Occhio al Pakistan: cosa sta succedendo in Belucistan?


Il Belucistan è teatro di scontri tra il governo pakistano e i gruppi separatisti, ma vale anche 60 miliardi di euro per la Cina. D’altra parte, l’India, in competizione regionale con Pechino, è accusata dal Pakistan di sostenerli. Come si intrecciano gli interessi geopolitici di Pechino e New Delhi con la lotta per l’autodeterminazione del popolo beluci contro Islamabad?


La situazione in Belucistan oggi

In Belucistan, il 2025 è iniziato con una nuova tragedia: sabato 4 gennaio, un autobus che trasportava truppe paramilitari del Frontier Corps (FC) è saltato in aria nella città di Turbat[1]. L’attacco è l’ennesimo rivendicato dal Balochistan Liberation Army (BLA) e arriva, a pochi mesi, dall’annuncio del governo pakistano di una «comprehensive military operation»[2], finalizzata a colpire le organizzazioni separatiste beluci attive nel paese.
Il comunicato ufficiale, diffuso dall’ufficio del primo ministro Shehbaz Sharif, aveva specificato che l’operazione, supportata dalla Repubblica popolare cinese, mira a neutralizzare gruppi come il BLA, ritenuto – tra l’altro – responsabile di aver fornito supporto logistico e strutture di addestramento ad altre formazioni armate.

Che ci sia stato un incremento della violenza da parte di queste organizzazioni è indubbio. Infatti, secondo il Pakistan Institute for Conflict and Security Studies (PICSS), sono stati registrati almeno 71 attacchi nel mese di novembre[3]. Quello alla stazione ferroviaria di Quetta, avvenuto il 9 novembre è stato il più letale dal mese di agosto, mese in cui le vittime degli attacchi contro diverse strutture governative, inclusi commissariati di polizia e campi delle forze di sicurezza in tutta la provincia furono più di 50[4]. Il BLA ha ripetutamente dichiarato che la sua lotta è rivolta contro quello che definisce l’esercito occupante del Pakistan. Infatti, a Quetta, tra i circa cento passeggeri in attesa del treno, più di una dozzina erano forze di sicurezza pakistane[5]. Sebbene gli attacchi siano principalmente antigovernativi, si osserva anche una componente anti-cinese.

L’attentato del 6 ottobre 2024 all’aeroporto di Islamabad, che ha causato la morte di due cittadini cinesi, è stato infatti rivendicato dal BLA[6]. Questo attacco sottolinea come le infrastrutture legate al Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), inclusi i lavoratori e gli ingegneri cinesi impegnati nei progetti, siano diventate un obiettivo privilegiato per i separatisti beluci. Questi ultimi accusano la Cina di armare il Pakistan contro di loro e di sfruttare le ricchezze naturali del Belucistan, a danno della popolazione locale.
Chiaro, quindi, il motivo per il quale Pechino ha scelto di rafforzare la sua cooperazione militare con Islamabad[7], decidendo di inviare un contingente di soldati per partecipare a esercitazioni militari congiunte con le forze armate pakistane e rafforzare la sicurezza dei propri cittadini in Pakistan. Le esercitazioni Warrior VIII[8], infatti, avviate a fine novembre 2024, sono focalizzate sulla protezione degli ingegneri cinesi, che lavorano su progetti cruciali del CPEC, e sulla sicurezza dei progetti stessi.

A questo punto si aprono tre questioni chiave: quali sono le radici dello scontro tra il separatismo beluci e il governo pakistano? In che modo questo si inserisce nel matrimonio di convenienza tra Pakistan e Cina? E infine, quali sono gli effetti di questa dinamica sul triangolo geopolitico che coinvolge Islamabad, Pechino e New Delhi?

