Le aspirazioni separatiste di Abkhazia e Ossezia del sud; la fallimentare operazione militare del 2008 e la guerra russo-georgiana; gli interessi geopolitici di Mosca, schierata al fianco delle repubbliche separatiste e direttamente coinvolta nel conflitto in Ossezia del sud; Tbilisi e gran parte della comunità internazionale (Nato, Ue e Onu compresi), schierati a favore dell’integrità territoriale.
Lo Scenario politico
La Georgia (Sakartvelo in georgiano) ottenne l’indipendenza formale soltanto il 9 aprile 1991, con la dissoluzione dell’Urss, in seguito ad un referendum popolare, che con il voto favorevole del 98,9% dei votanti georgiani sancì la fine dell’era sovietica. Nacque così, il 25 dicembre 1991, la Repubblica di Georgia. Nel 2004 la Rivoluzione delle Rose, la prima delle cosiddette “rivoluzioni colorate”[1], costrinse il Presidente Shevardnadze, considerato “come una sorta di fossile vivente del periodo Sovietico”[2], a presentare le proprie dimissioni e conquistò la vittoria il leader delle proteste, Mikheil Saakashvili. Tra i suoi obiettivi vi era un maggiore allontanamento da Mosca, una decisa apertura verso le adesioni alla Nato[3] e Ue[4].
Inoltre, il Presidente era determinato a “riportare all’ovile la provincia ribelle. Un’idea che gli osseti del sud respinsero nel referendum tenutosi due anni dopo”[5].
Cause del conflitto
Conflitti etnici e culturali, risultato di esodi forzati e migrazioni di massa dell’epoca staliniana, le aspirazioni separatiste delle minoranze, riemerse con la dissoluzione dell’Urss, hanno trascinato paesi come, Georgia, Armenia e Azerbaijan, Tagikistan, in una spirale di confitti interni apparentemente irrisolvibili. In Georgia, le province dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia avevano cominciato, sin dal 1989, a spingere verso la secessione. In particolare, il popolo osseto auspicava l’indipendenza e l’unificazione con l’Ossezia del nord, che ad oggi fa parte della Federazione Russa.
Gli scontri in Ossezia del sud cominciarono nel 1989, provocando l’espulsione di migliaia di georgiani, rifugiatisi nelle province limitrofe. Una tregua fu raggiunta soltanto nel 1992, in seguito all’intervento delle Nazioni Unite ed OCSE. A partire dal 1992 “l’Ossezia del Sud è solo formalmente in territorio georgiano”[6].
De facto, essa configura come uno stato a riconoscimento limitato con capitale Tskhinvali. Nel 1992 la Repubblica di Abkhazia proclamò la propria indipendenza. Scoppiarono disordini e scontri con la popolazione georgiana e 2mila militari georgiani furono inviati per ristabilire l’ordine[7]. Il cessate il fuoco fu firmato a Mosca il 14 maggio del 1994 con la dislocazione di un contingente di pace della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)[8]. La situazione precipita nel 2008, nella notte tra il 7 e 8 agosto, quando il governo di Tbilisi lancia un’offensiva aerea e terrestre su territorio osseto. La capitale Tskhinvali è bombardata dall’aviazione georgiana. L’8 agosto, il Presidente Saakasvili, scommettendo sulla distrazione mediatica dovuta alle Olimpiadi di Pechino iniziate lo stesso giorno e sperando di poter contare sull’appoggio dei partners occidentali e Nato, annuncia la vittoria della Georgia e il parziale controllo della provincia osseta.
Durissima la reazione di Mosca. Il Cremlino impone il blocco navale per tagliare rifornimenti e nel giro di pochi giorni la vittoria si tramuta in una ingloriosa disfatta per l’esercito georgiano, con i mezzi corazzati russi a pochi chilometri dalla capitale. Saakasvili, costretto ad ammettere la sconfitta, accusa il primo ministro Putin di illegittima aggressione al popolo georgiano. Quest’ultimo giustifica l’intervento militare utilizzando il pretesto della difesa del popolo osseto che, data l’affinità culturale con i cittadini dell’Ossezia del nord, gode di passaporto russo, e accusa Tbilisi di aver provocato numerose perdite civili durante i bombardamenti.
Violazioni di diritti umani sono state certificate nei rapporti della missione d’inchiesta ufficiale Ue e dall’organizzazione Human Rights Watch, la quale nel rapporto pubblicato nel 2009, ravvisava “numerose violazioni delle leggi di guerra“, commesse da entrambe le parti coinvolte[9].
La tregua è stata raggiunta il 12 agosto, con la mediazione dell’Unione Europea. Tuttavia, le posizioni rimasero sostanzialmente distanti.
Mosca riconobbe formalmente Ossezia del sud e Abkhazia come stati indipendenti, appellandosi al precedente riconoscimento del Kosovo da parte degli stati occidentali[10].
Il riconoscimento russo è stato condannato dalla Nato e dai paesi G7, con un comunicato congiunto dei ministri degli Esteri di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna, diffuso dal Dipartimento di Stato USA[11]. Inoltre, a sostegno dell’integrità territoriale georgiana si sono schierati anche Cina, Ucraina e Azerbaijan.
Quali sono stati gli effetti di questo conflitto?
In primo luogo, le relazioni tra Tbilisi e Mosca risultano compromesse. L’ostilità georgiana verso la Russia è riemersa con vigore nel giugno 2019, quando si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia, con alcune centinaia di feriti, in occasione della visita e del discorso tenuto in parlamento dal deputato russo, Sergey Gavrilov, accolto dalla popolazione come un insulto. In secondo luogo, secondo alcuni critici, la cauta reazione di Europa e Nato all’intervento russo in Ossezia, avrebbe aperto la strada alla politica aggressiva del Cremlino, che similmente al caso georgiano, si sarebbe ripresentata in Crimea e Donbass qualche anno più tardi[12].
