La crisi dei missili di Cuba, 60 anni dopo in Ucraina

A cura di Chiara Bertoli e Andrea Minervini

A sessant’anni dagli eventi dei “tredici giorni” che fecero tremare il mondo, una nuova guerra vede la tensione internazionale tornare a quei tempi bui e lo spauracchio del nucleare torna ad essere agitato.



Introduzione

La crisi dei missili di Cuba del 1962 è sicuramente uno dei simboli più famosi della guerra fredda e anche uno dei suoi momenti più bui. Tante analisi hanno studiato questo evento e le sue cause sia da parte sovietica, che da parte statunitense e spesso il regime di Castro è stato posizionato come semplice pedina in questo gioco per il potere globale. In questa analisi, l’attenzione verrà focalizzata sul regime cubano[1]. A ciò, seguirà un’analisi e confronto dell’attuale minaccia nucleare della Russia in seguito alla sedicente “operazione militare speciale” iniziata in Ucraina il 24 febbraio di quest’anno.

Cuba: baluardo comunista nel “giardino di casa” degli Stati Uniti

Durante i discorsi della sua campagna elettorale e in diversi punti il futuro presidente degli Stati Uniti JFK affermava con grande certezza che la “minaccia comunista” andava fermata soprattutto in quei paesi in via di sviluppo o dove la povertà era dilagante e vista come terreno fertile proprio per l’attrazione che il regime di Mosca esercitava. Punto focale del discorso non poteva che essere il Sud America. Un territorio “americano” strategico dove una diffusione di regimi comunisti avrebbe messo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti stessi[2]. Come per il resto del mondo gli Usa intervennero non solo economicamente ma anche militarmente per perseguire quella dottrina che Truman chiamò “containment” della minaccia comunista (conseguenza diretta del “lungo telegramma” scritto da Kennan[3]) e in maniera ancora più precisa ed efficace nel vicino Sud America. Purtroppo, questo modus operandi non fece altro che generare dei sentimenti antiamericani in tutta l’America Latina (si temeva che gli interventi statunitensi avrebbero impedito non solo le rivoluzioni comuniste ma anche qualsiasi tentativo di riforma sociale). In questo quadro la rivoluzione cubana e la nascita del governo di Fidel Castro cambiarono definitivamente il ruolo “passivo” del Sud America nel teatro della guerra fredda. Nel giro di alcuni mesi la presa del potere da parte di Fidel Castro a Cuba avrebbe effettivamente posto le premesse per il pieno coinvolgimento dell’America Latina nelle dinamiche della guerra fredda[4].

Le origini del “problema” cubano

La campagna elettorale del 1960 vide vincitore il democratico J. F. Kennedy sul suo avversario Nixon. Non mancarono però le contraddizioni e i fallimenti sin dai primi mesi di presidenza. Il caso emblematico fu proprio Cuba. Il sostegno statunitense ai sentimenti indipendentisti dell’isola nei confronti della Spagna fu uno dei motivi che scatenarono la guerra ispano-statunitense del 1898, e che terminò con Cuba “protettorato” statunitense. Da allora l’isola passò una fase di corruzione e degrado politico che la trasformò in un paradiso per la criminalità organizzata. In questo clima così instabile, nel 1953, i tempi sembrarono maturi per un colpo di mano politico nell’isola. L’idea nacque da un giovane intellettuale, Fidel Castro, che tentò insieme ad alcuni oppositori un golpe; fu arrestato ma liberato nel 1955 e fuggì all’estero dove conobbe un altro giovane rivoluzionario di formazione marxista, Ernesto Guevara. Una volta riorganizzati e tornati a Cuba avviarono una guerriglia che nonostante gli stenti trionfò nel 1959 portandoli al governo dell’isola. L’amministrazione statunitense ritenne possibile piegare il regime di Castro con un embargo sulle importazioni di zucchero che però come risultato spinse Cuba a guardare con favore a Mosca e Pechino. Kennedy ereditò così una situazione estremamente difficile che vedeva la posizione di Cuba sempre più vicina all’URSS e con la svolta marxista del regime di Castro oramai pienamente avviata. Non tutti i cubani però accettarono questo cambio nel regime e la CIA sottopose al neoeletto presidente un piano per sbarcare dissidenti armati sul suolo cubano per sollevare la popolazione e rovesciare Castro, la famosa operazione alla “Baia dei Porci”[5]. Quando la risposta delle truppe di Castro bloccò l’avanzata degli insorti e la popolazione non si sollevò contro il regime fu chiaro che il tentativo era fallito. Da quel momento le iniziative statunitensi per rovesciare il regime cubano divennero meno plateali e incentrate su operazione sotto copertura in loco. A conferma di questo, la documentazione desegretata è accessibile presso la serie delle Foreign Relation of United States (https://history.state.gov/historicaldocuments) e un esempio verrà di seguito mostrato:

[6]

Da quel momento l’amministrazione Kennedy non rimase però inerte nei confronti di Castro sino alla crisi del 1962. Il risultato delle operazioni della CIA contro Castro e il crescente interesse sovietico per Cuba viene ricordato con il famoso appellativo di “crisi missilistica” o “crisi dei tredici giorni”. Contrario al posizionamento di missili nucleari statunitensi in Turchia, il segretario sovietico Chruščëv decise di offrire al suo alleato Castro lo stesso tipo di missili e bombardieri per intimidire gli Stati Uniti direttamente. La risposta fu immediata e il presidente Kennedy lanciò un embargo navale su Cuba bloccando il traffico in entrata e in uscita. La tensione era alta e il monitoraggio della situazione da parte degli Stati Uniti continuava.

La crisi missilistica ai giorni nostri

La crisi missilistica di Cuba poi conclusasi nel 1962 è, in un certo senso, lo spettro di quello che sta accadendo ai giorni nostri in Ucraina. Il bipolarismo tra URSS (oggi Federazione Russa) e Stati Uniti sembra non essersi mai concluso. La minaccia nucleare crea vere e proprie crisi tra gli stati, i quali sono costretti ad intraprendere insidiose vie diplomatiche, al fine di evitare conseguenze catastrofiche.
Stando alle parole del presidente russo Vladimir Putin, l’obiettivo dell’”operazione militare speciale” sarebbe quello di denazificare e smilitarizzare l’Ucraina che, a suo dire, si è troppo avvicinata agli ideali occidentali e alla NATO. Ciò è considerato da Putin un fatto inaccettabile[7].
Lo stesso accadde a Cuba, anche se al contrario. Erano infatti gli Stati Uniti ad essere determinati ad arginare qualsiasi “deriva rossa” in Sud America attraverso ogni mezzo. Questa è un po’ anche la retorica del Cremlino che, seppur per ragioni diverse, ha deciso di attaccare l’Ucraina con ogni mezzo pur di impedirne l’ingresso nella NATO e di imporre un clima internazionale di terrore e minaccia agitando di sottofondo lo “spauracchio” nucleare. Nei giorni successivi all’inizio dell’attacco russo, i paesi occidentali hanno reagito nel limite della diplomazia al fine di denunciare il fatto e di scoraggiare ulteriori atteggiamenti offensivi da parte della Russia. Azioni fondamentali per chi non può restare a guardare un tale sopruso, ma non può nemmeno intervenire militarmente rischiando un’escalation che al giorno d’oggi e tra grandi potenze nucleari potrebbe segnare l’avverarsi della MAD (Mutual Assured Destruction).
Il leader del Cremlino ha considerato le azioni dell’occidente come un’offesa e in uno dei suoi discorsi in conferenza stampa alla nazione, ha pronunciato le seguenti parole “Ordino al ministro della Difesa e al capo di Stato maggiore di mettere in allerta speciale le forze di deterrenza dell’esercito russo, in risposta alle dichiarazioni aggressive dell’Occidente”[8]. Una chiara dimostrazione della volontà del Cremlino di giustificare la sua aggressione con il fine di “liberare” l’Ucraina dall’occidentalizzazione. Una dichiarazione di tale natura non si era più ripresentata dai tempi della crisi missilistica di Cuba[9]. In seguito agli attentati terroristici della CIA con il fine di rovesciare il governo di Fidel Castro, quest’ultimo ha reagito accettando l’offerta dell’URSS che si proponeva come salvatrice degli stati comunisti e accettando di fare quindi da avamposto per i missili nucleari. Anche se, come sappiamo, i missili non sono mai stati utilizzati, e la paura e la minaccia hanno giocato un ruolo importante per l’apertura del dialogo e l’innesco delle trattative tra l’URSS e gli Stati Uniti[10].
Sembra quindi che il braccio di ferro tra le due potenze non risalga solo al 1960, ma che sia in continua evoluzione, restando attuale anche ai giorni nostri.
La crisi missilistica di Cuba rappresenta un evento singolare durante la Guerra Fredda, che ha portato ad ottenere importanti risultati. In primo luogo, la “raffica” di comunicazioni dirette e indirette tra la Casa Bianca e il Cremlino, Kennedy e Krusciov, e i loro consiglieri, ha fatto in modo che durante tutta la crisi si potesse intervenire celermente per comprendere chiaramente le rispettive intenzioni, mentre il mondo è rimasto sospeso sull’orlo di una possibile guerra nucleare. Nel tentativo di evitare che ciò accadesse di nuovo, fu stabilito un collegamento telefonico diretto tra la Casa Bianca e il Cremlino; divenne nota come “Linea Rossa”[11]. In secondo luogo, essendosi avvicinate all’orlo del conflitto nucleare, entrambe le superpotenze iniziarono a riconsiderare la corsa agli armamenti nucleari e fecero i primi passi per accettare un Trattato per la riduzione parziale degli esperimenti nucleari[12].