Come la nascita del Pakistan è proporzionale a quella del sentimento di autodeterminazione beluci

Come la storia insegna, dopo la Seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna, pur emergendo come potenza vincitrice, non riuscì a mantenere il controllo diretto sull’impero, e l’indipendenza dell’India divenne un imperativo. Perciò, dovette affrontare un dilemma: come proteggere i propri interessi strategici nell’area dopo il ritiro? Da un lato, c’era la crescente minaccia dell’Unione Sovietica, che si profilava come superpotenza nella regione; dall’altro, l’interesse a mantenere il controllo sulle riserve di petrolio del Golfo Persico. Così, la creazione di uno stato cliente – il Pakistan – divenne il piano perfetto per tenere a bada la situazione[9].
Era arrivato il momento per la Gran Bretagna di sfruttare i decenni di divisioni religiose presenti (o alimentate?) in India, suggerendo l’idea di una separazione tra musulmani e indù. Così, quella che l’amministrazione coloniale britannica presentò come una risposta a una richiesta della popolazione locale, in realtà fu un mero calcolo politico delle autorità coloniali. L’Islam, infatti, venne utilizzato dai britannici come strumento politico nel contesto del “Grande Gioco” contro la Russia in Asia centrale. La Gran Bretagna cercò di sfruttare i legami religiosi per mobilitare la popolazione musulmana contro l’avanzata ortodossa russa prima, e contro i socialisti bolscevichi atei poi.

Il Khanato di Kalat (stato beluci) credeva che, con la cessazione del potere coloniale britannico in India, il suo status indipendente pre-1876 sarebbe stato ripristinato, e che avrebbe riacquistato i diritti sovrani su tutti i suoi territori che erano stati sotto il controllo di Londra durante il periodo coloniale. Tuttavia, non aveva compreso che, a causa della sua posizione geografica e della vicinanza al nuovo paese che sarebbe stato creato, esso si sarebbe trovato in una posizione vulnerabile. Lo stato beluci proclamò la sua indipendenza il 12 agosto 1947, con la promessa iniziale – da parte della Gran Bretagna e del nascente Pakistan – di rispettare la sua integrità territoriale e indipendenza. Tuttavia, nel giro di meno di un anno, il 1° aprile 1948, queste promesse furono infrante: lo stato beluci fu annesso senza consenso al Pakistan e senza che fosse possibile opporre una resistenza significativa[10]. La leadership beluci fu colta impreparata dagli sviluppi rapidi della politica internazionale: nel processo di rendere il Pakistan vitale, la loro terra gli fu sottratta, e ne seguì un conflitto lungo e sanguinoso tra il Belucistan e il Pakistan.

Nel corso degli anni, la relazione tra la resistenza beluci e lo stato pakistano è stata caratterizzata principalmente da una repressione militare sistematica e da sporadici tentativi di negoziazione. A partire dal nuovo millennio, le forze pakistane hanno intensificato le operazioni in Balochistan, giustificandole come misure necessarie per tutelare gli interessi nazionali. Tuttavia, queste operazioni si sono tradotte in una repressione violenta, con bombardamenti aerei contro i rifugi dei militanti, l’arresto di migliaia di persone e sparizioni forzate che spesso sfociano in torture e persino morte.

Numerose organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno denunciato questi abusi[11]: le persone vengono strappate ai propri cari da funzionari statali o da altri che agiscono per loro conto, venendo così esclusi dalla protezione della legge. Le sparizioni forzate sono uno strumento di terrore che non solo colpisce individui e famiglie, ma mina l’intero tessuto sociale delle comunità. Questa pratica, se attuata come parte di un attacco sistematico o diffuso contro una popolazione civile, costituisce un crimine contro l’umanità[12]. Le sparizioni forzate violano numerosi diritti umani fondamentali, tra cui il diritto al riconoscimento come persona davanti alla legge, il diritto alla libertà e alla sicurezza personale, il diritto a non essere sottoposti a torture o trattamenti inumani, il diritto alla vita, il diritto all’identità, il diritto a un processo equo, il diritto a un rimedio effettivo e il diritto a conoscere la verità sulle circostanze della sparizione[13].

Ma cosa c’entra la Cina?

