Gli investimenti in infrastrutture saranno una parte indispensabile per mitigare gli effetti avversi della pandemia, creando occupazione e migliorando la competitività del Paese.
I fondi del Next Generation EU e gli obblighi per gli stati europei
Il Governo Draghi, nato con l’auspicio di traghettare l’Italia fuori dalle secche della pandemia, nella campagna di immunizzazione della popolazione italiana e nella redazione del Recovery Plan i due maggiori fronti con cui misurarsi. Volendoci soffermare sul secondo banco di prova che dovrà affrontare l’ex governatore della BCE, non possiamo non riscontrare che una delle criticità che dovrà affrontare senz’altro, sarà quella che per molti anni è stata colpevolmente sottovalutata ovvero le infrastrutture ed il ruolo che queste potrebbero svolgere per la crescita del Paese. Infatti nonostante i dati forniti da Banca D’Italia, Confetra, Confindustria e Confcommercio che hanno quantificato in 60 miliardi il costo annuale dell’assenza di infrastrutture, nessun investimento in opere pubbliche strategiche è stato effettuato negli ultimi anni ad eccezione dei 7 miliardi per le opere richiamate nel Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo[1]. Solamente premettendo questi dati è possibile comprendere realmente le opportunità che scaturiranno da una seria scrittura del piano nazionale di recupero e resilienza (PNRR) in cui via sia un elenco dettagliato e puntuale di tutte e fasi e delle procedure necessarie a garantire il reale avanzamento dei lavori. Inoltre è bene rammentare che il Recovery Plan rappresenterà per l’Italia dei prossimi sei anni un impegno da cui i governi che si succederanno non potranno discostarsi, vincolando gli stati membri dell’UE al rispetto delle linee guida stabilite nel regolamento per lo stanziamento e l’utilizzo dei fondi previsti dal Next Generation EU e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 febbraio, rispetto al quale emergono anche numerosi paletti per i piani che verranno presentati, soprattutto rispetto agli obiettivi intermedi e finali[2]. Inoltre c’è da aggiungere che secondo le analisi di Ernst&Young le risorse previste dal Recovery Fund potranno assicurare un aumento della spesa pubblica per investimenti nei prossimi cinque anni del 25%, con un impatto annuo pari allo 0,5% del PIL Italia del 2019.
Un buon risultato che può altresì diventare strategico per lo sviluppo se, insieme ai fondi europei, fosse attivata una sinergia con gli investitori privati in grado di moltiplicarne l’effetto, permettendo, a fronte dell’adozione di forme efficaci di partenariato per gli investimenti complessivi nelle infrastrutture nei prossimi cinque nella misura dei 150-200 miliardi di euro, un impatto sul nostro PIL pari a circa un 1,8% annuo.
Lo sviluppo infrastrutturale del paese: un tema centrale
Rimettere al centro dell’agenda il tema dello sviluppo infrastrutturale del Paese, significa non solo dare una prospettiva di crescita all’Italia ma anche aumentarne la credibilità nei confronti degli investitori e delle istituzioni internazionali. Negli ultimi anni a fronte di un aumento eccessivo della produzione normativa, unitamente quello del sistema dei controlli e delle sanzioni, si è manifestato il risultato opposto in termini di realizzazioni infrastrutturali con un bilancio pesantissimo in termini di imprese fallite (120.000) e di posti di lavoro perduti (600.000), senza contare le difficoltà oggettive nella manutenzione delle opere esistenti.
«Occorre, pertanto, tornare a concepire l’infrastruttura come un corpo integrato e non estraneo al processo di sviluppo che si intende costruire. Sempre di più, infatti, la differenza tra un’infrastruttura utile e un’infrastruttura percepita come superflua, sarà determinata dal suo carattere ecosistemico. Se nel dibattito dei prossimi mesi dovesse prevalere la percezione di un corpo estraneo alla comunità si creerebbero le premesse per rinunciare alle infrastrutture. L’infrastruttura genera valore non in quanto opera, ma perché determina e contribuisce alla ridefinizione dell’ecosistema nel suo senso più ampio. Quando si fa ecosistema l’infrastruttura non è solo un progetto economico fondato sul mercato, ma si trasforma in un progetto sociale. Ed è spesso quest’ultima dimensione che determina la tensione sui territori, perché non viene correttamente interpretata a causa della percezione errata determinata dalla carenza di strategie di comunicazione e di partecipazione, sulle quali le imprese devono assolutamente cominciare a investire»[3].