Secondo altre fonti, il vero obiettivo russo era quello di dissuadere la Georgia da una futura adesione alla Nato. Il primo ministro russo Dmitrij Medvedev ha, infatti, “affermato che l’adesione della Georgia alla Nato potrebbe portare a conseguenze disastrose”[13]. Infine, la questione del riconoscimento di Abkhazia e Ossezia del Sud che rimane sostanzialmente irrisolta. Le posizioni delle province separatiste e Stato centrale restano molto distanti. In particolare, nel 2017 le elezioni in Ossezia del sud hanno visto il trionfo di Anatolij Bibilov, ex presidente del parlamento osseto e sostenitore dell’adesione del paese alla Federazione Russa[14]. Inoltre, nel 2019 l’Ossezia ha deciso di chiudere il confine con la Georgia poiché, come sostenuto dalla stampa russa, questa non avrebbe mai abbandonato l’intenzione di riottenere il controllo del territorio osseto, nonostante il tentativo della presidenza di Salomé Zurabishvili, di avviare una normalizzazione dei rapporti con le due regioni, a partire dal progetto “A Step to a Better Future” presentato nel 2018[15].
Mosca, invece, ha riaperto il confine con l’Ossezia meridionale lo scorso settembre, dopo le restrizioni dovute alle misure anti-Covid. La pandemia, infatti, ha ulteriormente aggravato la già debole economia di Abkhazia e Ossezia e potrebbe averle spinte sempre più verso la Russia, e che di fatto, a partire dal 2008, dipendono economicamente, politicamente e militarmente dal sostegno russo.
Note
[1] Treccani https://www.treccani.it/enciclopedia/rivoluzione-delle-rose_(Lessico-del-XXI-Secolo)/
[2] Cfr. Commentary, Marilisa Lorusso, 25 ottobre 2013, Tbilisi: il “sogno” alla prova delle urne, ISPI https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/tbilisi-il-sogno-alla-prova-delle-urne-9278
[3] Per approfondimenti: Relations with Georgia, NATO
[4] Per approfondimenti: Relazioni dell’UE con la Georgia, Consiglio europeo https://www.consilium.europa.eu/it/policies/eastern-partnership/georgia/#:~:text=Il%201%C2%BA%20luglio%202016%20%C3%A8,provvisorio%20dal%201%C2%BA%20settembre%202014.
[5] Cfr. Di Selene Verri, 08/08/2018, La guerra dimenticata: sintesi e analisi del conflitto russo-georgiano 10 anni dopo, euronews.com https://it.euronews.com/2018/08/08/la-guerra-dimenticata-sintesi-e-analisi-del-conflitto-russo-georgiano-10-anni-dopo
[6] Cfr. Mauro Indelicato, 11 Agosto 2018, Cosa ha insegnato alla Russia la guerra in Georgia del 2008, InsideOver https://it.insideover.com/politica/dieci-anni-fa-la-guerra-tra-russia-e-georgia.html
[7] Cfr. The State of The World’s Refugees 2000, UNHCR https://www.unhcr.org/pubs/sowr2000/italian/tocitalian.htm
[8] Per approfondimenti: http://cis.minsk.by/
[9] Cfr. Di Selene Verri, 08/08/2018, La guerra dimenticata: sintesi e analisi del conflitto russo-georgiano 10 anni dopo, euronews.com https://it.euronews.com/2018/08/08/la-guerra-dimenticata-sintesi-e-analisi-del-conflitto-russo-georgiano-10-anni-dopo
[10] Rodolfo Bastianelli, n. 2 – 2009, Chi ha detto no all’indipendenza del Kosovo, Informazioni della Difesa https://www.difesa.it/InformazioniDellaDifesa/periodico/IlPeriodico_AnniPrecedenti/Documents/Chi_ha_detto_no_allindipendenza_d_467Kosovo.pdf
[11] 27 agosto 2008, Ossezia, Nato e G7 contro Mosca Putin: “Riconoscimento va avanti”, Repubblica https://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/esteri/ossezia-bombardamenti-3/nato-condanna/nato-condanna.html
[12] Giorgi Bilanishvili, August 14, 2020, 12 Years On From Russia’s Military Aggression Against Georgia, ICDS https://icds.ee/en/12-years-on-from-russias-military-aggression-against-georgia/?fbclid=IwAR33K2T3xB8ElE4FGmnct5hDmXz-xpJ1AFUBC6ZlkfTEfrg3uiDZ1vp8ipU
[13] Cfr. Redazione, 7 Agosto2018, Medvedev: ingresso della Georgia nella NATO può provocare un terribile conflitto, Osservatorio Sicurezza internazionale https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2018/08/07/medvedev-ingresso-della-georgia-nella-nato-puo-provocare-un-terribile-conflitto/
[14] Redazione, 17 Aprile 2017, Voto in Ossezia del Sud: un passo verso Mosca?, Osservatorio Sicurezza internazionale https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2017/04/17/voto-in-ossezia-del-sud-un-passo-verso-mosca/
[15] Per approfondimenti: https://smr.gov.ge/en/page/40/nabiji-uketesi-momavlisken
Foto copertina:Il check-point al ponte sull’Enguri, è una vera e propria ‘terra nullius’ di alcune centinaia di metri. Questo tratto è percorribile a piedi o in alternativa su di un carretto trainato da cavallo. Militari abcasi e russi presidiano il check-point. JamNews.