Come già accennato nel primo paragrafo, nel corso degli anni, anche gli interessi economici cinesi nella provincia sudoccidentale del Belucistan legati all’iniziativa del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC) sono finiti spesso nel mirino dei gruppi separatisti. Ma perché? Il Belucistan è una regione ricca di idrocarburi e minerali[14], e la popolazione lamenta di essere stata saccheggiata delle sue risorse naturali, senza benefici economici derivanti da esse[15]. Il BLA, incanalando il malcontento locale, lotta affinché cessino le operazioni congiunte sino-pakistane che, secondo loro, mirano a sfruttare petrolio, gas e minerali preziosi senza apportare reali vantaggi alla popolazione. Non a caso, per i separatisti, la Belt and Road Initiative (BRI) e il CPEC rappresentano gli strumenti attraverso cui Pechino cercherebbe di appropriarsi delle ricchezze locali, compromettendo così il futuro della regione.

In effetti, nell’ambito della BRI e del CPEC, la Cina ha investito in infrastrutture e progetti minerari in Belucistan, come il progetto di estrazione d’oro e di rame di Saindak che ha visto l’intervento di consorzi cinesi[16]. Inoltre, la Cina ha anche un altro interesse vitale nella regione: nel 2001, durante le celebrazioni per il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Pakistan, decise col pieno supporto di Islamabad – che è consapevole della sua forza geografica – che il fulcro della loro cooperazione geoeconomica sarebbe divenuto il porto di Gwadar, dando il via, poco dopo, ai lavori per la sua costruzione[17].

Tradizionalmente, la Cina aveva fatto affidamento sullo Stretto di Malacca per il trasporto di circa il 50% del suo petrolio greggio importato[18], una rotta marittima vitale ma altamente vulnerabile, considerata infatti un choke point critico, esposto a potenziali blocchi geopolitici, tensioni militari e minacce come la pirateria. Lo sviluppo di Gwadar, assieme al suo collegamento diretto con la Cina occidentale, attraverso una rete di strade, ferrovie e oleodotti, ha permesso a Pechino di accorciare significativamente i tempi di trasporto e ridurre i costi logistici. E non solo: garantisce a Pechino un accesso strategico al Golfo Persico, rafforzando il suo ruolo come attore chiave nella regione e consolidando la sua influenza geopolitica su uno dei centri nevralgici dell’energia globale.

Ma quando è nato il legame tra Islamabad e Pechino? Si tratta di una partnership che affonda le sue radici negli anni immediatamente successivi alla fondazione del Pakistan e all’indipendenza della Repubblica Popolare Cinese. Nato nel 1947 come Stato insicuro e circondato da minacce, il Pakistan ha sempre cercato alleanze strategiche per bilanciare la potenza del suo vicino più grande e ostile: l’India. Dopo aver inizialmente collaborato con gli Stati Uniti[19], Islamabad trovò in Pechino un alleato naturale: il nemico del suo nemico. Fu infatti il Pakistan a fare i primi passi verso la Cina. Nel 1950 fu il terzo paese non comunista, secondo del Commonwealth e primo musulmano, a riconoscere ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese. Per rafforzare il legame, Islamabad si impegnò a favore di Pechino nelle sedi internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite, dove si astenne su risoluzioni cruciali che etichettavano la Cina come aggressore durante la Guerra di Corea[20]. Per Pechino, che all’epoca viveva le sfide di una giovane Repubblica Popolare, questi gesti furono una boccata d’aria fresca.

La svolta nelle relazioni arrivò durante la guerra sino-indiana del 1962, quando la Cina si scontrò con l’India per il controllo di Aksai Chin, una regione del Kashmir. Islamabad colse l’occasione per rafforzare il rapporto con Pechino: nel 1963, i due paesi firmarono un accordo di confine, con il Pakistan che cedette alla Cina parte del Kashmir conteso[21]. Questo atto, simbolico e strategico aprì le porte ad una collaborazione di più ampia portata, infatti, negli anni ’70, ci fu l’inaugurazione dell’autostrada Karakoram Highway che collega la Cina occidentale al Pakistan attraverso l’Himalaya[22]. L’autostrada non solo rafforzò i legami economici e strategici tra i due paesi, ma pose le basi per l’espansione delle infrastrutture cinesi nella regione.
Progetti come la Karakoram Highway dimostrarono il potenziale della collaborazione sino-pakistana nel superare ostacoli geografici e logistici. Questo successo ispirò il Pakistan a cercare ulteriori investimenti cinesi, che con il tempo si tradussero in una partnership economica sempre più vasta, culminata nel 2015 con il lancio del CPEC. Questo mega-progetto da oltre 60 miliardi di dollari[23] è il naturale proseguimento della visione infrastrutturale iniziata con la Karakoram Highway, ora trasformata in un corridoio di trasporto di portata globale.