Conclusioni

Il filo conduttore che in un certo senso unisce la crisi dei missili di Cuba e l’attuale guerra in Ucraina è, ineluttabilmente, quello della minaccia nucleare. La minaccia dell’uso di armi nucleari ha, paradossalmente, fatto in modo che scontri diretti tra le grandi potenze dotate di questi armamenti non sia più avvenuto dai tempi della Seconda guerra mondiale ma questo non ha impedito che la guerra tornasse (ancora una volta) sul suolo Europeo. Le dinamiche internazionali e soprattutto di quello che ad oggi conosciamo come spazio ex sovietico dell’Europa dell’est sono ancora molto instabili e considerabili in una fase di “assestamento”. L’Urss si è dissolta trent’anni fa ma l’attore che ne ha colto l’eredità (anche materialmente grazie all’accentramento dell’arsenale atomico sovietico) sta tornando attivamente a proiettarne l’ombra e le aspirazioni egemoniche di un tempo. La guerra in Ucraina sebbene attualissima non è certamente l’unico evento che poteva lasciar presupporre questa escalation di lungo periodo. La Crimea nel 2014, e ancor prima le guerre in Georgia e Ossezia del sud del 2008 erano tutti indicatori della volontà della Federazione Russa di rompere le barriere che la vedevano relegata al ruolo di attore regionale, a suo dire “accerchiato” da nemici, in primis la NATO, che indubbiamente agli occhi del Cremlino continua e continuerà sempre a significare Stati Uniti d’America. Per concludere, sebbene la Federazione Russa stia agendo dal nostro punto di vista quale attore irrazionale e atto all’utilizzo di politiche di hard power un’escalation nucleare di ampia scala risulta essere ancora non plausibile. Il concetto già citato della MAD è, ad oggi, un dato di fatto, unitamente alla “capacità di un secondo colpo”. Questi concetti cardine della guerra nucleare significano una sola cosa, la distruzione totale. Di fondo, irrazionali o no, gli attori internazionali non vanno visti come un singolo individuo che può prendere decisioni “folli” e nessuno, agogna essere il “re delle ceneri”.