In questo senso anche altri paesi si chiedono da mesi quale impatto potrebbero avere gli investimenti infrastrutturali sull’economia. Il rapporto del Council on Foreign Relations ha calcolato che da marzo 2020, quando la pandemia si è impadronita degli Stati Uniti, il Congresso ha approvato tre piani separati per un investimento totale di 2 trilioni di dollari (1,67 trilioni di euro). Lo scorso luglio, ad esempio, alla Camera è stato approvato il piano da 1,5 trilioni di dollari (1,23 trilioni di euro) dei Democratici, che comporterebbe nuovi investimenti federali in strade, ferrovie, banda larga e scuole.
Trump ha anche parlato di un ulteriore pacchetto di stimolo infrastrutturale da 2 trilioni di dollari (1,67 trilioni di euro) come quarta misura di risposta al Covid-19. L’obiettivo dichiarato della nuova amministrazione Biden è quello di rivitalizzare le infrastrutture americane ripetendo il successo dopo la seconda guerra mondiale, quando la nazione ha utilizzato opere su larga scala come mezzo per affermarsi come leader nel panorama economico globale[4].
Rilanciare un comparto strategico
Per sfruttare le energie presenti in un comparto che, nonostante la pandemia, ha dimostrato comunque una certa vitalità, sarà senz’altro auspicabile aprire i cantieri semplificando le procedure per riuscire a spendere le risorse destinate all’Italia e che dovranno essere appaltate entro il 2023 con ultimazione definitiva entro il 2026, cercando di infrangere il record negativo che vede per la realizzazione di un’opera pubblica del valore superiore a 100 milioni di euro il completamento in 15 anni e quelle di importo superiori al milione in 4-5 anni[5]. Una stesura attenta e ragionata dovrà tenere conto del fatto che oggi l’Italia sia ricca soltanto di infrastrutture sotto standard ed al servizio di aree di mercato non più coerenti con la geografia della produzione e del consumo suo e della nuova globalizzazione a mosaico. Anche per tale ragione si dovrà investire in quelle opere in grado di rendere accessibile la nostra manifattura da esportazione ai nuovi mercati europei, mediterranei e mondiali, rafforzando le connessioni coi valichi alpini[6].
Questa potrebbe essere effettivamente l’occasione per ripensare il Paese puntando su un settore con elevate capacità di moltiplicazione degli effetti su industria e logistica. A patto che il filo conduttore perseguito sia quello rappresentato dalla crescita del potenziale produttivo, tenendo a mente che oltre al rispetto dei parametri relativi agli assi di intervento (Digitalizzazione e Innovazione, Transizione ecologica ed Inclusione sociale) ed alla missione numero 3 dedicata alle infrastrutture per la mobilità sostenibile, la chiara consapevolezza che in assenza di un vero ed efficace piano di riforme, anche questa potrebbe trasformarsi nell’ennesima occasione perduta. Se invece l’Italia sarà capace di indirizzare il sostegno europeo nella direzione giusta, la crisi del Covid-19 potrà tramutarsi in un’opportunità storica, capace da un lato di portare lavoro e benessere e dall’altro di modernizzare il paese e le sue infrastrutture strategiche.
Note
[1] INCALZA E., Un uomo solo al comando e le dieci criticità da risolvere, Il Quotidiano del Sud – L’Altra Italia, 09/02/2021
[2] CARRETTA D., La pagella del Recovery Plan, Il Foglio, 10/02/2021
[3] CIANCIOTTA S., Dal modello Genova a quello Draghi, ecco la rivoluzione per le infrastrutture, Formiche.net, 10/02/2021
[4] https://www.webuildvalue.com/en/global-economy-sustainability/il-futuro-delle-infrastrutture-usa.html
[5] SALEMI G., Ance: crollati gli investimenti, «Recovery per la ripresa», Avvenire, 11/02/2021
[6] COSTA P., Senza infrastrutture migliori non c’è crescita, Il Sole 24 Ore, 04/02/2021
Foto copertina: Immagine web