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Conclusione

La lotta separatista beluci contro il governo pakistano si intreccia con gli interessi economici e strategici del triangolo Islamabad-Pechino-New Delhi. Sebbene non sia stato approfondito in questa analisi, è impossibile studiare il rapporto tra Pakistan e Cina senza considerare il loro nemico comune: l’India, in quanto, come già accennato, la cooperazione tra Pakistan e Cina trova una delle sue principali motivazioni proprio nell’esistenza di un avversario condiviso.
L’intensificarsi della presenza cinese in Pakistan ha sollevato preoccupazioni a New Delhi. La crescente impronta infrastrutturale e, in misura significativa, militare della Cina in territorio pakistano viene interpretata come una potenziale minaccia strategica, soprattutto per il rischio che queste infrastrutture possano facilitare movimenti di truppe verso il confine indiano. L’India è perciò accusata dal Pakistan di sostenere i separatisti beluci, strumentalizzando la loro causa per contrastare la crescente influenza cinese nella regione.

Al binomio Pechino-Islamabad, il rapido sviluppo economico dell’India fa sempre più paura. Per due decenni, la Cina ha trainato la crescita mondiale con numeri impressionanti, ma oggi il suo slancio si è ridotto. Nel 2022, la crescita cinese è stata di poco superiore al 3%, la metà rispetto all’anno precedente e ben al di sotto dell’obiettivo fissato. Di contro, l’India registra dati di crescita robusti: 8,7% nel 2021, circa 7% nel 2022 e un obiettivo superiore al 6% per il 2023[24].
Ecco, quindi, svelato il motivo per cui la Cina ha tutto l’interesse a garantire la sicurezza delle sue operazioni in Pakistan: il successo del CPEC è determinante per la stabilità economica del paese, la credibilità di Pechino nella regione e la tenuta del suo rapporto con Islamabad.

In questo contesto, il rafforzamento della cooperazione militare tra Islamabad e Pechino, con l’invio di truppe cinesi e la realizzazione di esercitazioni congiunte, rappresenta un segnale evidente dell’impegno della Cina nel sostenere il governo pakistano. Tale supporto è mirato a garantire la stabilità dell’alleato pakistano e a tutelare gli investimenti strategici cinesi nella provincia, confermando un approccio focalizzato sulla cooperazione e sulla protezione delle proprie iniziative economiche e infrastrutturali.

Questo, però, non fa che intensificare la pressione sul popolo beluci, spingendo la lotta per l’autodeterminazione a un livello sempre più complesso, dove non solo il governo pakistano, ma anche potenze straniere sono coinvolte.
Al centro di questa disputa tra superpotenze, si trova una regione martoriata dalla violenza, dove migliaia di persone perdono la vita a causa dei conflitti tra il governo pakistano e i gruppi separatisti, i quali sperano in un futuro libero dal controllo di Islamabad. Zahid Baloch, presidente della Baloch Student Organization-Azad (BSOA), è un simbolo della repressione contro i separatisti beluci[25]. Rapito a Quetta il 18 marzo 2014, la sua famiglia non sa ancora dove si trovi né cosa gli sia successo. Testimoni affermano che è stato preso sotto minaccia di arma da fuoco. La BSOA è un’organizzazione studentesca che promuove la separazione della provincia del Belucistan dallo stato del Pakistan. È stata bandita dal governo pakistano nel marzo 2013, accusata di essere coinvolta nel terrorismo, sebbene in un’intervista alla BBC, sei mesi prima della sua scomparsa, Zahid aveva insistito che il suo gruppo fosse impegnato in una lotta non violenta per l’autodeterminazione.

