Perù: Alberto Fujimori è libero


Il Tribunale Costituzionale rilascia Alberto Fujimori l’ex presidente sfidando la Corte Interamericana dei Diritti Umani.


Di Rosa Scamardella

Mercoledì 7 dicembre, dopo aver scontato 16 dei 25 anni di prigione che gli erano stati destinati, Alberto Fujimori è stato rimesso in libertà. Solo due giorni prima, la Corte Interamericana dei Diritti Umani aveva chiesto al Tribunale Nazionale di bloccare l’ordine di esecuzione della scarcerazione, ma non è bastato12. Immediatamente è seguita la risposta delle associazioni dei diritti umani peruviane, le quali hanno marciato accanto ai familiari delle vittime dei massacri ordinati sotto il suo governo (1990-2000).

Le accuse

Quando, nel bel mezzo di un viaggio- fuga in Giappone nel 2000, Fujimori si era dimesso dalla carica presidenziale che aveva occupato per un decennio, immediatamente era stato accusato dalla Fiscalía de la Nación di arricchimento illecito. Solo cinque anni dopo, durante un viaggiò in Cile, veniva infine consegnato alla giustizia peruviana. In seguito, Transparency International avrebbe stimato in 600 milioni di dollari le ricchezze accumulate dall’ex presidente ai danni dello Stato.
L’indulto accordatogli due giorni fa – è bene ricordarlo – gli concede la libertà non solo con nove anni di anticipo rispetto alla reclusione stabilita, ma anche prima di aver pagato quanto stimato alla giustizia peruviana.
Le condanne di natura politica emersero solo nel marzo del 2009 quando, da quindici mesi di processo, emerse la sentenza che gli somministrava 25 anni di prigione per crimini di lesa umanità. Fujimori era riconosciuto mandatario della guerra sporca condotta contro il gruppo guerrigliero Sendero Luminoso, costellata di sequestri e massacri ordinati dagli squadroni della morte del Grupo Colina3. Cruciali per il processo si rivelarono il sequestro dell’imprenditore Smuel Dyer e del giornalista Gustavo Gorriti e di due massacri: quelli di Barrios Altos di La Cantuta, avvenuti tra il 1991 e il 1992, durante i primi anni al potere. Nel primo caso, militari incappucciati a caccia di guerriglieri avevano fatto irruzione ad una festa ed ucciso quindici civili. Il secondo riguarda invece la sparizione di nove studenti universitari ed un accademico, torturati e uccisi, prima che i loro corpi venissero occultati in fosse comuni4.

Lo spirito delle proteste

La scarcerazione di Fujimori era stata già paventata nel 2017, quando il presidente Pablo Kuczynski aveva aperto la strada all’indulto umanitario5, bloccato poi dal Tribunale Costituzionale nel 2018, data l’inconsistenza degli stessi motivi sanitari allegati alla proposta.
Durante gli scorsi mesi, in seguito ad una serie di rimbalzi fra Corte Interamericana dei Diritti Umani e tribunali nazionali, il giudica di Ica, cittadina al Sud del Perù nella cui circoscrizione era ricaduta l’esecuzione della scarcerazione, aveva trasferito la competenza al Tribunale Costituzionale, il quale non ha esitato a procedere.
Le associazioni e i civili che in questi giorni stanno protestando per la decisione infine assunta dalla corte interna, ricordano al mondo le ferite lasciate aperte dalla lunga stagione del fujimorismo, alcune delle quali neanche ancora arrivate ad ottenere giustizia. È il caso delle oltre 250.000 sterilizzazioni, molte delle quali forzate, eseguite dal governo nell’ambito di criminose politiche di presunto sviluppo6. Da decenni le vittime portano avanti una battaglia che oggi si somma alle voci di chi esprime una preoccupazione più generale rispetto alla condizione dello stato di diritto in Perù.

Chi beneficia della liberazione di Fujimori?

È importante ricordare che l’attuale presidentessa Dina Boularte, succeduta a Pedro Castillo e ormai da un anno a capo di un governo di unità nazionale7, è in prima persona sotto indagine della Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo. L’accusa riguarda l’uccisione di 49 persone durante la repressione delle proteste che, in seguito alla sua assunzione, domandavano nuove elezioni.
Nel complesso, il dichiarato smacco alla Corte si costituisce innanzitutto come un favore politico al fujimorismo ancora forte nel paese (si pensi che la figlia dell’ex presidente, nonché sua first lady per alcuni anni, Keiko Fujimori, è a capo dell’opposizione), ma rischia di collocare il Perù in uno stato di inadempienza rispetto alla giurisdizione della stessa, cui ha aderito8, a beneficio dunque dell’attuale governo e della sua discussa legittimità.