Note

[1] https://archives.un.org/
[2] https://www.opiniojuris.it/la-nuova-frontiera-john-fitzgerald-kennedy/
[3] “The Long Telegram’s conceptualization of the Soviet Union as an expansionist threat and rival imperial hegemon with whom one could not compromise was enormously influential. Kennan articulated the new policy of containment that the United States would implement in Europe. By late 1946 Truman’s advisors Clark Clifford and George Elsey depicted the Soviet pursuit of world domination in much more frightening terms and urged the United States to fight them on all fronts. Truman did not publicize the report, but its views of the Soviet Union were widely accepted in his administration”. In M. Nolan, The transatlantic century, ed. Cambridge University Press, 2012, New York, cit. p. 182
[4] A. Varsori, Storia internazionale dal 1919 a oggi, ed. Il Mulino, Bologna 2015, cit. p. 231
[5] “Following his election in November 1960, President John F. Kennedy learned of the invasion plan, concluded that Fidel Castro was a Soviet client posing a threat to all of Latin America and, after consultations with his advisors, gave his consent for the CIA-planned clandestine invasion of Cuba to proceed. Launched from Guatemala, the attack went wrong almost from the start. Components of Brigade 2506 landed at the Bay of Pigs on April 17, 1961 and were defeated within 2 days by Cuban armed forces under the direct command of Castro”. In The Bay of Pigs Invasion and its Aftermath, April 1961–October 1962. https://history.state.gov/milestones/1961-1968/bay-of-pigs
[6] “December 7, 1960 Tom Mann called last night and made the following four points regarding the attached draft, dated December 6, on Cuba.

  1. The section on Basic Assumptions commits us to a short time table. I pointed out that this section was written in anticipation of a Special National Intelligence Estimate on the subject which is due Friday, December 9.
  2. The last sentence of the Basic Assumptions section (page 2) may be a non-sequitur. I agreed that it might be and said I thought the sentence could be deleted.
  3. On page 4, para 2a, Tom felt the training program should be spelled out, particularly with reference to drawing a distinction between training for overt and covert purposes. He agreed that this could be done by means of an additional tab.
  4. With regard to para 2b on page 4, Tom estimates there may be 2 to 3 thousand “hard core” Americans who can’t be encouraged to leave Cuba under any foreseeable circumstances and that appropriate [Typeset Page 564]account should be taken of this. We will pursue this further and see that it is included for consideration in subsequent drafts. Joseph W. Scott, Special Assistant”. https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1961-63v10-12mSupp/d233

    [7] https://it.euronews.com/2022/02/24/vladimir-putin-annuncia-l-inizio-di-un-operazione-speciale-militare-nel-donbass
    [8] https://www.youtube.com/watch?v=mmQW00xRpcY
    [9] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/27/guerra-russia-ucraina-dalla-crisi-di-cuba-al-conflitto-sfiorato-nel-1983-cose-la-deterrenza-nucleare-e-cosa-intende-putin/6509415/
    [10] https://history.state.gov/milestones/1961-1968/cuban-missile-crisis#:~:text=The%20next%20morning%2C%20October%2028,United%20States%20ended%20its%20quarantine.
    [11] https://sites.google.com/view/spistoriapoliticainformazione/due-mondi/linea-rossa-mosca-washington
    [12] https://history.state.gov/milestones/1961-1968/cuban-missile-crisis#:~:text=The%20next%20morning%2C%20October%2028,United%20States%20ended%20its%20quarantine.


Foto copertina: In this June 3, 1961, file photo, Soviet Premier Nikita Khrushchev walks with U.S. President John F. Kennedy at the residence of the U.S. ambassador in Vienna, Austria. (AP Photo)