Quindi, cosa sta accadendo in Belucistan? Mentre il 70% della popolazione non ha accesso al gas, il 78% vive senza elettricità e il 62% senza acqua potabile – affermandosi, dunque, come la regione che detiene il triste primato dei più alti tassi di mortalità infantile e materna, oltre a livelli di malnutrizione tra i peggiori di tutta l’Asia[26] – avvengono, lontano dai riflettori occidentali, crimini contro l’umanità[27].


Note

[1] Pak Under Attack: Military Bus Bombed, Over 60 Killed, Injured In Balochistan,” YouTube, pubblicato da Times of India, 5 gennaio 2025, https://www.youtube.com/watch?v=zZ2GSsZyWBk
[2] M. AHMED, «Pakistan PM approves military operation against separatists following surge in violence in southwest», The Independent, 19 novembre 2024.
[3] A. HUSSAIN, «Pakistan ramps up military operations amid surge in violent attacks», Al Jazeera, 2 dicembre 2024.
[4] M. AHMED, op. cit., nota 1.
[5] D. BELLAMY, «Pakistan, attacco suicida dei separatisti nel Belucistan: almeno 24 morti e 50 feriti», EuroNews, 9 novembre 2024.
[6] C. DAVIS, «Blast kills two Chinese near Pakistan’s Karachi airport», BBC, 7 ottobre 2024 [7] C. ZHUO, «Chinese troops arrive in Pakistan for Warrior-VIII», China’s Ministry of National Defense website, 20 novembre 2024
[8] C. ZHUO, op. cit., nota 7 
[9] N. DASHTI, The Baloch Conflict with Iran and Pakistan: Aspects of a National Liberation Struggle, Black Lacquer Press, Las Vegas 2017, p. 110
[10] N. DASHTI, op. cit., nota 7, p. 116
[11] AMNESTY INTERNATIONAL, «Pakistan: The disappeared of Balochistan», Public Statement, 12 novembre 2020
[12] Statuto di Roma della Corte penale internazionale, articolo 7. Disponibile su: https://www.icc-cpi.int
[13] AMNESTY INTERNATIONAL, op. cit, nota 9 
[14] U. BOUNAT, «Entre Iran et Pakistan, une région à risque: le Balouchistan», Asia Focus, n. 57, 11 gennaio 2018, p. 4 
[15] T. BRAMBILLA, «Pakistan e Cina: alleati contro il terrorismo in Belucistan», Inside Over, 23 novembre 2024
[16] S. FAZL-E-HAIDER, «A Chinese-run gold mine in Balochistan is making millions, but the locals aren’t getting any of it», The China Project, 5 gennaio 2023
[17] A. SHUKLA, «Pakistan-China Relations: A Case Study of All-Weather Friendship», Himalayan and Central Asian Studies, vol. 17, n. 3-4, 2013, p. 222
[18] REUTERS, «Factbox – Malacca Strait is a strategic “chokepoint”», 4 marzo 2010
[19] N. DASHTI, op. cit., nota 7, p. 182
[20] I. GUL, «Changing face of China-Pakistan ties», Al Jazeera, 9 ottobre 2003
[21] A. SHUKLA, op. cit., nota 11, p. 217
[22] A. SHUKLA, op. cit., nota 11, pp. 219-220
[23] WORLD BANK, «CPEC offers enormous potential to boost Pakistan economy, report says», Press Release, 22 marzo 2018
[24] P. HASKI, «C’è qualcosa di nuovo nella rivalità tra Cina e India», L’Internazionale, 18 gennaio 2023
[25] AMNESTY INTERNATIONAL, op. cit, nota 9 
[26] U. BOUNAT, op. cit., nota 12, p. 5 
[27] Vedi paragrafo 2


Foto copertina: Mappa del Belucistan