro ambientale in Siberia, a Norilsk, ha portato Putin a dichiarare lo stato di emergenza e a ragionare sul tema[7].
In Asia, ad oggi, forse solo la Cina, la Corea del Sud e forse il Giappone sarebbero pronte a sostenere un progetto di riforme verdi mentre gli altri paesi risultano ancora indietro su questi argomenti.
Green New Deal Africano: un miraggio per ora
I paesi africani hanno “buone ragioni” per diffidare delle agende del clima occidentale: il timore principale è quello dell’enfatizzazione del colonialismo climatico occidentale verso i paesi più poveri. Purtroppo la realtà del colonialismo climatico va tenuta in conto: in Uganda, Mozambico e Tanzania migliaia di persone sono state sgomberate con la forza dai terreni acquistati da una società norvegese che realizza progetti di compensazione del carbonio basati sulla silvicoltura[8]. La Repubblica Democratica del Congo, nel frattempo, sta lottando per gestire l’impennata della domanda di cobalto, un componente chiave nella produzione di veicoli elettrici e batterie a energia rinnovabile, il Congo ha la metà delle riserve mondiali di cobalto e circa il 20 percento è estratto da bambini in miniere pericolose e non regolamentate che il governo ha dimostrato di non essere in grado di chiudere.
I precedenti piani climatici globali hanno in gran parte ignorato le esigenze delle persone vulnerabili del mondo: alla COP24, il presidente del gruppo dei paesi meno sviluppati ha ribadito la necessità di non guardare solo al proprio orticello ma anche di prestare attenzione ad uno sviluppo sostenibile che non implichi colonialismo climatico. Gebru Jember Endalew, dall’Etiopia, ha evidenziato che per i paesi in via di sviluppo, “sono necessari migliaia di miliardi di dollari in finanziamenti per il clima per coprire i costi di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, far fronte a perdite e danni e perseguire percorsi di sviluppo puliti per evitare le emissioni”.[9]
Il Green Climate Fund, creato alla COP16 nel 2010, esiste per gestire questo tipo di investimenti, ma viene gravemente trascurato. Inizialmente, i paesi sviluppati hanno concordato di contribuire annualmente con $ 100 miliardi al fondo entro il 2020, ad oggi, tuttavia, sono stati promessi solo $ 10,3 miliardi e solo $ 3,5 miliardi sono stati effettivamente impegnati[10].
Le recenti proposte per un New Deal verde su tutto il pianeta cercano di rendere il finanziamento del clima un potente strumento di giustizia climatica ma in questi casi è necessario guardare anche alla giustizia sociale: un recente sguardo di Bloomberg ai sondaggi globali ha rivelato che tra gli elettori di tre nazioni africane – Kenya, Nigeria e Sudafrica – le preoccupazioni sul clima sono ampiamente superate dalle ansie quotidiane sull’occupazione e sulla sicurezza. Sarà necessario migliorare l’istruzione, creare posti di lavoro e rafforzare il settore agricolo prima che ci si possa preoccupare della questione climatica in questi paesi. Va anche detto che il confine tra sviluppo economico e adattamento climatico in Africa è sfocato e diventerà più sfocato man mano che il pianeta diventa più caldo.
Note
[1] Concezione della vita, modo in cui singoli individui o gruppi sociali considerano l’esistenza e i fini del mondo, e la posizione dell’uomo in esso; per lo più riferita a pensatori, scrittori, artisti, in quanto essa sia esplicitamente o implicitamente espressa nella loro opera.
[2] https://www.cbd.int/development/doc/UNEP-global-green-new-deal.pdf
[3] Dichiarazioni di Ursula Von der Leyen alla presentazione del Green New Deal nel dicembre 2019
[4] Per consultare la progettazione del GND: https://op.europa.eu/fr/publication-detail/-/publication/2e009f04-1d90-11ea-95ab-01aa75ed71a1/language-it/format-PDF
[5] Per approfondimenti sulla gestione dei fondi e sull’organizzazione delle strutture finanziarie europee per il Green New Deal Europeo è possibile consultare il sito della Commissione Europea https://ec.europa.eu/info/index_it
[6] Per una panoramica non esaustiva sull’ipotetico New Green Deal Asiatico: https://asia.nikkei.com/Opinion/Asia-is-the-right-place-for-a-US-Green-New-Deal
[7] Lo scorso giugno a Norilsk il carburante fuoriuscito da un serbatoio della Norilsk Nichel ha raggiunto le acque del Lago Pyasino, provocando un imponente danno ambientale che ha portato il presidente Putin a dichiarare lo stato d’emergenza. https://siberiantimes.com/other/others/news/state-of-emergency-in-norilsk-after-20000-tons-of-diesel-leaks-into-arctic-river-system/
[8] Silvicoltura (anche selvicoltura) il complesso delle scienze forestali aventi per oggetto il migliore sfruttamento economico possibile dei terreni coperti di boschi.
[9] Gebru Jember Endalew è stato presidente del gruppo dei Paesi Meno Sviluppati ai Negoziati delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici nel 2017 e nel 2018, il parere è stato espresso durante il vertice di Katowice nel 2018 https://www.climatecentre.org/news/1078/a-follow-the-science-a-lead-climate-negotiator-for-ldcs-tells-development-and-climate-days-closing-event
[10] Il Green Climate Fund (GCF) è il più grande fondo dedicato al mondo che aiuta i paesi in via di sviluppo a ridurre le loro emissioni di gas serra e migliorare la loro capacità di rispondere ai cambiamenti climatici. È stato istituito dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel 2010.
Foto copertina: Immagine web. Smartcity
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