Il contesto geopolitico-criminale, i rischi connessi, le proiezioni future: i business criminali mafiosi sulle spalle delle popolazioni europee afflitte dalla guerra.
La dottrina occidentale in materia di criminalità organizzata concorda nel definire le fasi di transizione storico-politiche come momenti di espansione (economica, politica e territoriale) delle mafie. Esempio caratterizzante del secolo passato fu l’esplosione dei business criminali degli uomini d’onore calabresi e siciliani all’indomani del crollo del muro di Berlino nei territori dell’ex Repubblica Democratica Tedesca. Grazie alla sua opaca fisionomia e alla sua fisiologica capacità di controllare, reprimere ed escludere (fino ad eliminare) gli attori in campo – legali o illegali che siano –, nel disarmante dilagare di nuovi mercati il potere mafioso tende per sua natura a controllarne la più grande fetta.
Oggi la Repubblica Ucraina e l’Europa nel suo complesso ideologico-culturale stanno vivendo uno dei momenti più drammatici della nostra recente storia. Ma dalle atrocità della guerra in corso alcuni soggetti traggono vantaggio, ovvero le mafie e le organizzazioni criminali. L’avvertimento arriva proprio dal Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho il quale, dal tavolo della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ricorda come “La guerra in Ucraina determinerà profili di operatività della criminalità organizzata, che di certo non dovrà rispettare i canali bancari per le proprie liquidità” e che “ogni volta che c’è un’emergenza le mafie tentano di sfruttare i canali in cui potersi infiltrare e trarne profitti, un meccanismo di vantaggio per le mafie che si è replicato e che nella storia giudiziaria è stato ripetutamente rilevato”[1].
Come in qualsiasi guerra passata anche la guerra in Ucraina porta con sé il formarsi di mercati illegali gestiti in prima battuta dalle criminalità locali. Il rischio che i sodalizzi criminali sfruttino i mercati illeciti già conosciuti – quelli creatisi lungo la rotta balcanica a seguito dello sfaldarsi dell’ex Jugoslavia – per espandere la propria longa manus mafiosa nei territori ucraini colpiti dalla devastante guerra in corso è molto elevato. Già dalla seconda metà degli anni ’90 infatti alcune famiglie mafiose calabresi – Nitra-Strangio di San Luca, Pesce-Bellocco di Rosarno e i clan della Ionica e di Reggio Calabria, secondo un’inchiesta che l’agenzia di Klaus Davi sta portando avanti – detengono relazioni stabili con le mafie balcaniche e, per mezzo di loro, con le mafie dell’est-Europa. Sostanziali riscontri si possono ritrovare nell’indagine “Export” condotta dalla Procura della Repubblica di Palmi nel luglio del 2007, che ha portato alla scoperta e al sequestro di 135 containers depositati nel porto di Gioia Tauro (storico snodo marittimo di traffici illegali) contenenti rifiuti di diversa specie – molti dei quali rifiuti tossici – diretti verso l’Asia e in Nord Africa. Le indagini hanno confermato le piste investigative che riconducevano tali traffici lungo l’asse calabro-balcanico. Sempre lungo tale asse gli agenti della Direzione Investigativa Antimafia starebbero svolgendo da alcuni anni indagini indirizzate verso l’analisi di ingenti flussi di denaro provenienti da famiglie notoriamente mafiose (calabresi, siciliane e in minor parte campane e pugliesi) volti a finanziare, tramite soliti prestanome e società fittizie, imprese “pulite” dell’est-Europa[2]. Insomma la solita mafia imprenditrice transnazionale di cui quasi nessuno, se non i pochi specialisti, tratta.
In un simile scenario geopolitico-criminale una guerra tutta europea, con tutte le sue sfaccettature, diviene quindi facile preda delle organizzazioni criminali italiane. Il dibattito pubblico in tal senso pone l’attenzione ad alcuni settori che per primi potrebbero essere raggiunti dalla longa manus mafiosa: il traffico di armi, spesso ritrovate abbandonate nei teatri di battaglia o trafugate dalle braccia dei caduti; il contrabbando di beni introvabili nei luoghi di conflitto, pagati a carissimo prezzo nei mercati neri (mercati controllati di facciata dalle criminalità locali ma, nella loro essenza, gestiti dalle criminalità organizzate di proiezione internazionale come ‘Ndrangheta e Cosa Nostra); il traffico di profughi, finanziato da prestanome e da società fittizie di uomini d’onore italiani sfruttando i flebili corridoi umanitari e le pieghe del diritto internazionale – riprova dell’elevata caratura di una parte delle mafie nostrane.
In seconda battuta, ovvero nel post guerra, le organizzazioni mafiose potrebbero espandere i propri business nel mercato legale della ricostruzione, sfruttando a loro favore gli ingenti investimenti che il governo ucraino dovrà stanziare per far ripartire la propria nazione martoriata – un “sacco di Palermo” in salsa ucraina verrebbe da dire. A questi affari illegali si aggiungono ovviamente le consolidate vie economico-criminali di collegamento intraeuropeo: traffici di stupefacenti e riciclaggio di denaro sporco. Ricordando una stima elaborata dall’agenzia di Klaus Davi relativa ad uno studio sui fatturati di guerra criminali nei territori ucraini, le organizzazioni mafiose vedranno un sostanziale aumento dei loro fatturati. A capeggiare la lista degli sfruttatori mafiosi del conflitto in corso saranno le cosche calabresi, le quali nel prossimo quinquennio vedranno un guadagno pari ad un +15% del proprio fatturato complessivo.
Sul tema si è pronunciato anche il Ministro dell’Interno Marta Cartabia la quale ha ribadito come il governo sia “perfettamente consapevole che ogni situazione di crisi, di conflitto armato nel caso di specie, può costituire un’occasione per aprire un varco pericoloso agli affari criminali delle mafie, che potrebbero cercare di sfruttare le vulnerabilità del mercato, come potrebbero cercare di acquisire vantaggi dal traffico illecito di armi, tradizionalmente un settore di interesse della criminalità organizzata, accanto al traffico di stupefacenti”, assicurando e rassicurando che “a questa sfida, il nostro Paese non solo non arriva impreparato. Anzi, è dotato di una legislazione antimafia, diventata modello di tutto il mondo”[3].
Si prospetta quindi una fase di incertezza europea caratterizzata non soltanto dal conflitto tutt’oggi in atto – con tutto ciò che ne deriverà sullo scacchiere geopolitico internazionale – ma anche da emergenze e minacce esogene alla questione ucraina. Tra queste spicca il preoccupante e drammatico aleggiare delle mafie italiane e dei loro subdoli business criminali sulle spalle del già martoriato popolo ucraino. La speranza, seguendo le parole del Ministro Cartabia, rimane nella tenuta della nostra legislazione antimafia.
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Note
[1] L’allarme di de Raho: “Mafia può usare la guerra, affari su merci e armi”, Antimafiaduemila, 20 marzo 2022.
[2] ‘Ndrangheta e mafia russa: così lontane, così vicine, di Claudio Cardova, I Calabresi, 3 marzo 2022.
[3] Dalla guerra in Ucraina nuovi business per la mafia, Redazione, Today, 23 marzo 2022.
Foto copertina: longa manus mafiosa Oleg Klimov/Epsilon/Getty